mercoledì 30 luglio 2014

La polizia spagnola sorveglia il partito politico del Presidente della Catalogna





Lo scorso 10 marzo i servizi di sicurezza della sede centrale del partito CDC hanno rilevato la presenza sospetta di tre individui nei dintorni dell’edificio. È stata rilevata la presenza di detti individui anche il martedì e il mercoledì successivi, per cui sono stati allertati gli agenti del corpo di polizia catalana “Mossos d’Esquadra” che quello stesso mercoledì hanno fermato gli individui sospetti chiedendo loro di identificarsi. Si trattava di tre agenti della polizia spagnola che a quanto pare stavano sorvegliando una persona coinvolta in un caso coperto dal segreto istruttorio.
Non sappiamo se le norme di cortesia tra colleghi abbiano permesso agli agenti della polizia catalana di richiedere il provvedimento giudiziario riguardante il caso oggetto dell’investigazione, sta di fatto che il giorno successivo gli agenti non c’erano più.


Come succede sempre in questi casi la polizia spagnola si affretta ad affermare che era ridicolo pensare che si stesse spiando la sede del partito, ma non vi è dubbio che il tutto è alquanto sospetto. Forse erano sulle tratte del famoso “vaso di fiori” del ristorante “La Camarga” dove alcuni mesi fa è stato rinvenuto un microfono spia.


Xavier Ayneto

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domenica 27 luglio 2014

Il PP della regione Estremadura ammette che la Spagna perderebbe 16 miliardi di euro senza il finanziamento della Catalogna


Il PP della Estremadura ha ammesso di fatto che, se la Catalogna disponesse un sistema di finanziamento proprio ed uscisse pertanto dal regime comune autonomico, le altre regioni "perderebbero fino a 16 miliardi di euro l'anno", proprio la cifra che dalla Generalitat viene denunciata come il deficit fiscale catalano. Il gruppo popolare nell'Assemblea della Estremadura questo mercoledì ha registrato una proposta nella quale si avverte che un sistema di finaziamento proprio per la Catalogna farebbe perdere alla comunità estremense un 12% di introiti e li costringerebbe a fare tagli per circa 400 milioni di euro o a devolvere delle competenze allo Stato sulla sanità e sull’educazione.

I popolari della Estremadura chiedono al governo spagnolo di lasciare la Catalogna all’interno del regime comune di finanziamento e di adottare delle misure per “blindare il principio di solidarietà territoriale tra le comunità autonome". Un sistema di concerto (come ha il Paese Basco) per la Catalogna, secondo il PP della Estremadura, "limiterebbe la solidarietà tra gli spagnoli" e supporrebbe uno "espolio fiscale" per la Estremadura.

ARA Barcelona - 14/05/2014

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venerdì 25 luglio 2014

Esortazione lituana ad essere i primi a riconoscere l’indipendenza della Catalogna


Il professore Kestutis Girnius, dell'Istituto di Scienze Politiche e Rapporti Internazionali dell’Università di Vilnius ha firmato un articolo pubblicato nel “The Lituanian Tribune” dove si chiede “Sarà la Lituania l’Islanda della Catalogna?'.

Girnius ricorda che dopo la proclamazione unilaterale dell’indipendenza della Lituania, l’Islanda fu il primo paese a riconoscere diplomaticamente lo stato lituano, in un momento nel quale gli altri stati chiedevano ai lituani di tentare un accordo federale con l’URSS. 'Ricordate l’ondata di emozione e di allegria quando la piccola Islanda osò sfidare Mosca e riconobbe la nostra indipendenza?' scrive  Girnius, e subito dopo dice che le autorità lituane 'devono ricordare il passato e capire il desiderio di sovranità dei catalani'.
Girnius dice che in questi momenti non è necessario nè consigliabile che la Lituania faccia alcun gesto diplomatico verso la Catalogna ma deve fare pressione su Madrid per lasciare svolgere il referendum. Afferma anche che l’atteggiamento ufficiale del governo lituano 'non rende onore al nostro passato' e sottolinea che la Lituania non può agire nei confronti della Catalogna come agirono quelli che volevano una Lituania sottomessa all’Unione Sovietica.
Per tutto questo, il professore Girnius considera che lo stato lituano deve riflettere sulla situazione catalana e  la società lituana dovrebbe sforzarsi di capire e dare sostegno alle rivendicazioni della Catalogna.
Perfino arrivando ad essere il primo stato a riconoscere la repubblica catalana nel caso dovesse essere proclamata dopo il 9 novembre.

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giovedì 24 luglio 2014

La Falange assalta il Comune di Cardedeu

Alle prime ore del mattino del 15 maggio degli ignoti hanno preso d’assalto il Comune di Cardedeu (Vallès Oriental) per issare la bandiera spagnola e uno minacciante striscione sul quale appariva la scritta "La Spagna non si discute, si difende".

Il gruppo 'Spagna in marcia', legato alla Falange spagnola (FE), ha rivendicato l’azione. L’impunità con la quale agiscono detti gruppi è stata nuovamente resa evidente. Qualche giorno, infatti, degli ignoti segarono una delle tre branche di un pino che si trova nelle vicinanze di Berga e che, dall’inizio del secolo, simbolizza l’unità dei territori di lingua catalano-valenzana.

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domenica 20 luglio 2014

Quanta voglia di trattare con Wert!





Il duetto di ministri Wert e Fernández Díaz ha illuminato le festività di San Giovanni con un’offensiva sovrabbondante. Offensiva perchè è un attacco all’immersione linguistica e offensiva perchè offende l’intelligenza. 

Il ministro degli Interni frivolizzando con il terrorismo e annunciando che la Catalogna indipendente sarà terreno fertile per il terrorismo islamico ed il crimine organizzato. Vergogna. 

E Wert dando un prezzo al suo piano per convertire l’immersione linguistica in una rovina economica. Si, si, un ministro della Pubblica Istruzione incoraggiando la ribellione contro il governo catalano e offrendo la sovvenzione di 6.000 euro a testa per tutti quelli che se ne vanno alla scuola privata per essere educati solo in castigliano. 6.000 euro che dovrà pagare la Generalitat. Ogni premio a chi si rivolterà è una multa per le tasche dei catalani (e la Generalitat non può opporsi in alcun modo, in quanto l’importo verrà trattenuto dai prossimi trasferimenti alla regione). Un esercizio perverso di scherno dell’autogoverno, una coazione dall’alto dell’arroganza autoritaria. Uno Stato che ti soffoca con una mano e che ti colpisce con l’altra. 

E attenti ai negoziatori delle vie morte perchè un giorno porteranno come offerta il ritiro della legge Wert. E basta: “Guarda, continueranno a soffocarci ma non ci colpiranno più, vedete come siamo buoni?” Alcuni professionisti del porre un prezzo alla dignità confondono la propria, inesistente per averla svenduta troppe volte, con quella di tutti noi. E dovranno prendere coscienza che gli attacchi così diretti e sfacciati rendono impossibile alcuna trattativa. Lasciano ogni tentativo di negoziazione a disposizione solo dei masochisti che provano piacere nel sentirsi disprezzati. E che essendo assuefatti al dolore non rappresentano la gente normale.

Carles Capdevila
'Ara'
 

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sabato 19 luglio 2014

Per fare una frittata bisogna rompere le uova

Scusate, eccellentissimi magistrati del Tribunale Costituzionale spagnolo, ma dovete sapere che non ce ne frega niente del vostro verdetto sulla dichiarazione di sovranità dello scorso 25 marzo. Cioè, non ce ne importa niente di qualsiasi cosa possiate dire o fare. La Catalogna è sovrana e voi potete dire quel che vi pare. Volete dichiarare nullo una parte del documento? E quindi? Nel momento in cui ci dichiarammo sovrani accettavamo implicitamente che codesto tribunale non aveva più importanza per noi. O siamo sovrani –come approvato nel Parlament-- o non lo siamo! E se fu approvata la dichiarazione di sovranità, bisogna agire di conseguenza e non riconoscere il Tribunale Costituzionale spagnolo. 

La dichiarazione dice che la Catalogna è un 'soggetto politico e giuridico sovrano'. Per dirla senza giri di parole: la dichiarazione riduce a brandelli la costituzione spagnola da cima a fondo. Che il Parlament aveva fatto un atto illegale? E allora? Ma volevamo farlo, no? Non eravamo disposti a dichiarare l’indipendenza? E ciò non sarebbe rompere con la legalità spagnola? Si, certo che si, in beneficio di una nuova legalità catalana. Ma esiste ancora qualcuno che pensa che si può fare una frittata senza rompere le uova? 

Lo ricordo a tutti quelli che fanno finta di niente: abbiamo lo stato spagnolo di fronte. Non abbiamo una democrazia moderna, rispettosa con l’esercizio della volontà popolare. Abbiamo la Spagna di Alfonso Alonso, quel portavoce che equipara le urne alla violenza. Insomma, non abbiamo di fronte il governo britannico. Pertanto, non faremo nessuna transizione negoziata. Ci vogliono schiacciare come hanno fatto sempre quando hanno voluto. E noi, siamo disposti a lasciare che lo facciano di nuovo, o la smetteremo di vedere fessure là dove non ce ne sono e passeremo ai fatti? 

Non si diventa indipendenti dall’oggi al domani. Per ottenere l’indipendenza ognuno deve prima indipendizzarsi mentalmente. E questo significa accettare che questi tribunali e organismi contrari alla volontà democratica dei catalani non hanno nessuna autorità su di noi. E non solo quando sono contro di noi, ma anche quando ci danno ragione. Non m’importa che aprano dei pertugi sul diritto a decidere, perchè questi dodici magistrati non sono autorizzati a dire nulla su questo argomento. Non me ne frega niente se c’è un gruppetto che qualcuno chiama progressista. Non m’importa nulla se c’è stato dibattito o meno. La Catalogna si è dichiarata sovrana e non riconosce questo tribunale spagnolo. Vogliamo fare un passo avanti o vogliamo rimanere intrappolati nella loro gabbia? 

E’ vero che non dobbiamo cadere nella trappola e soppesare bene quando è meglio schivare la loro legalità e quando invece romperla. E’ importante, per non restare impantanati in commissariamenti o inabilitazioni di presidenti o in situazioni che potrebbero far diminuire le nostre risorse istituzionali per arrivare a buon fine. Ma per arrivare all’indipendenza, uno di questi giorni dovremo infrangere la legge e ciò dovrebbe essere una competenza acquisita nel primo anno delle elementari. Sono convinto che se abbiamo fatto tanta strada è perchè siamo disposti ad assumerci le conseguenze della legge infranta. E che Carme Forcadell ha assunto la presidenza dell’ANC sapendo che potrebbe finire in carcere. E così anche il presidente Mas o gli altri politici che stanno portando avanti il processo. Se si può evitare, meglio! Ma tutti dobbiamo essere pronti a pagare il prezzo della libertà. Alcuni lo hanno già pagato e mi dispiace di dovervi dire che non posso spiegarvene i dettagli. E molti altri lo pagarono quando tutto era molto più difficile e lontano. 

Signori dell’alto tribunale spagnolo: se volete risparmiare lavoro, mettete da parte tutti i ricorsi di incostituzionalità contro i catalani. Lo sappiamo che faremo qualcosa di grosso e di molto anticostituzionale. Molto! Lo sarà così tanto che sarete obbligati a rifarvela tutta, questa costituzione. Davvero, non perdete altro tempo. Dedicatevi alla famiglia. E se a casa vostra non vi vogliono, tornate all’arena a guardare i tori, come quando ammazzavate il tempo, prima di liquidare il nostro Estatut. 

Sappiamo di essere anticostituzionali. Vogliamo esserlo! Ogni volta che ce lo dite siamo più determinati a voler recuperare democraticamente quello che i vostri avi ci portarono via con sangue, fuoco e molta repressione. Questa vostra costituzione –figlia della minaccia del franchismo e del rumore di sciabole—è un aneddoto spiacevole in più nella nostra storia. Voi vivete per difenderla. Noi la tritureremo appena possibile.




Pere Cardús 




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mercoledì 16 luglio 2014

Costituzione


In mezzo a tanti scandali che sta vivendo in questo momento la giustizia spagnola, curiosamente al Consiglio Superiore della Magistratura (Consejo General del Poder Judicial) li è venuto in mente di chiamare a dichiarare il giudice Santiago Vidal, dopo la redazione di una bozza di costituzione catalana. Vidal, con un gruppo di altri giuristi, sta redigendo quello che dovrebbe essere una bozza per una costituzione della Repubblica della Catalogna. Lo fanno di propria iniziativa. Non è un incarico, anzi, è un esercizio teorico che può aiutare a capire quali passi bisognerà fare domani. La domanda è, dunque, per quale motivo lo chiamano a dichiarare.

La risposta è ovvia. Per ragioni politiche. Un giurista può fare un lavoro teorico su qualsiasi forma di costituzione? Suppongo di si. Ci sono giuristi catalani che hanno redatto costituzioni straniere, sopratutto per il terzo mondo; e che io sappia non è successo niente a loro. C’è chi ha redatto, punto per punto, come potrebbe essere la costituzione di un’ipotetica terza repubblica spagnola, e non è successo niente a costui. Che cosa rende diverso il caso del giudice Vidal?

A parer mio, due cose. La prima è che questo non è fantascienza nè fantasia. La republica catalana è un progetto possibile come realtà immediata e, pertanto, redigere una costituzione possibile e fattibile viene visto da un’angolazione molto diversa. Ma c’è un secondo fattore molto chiaro: l’irritazione così poco dissimulata che suscita il fatto che alti funzionari dello stato si manifestino apertamente in favore dell’indipendenza. In questo senso non si può dimenticare che questa chiamata è preceduta da quell’oscuro episodio della pubblicazione delle fotografie delle carte d’identità dei giudici che avevano esposto argomenti in favore della consultazione. Lo stato si agita sulla sedia in forma alquanto drammatica quando vede che la ribellione è già dentro il castello. 



Un commento finale su questa bozza di costituzione. Non dobbiamo sbagliarci su quello che stanno facendo. Loro stessi hanno chiarito che la costituzione, quella vera, la redigerà il parlamento costituente e stanno presentando questo lavoro soltanto come un esercizio. Ma come un esercizio chiarificatore, aggiungo io, in quanto molti di noi non abbiamo visto altro che una sola costituzione e non riusciamo ad immaginare come potrebbe cambiare la nostra vita con un’altra di diversa. Ieri Santiago Vidal stesso spiegava a questo giornale alcuni dei punto che propongono di includere nella costituzione e vi raccomando l’intervista. Capirete di cosa si sta parlando e, probabilmente, le ragioni della persecuzione a Santiago Vidal, giudice del quale mi dichiaro solidale a occhi chiusi.

Vicent Partal - 30.04.2014 - Vilaweb

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sabato 12 luglio 2014

Apologeti

La guardia civil ha dato il via ad una campagna di pubblicità che consiste nell’andare nelle scuole, travestire i ragazzini con la loro uniforme e lasciarli giocare con le armi. Alcune volte, li lasciano toccare armi vere.

La guardia civil va nelle scuole facendo apologia della violenza. Ci dicono, per giustificarlo, che ciò succede in tutto il mondo e con tutte le polizie del mondo. NON E’ VERO. Ci sono molte polizie nel mondo che visitano le scuole. Ma per parlare o insegnare norme del codice della strada e, in alcuni paesi, anche per avvisare sui pericoli delle droghe o del razzismo. Niente a che vedere con lo spiegamento armamentistico di un corpo armato che, inoltre, mantiene un regime militare. Personalmente, credo che la sua presenza nei centri educativi sia completamente fuori luogo.

In particolare, quando l’ipocrisia dello stato permette che durante la stessa settimana una ventina di utenti di Twitter e Facebook siano arrestati con l’accusa di 'apologia del terrorismo'. Del terrorismo dell’ETA e dei GRAPO, concretamente. 

I catalani subiamo ogni giorno insulti e minacce gravi attraverso la rete. Ogni giorno c’è gente che vuole buttarci delle bombe, che moriamo tutti, che ci capiti un’ecatombe. Lo fa della gente con nome e cognome, reincidenti, conosciuti e, spesso, vincolati a gruppi violenti dell’estrema destra spagnola. Ma contro di questi non fanno nulla. Non daranno mai la caccia a questi, non ci illudiamo. Così come si sono premurati di citare a dichiarare il giudice Vidal, che con un gruppo di giuristi ha cominciato ad elaborare una bozza di costituzione per la repubblica catalana, ma non chiameranno a dichiarare i soliti della FAES.

Lo stato non sbaglia, perchè sa molto bene qual’è la sua nazione e quale non lo è.

Vicent Partal - 03.05.2014 - Vilaweb

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giovedì 10 luglio 2014

L'ossessione di Rajoy










Il presidente del governo spagnolo, Mariano Rajoy, rimane chiuso e fermo sulle sue posizioni, mentre si avvicina sempre più la consultazione del 9 novembre. Rajoy ribadiva ieri che non ci sono delle novità sulla situazione in Catalogna perchè il presidente della Generalitat, Artur Mas, continua a difendere la consultazione, e lui è disposto ad ascoltarlo soltanto se rinuncierà al referendum.

Rajoy commette il classico errore dei governanti spagnoli in tutti i processi di indipendenza subiti, cioè, quello di fissarsi a non trattare fino a perdere il senso della realtà, la correlazione reale di forze. 

Quando la Spagna era sul punto di perdere Cuba (1898), offrì 'in extremis' una autonomia (1897) che se fosse stata proposta dieci anni prima sarebbe riuscita a mantenere lo statu quo. Ma anche allora il governo si dimostrò ottuso fino a quando si rese conto che stava perdendo tutto e, ovviamente, arrivò fuori tempo.

Nel processo catalano, inoltre, ci troviamo con una rivendicazione democratica. I catalani chiedono di poter votare per scegliere se vogliono diventare indipendenti. Ancora più bizzarra è, quindi, la cocciutaggine spagnola, soprattutto se la confrontiamo con il pragmatismo britannico. Se la Scozia dovesse diventare indipendente, Londra ha già garantito e concordato la continuità della sterlina, il mantenimento della monarchia dei Windsor e, inutile dirlo, l’adesione alla Commonwealth. Inoltre il Regno Unito ha molte chance di vincere la consultazione. 

I governi spagnoli, invece, hanno sempre scelto il “tutto o niente”.

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lunedì 7 luglio 2014

Imprenditori per il diritto a decidere




Quelli che dicono che gli imprenditori catalani sono reticenti al processo che si vive in Catalogna e voltano le spalle alla consultazione chiesta dalla maggioranza del Parlamento catalano dovranno ricredersi dopo il Manifesto del Faro, che è stato reso pubblico ieri e al quale hanno dato sostegno tutte le Camere di Commercio più diciassette associazioni imprenditoriali catalane. 


Il giorno dopo l’incontro di Rajoy con le grandi società dello Stato, alcune di queste conosciute come “le società della Gazzetta Ufficiale”, dove metteva in guardia contro il processo, il tessuto produttivo del nostro paese: rappresentanti di piccole, medie e anche alcune grandi imprese hanno espresso nero su bianco la totale adesione al Patto Nazionale per il Diritto a Decidere dando il loro supporto incondizionato al processo avviato.


Dal faro più potente della Catalogna, l’imprenditoria catalana vuole essere un punto di riferimento per invitare tutti al dialogo ed alla trattativa, per convivere in pace, rispetto e libertà come popolo che non ha mai considerato forestiero nessuno che non voglia esserlo. 


Perciò questa chiamata imprenditoriale in favore del diritto a decidere si ribella ai canti di sirena dell’immobilismo e grida alla dignità di essere liberi e di vivere in democrazia. E, per questo, chiedono esplicitamente la consultazione con l’impegno di rispettare la decisione del popolo catalano e di esserle vicini, perchè gli imprenditori non sentono alcuna inquietudine verso la democrazia, ma soltanto verso l’intolleranza e l’ignoranza.


Il presidente della Cecot è stato chiaro quando ha detto che è l’assenza di dialogo a portare tensione e che è la tensione ad arrecare danni al recupero economico. I nostri imprenditori hanno parlato chiaro e non si potrà più dire che sono rimasti ai margini del processo.


Il popolo ha il diritto a decidere e bisogna consultarlo.

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Un mostro nella Generalitat



Negli ultimi due anni la Catalogna si è convertita da locomotiva dello stato delle autonomie ad essere il più grande rimuginatore del regno, nel comprovare che ogni settimana perde una competenza od una attribuzione.
Questo cambiamento radicale spiega in parte l’atteggiamento fermo di Artur Mas che ha tanto sorpreso a Madrid. Ma si tratta di una logica devastante.
Quello che lo Stato sta facendo con la Generalitat si chiama mòbing. E qualcuno sottomesso a pressione psicologica costante, che viene obbligato a rendere conto di ogni cosa che fa, che è costretto a spendere grandi dosi di energia per individuare da quale parte arriveranno altre restrizioni all’autogoverno, questo qualcuno, dicevamo, non può più credere a nessuna promessa od offerta del suo aggressore.
Madrid crede che Mas sia un mostro. Ma, se lo è, il mostro lo hanno creato loro.

David Miró

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domenica 6 luglio 2014

Un guardia civil si vanta dell'assalto fascista alla delegazione del Governo Catalano a Madrid


Si è fotografato con una maglietta a favore degli attaccanti · Democracia Nacional ha publicato l'immagine al Facebook 

'Ci sono immagini che valgono più di mille parole. Immagini che nessun telegiornale mai mostrerà. Immagini che ci dicono nulla è perduto e che ispirano a continuare la lotta per il futuro che vogliamo e che ci appartiene. Mai un passo indietro.' Con queste parole la formazione di estrema destra Democrazia Nazionale ha pubblicato a Facebook una fotografia d'un guardia civil (l'equivalente spagnolo di un carabiniere) con una maglietta di supporto all'aggressione fascista dello scorso 11 settembre alla delegazione della Generalità, il governo catalano, a Madrid.

L'immagine è una autoscatto fatto allo specchio, dove un agente solleva l'uniforme di guardia civile per mostrare una maglietta con la scritta 'Blanquerna Style' e il ritratto d'uno degli assalitori, che andava incappucciato. 

Durante l'atto di celebrazione della Giornata Nacionale di Catalogna al Centro Culturale Blanquerna, sede della delegazione del governo della Generalità a Madrid, un gruppo d'estrema destra aveva fatto una irruzione violenta e aveva aggredito alcuni assistenti, tra i quali alcuni parlamentari. Aveva lanciato a terra una bandera catalana e il leggio degli oratori, oltre ad arrecare altre danni. Prima d'andarsene, avevano lanciato gas lacrimogeni. Tutto questo mentre cridavano: 'Non ci inganniamo, la Catalogna è Spagna.' Il giudice li ha li ha rilasciati in attesa di processo, il giorno dopo essere stati arrestati. 

Spagnolo, Tedesco, Francese

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giovedì 3 luglio 2014

L’opzione ‘lose-lose’


DIALOGO. Il processo catalano si risolverà positivamente, cioè dialogando; non ne ho alcun dubbio. Ma il dialogo arriverà in malo modo, cioè, sotto pressioni, dissuasioni e minacce. E’ un peccato che sia così, visto che sappiamo che tutto questo non ha altra soluzione che sedersi e parlare. Potremmo avere un processo “alla britannica”, ma la Spagna è fatta così e dovremo passare per l’inverno del conflitto prima di arrivare alla primavera della trattativa. 
Quando dico conflitto non voglio dire violenza; questa confusione è interessata e proviene da quando l’ETA mascherava le sue azioni sotto l’ombrello del “conflitto basco”. Ma un conflitto non è altro che la volontà di risolvere una disparità imponendo una soluzione unilaterale. 
Da questo punto di vista, le parole e i fatti del governo spagnolo negli ultimi due anni hanno una forte componente conflittiva. Sono una esibizione di potere reale o immaginario che ha come obiettivo convincere l’altra parte -il governo catalano- che le sue aspirazioni comportano un prezzo inaccettabile. 

TATTICHE. Gli strumenti di cui dispone il governo centrale per alimentare il conflitto sono molti e ben diversi. Alcuni sono legati all’azione diretta dello esecutivo: strozzamento finanziario, leggi ricentralizzanti, paralisi degl’investimenti, ispezioni fiscali selettive, utilizzo rozzo dei servizi di sicurezza e d’intelligence, ecc.. 
Altri riguardano l’ambiente extra-politico (finanziario, mediatico, giudiziario) e sono orientati a generare un clima di paura e di incertezza che spesso culmina con ipocriti appelli al tradizionale senno catalano. E, infine, l’arma più pericolosa di tutte, che è l’uso della logica -e salutare- diversità di opinioni della società catalana per provocare una situazione fittizia di scontro civile. 
Questa strategia è molto vecchia (il conte-duca di Olivares la suggerì a Filippo IV alla vigilia della Guerra dels Segadors –guerra dei mietitori s. XVII) e necessita del concorso di alcuni giornalisti e politici manipolatori (tali come Marhuenda, Navarro e Cañas) disposti a dire che in Catalogna si vive in una sorta di dittatura dove la dissidenza viene perseguita e punita. 

PERDENTI. Tutto questo si fa per bloccare il processo o, nel peggiore dei casi, per arrivare all’inevitabile tavolo della trattativa nelle migliori condizioni possibili, cioè, avendo di fronte un governo catalano indebolito ed una popolazione catalana arrabbiata ed intimorita. 

Di fronte a questa realtà, quelli che guidano il processo catalano hanno due cose ben chiare. Il principale fattore per il successo è la resistenza, perchè anche se la magia del 2014 ci fa pensare che siamo vicini al giorno D, è più realistico pensare che siamo nella fase iniziale di un processo lungo e complesso. Bisognerà non vacillare e dimostrare continuamente la nostra convinzione, unità e senso civico. 

Ma il governo catalano, inoltre, deve dimostrare di essere disposto ad arrivare fino alla fine e che ha la capacità di fermare e rispondere (politicamente) alle minacce e alle intimidazioni. 
In fin dei conti, se il governo spagnolo offre paura è perchè ne ha tanta. Per cui, dando per buono il discorso del presidente Mas, che scommette per una soluzione che possa beneficiare ambedue le parti - win-win, si chiama-, forse dovremmo girare la questione e far capire al governo spagnolo che la Catalogna ha le proprie carte in mano da giocare e che, se tutto diventa difficile, l’esito potrebbe essere lose-lose. 

Rendere visibile questa possibilità è basilare prima di sedersi al tavolo delle trattative. 



Toni Soler
Giornalista e scrittore

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