domenica 29 dicembre 2013

Discorso de Juanjo Puigcorbé


Amici, oggi è un giorno di festa. Festeggiamo la data e il quesito per il referendum. Festeggiamo in vista del 9 novembre, quando potremo decidere del futuro del nostro paese.

È VERO che il quesito non è esattamente quello che sarebbe piaciuto ai 2 milioni di persone che hanno riempito le strade della Catalogna lo scorso 11 settembre, durante una delle manifestazioni più grandi di tutti i tempi. Ma è VERO anche che è inclusa nella formulazione binaria.

È VERO che la data non è così vicina come ci sarebbe piaciuto, ma è VERO anche che risponde alla convenienza politica e che, ancora più importante, ha una grande importanza simbolica, dato che coincide con il 25esimo anniversario della caduta del muro di Berlino.

Votare è la Strada: il 9 novembre noi catalani potremo esercitare il nostro diritto di scelta per il futuro come popolo, nella maniera più pacifica e democratica che esiste. Votando.

Se lo Stato spagnolo ce lo impedisce, ne resteranno le tracce in Europa e nel mondo, perché non c’è Costituzione che sia più importante della democrazia. Non si può essere democratici e essere contro il diritto di decidere di un popolo. Dobbiamo tenere in conto, però, che chi vuole negare il diritto di scelta alla Catalogna è una minoranza che non raggiunge nemmeno il 35% dei deputati, mentre nella Camera dei Deputati spagnola questa proporzione cambia e supera l’80%. PSOE compreso, che ha già fatto sapere che – nella sua ipotetica riforma federale – non accetterà mai di includere il diritto di autodeterminazione del popolo catalano. Il Sig. Zapatero, che si dichiarava il più “progressista” e pro-Catalogna del PSOE e che – secondo lui – fu insultato a Granda “al grido catalano”, ha affetmato qualche giorno fa che il diritto di decidere è ANTINATURA. Antinatura, pensa te!

Voglio dire, può darsi che ci troviamo davanti alla prima e ultima opportunità di decidere della nostra indipendenza. Approfittiamone.

Lo Stato spagnolo ha già reso noto che farà tutto il possibile per fare in modo che i cittadini catalani non possano esercitare il diritto al voto nel futuro. Ma non dobbiamo confondere però lo Stato spagnolo con il popolo spagnolo. Il popolo spagnolo, con il quale abbiamo molti legami e a cui vogliamo bene, ha subito e subisce come noi la persecuzione di un’oligarchia centralizzante, retrograda e commissionista di opere faraoniche... che ci ha impoverito a tutti con una progressione geometrica.

Ma Noi abbiamo un vantaggio, ci unisce una lingua e una cultura propria permanentemente in pericolo. E abbiamo una società civile invidiabile, attiva, potente, dinamica, che farà sì che un cambio nel modello sociale e politico sia possibile. E questa potrebbe essere la spinta di cui hanno bisogno i nostri fratelli spagnoli per attivarsi.
Noi catalani vogliamo disegnare il nostro futuro, vogliamo amministrare le nostre risorse e vogliamo continuare a sentirci solidali nei confronti degli altri popoli spagnoli, ma in una maniera più efficace.

E abbiamo fretta, abbiamo fretta, perché i più bisognosi stanno soffrendo come non mai.

La gente della mia generazione ha vissuto la transizione dal regime alla democrazia. Eravamo giovani e abbiamo avuto il privilegio di partecipare alla ricostruzione democratica del paese, oggi abbiamo la possibilità di aiutare i giovani a costruire un nuovo stato: un paese più libero, più progressista, più solidale e, quindi, più giusto. Abbiamo a portata di mano una possibilità eccitante ed emozionante. Cosa vogliamo di più?

Come diceva il poeta Martí i Pol: c’è molto da fare e nulla è impossibili!

Catalani... avanti!
Forza Catalogna!


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