lunedì 31 marzo 2014

Il governo della Spagna, piú vicino a te. Davvero?

In questa forma la Delegazione del Governo dello Stato spagnolo nella Catalogna si presenta alla cittadinanza nella sua web (con un testo, peraltro, che si accompagna di una foto dell’attuale commissario, M. de los Llanos de Luna, e firmato da Joan Rangel, l’anteriore commissario). Questo é il primo esempio dell’importanza che la Delegazione del Governo concede alla prossimitá con la cittadinanza...

Maria de los Llanos de Luna é un’avvocata sivigliana che da anni ha occupato diverse cariche pubbliche in Catalogna: sottodirettore dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a Barcellona (1996-2003), presidente della comissione di valutazione d’invaliditá civile di Barcellona e assessore al Tesoro dell’INPS a Barcellona. É stata pure sottodelegata del Governo spagnolo a Barcellona (2003-2004), deputata al Parlamento della Catalogna (dove mai usó il  catalano durante le sue interpellazioni)  e seconda portaparola del grupo parlamentare del PP, partito nel quale forma parte del comitato esecutivo e della direzione, fra altri. Dal 2012, é la delegata del Governo spagnolo nella Catalogna.

Nel suo impegno, quindi, di avvicinare il governo della Spagna ai cittadini della Catalogna, la signora de Luna ha come obiettivo número uno frenare l’indipendentismo, e si é fissata nei comuni.  In questi due anni scarsi a capo della Delegazione ha interposto quasi 200 denuncie che riguardano principalmente cinque aspetti:

-    legge delle bandiere: attualmente 62 comuni catalani sono stati denunciati per non attaccare la bandiera spagnola alle dipendenze del comune. Non sappiamo che ci sia nessuna denuncia contro edifici del governo spagnolo, la polizia nazionale o l’esército dove non é presente la senyera o bandiera catalana, come indica la legge.
-    sostegno alla dichiarazione di sovranità: 43 comuni, che hanno approvato testi di sostegno alla dichiarazione di sovranità approvata dal Parlamento della Catalogna il 23 gennaio del 2013, sono stati denunciati dalla Delegazione del Governo spagnolo. Di queste, 13 sono già state archiviate o rifiutate.
-    préstito di attrezzamenti: i comuni, como quello di Vic, che prestino attrezzamenti municipali per realizzare attività in relazione con il movimento indipendentista, sono denunciati; o come quello di Girona, per avere affittato treni perché la gente potesse andare a Barcellona l’11 settembre del 2013.
-    sovranità fiscale: ha pure denunciato 75 comuni per fare manifestazioni favorevoli alla sovranità fiscale, cioé che i cittadini paghino le loro tasse direttamente all’Agenzia Tributaria della Catalogna. 3 di queste denuncie sono giá state rifiutate.
-    pagamento  della cuota all’ AMI (Asociazione di Municipi per l’Indipendenza): 14 comuni sono stati denunciati perche si considera “disponibilità di beni pubblici”. In qualche caso la cuota denunciata é di 75,5 euro annui.

Per porgere tutte queste denuncie, Llanos de Luna usa due sistemi: il primo, leggere tutti le risoluzioni dei comuni che si prendono in tutto il territorio, e che per legge devono arrivare alla Delegazione. Se qualche risoluzione si considera che vulnera qualche legge,  é rivolta all’Avvocatura di Stato, e se questo organismo vede qualche illecito, allora la Delegazione inizia un procedimento legale. El secondo sistema é quello di vigilare se qualche rappresentante comunale dissobbedisce alcuna sentenza giudiziaria; in questo caso avvia l’inabilitazione del síndaco. In ogni caso sempre si procura che tutto arrivi ai tribunali, per poter convertirlo, se possibile, in un’istruzione penale, e non ideológica.

Visto con obiettivitá, potrebbe pensarsi che la signora de Luna é una fedele púbblica servitora, che compie e fa compiere le leggi. Nessun delegato del Governo spagnolo era stato cosí scupoloso; mai nessun delegato del Governo spagnolo aveva tentato d’imporre la nadiera spagnola nelle scuole, come tentó di fare a Corbera di Llobregat, né nessuno di loro aveva attuato con questa ferocità contro i rappresentanti dei comuni catalani. Mai nessun delegato del Governo spagnolo aveva partecipato in un’atto d’omagggio alla División Azul (un’unitá dell’esército spagnolo che lottó insieme a Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale) nella sede della Guardia Civil (i Carabinieri spagnoli) a Sant Andreu de la Barca. Perció, il 14 marzo del 2013 il Parlamento della Catalognaa approvó una mozione per richiedere la sua sostituzione data la sua “attitudine ostile e la sua mancanza di rispetto verso le istituzioni catalane”, ed é stata dichiarata persona non grata da comuni come quello di Girona. Il comune di Barcellona ha chiesto il suo rilievo immediato.

A febbraio del 2014, la signora Maria de los Llanos de Luna continua a capo della Delegazione del Governo spagnolo nella Catalogna, per “offrire una migliore attenzione ai cittadini della Catalogna”.

Mireia Plana

Fonte: Viquipèdia e diario Ara del 05/01/2014
Spagnolo



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domenica 30 marzo 2014

Il «problema spagnolo» a Bruxelles

La Commissione Europea e l'Europarlamento cominciamo a non percepire più la Catalogna come la parte istigatrice del conflitto e segnalano l’immobilismo di Rajoy come un fatto destabilizzante istituzionale nell’UE.
Le istituzioni europee cominciano a stufarsi delle uscite fuori luogo della diplomazia spagnola, degli appelli alla solidarietà “de facto” degli stati membri per combattere il separatismo catalano, dei 'no' a tutto e dei “è diverso” quando la Commissione Europea raccomanda a Rajoy che diventi il David Cameron spagnolo. In breve, a Bruxelles leggono la stampa internazionale. E se alcuni mesi fa, le testate più influenti al mondo presentavano Artur Mas come il soggetto di un conflitto provocato da una minoranza, ora, dalle stesse pagine si punta direttamente a Rajoy come responsabile di una tensione territoriale che si sposta, giorno dopo giorno, anche alle istanze del potere europeo.

Dopodichè, la lettura internazionale del caso catalano cambia radicalmente. “La Catalogna è già sull’agenda politica e mediatica internazionale, e la posizione del Parlamento e della Commissione Europea si sta cominciando a modificare sulla stessa linea. Qui molti assicurano che  'il problema non è la Catalogna, ma la Spagna', e forse i catalani non danno sufficiente peso al fatto che la Commissione Europea si sia mantenuta molto ai margini su questa questione rispetto a quanto pretendeva Madrid e a quello che si poteva aspettare dalle pressioni della diplomazia spagnola di Bruxelles”, assicurano fonti della CE che conoscono la posizione dei commissari.

La convocazione di un referendum legale in Scozia da una parte, e la posizione bloccata di Madrid sulla incostituzionalità di una consultazione dall’altra, “generano incomodità tra molti rappresentanti politici, che sottolineano che questo divario democratico nel seno di due stati europei deriverà in una forte tensione nell’UE quando sarà il momento di prendere delle decisioni”. E’ per questo che il presidente della CE, Jose Manuel Durâo Barroso, ha deciso di terminare il suo mandato senza approfondire la questione catalana.

“Barroso, malgrado alcune dichiarazioni fatte, si è accorto che approfondire un dibattito sull’espulsione o no della Catalogna dall’UE avrebbe generato tensioni interne e, inoltre, secondo i trattati dell’UE la Commissione non ha delle competenze su questo campo. Sfigurerebbe il suo lascito con una questione d’interesse minore in confronto alla questione economica o al recente conflitto ucraino”, dicono queste fonti. In più, “qui tutti ricordano il conflitto diplomatico provocato dalla Spagna per la questione della Gibilterra e dell’ultimo episodio dei rimbrotti del ministro dell’interno spagnolo alla commissaria d’Interno europea per la tragedia di Ceuta – enclave spagnola in Marocco”. (5 immigrati subsahariani e altri 108 feriti nel tentativo disperato di varcare le frontiere della fortezza europa).

In questa cornice, le fonti consultate lanciano un messaggio diverso a quello che offre Bruxelles ufficialmente: “Dalla sua creazione, nell’UE ha imperato la “real politik”, poca ideologia e molto pragmatismo, e il fatto che ci sia una embricazione così intensa tra la Catalogna ed i soci europei fa che gli interessi economici creati possano resistere ad una ipotetica rottura”.

Abbiamo chiesto quale influenza può avere la pratica coincidenza del cambio di dirigenza nella Commissione Europea, previsto per la fine di ottobre del 2014, con la consultazione del 9 novembre, e queste fonti considerano che potrebbe favorire gli interessi catalani perchè sarà un momento di transizione e di silenzio istituzionale sulle questioni non rilevanti. Ma, avvertono che “il nuovo commissario sarà del PP, presumibilmente più duro ed insistente sulla questione catalana”. Di fatto, il PP aspira a collocare Miguel Arias Cañete come commissario per l’Ambiente, con l’intento di superare alcuni ostacoli posti da Bruxelles al nuovo Piano idrologico del fiume Ebro.

Nel Parlamento Europeo si percepisce anche una certa stanchezza. Parlamentari di diversi paesi coincidono nello esprimere questo cambiamento di percezione rispetto alla Catalogna. “Se ne parla molto, troppo, del caso catalano, ma il governo spagnolo non è disposto a dialogare, ha sempre il “no” in bocca”; “alcuni ci siamo accorti, parlando anche con gli europarlamentari catalani ed spagnoli, che questo sentimento è maggioritario e democratico e che, pertanto, il problema non è la Catalogna ma l’ostinazione spagnola”, spiegano.

Un altro europarlamentare avverte che “spesso, senza motivo, gli europarlamentari spagnoli fanno roccamboleschi riferimenti alla Catalogna. Tutto questo ci ha fatti cambiare molto la visione che abbiamo del conflitto”. Gli europarlamentari consultati coincidono nel vaticinare che “l'atteggiamento di non voler trattare di Madrid finirà per creare tra gli stati dell’UE un conflitto innecessario, mentre l’UE ha molti altri problemi sul tavolo che riguardano la cittadinanza nel suo insieme”.

E se a Madrid il governo conta con la “brigata” mediatica e un esercito di ministri e cariche del PP che sparano a discrezione, a Bruxelles il lavoro è molto più sottile. “Dalla grande manifestazione del 2012, abbiamo percepito in maniera chiara che i rappresentanti dello Stato spagnolo nell’UE sono sempre presenti in tutti gli spazi dove fanno delle attività i catalani, per quanto modeste esse siano, così come ogni volta che una delegazione del governo catalano viaggia all’estero, la prima indicazione che riceve l’ambasciatore o il console della zona è quella di tenere informato il ministero su qualsiasi cosa si parli”, sottolineano fonti del Parlamento.

E infatti, è normale trovare tra il pubblico di una conferenza o in una riunione del Gruppo delle Minoranze Regionali qualche membro della Rappresentazione Permanente spagnola (l’ambasciata in Consiglio Europeo). “Non sappiamo fino a che livello tecnologico ci possono vigilare, ma è evidente che hanno un esercito diplomatico brutale a tutti i livelli, con una grande capacità di controllo e di controbattere”, ha detto uno dei membri del Gruppo delle Minoranze.

Gemma Aguilera, Bruxelles – Nació Digital.cat

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sabato 29 marzo 2014

Soldati armati dell’esercito spagnolo passeggiano per le strade di Esplugues de Llobregat

Un gruppo di soldati dell’esercito spagnolo sono stati visti per le strade di Esplugues de Llobregat, perfettamente equipaggiati di attrezzatura da combattimento, abbigliamento mimetico, zaini e armi in mano.

La presenza dei militari è stata notata lungo la via di Laureà Miró, una delle strade più importanti del municipio. La CUP (Il partito politico la cui sigla significa “Candidature d’Unità Popolare”) ha denunciato la presenza dei soldati e si è chiesto “per quale motivo” i militari stessero girovagando per le strade della cittadina.

Di fatto la presenza di militari per le località catalane è sempre più abituale, l’ultimo episodio si è verificato in settembre, quando l’esercito si è accampato a Saldes, ai piedi del Pedrafroca piantando la bandiera spagnola in una zona proibita del Parco Naturale o quando ha realizzato manovre lo scorso maggio in una zona proibita del parco di Collserola, secondo immagini captate dalla Televisione di Barcellona, BTV, fatto che lo stesso Comune di Barcellona ignorava, secondo quanto è stato ufficialmente riconosciuto.

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venerdì 28 marzo 2014

La Fondazione Franco? Legale. Il Referendum? Illegale.

La Fondazione Franco? Legale.
Il Referendum catalano? Illegale.
Inconstituzionale.
Vogliamo votare.
#9N2014
#SíSí

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giovedì 27 marzo 2014

Il falso dialogo

Il presidente espagnolo, Mariano Rajoy, ha assicurato ieri che è disposto a “muoversi” ed a dialogare con il governo catalano, ma precisando subito che lo farà soltanto se la Generalitat “ritratta” riguardo al processo sovranista.


In questo modo si è opposto ad autorizzare la consultazione, a permettere che i catalani votino sul proprio futuro nazionale.


Pertanto, Rajoy parla erroneamente di dialogo, lo accetta soltanto in forma stentata se all’interno del modello autonomico, precisamente quello che la Catalogna vuole superare.


I catalani hanno detto ripetutamente nelle urne, ed anche in piazza, con manifestazioni record a livello europeo, che vogliono essere consultati sull’indipendenza del paese.


Quindi, questa e non altra è la questione che devono mettere sul tavolo e sulla quale bisogna determinare se lo Stato accetta di dialogare oppure no.


Per adesso, il presidente spagnolo risponde negativamente alla richiesta della società catalana, diversamente da quanto fece il primo ministro britannico, David Cameron.

Non si vanti delle sue capacità di dialogatore, signor Rajoy.








Editoriale 'El Singular Digital'

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mercoledì 26 marzo 2014

La Commissione Europea chiede scusa

Adesso chiede scusa. José Manuel Durão Barroso si è tolto la divisa dell’arbitro, quella che gli spetta come guardiano dei trattati, per sudare la maglia degli unionisti britannici ed spagnoli con gli stessi argomenti della paura che usano loro: la Scozia indipendente avrà le cose “estremamente difficili, se non impossibili”, per evitare l’espulsione dall’Unione Europea, aveva minacciato domenica scorsa. Ma ieri stesso, la sua portavoce, Pia Ahrenkilde, ha tentato di scusarlo assicurando che in nessun caso “voleva interferire nel processo democratico in moto”.
Neanche il confronto con il Kosovo è stato molto fortunato, ha aggiunto la Ahrenkilde. Il conservatore portoghese, come un García-Margallo (Ministro degli Esteri spagnolo) qualsiasi, aveva avvertito durante una polemica intervista concessa alla BBC che l’ex-provincia serba “in certo qual modo è un caso simile”, perchè la Spagna e altri quattro soci si rifiutano di riconoscerne la secessione, e la stessa cosa può succedere a scozzesi e catalani se si separano. La sua portavoce ha cercato di spegnere l'incendio cercando di non esautorare direttamente il suo capo, chiarendo che Barroso “non voleva insinuare” che il Kosovo “fosse una perfetta analogia” della Scozia o la Catalogna, ma soltanto un caso “illustrativo sulle possibili difficoltà ed incertezze”.
I referendum scozzese e catalano e l’allargamento interno dell’UE sono ritornati al centro della cofferenza stampa giornaliera della Commissione Europea, con sei domande delle stampa internazionale (hai voglia! per essere un “affare interno”). E Ahrenkilde ha dovuto riconoscere che Bruxelles deve essere neutrale e non può pronunciarsi, mentre tentava di salvare la faccia del suo capo per essersi precisamente pronunciato. Ruolo schizofrenico. “Non possiamo anticipare quale sarà il futuro scenario e questo è quello che voleva dire il presidente”, ha insistito la portavoce.
In teoria, la Commissione Europea “soltanto potrà esprimere la propria opinione sulle conseguenze legali per l’UE” dell’indipendenza della Scozia o della Catalogna “se qualche stato membro lo chiede e propone uno scenario preciso”, ha ricordato Ahrenkilde. Ma Barroso è sul punto di rimanere senza lavoro, dopo le elezioni europee del 25 maggio, ed è entrato in campagna accontentando la diplomazia britannica ed spagnola, per riuscire ad ottenere un nuovo incarico in qualche organismo internazionale.
Le repliche
Le risposte dalla Catalogna alle parole di Barroso non si sono fatte attendere. Il presidente Mas lo ha fatto in un’intervista pubblicata nel giornale italiano Corriere della Sera, nel quale ha considerato che i paesi europei mantengono  una  “posizione egoistica” nel dibattito sull’indipendenza. Nel rotativo italiano, Mas ha criticato che gli stati europei attribuiscano la questione ad un problema interno spagnolo. Ed ha difeso che il caso catalano deve essere studiato in forma “specifica” perchè, opina, “l’indipendenza è il futuro naturale di una antica nazione” come la Catalogna.
Il candidato di ERC alle elezioni europee, Josep Maria Terricabras, ha tolto importanza alle dichiarazioni del presidente della Commissione Europea. Il PSC, invece, ha colto l’occasione delle dichiarazioni di Barroso per rivendicare che loro da tempo dicono la stessa cosa. “Non è nuovo. Reitera quanto dicono i trattati. Se la Catalogna si dichiara indipendente in forma unilaterale, dovrà chiedere di rientrare nell’UE e dare inizio ad un processo di adesione”, ricorda la segretaria di politica europea del PSC, Esther Niubó. “La Catalogna non dovrebbe spostarsi da quello che dice il diritto comunitario”, ribadisce. Il PP è andato oltre e Alícia Sánchez-Camacho interpreta che “negli ultimi giorni l’Europa ha detto a Mas che lo scherzo è finito”, visto che “è impossibile che una regione di un paese possa diventare un nuovo stato membro”. ICV-EUiA, attraverso il proprio candidato alle europee, Ernest Urtasun, ha indicato a Barroso ed ai partiti PSC e PP che oltre al dibattito giuridico ci sono “meccanismi politici” per l’entrata di un nuovo stato nell’UE.

Avui.cat  - Albert segura

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martedì 25 marzo 2014

Vieteranno la bandiera stellata?





Questo fine settimana abbiamo vissuto due episodi di provocazione centrati sulla bandiera stellata. Nel paese di Sant Celoni, da parte della guardia civile ed a Malaga, da parte della polizia. In ambedue i casi abbiamo ascoltato giustificazioni politiche secondo le quali la stellata è contraria alla costituzione. Dal nazionalismo spagnolo nessuno ha chiarito –come sempre— dove sta scritto (naturalmente, da nessuna parte). Ma penso que tutto questo non sia casuale.


La stellata è il simbolo che ha cambiato da uno estremo all’altro il paesaggio, soprattutto nella Catalogna. Appese ai balconi, nelle rotonde di entrata ai paesi, nei pali dei Comuni o negli spalti di un campo sportivo, la bandiera ideata da Vicenç Ballester esprime chiaramente, come nessun altro segno, la volontà d'indipendenza del paese. Ovviamente, questo ha colpito molti, dei nostri ma anche di fuori. Dai giornalisti che lo sottolineano nei loro articoli ai politici unionisti che affermano che la distesa di stellate nei balconi crea una confusione voluta sulla vera realtà della società.


Due incidenti concordanti sulla stellata potrebbero essere un avviso in questo senso. La Spagna non metterà in atto un golpe militare, ma i colpi di stato giudiziari saranno sempre più abituali. Grandi –come fu la sentenza contro lo statuto-- o piccoli. E questo, cioè, vietare la stellata, potrebbe essere uno dei più ovvi. Ma sono sicuro che uno scandalo come questo avrebbe conseguenze per loro inimmaginabili.


A proposito, ricordate quando eravamo noi quelli che avevamo fretta? Adesso sono loro a sentire la pressione dei giorni che passano, e sì che passano rapidamente; e si vedono costretti ad agire con precipitazione. E la fretta, si sa, è una cattiva consigliera. Tic-tac, tic-tac.

Vicent Partal

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domenica 23 marzo 2014

La questione della lingua catalana

Non sono un animale da circo addestrato a parlare in catalano per essere applaudito e acclamato dal pubblico. Sono abituata a partecipare all’alta cultura, ho due lauree e così, e soltanto così, voglio partecipare alla vita sociale. Provo un certo malessere e una certa vergogna quando nello sfogliare un quotidiano vedo la fotografia di una persona di colore o di cinese sovrastata da un titolo dello stile: UN CINESE CHE PARLA IL CATALANO, anche se sa dire soltanto due parole. Il nocciolo della questione non è se davvero lo parli o come lo parla, perché parlarlo dovrebbe essere un fatto naturale, una sua scelta, senza che sia necessario fare di ciò uno spettacolo.
So che in Catalogna la questione della lingua è complicata e bisogna lottare perché il catalano non sia sopraffatto dal castigliano e non sparisca, però, anziché mostrare alcuni ¨casi speciali¨ ritengo che sarebbe meglio assumere come un dato di fatto che in questa terra si parla il catalano, come succede dappertutto all’estero dove chi parla una lingua lo fa perché l’ha appresa, come apprende l’inglese chi vive in Inghilterra.
Parlo il catalano perché vivo in Catalogna e non è necessario aggiungere nient’altro. Quando una persona va in un paese non per turismo ma per viverci, è naturale che debba apprenderne la lingua. Se non vuole farlo, nessuno la può obbligare, è libera di fare ciò che vuole sempre e quando rispetti la cultura del posto in cui si trova.
Sono una polacca che parla il catalano, ma che parla anche il castigliano e l’inglese... È una delle molte abilità che ho acquisito nel corso della mia vita e spero di acquisirne molte altre.

Anita Janczak

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sabato 22 marzo 2014

Irritazione dell’ambasciata spagnola per l’intervista del 'Corriere della Sera' al presidente Mas

L'ambasciata spagnola a Roma ha reagito con irritazione all’intervista che il presidente Artur Mas ha rilasciato al 'Corriere della Sera', nella quale spiegava il processo sovranista che sta vivendo la Catalogna. Le dichiarazioni di Mas ed il servizio che accompagnava l’intervista sono stati presi male dalla diplomazia spagnola, che non ha dubitato a chiedere di poter replicare al presidente tramite una lettera al giornale intitolata “ I veri dati della situazione in Catalogna”.

Nella lettera al direttore per replicare quanto detto da Mas, un fatto del tutto inedito che mostra come vive il governo spagnolo il processo catalano, l'ambasciatore Francisco Javier Elorza nega perfino l’esistenza del deficit fiscale. L'ambasciatore assicura, in un tono per niente diplomatico, che il presidente della Generalitat ha dato "dei dati falsi su quanto fornisce e riceve questa Comunità Autonoma dal resto della Spagna".

"Noi –spiegava Mas nell’intervista- ogni anno trasferiamo alla Spagna il 8% del nostro PIL. Vogliamo aiutare altre regioni, non rifiutiamo loro il nostro aiuto, ma il 8% è troppo". Secondo Elorza, i dati della bilancia fiscale possono oscillare dall’8% del PIL che menziona Artur Mas nell'intervista fino ad una bilancia "addirittura positiva del 2,1%". "Le tasse non le pagano i territori ma le persone che trasferiscono una parte della loro rendita a quelle che ne hanno di meno", ha aggiunto l’ambasciatore.

Mas assicurava che non pesano soltanto motivi economici per chiedere l’indipendenza dalla Spagna. "Per noi contano i motivi d’identità, cultura, lingua, autogoverno. Vogliamo potere organizzare la nostra educazione, la nostra sanità, i nostri servizi. I catalani sempre hanno difeso l’idea di autogoverno, da 300 anni".

Un’affermazione alla quale l’ambasciatore risponde che "la Catalogna è una delle regioni e nazionalità della Spagna, che insieme ad altre (...) formano la ricca pluralità della Spagna, la nazione pià antica dell’Europa; una nazione che vide la luce come paese moderno con l’unione dei regni di Aragona e di Castiglia, e non, certamente, del regno della Catalogna che non è mai esistito come tale". "MI sembra importante -continua Elorza- di chiarire che l’identità degli spagnoli (composta da questa pluralità) non è una questione privativa dello ''Stato' nè di 'Madrid' ma del popolo spagnolo nel quale indissolubilmente si fonde il popolo catalano".




Un’identità collettiva che si espresse e decise democraticamente nella Costituzione del 1978, con un 87,87 % di voti a favore in Spagna ed un 90,46 % di voti a favore nella sola Catalogna, aggiunge.

Sul 1714

Per l'ambasciatore della Spagna in Italia, i catalani distorcono la portata di una guerra dinastica ed internazionale, la guerra di Sucessione 1701-1715, provocata dalla morte senza eredi dell’ultimo re della Casa d’Austria, Carlo II, "in una supposta guerra della Spagna contro la Catalogna". In questa guerra –sottolinea l’ambasciatore- "i barcelonesi lottarono esortati dalle autorità catalane a 'versare gloriosamente il loro sangue e la vita per il Re, per il proprio onore, per la Patria e la libertà di tutta la Spagna', come recitava il proclama diffuso dai Tre Comuni di Barcellona il 11 di settembre del 1714". Ovvio, però, che dopo la sconfitta si approvasse il decreto di Nuova Pianta dove furono abolite le istituzioni catalane.

La consultazione

Ora, come da questa interpretazione della storia, "tentano di privare l’insieme dei cittadini della democrazia spagnola del diritto a decidere, scavalcando lo Stato di Diritto e la Legalità democratica del 1978, che riguarda tutti, e tentano di organizzare una consultazione ai margini della legalità democratica per la quale hanno già deciso unilateralmente la domanda e la data". Quanto al referendum, l'ambasciatore risponde che lo stesso atto di effettuarlo (...) sarebbe, oltre ad una violazione della Costituzione democratica, un riconoscimento di fatto che oggi si pretende d’imporre per forza, cioè, il supposto diritto di una parte del corpo democratico di decidere al posto di tutti i cittadini spagnoli".

"Nella domanda si troverebbe già la risposta. E’ qualcosa che si vuole fare inoltre violentando la legalità democratica, mediante manifestazioni, sondaggi che si convertono in fatti consumati o mediante elezioni autonomiche snaturate (...)", sostiene Elorza. Mentre in Scozia i nazionalisti scozzesi sono arrivati ad un accordo con il Governo centrale per realizzare una consultazione avallata dalla legalità del Regno Unito, quello che cercano i nazionalisti catalani non è una riforma democratica della Costituzione (...) ma convertire il risultato di alcuni sondaggi o di elezioni snaturate ed imposte "in un atto unilaterale di secessione contraria alla storia spagnola ed europea", concude senza moderare i toni.

El Singular Digital

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venerdì 21 marzo 2014

Il giro di Help Catalonia / Help Catalonia on tour





Nei prossimi giorni l'organizzazione Help Catalonia parteciperà a diversi atti pubblici. Un sintomo della sua crescita come referente sociale anche in Catalogna.

I primi atti avranno luogo a Igualada e Vacarisses. A Igualada, in un atto ispirato nello speakers corner inglese, il volontario Àlex Furest nella piazza centrale della capitale dell’Anoia spiegherà il posizionamento internazionale della Catalogna e il suo movimento indipendentista. Sarà giovedî alle 19:00. Alla stessa ora il volontario Jordi Vàzquez parteciperà al dibattito “Come il mondo osserva il processo catalano”. Sarà al Casal di Vacarisses. Entrambi gli atti sono organizzati dalle sezioni locali dell'Assemblea Nazionale della Catalogna, ANC.




Il 3 aprile la volontaria Anna Aroca prenderà parte alla tavola rotonda ‘Progetti volontari e collaborativi di traduzione’ organizzata dal Collegio dei Docenti e dei Professionali della Cultura. Una delle idee centrali del dibattito è che l’attivismo e il volontariato nel campo della traduzione permettono sempre di più la diffusione globale di idee propie. Sarà alle 18:30 alla Sala Ramon Fuster del Collegio di Dottori e Laureati (Rambla de Catalunya, 8 – Barcelona).
Il giorno seguente la portavoce di Help Catalonia parteciperà al Secondo Congresso di Comunicazione Política di Catalogna come conferenziante. Lo farà nel dibattito “Internazionalizzazione della comunicazione”. L’avvenimento conta con la presenza di conferenzianti d'alto livello e si potrà seguire al twitter con l'hashtag #CCPC2




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mercoledì 19 marzo 2014

Questi catalani sono matti!


Se qualcuno guarda, dall’esterno, l'abbondante letteratura generata dalla questione catalana nell’opinione pubblicata spagnola recente si renderà conto di un fatto sorprendente: la scarsità di testi con tesi rispettose contro il processo sovranista e la quantità enorme di quelli che ne parlano a sfottò, insultano, disprezzano e scherniscono.
E non parlo di commenti anonimi. Sto parlando di articoli firmati da personalità politicamente e intellettualmente rilevanti, che su questa questione usano un tono displicente ed irato. Sono strani – non inesistenti, ma scarsi- i testi nei quali si replica alle tesi dei sovranisti catalani allo stesso livello, dalla discrepanza radicale, ma rispettosa. Sono invece abbondantissimi i testi scritti guardando dall’alto in basso, con un tono beffardo e superbo di chi si crede superiore e deve parlare con un bambino che propone cose assurde, che non meritano neanche di argomentare contro: è sufficiente dire.. perchè no !.
L'antologia degli insulti e dei disprezzi è interminabile. Artur Mas è stato descritto letteralmente come un matto, uno squilibrato, un megalomane patologico. L’insieme dei catalani, non già indipendentisti ma non abbastanza caldamente unionisti, è percepito e presentato come l’addizione di pochi cinici bastardi che manipolano gli altri per i propri interessi e di molti imbecilli senza cervello che credono a tutto quello che si dice, modellati come se fossero di gomma.
I catalani sono impazziti. Una malattia mentale assurda li porta a vedere allucinazioni. Non è qualcosa che si dice ogni tanto. Viene ripetuta costantemente ed è diventato uno dei fondamenti del discorso.
Per non parlare dei paragoni tra il sovranismo ed il nazismo, tra Mas e Hitler: insultanti per i catalani ma ancora più insultanti per le vere vittime del nazismo, che vedono banalizzata la loro tragedia. E non parlo neanche dell’assurda caricatura della Catalogna come un mondo con pensiero unico dove soltanto si possono sentire voci indipendentiste.





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lunedì 17 marzo 2014

Relatore dell’ONU: “In Spagna vi è stato un piano sistematico per eliminare alcune persone”

“Non sono un cinico e nemmeno un romantico”. “Mi sono impegnato a non commettere l’errore di generare aspettative che non posso soddisfare o promesse che non posso mantenere”, confessa il relatore speciale della Nazioni Unite per la promozione della verità, della giustizia e della riparazione, Pablo de Greiff. Ha trascorso 10 giorni in Spagna cercando di capire quanto delle tre parole incluse nel suo lungo titolo – verità, giustizia e riparazione – hanno ricevuto le vittime del franchismo a partire dall’avvento della democrazia. Molto poco, stando alle sue conclusioni preliminari, che saranno incluse in una relazione finale il prossimo settembre. È rimasto impressionato dalla “Valle de los Caídos” (dei caduti) e l’ “immensa distanza” tra vittime e Stato. Crede che le prime “meritino” che il Governo consideri di cambiare il significato del monumento che Franco, usando i detenuti, fece erigere in onore a se stesso.
Mai, durante i vent’anni in cui ha lavorato in quest’area, aveva visto un caso simile, assicura De Greiff, che vede nella “privatizzazione” delle esumazioni stambilite dalla legge sulla memoria storica – sovvenzionate, ma non pagate dal Governo – il peccato originale dell’ “indifferenza delle istituzioni dello Stato”.
Domanda. Cosa ha pensato quando è arrivato alla “Valle de los Caídos”? Aveva mai visto un luogo simile in altri paesi? De Greiff ha visitato Paracuellos e la “Valle de los Caídos”.
Respuesta. No, è assolutamente singolare. Unica. È impressionante che un paese che non aveva risorse economiche abbia potuto erigere un monumento con i lavori forzati. L’idea di ricavare una cattedrale da un monte di pietra non viene in mente a chiunque.



P. Perché crede che un posto così, impensabile in altri paesi come la Germania, in Spagna è ancora esattamente come l’ha lasciato Franco?
R. Perché lui è rimasto 40 anni al potere. E questo cambia tutto.
P. È partitario, come proponeva il comitato di esperti nominato dal governo Zapatero, convertire la “Valle de los Caídos” in un museo della memoria? 
R. Per certi luoghi l’idea di distruggere tutto è inadeguata. Ha una enorme carica simbolica e la distruzione implicherebbe quindi una perdita. Quello che però non si può fare, è lasciare tutto come se non fosse successo niente. Come se la glorificazione dell’ideologia per la quale il monumento fu eretto fosse accettabile. Per questo chiedo che si torni a inserire in agenda questo cambiamento, perché è abbastanza impressionante l’idea del luogo com’è ora, senza un cartello che spieghi il contesto e come fu costruito.
P. Perché ha voluto visitare anche Paracuellos?
R. È sempre stato nella mia lista, sin dall’inizio, per riaffermare che questo riguarda i diritti e non la politica. Questo non vuol dire che vi sia una simmetria.
P. Cosa reclamano le persone che l’hanno accompagnata a Paracuellos?
R. Mi ha accompagnato il presidente della fratellanza. Sostengono di essere stati completamente ignorati. Dicono di non aver mai ricevuto assistenza per il mantenimento del luogo, che il tutto viene fatto attraverso donazioni e che sono stati sistematicamente dimenticati. Non so se è vero.
P. La Spagna è il primo paese che ha chiesto di visitare come relatore ONU. Perché?
R. Perché si sta discutendo su questo tema da moltissimo tempo senza che nessuno abbia trovato una soluzione. Per l’universo immenso di vittime, perché si è detto che questa è stata la transizione modello e perché molti paesi oggi guardano alla Spagna e alla transizione, dal Medio Oriente al Nord Africa.
P. Ed è stata veramente modello?
R. Nessuno è modello. È un termine inappropriato. E non mi interessa esaminare se è stata o no modello, bensì capire meglio cosa ha funzionato e cosa invece no.
P. La Transizione ha avuto un qualche effetto sulla Spagna?
R. La legge sull’amnistia fu applicata come indulto e si differenzia da un autoamnistia con la quale i generali si auto-decolpevolizzavano solo perché fu adottata da un parlamento democratico, ma non è corretto usarla per archiviare tutti i casi. Mi unisco alle raccomandazioni del comitato contro le scomparse forzate perché lo Stato spagnolo abroghi tale legge.
P. La Spagna non è il primo paese a trovarsi ad affrontare questo problema. È un caso anomalo? A livello di quale altro paese ci situerebbe in termini di verità, giustizia e riparazione?
R. In Argentina ci sono talmente tanti accusati che la situazione sembra normale. I processi non fanno più notizia. Si fanno e non succede niente. È questo il messaggio che ho per la Spagna. Qui c’è gente che crede che non si debba discutere di questo argomento, in quanto porterebbe a manifestarsi vecchi odi nascosti. Ma niente fa credere che questo sia vero. Tutti sanno chi ha ammazzato chi.
P. In quali altri paesi vi è una situazione così difficile?
R. Il lavoro si è spostato dall’America Latina all’Europa dell’Est, al Sudafrica e ora all’africa. La Sierra Leone non sta così male. Ma pensi nella grande sfida di introdurre una giustizia transizionale nella repubblica del Congo.
P. Siamo come il Congo?
R. Non è un paragone molto utile questo.
P. Da quello che ha potuto sentire in questi giorni da ministri, giudici in carico e non, come Baltasar Garzón, forensi, associazioni e vittime, che cosa la ha preoccupato di più?
R. La cosa che più mi preoccupa è la distanza tra vittime e Stato. E quello che più mi ha colpito è stato il racconto della sofferenza delle madri, questi anziani mi hanno detto: “Mia madre è stato davvero molto coraggiosa”. Mi ha copito la drammatica storia di una familia in cui è scoparso il marito, la casa gli è stata espropriata per farvi trasferire un falangista che lascia vivere tutta la famiglia in una stanza....
P. Che spiegazione le ha dato il Governo in merito alla soppressione delle cerimonie per la legge sulla memoria?
R. Insistono sulla crisi economica e sul fatto che delle vittime ora se ne occupano altri.
P. Crede che è una scusa?
R. Lo vedremo quando usciremo dalla crisi, se ne parleranno di nuovo. In ogni caso, hanno un debito con una popolazione molto, molto anziana e questo dovrebbe essere prioritario.
P. I racconti che ha ascoltato dalle vittime possono corrispondere al concetto di crimini contro l’umanità?
R. Si. Qui vi è stato un piano sistematico per l’eliminazione di persone. Non vi è alcun dubbio. Credo che questo non lo questioni nessuno.
P. Se la Spagna non estrada in Argentina Billy “el niño”, accusato di torture, dovrebbe essere giudicato qui?
R. Questo è il principio: o estradizione o giudizio. È un obbligo.
P. E se non avviene nessuna delle due cose, la Spagna come ne esce?
R. Non sarebbe un gran momento. Sarebbe un peccato che un paese che è stato leader nell’implementazione della giurisdizione universale come strumento di giustizia si neghi a estradare qualcuno per bloccare un processo.
P. Secondo lei perché in Spagna le vittime dell’ETA hanno diritti e omenaggi e quelle del franchismo no?
R. Perché le vittime del franchismo non ricevano un trattamento migliore è proprio quello che sto cercando di capire, data la capacità incostituzionale del resto.
P. Che conseguenze ha il fatto che un paese ha vittime con diritti diversi?
R. È andare contro ai principi di uguaglianza e, per un regime democratico, è una discriminazione molto serie. Una parte dell’impegno dei regimi democratici è quello di evitare questo tipo di discriminazione. In fondo quello di cui si tratta è di aiutare a superare la situazione di supplicante. E quando c’è qualcuno che dipende dalla grazia positiva o negativa, si sta rompendo l’impegno della modernità.

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