giovedì 3 luglio 2014

L’opzione ‘lose-lose’


DIALOGO. Il processo catalano si risolverà positivamente, cioè dialogando; non ne ho alcun dubbio. Ma il dialogo arriverà in malo modo, cioè, sotto pressioni, dissuasioni e minacce. E’ un peccato che sia così, visto che sappiamo che tutto questo non ha altra soluzione che sedersi e parlare. Potremmo avere un processo “alla britannica”, ma la Spagna è fatta così e dovremo passare per l’inverno del conflitto prima di arrivare alla primavera della trattativa. 
Quando dico conflitto non voglio dire violenza; questa confusione è interessata e proviene da quando l’ETA mascherava le sue azioni sotto l’ombrello del “conflitto basco”. Ma un conflitto non è altro che la volontà di risolvere una disparità imponendo una soluzione unilaterale. 
Da questo punto di vista, le parole e i fatti del governo spagnolo negli ultimi due anni hanno una forte componente conflittiva. Sono una esibizione di potere reale o immaginario che ha come obiettivo convincere l’altra parte -il governo catalano- che le sue aspirazioni comportano un prezzo inaccettabile. 

TATTICHE. Gli strumenti di cui dispone il governo centrale per alimentare il conflitto sono molti e ben diversi. Alcuni sono legati all’azione diretta dello esecutivo: strozzamento finanziario, leggi ricentralizzanti, paralisi degl’investimenti, ispezioni fiscali selettive, utilizzo rozzo dei servizi di sicurezza e d’intelligence, ecc.. 
Altri riguardano l’ambiente extra-politico (finanziario, mediatico, giudiziario) e sono orientati a generare un clima di paura e di incertezza che spesso culmina con ipocriti appelli al tradizionale senno catalano. E, infine, l’arma più pericolosa di tutte, che è l’uso della logica -e salutare- diversità di opinioni della società catalana per provocare una situazione fittizia di scontro civile. 
Questa strategia è molto vecchia (il conte-duca di Olivares la suggerì a Filippo IV alla vigilia della Guerra dels Segadors –guerra dei mietitori s. XVII) e necessita del concorso di alcuni giornalisti e politici manipolatori (tali come Marhuenda, Navarro e Cañas) disposti a dire che in Catalogna si vive in una sorta di dittatura dove la dissidenza viene perseguita e punita. 

PERDENTI. Tutto questo si fa per bloccare il processo o, nel peggiore dei casi, per arrivare all’inevitabile tavolo della trattativa nelle migliori condizioni possibili, cioè, avendo di fronte un governo catalano indebolito ed una popolazione catalana arrabbiata ed intimorita. 

Di fronte a questa realtà, quelli che guidano il processo catalano hanno due cose ben chiare. Il principale fattore per il successo è la resistenza, perchè anche se la magia del 2014 ci fa pensare che siamo vicini al giorno D, è più realistico pensare che siamo nella fase iniziale di un processo lungo e complesso. Bisognerà non vacillare e dimostrare continuamente la nostra convinzione, unità e senso civico. 

Ma il governo catalano, inoltre, deve dimostrare di essere disposto ad arrivare fino alla fine e che ha la capacità di fermare e rispondere (politicamente) alle minacce e alle intimidazioni. 
In fin dei conti, se il governo spagnolo offre paura è perchè ne ha tanta. Per cui, dando per buono il discorso del presidente Mas, che scommette per una soluzione che possa beneficiare ambedue le parti - win-win, si chiama-, forse dovremmo girare la questione e far capire al governo spagnolo che la Catalogna ha le proprie carte in mano da giocare e che, se tutto diventa difficile, l’esito potrebbe essere lose-lose. 

Rendere visibile questa possibilità è basilare prima di sedersi al tavolo delle trattative. 



Toni Soler
Giornalista e scrittore

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