venerdì 10 gennaio 2014

La procedura UE per deficit eccessivo e la sua applicazione in Catalogna


L'UE ha definito dei parametri per mantenere i conti pubblici in maniera sostenibile, ma la Spagna non è in grado di uscire dalla crisi perché mente all'Unione e non sa costruire un'economia moderna degna del XXI secolo, condannando quindi il proprio popolo alla miseria. La società catalana invece, che si dimostra essere dinamica e nettamente esportatrice, sta facendo uno sforzo immane per riequilibrare i propri conti e potrebbe dare un impulso ben maggiore all'economia se disponesse di strutture di Stato proprio. Il governo spagnolo mente quando afferma che la Generalitat e le altre regioni sono le responsabili del disavanzo dei conti. Le autonomie rappresentano il 35% della spesa pubblica totale malgrano si occupino delle uscite più rilevanti: sanità ed educazione.

L'Europa ha fissato gli obbiettivi di deficit e di debito rispettivamente al 3% e al 60% del PIL. La Spagna è prossima al 10% del disavanzo e al 100% del debito. La UE, dopo aver ammorbidito le sue richieste iniziali, richiede alla Spagna un deficit inferiore al 6,3%, 4,5% e 2,8% per gli anni 2012, 2013 e 2014. Durante il 2012 questo parametro non è stato rispettato e l'andamento si ripeterà i due anni seguenti.

Questo modello economico non genera crescita per ripianare il debito pregresso, costringendo il Paese prima all'intervento dell'UE e poi al possibile fallimento il quale porterà direttamente ad intaccare il Fondo Pensionistico di Riserva. Il modello speculativo spagnolo ha generato un debito pubblico di 22˙172 € per cittadino (88˙869 € per ogni famiglia con due figli).

Il deficit spagnolo si divide tra le differenti amministrazioni pubbliche. Lo Stato spagnolo impone a sua discrezione una distribuzione asimmetrica del disavanzo permesso: il 71,4% al governo centrale e previdenza, il 23,8% alle Comunità Autonome e un 4,8% agli enti locali mentre la spesa che gesticono è del 51%, 35,7% e del 13,6% rispettivamente.

Con una ripartizione più equilibrata, la Catalogna avrebbe potuto stanziare 1,395 miliardi di euro in più per il 2012 e ridurre i tagli, raggiungendo un deficit del 2,2% del PIL e un indebitamento totale di 4,367 miliardi.

Uno Stato catalano potrebbe applicare un proprio modello di crescita entro i parametri UE, oltretutto aumentando i propri introiti da 30 a 70 miliardi di euro in 2 o 3 anni, con uno spread intorno ai 140 punti ed un rating tra AA e AAA (valori simili al Belgio).

La Spagna asfissia economicamente la Catalogna riservandosi tutto il margine di manovra per la propria economia improduttiva (Bankia, Caja Mediterraneo, speculazione sfrenata, infrastrutture come cattedrali nel deserto) e tarpa le ali al dinamismo economico catalano. La Spagna forza la Catalogna a un odioso indebitamento e nel contempo blocca alla Generalitat qualunque nuovo ingresso (ticket sanitari, tasse giudiziarie, imposte sui depositi bancari).

Il CCN chiede al Governo della Generalitat di rispettare le regole dell'UE e solo quelle. Un obbiettivo meno stringente di quello fissato arbitrariamente dalla Spagna permetterebbe alla Catalogna di allungare i tempi di rientro dal deficit. Questo implicherebbe, per il 2013, un deficit del 1,6% invece del 0,7% che vuole imporre la Spagna, quindi la Generalitat potrebbe spendere 3,183 miliardi di euro in più redendo inutili altri pesanti tagli.

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