L'UE ha
definito dei parametri per mantenere i conti pubblici in maniera sostenibile,
ma la Spagna non è in grado di uscire dalla crisi perché mente all'Unione e non
sa costruire un'economia moderna degna del XXI secolo, condannando quindi il
proprio popolo alla miseria. La società catalana invece, che si dimostra essere
dinamica e nettamente esportatrice, sta facendo uno sforzo immane per
riequilibrare i propri conti e potrebbe dare un impulso ben maggiore
all'economia se disponesse di strutture di Stato proprio. Il governo spagnolo
mente quando afferma che la Generalitat e le altre regioni sono le responsabili
del disavanzo dei conti. Le autonomie rappresentano il 35% della spesa pubblica
totale malgrano si occupino delle uscite più rilevanti: sanità ed educazione.
L'Europa ha
fissato gli obbiettivi di deficit e di debito rispettivamente al 3% e al 60%
del PIL. La Spagna è prossima al 10% del disavanzo e al 100% del debito. La UE,
dopo aver ammorbidito le sue richieste iniziali, richiede alla Spagna un deficit
inferiore al 6,3%, 4,5% e 2,8% per gli anni 2012, 2013 e 2014. Durante il 2012
questo parametro non è stato rispettato e l'andamento si ripeterà i due anni
seguenti.
Questo
modello economico non genera crescita per ripianare il debito pregresso, costringendo
il Paese prima all'intervento dell'UE e poi al possibile fallimento il quale
porterà direttamente ad intaccare il Fondo Pensionistico di Riserva. Il modello
speculativo spagnolo ha generato un debito pubblico di 22˙172 € per cittadino (88˙869 € per ogni
famiglia con due figli).
Il deficit
spagnolo si divide tra le differenti amministrazioni pubbliche. Lo Stato
spagnolo impone a sua discrezione una distribuzione asimmetrica del disavanzo
permesso: il 71,4% al governo centrale e previdenza, il 23,8% alle Comunità
Autonome e un 4,8% agli enti locali mentre la spesa che gesticono è del 51%,
35,7% e del 13,6% rispettivamente.
Con una
ripartizione più equilibrata, la Catalogna avrebbe potuto stanziare 1,395 miliardi
di euro in più per il 2012 e ridurre i tagli, raggiungendo un deficit del 2,2%
del PIL e un indebitamento totale di 4,367 miliardi.
Uno Stato
catalano potrebbe applicare un proprio modello di crescita entro i parametri
UE, oltretutto aumentando i propri introiti da 30 a 70 miliardi di euro in 2 o
3 anni, con uno spread intorno ai 140 punti ed un rating tra AA e AAA (valori
simili al Belgio).
La Spagna
asfissia economicamente la Catalogna riservandosi tutto il margine di manovra
per la propria economia improduttiva (Bankia, Caja Mediterraneo, speculazione
sfrenata, infrastrutture come cattedrali nel deserto) e tarpa le ali al
dinamismo economico catalano. La Spagna forza la Catalogna a un odioso
indebitamento e nel contempo blocca alla Generalitat qualunque nuovo ingresso
(ticket sanitari, tasse giudiziarie, imposte sui depositi bancari).
Il CCN
chiede al Governo della Generalitat di rispettare le regole dell'UE e solo
quelle. Un obbiettivo meno stringente di quello fissato arbitrariamente dalla
Spagna permetterebbe alla Catalogna di allungare i tempi di rientro dal
deficit. Questo implicherebbe, per il 2013, un deficit del 1,6% invece del 0,7%
che vuole imporre la Spagna, quindi la Generalitat potrebbe spendere 3,183
miliardi di euro in più redendo inutili altri pesanti tagli.
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