giovedì 31 ottobre 2013

Rapporti bilaterali inesistenti





19 luglio 2011. La commissione bilaterale tra il governo catalano e quello spagnolo si riunisce a Madrid e si raggiungono diversi accordi: viene calcolata in 759 milioni di euro la disposizione addizionale terza dell’esercizio 2008 e lo Stato si impegna a cedere 150 immobili di proprietà della Previdenza Sociale (INPS, per intenderci) –inclusi 8 ospedali, diversi ambulatori e la sede dell’Istituto Catalano della Via Balmes di Barcellona.



Questa è stata l’ultima volta che i due esecutivi si sono incontrati, perchè da allora non c’è stato un altro gesto da Madrid. “Il governo statale ha provocato la paralisi dei rapporti bilaterali con la Generalitat”, argomenta il rapporto del governo catalano. Ma quello che è più grave è che gli accordi presi nel 2011 sono rimasti carta straccia e non sono stati mai rispettati.



Questa situazione ha fermato tutti gli organismi di coordinamento, come la giunta di sicurezza che non si riunisce dal 2009, o anche la commissione mista di trasferimenti che si occupa delle risorse da trasferire previste nello Statuto.



In questo senso, dal 2011 non c’è stato nessun altro trasferimento e non ne hanno ampliato altri. Secondo il governo catalano, ci sono diversi motivi che spiegano questo scenario: la posizione politica poco “favorevole” all’autogoverno catalano esibita dal PP; la dottrina stabilita dal Tribunale Costituzionale (TC) nella sentenza contro lo Statuto che ne ha “debilitato” alcuni aspetti e la congiuntura economica della crisi che ha “costretto” la Generalitat a non accettare altri trasferimenti che non abbiano anche una copertura economica sufficiente.



In quanto alle competenze non trasferite, l'esecutivo le ha divise in due blocchi. Nel primo troviamo i trasferimenti con una commissione tecnica già istituita per studiarne le modalità di attuazione e sui quali il governo statale ha rifiutato di dare inizio alle trattative”. Quelli più importanti sarebbero gli immobili della Previdenza Sociale, il salvataggio marittimo o la sicurezza privata. In questo stesso blocco, ci sono anche le borse di studio e le funzioni relative agli enti di credito, due trasferimenti che si negoziavano da anni e che erano arrivati sul punto dell’approvazione, ma che il PP ha fermato comunque.



Nel secondo blocco ci sono le materie statutarie che sono suscettibili di sviluppi ulteriori su cui le trattative non sono mai state avviate: come la protezione civile, l'archivio storico provinciale di Barcellona, le funzioni della Previdenza Sociale o l’ispezione delle imbarcazioni e la sicurezza marittima, tra le altre.



Economia – Avui.cat - 16/10/13

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mercoledì 30 ottobre 2013

Mas replica a Rajoy que adesso non è il momento di “scambiarsi delle figurine” ma di fare la consultazione


Il Presidente della Generalitat, Artur Mas, ha replicato questo martedì al Presidente spagnolo, Mariano Rajoy, affermando che adesso non è il momento di “scambiarsi delle figurine” ma di fare una consultazione. Dopo aver partecipato all’omaggio floreale davanti alla tomba del presidente della Generalitat Lluis Companys (morto fucilato il 15 ottobre 1940, consegnato a Franco dalla Gestapo) Mas è tornato a chiedere a Rajoy che dia una risposta “matura e democratica” alle aspirazioni del popolo catalano. “Non è in gioco uno scambio di figurine”, ha detto (Rajoy aveva dichiarato che non avrebbe scambiato “nessuna figurina” con la Catalogna). Inoltre, ha colto l’occasione per deplorare che la mentalità “intollerante” spagnola non sia cambiata dopo 35 anni dalla Costituzione. Lo ha detto facendo riferimento alle dichiarazioni di diversi ex-presidenti spagnoli, tra cui José María Aznar.

 Sulla stessa linea di quanto già accennato lunedì sulla manifestazione del 12 ottobre, Mas ha chiesto di nuovo di poter celebrare la consultazione. “Qui non è in gioco uno scambio di figurine, un gioco di carte o di collezionabili, qui è in gioco il dare una risposta matura e democratica alle aspirazioni di un popolo in cammino”, ha argomentato. Il Presidente ha sottolineato che la risposta in un momento di tensione come quello attuale passa attraverso la democrazia “allo stato puro” e non un modello di finanziamento, perchè il modo di “canalizzare la tensione è votare”. Per questo, ha chiesto al governo spagnolo che ascolti la voce del popolo e si sieda a trattare i termini di una consultazione.

 Mas è stato duro con le opinioni di alcuni ex-presidenti spagnoli, come nel caso del popolare José María Aznar, per le opinioni che ha espresso “imbevute d’intransigenza, intolleranza e belligeranza”. “35 anni dopo l’approvazione della Costituzione, sarebbe ora che questa mentalità intollerante potesse cambiare”, ha lamentato.

 Il presidente ha deplorato che lo Stato sia installato nel “no a tutto”, ma ha assicurato che le porte del governo (catalano) per trattare e dialogare con la Spagna saranno aperte sempre, perfino nei momenti più difficili. “Ma per un abbraccio, per darsi la mano, ci vogliono due soggetti”, ha concluso.

 Per quanto riguarda la commemorazione della fucilazione di Lluís Companys, Mas ha sottolineato che il processo catalano si fa anche come un “tributo” a tutti quelli che diedero la vita per la Catalogna. “Questo processo guarda verso il futuro, è molto più importante quello che verrà, ma non dimentichiamo il passato e le persone che fecero un passo avanti per la dignità della Catalogna”, ha assicurato.


Avui.cat - Política - 15/10/13

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martedì 29 ottobre 2013

12-O, Una raccolta di quattro gatti




Ebbene si, è stato spettacolare. Il Partito Popolare e Ciudadanos volevano che la concentrazione spagnolista del Giorno della Hispanidad e della Razza da tenersi a Barcellona fosse spettacolare e lo è stata.

E’ stato un fiasco spettacolare.

Nemmeno con dei pullman portando gente dalla Spagna hanno potuto radunare più di 30.000 persone –cifra molto generosa facilitata dai Vigili Urbani– e sono rimasti, più o meno, quelli dell’anno scorso.

E sì che c’era tutto il nazionalismo spagnolo: PP e Ciudadanos manifestando a fianco di organizzazioni fasciste e razziste, Falange Española, España 2000, Plataforma per Catalunya, il neonazi Casal Tramuntana del quartiere del Clot, bandiere della dittatura, saluti fascisti a fianco di Alícia Sánchez-Camacho mentre suonava l’inno spagnolo... Nostalgici e ignoranza (noi la chiamiamo “forfora spagnola”). 12 di ottobre, Giorno della Forfora.

Questo era l’annuncio che il 9 di ottobre scorso pubblicava la Falange Española di Madrid:

• “FE de las JONS (Falange Española de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista) di Madrid organizza un viaggio alla concentrazione del 12 Ottobre a Barcellona per l’unità della Spagna e contro il separatismo, promossa dal Movimento Civico 12 ottobre, che avrà luogo a partire dalle ore 12 del mezzogiorno nella Piazza di Catalogna di Barcellona. Se vuoi venire con noi da Madrid, per dare supporto ai nostri camerati catalani che assisteranno, iscriviti a madrid@falange.es oppure recati presso la nostra sede, a calle Carranza, nº 13.”

Veramente, è stato molto duro per questa gente aver dovuto ingoiare il successo spettacolare della Via Catalana con la partecipazione certificata dall’Official World Record di 2 milioni di persone. Molto duro. Soprattutto per il fatto di vedere che contro questa evidenza democratica soltanto possono opporre la violenza arbitraria del potere dello Stato, uno Stato assolutista che criminalizza qualsiasi dissidenza dal principio divino della “sacra unità di Spagna”.



Ed è come ripete spesso Fabian Picardo, ministro principale di Gibilterra, “la faccia della Spagna attuale non è molto diversa da quella che aveva il famoso dittatore Franco”. La concentrazione assolutista del 12-O non è stata una concentrazione di democratici, ma di totalitari che usano la democrazia per imporre gli stessi principi di oppressione che difendeva il dittatore: “¡Somos España!”, “¡Cataluña sempre España!”, “¡Cataluña es España!”. Eccoti i grandi argomenti del totalitarismo.



Se fossero democratici direbbero: “Io non voglio che la Catalogna sia indipendente, ma soltanto la Catalogna ha il diritto di decidere cosa deve diventare la Catalogna ed accetterò la decisione democratica che prenda”. Se fossero democratici, non negherebbero il diritto di voto ad una collettività nè criminalizzerebbero le urne. Ma sono totalitari che pretendono di calpestare con gli stivali del loro assolutismo minoritario il grido pacifico di una maggioranza democratica.

E’ ovvio che si sono comportati senza provocare disordini nella piazza di Catalogna. Cos’altro potevano fare, dopo la lezione di civiltà che aveva dato la Via Catalana? In realtà non fanno altro che imitare. Mancano d’iniziativa e ci imitano. Mancano di argomenti ed essendo abituati ad imporre la propria volontà dall’alto della loro sella, adesso non si capacitano che il sottomesso abbia perso la paura e dica loro ‘ciao’. Tuttavia, è ovvio che hanno al loro servizio tutto l’apparato repressore dello Stato e credono che ci tengono sotto controllo. Un controllo mediante il quale pretendono di sostituire la nostra identità, la cultura e la lingua, cambiando la nostra storia, imponendoci i principi del Decreto di Nuova Pianta (1714), espoliandoci per soddisfare i propri deliri di grandezza con treni, aeroporti e autostrade fantasma, dirigendo le nostre scuole e l’amministrazione di giustizia e prendendoci per i fondelli dicendo che il nostro referendum è possibile se si cambia la Costituzione. Ma quello che non dicono è che la Costituzione spagnola soltanto può essere cambiata nel Congresso di Madrid con maggioranza assoluta che sempre –sempre– sarà aritmeticamente in loro potere.

Diciamolo ben chiaro: mentre la Via Catalana fu una concentrazione in favore del diritto a decidere e, pertanto, una concentrazione di democratici, quella del 12 Ottobre –effemeride di un genocidio– è stata una concentrazione contro il diritto a decidere e, pertanto, una concentrazione di totalitari. I se qualcuno non lo era, dovrà spiegarci cosa ci faceva là, a fianco dei figli ideologici del franchismo.



La parte positiva di tutto questo è che in Catalogna, come loro stessi hanno dimostrato, sono quattro gatti. E dato che, come abbiamo anche visto, hanno dovuto recuperare della gente dalla Spagna, è ovvio che stiamo parlando di una raccolta di quattro gatti.



Víctor Alexandre – El Singular Digital - 15/10/2013
Fotografia: Jordi Borràs

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domenica 27 ottobre 2013

Lettera aperta di Paolo Borchia (Lega Nord)

Gentile sig. Ges,

in qualità di collaboratore dell'eurodeputato Lorenzo Fontana, capo della delegazione della Lega Nord al Parlamento Europeo, riscontro amichevolmente la sua lettera aperta, precisando quanto segue:

- Lorenzo Fontana non ha partecipato all'incontro di Belluno, di cui si fa menzione nella sua lettera;
- il movimento "Plataforma per Catalunya" non può essere definito "alleato" della Lega Nord;
- l'On. Fontana, solito a trascorrere le sue vacanze a Portbou, sostiene con convinzione la causa indipendentista catalana;
- nell'ambito dei rapporti con i deputati catalani al Parlamento Europeo, è sempre stata data priorità a collaborare su tematiche di interesse per la causa indipendentista: questo, sia a mezzo di prese di posizione o dichiarazioni, sia supportando la causa in aula (per esempio, per garantire maggiore diffusione alla lingua catalana nell'ambito delle istituzioni).

Se avesse piacere di mettersi in contatto con noi, anche in futuro, per collaborare su cause di interesse comune, rimaniamo a sua disposizione con apertura e spirito di collaborazione. Trova i contatti di seguito.

Con i nostri migliori saluti,

Paolo Borchia
Office of Mr. Lorenzo Fontana MEP
Vice-president of the Committee on Culture
EFD Group - Head of Lega Nord Delegation

60, Rue Wiertz  / ASP 07H263  - 1047 Bruxelles
paolo.borchia@ep.europa.eu

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sabato 26 ottobre 2013

Più di 3000 persone piantano stellate su 300 vette europee

In agosto una mia amica - la mia compagna di escursioni - mi parlò dell’iniziativa delle stellate in vetta e, naturalmente, le dissi di sì. Era l’occasione perfetta per associare due cose che ci piacciono moltissimo: la montagna (nonostante siamo delle “scalatrici dilettanti”) e la lotta per l’indipendenza della Catalogna.
Dato che in agosto non avevamo fatto granché, decidemmo di fare una piccola scalata raggiungendo la cima del Puig Estela (2.013 m) vicino a Sant Joan de les Abadesses, per far sventolare la nostra stellata assieme ad altri migliaia di catalani.
L’8 settembre ci dirigemmo verso la nostra meta senza sapere se il tempo ci avrebbe permesso di terminare la scalata, invece il tempo tenne e, piano piano, potemmo raggiungere la vetta. Per puro caso a metà strada incontrai un amico di Barcellona: anche lui si era unito all’iniziativa “Stellate in vetta” ed ecco che da due eravamo diventati sette a voler far sventolare la stellata!
Sebbene dall’alto potessimo vedere il Monte Taga, il tempo non ci consentì di vedere il resto dei compagni e le loro stellate, però pensare che in tutta la Catalogna (e anche all’estero!) altri catalani si erano uniti a noi con la nostra bandiera, era davvero emozionante: la forza di un popolo!
Blandine si è unita a uno dei 400 gruppi che hanno partecipato all’iniziativa “Stellate in vetta”, organizzata da un gruppo di amici, tra i quali troviamo Eloi e Xavier. Help Catalonia ha parlato con loro pochi giorni dopo delle ascese simultanee:
Come valutate il progetto?
Molto positivamente perché, nonostante il maltempo, la gente era emozionata e ha dimostrato di essere molto ben predisposta, a tal punto che stiamo già prendendo in considerazione l’idea di ripetere l’esperienza il prossimo anno!
Allora la vostra iniziativa è stata un vero e proprio successo. Com’è nata l’idea?
Noi di solito facciamo escursioni ed è una cosa molto comune piantare una stellata o una bandiera catalana, o qualsiasi altra bandiera sulla vetta, una volta arrivati. Così, un giorno, durante un’escursione pensammo ”Perché non proporre alle persone che faranno una scalata il giorno della festa nazionale di piantare una stellata e farsi una fotografia?
E la proposta si è diffusa oltre confine.
Sì, sono state scalate più di 300 vette tra la Catalogna, Ibiza, Minorca, Maiorca, la Catalogna Nord, Danimarca, Scozia, Inghilterra e Svizzera.

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venerdì 25 ottobre 2013

Il CCN conclude in uno studio che la Spagna non ha la capacità per superare la crisi e che si dirige vero il collasso economico




“Non c’è luce alla fine del tunnel per la Spagna”. Lo affermava il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e lo ratifica uno esaustivo studio del Cerchio Catalano di Negozi. Il Gruppo di Studi del CCN ha analizzato i dati macroeconomici dello Stato spagnolo e ha riunito tutte le proiezioni fatte da organismi internazionali che governano l’economia mondiale e il quadro che ne risulta è desolante: questo 2013 la Spagna deve mettere ai mercati un debito equivalente al 20% del proprio PIL, una cifra che potrebbe raggiungere un percentuale del 114% del PIL entro il 2020 e del 129% entro il 2030, secondo le previsioni della Commissione Europea. L’aumento sostenuto del debito succhia la forza d’investimento dello Stato, che deve concentrarsi nel  coprire i costi finanziari che genera.
Ancora di più: la società spagnola invecchia rapidamente. Nel 2021 ci saranno 9,3 milioni di persone di età superiore ai 65 anni. Questo farà sì che la spesa per le pensioni  possa passare dal 10% del PIL attuale ad essere tra un 20-30% del PIL nel 2050.
Uno stato in debito, soffocato dagli interessi e dalla spesa in pensioni, praticamente non potrà avere il denaro che bisogna per rilanciare l’economia produttiva, e quindi, la disoccupazione rimarrà ai livelli attuali o addirittura aumenterà. È un cane che si morde la coda.
L’orizzonte del prossimo decennio? Una progressiva diminuzione del PIL  pro capite che nel 2020 sarà cinque punti in meno rispetto al 2005 e in venti anni 16 punti in meno. Un aumento dell’emigrazione –il secondo in tre generazioni–, soprattuto di giovani; e un incremento dello sforzo fiscale che dovrà fare la massa produttiva. Se nel 2010 c’erano quattro lavoratori per ogni pensionato, in 40 anni, secondo le previsioni, ce ne saranno solo due. La conclusione è ovvia: lo Stato si sta dirigendo verso un nuovo fallimento, il venticinquesimo della sua storia.
D’altra parte, una Catalogna Stato sarebbe più che preparata economicamente. Lo hanno confermato numerosi dati e lo hanno certificato esperti internazionali. Alcuni dati che lo garantiscono: la bilancia dei pagamenti del PIL nel 2011 era di un + 3,9% alla Catalogna mentre alla Spagna era  del -4,2%. La Catalogna sarebbe il quarto paese europeo in termini di PIL pro capite.
Il CCN va oltre e afferma che l’indipendenza della Catalogna funzionerebbe da forza motrice per la Spagna. A detta del CCN, allo Stato convivono due modelli economici che non sono compatibili: il catalano, che si basa sul modello di PMIs flessibili con grande capacità d’esportazione; e lo spagnolo, che si basa su due grandi imprese che operano in settori regolamentati e centrano la proiezione internazionale sull’America Latina.
Senza la Catalogna, la Spagna potrebbe sviluppare pienamente, a detta del CCN, la sua strategia economica. Allo stesso tempo, utilizzerebbe in proprio beneficio le infrastrutture che il nuovo Stato catalano costruirebbe con le proprie risorse per internazionalizzare la sua economia.
Per il CCN è fondamentale che, senza la Catalogna, la Spagna potrà cessare di agire politicamente in questioni economiche (sempre in conflitto con la Catalogna regionale) e concentrarsi sul rilancio della sua economia.
 
Per maggiori informazioni:
Andreu Mas, 677 225 051.
A/e: amas@nautiluscomunicacio.com
Núria Roura, 673 436 937.
A/e:
nuria.roura@nautiluscomunicacio.com
 
Per maggiori informazioni contatta il CCN a
comunicacio@ccncat.cat
La pagina web del Cerchio Catalano di Negozi
www.ccncat.cat Il twitter del CCN:
@CCatalaNegocis
Traducció: Maria Barceló

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mercoledì 23 ottobre 2013

L’Università dell'ONU a Barcellona



 
 
 
 
Dopo avere aperto le porte lo scorso mese di marzo, in pieno processo sovranista, le Nazioni Unite hanno deciso che Barcellona è il luogo idoneo per installare il proprio Istituto per la Globalizzazione, la Cultura e la Mobilità della propria università (UNU-GCM). Così si inizieranno le ricerche nel padiglione Sant Manel nell’ala modernista dell’Hospital de Sant Pau.


È importante ricordare che Barcellona è e sarà l’unica sede educativa dell’ONU nel sud Europa. E c’è di più, Barcellona diventa così una delle uniche 12 città del mondo un una sede dell’Università dell’ONU. Ancora una volta la città contale torna ad essere la sede di un istituto di ricerca ed investigazione.
 
 
 
 


 

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lunedì 21 ottobre 2013

La televisione pubblica statale trasmette nuovamente il maltrattamento e la crudeltà verso gli animali nelle fasce orarie televisive dedicate ai bambini


Domani, domenica 1º settembre la TVE (la televisione pubblica dello Stato spagnolo) trasmetterà, dopo una tregua di 7 anni, una corrida di tori nelle fasce orarie televisive dedicate ai bambini. Ciò succede in concomitanza con l’annuncio da parte del governo spagnolo dell’imminente dichiarazione delle corride di tori come Bene d’Interesse Culturale (BIC).

Oltre ad essere una tradizione indegna e crudele che insegna ai bambini a essere tolleranti e partecipi del maltrattamento degli animali, è un’attività insolvente. Ricordiamo, infatti, che il partito politico catalano ERC [Esquerra Republicana de Catalunya- Sinistra Repubblicana della Catalogna] ha denunciato che ogni anno vengono destinati a sostegno della tauromachia 700 milioni di euro, anziché investire tale importo in sanità o istruzione pubblica.

Un gran numero di persone protesta su Twitter utilizzando l’hashtag #TveSinToros

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Una diputata del Partito Popolare (PP) minaccia di ritirare la custodia alle famiglie che si uniscono allo sciopero delle Baleari


Ana María Aguiló avverte che il Tribunale dei Minori ha l’autorità per prendere questa decisione se i genitori non portano i bambini a scuola.

La diputata del PP Ana María Aguiló e’ stata al centro della polemica questo mercoledì dopo aver pubblicato sul suo profilo Twitter un messaggio in cui dice che i genitori chei aderiscono alla protesta contro il decreto delle lingue del governo di Buzá possono perdere la custodia dei loro bambini. “I genitori hanno l’ obbligo di portare i bambini a scuola e se cosí non fosse il Tribunale dei Minori ha l’autorità di rimuovere la custodia”, garantisce nella pubblicazione.

Il messagio si riferisce a un articolo pubblicato da Fernando Merino da ‘El Mundo’ delle Baleari dove critica che alcuni genitori prendono la decisione di non portare alcuni giorni a lezione per fare in modo che la protesta non fosse tanto costosa per i professori, che, in questo modo, possono andare quei giorni a lavorare.
Il corso e’ cominciato alle Isole con la protesta, con carattere indefinito, dei professori contro il decreto che limita l’utilizzo del catalano in classe.

Fonte: Ara.cat

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sabato 19 ottobre 2013

Insulti dalla marca Spagna



Recentemente è diventata una moda quello di dire di tutto dei catalani, da ladri a nazisti e anche abusatori di bambini. Ma questa tradizione xenofoba appartiene forse più alla Spagna Eterna. 

Fu la Castilla a decretare l’espulsione degli ebrei nel 1492 e lo stesso con i musulmani nel 1609. In pieno orrore nazista, Franco (che pattò e aiutò Hitler) abbandonò migliaia di repubblicani ed ebrei, condannandoli ad una morte sicura nei campi nazisti. “Non ci sono spagnoli fuori dalla Spagna” era la consegna ufficiale. 

Dopo l’espulsione degli ebrei noi catalani abbiamo incominciato a sostituire nell’ immaginario spagnolo gli ebrei. Già Quevedo parlava dei catalani come i “ladri di tre mani”, tra altre cose che non diremo per non annoiare. Questo anticatalanismo è sopravvisuto nella Spagna fino ad oggi. È un caso chiaro di possesso. Catalogna non è Spagna. Catalogna appartiene alla Spagna. E un possedimento non ha diritti. 

Arrivati ad oggi, le reti sociali sono diventate un amplificatore e catalizzatore di questo sentimento anticatalano. Indirizzi come ://apuntem.cat registrano tutto questo odio popolare, represso nell’elite governante spagnola. 

Ma ogni tanto qualcuno si lascia andare e se negli anni 50 fu Luis de Galinsoga, che disse che “tutti i catalani sono una merda”, adesso ci troviamo con il numero 2 della istituzione Marca España, sr. Juan Carlos Gafo, ex-capo del Protoclolo nella Zarzuela ed ex-ambasciatore nel Libano, ha detto su Twitter: “Catalani di merda, non meritano niente” come reazione ai fischi al’l inno spagnolo durante l’inaugurazione a Barcellona il passato 19 luglio nei Mondiali di nuoto. 

È significativo che qualcuno di questo livello faccia un errore così grave, però dice molto del livello di distanziamento che si è aperto tra le società catalana e spagnola, anche da parte dei personaggi importanti. E pare riaffermarsi che la società catalana ha preso distanza dalla spagnola, distanza della quale da Madrid si e’ sempre stato consapevoli. 

Da un alto lato, è curioso vedere come è più grave per un alto capo della Marca España dei semplici fischi all’ inno che i casi Noos (presunta corruzione alla Monarchia), Barcenas / Gürtel / PP (presunta corruzione di uno dei due partiti del Governo della Spagna negli ultimi 20 anni) o Bankia / Preferentes (frode a piccoli risparmiatori a grande scala). Nessuno di questi motivi pare che sia motivo di reazione per il Sr. Gafo. 

La situazione nella Spagna si deteriora sempre di piu, i catalani con la nostra voglia per raggiungere un referendum continuiamo ad essere una calamita per la xenofobia spagnola. Forse sarà necessaria l’indipendenza della Catalogna per normalizzare le relazione condizionate durante secoli col vicino spagnolo. 

Àlex Furest
Economista

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giovedì 17 ottobre 2013

La Polizia Spagnola è stata convocata, a Barcellona, alla manifestazione contro l’Indipendenza Catalana.


Immaginate la Polizia del vostro Paese convocata ad una manifestazione completamente politica? Immaginate che coloro che hanno il compito di tutelare la libertà e la sicurezza dei Cittadini abbandonino la neutralità per difendere una posizione radicale? Questo è quanto sta accadendo in questi giorni in Catalogna. Sovente è stata denunciata la collusione, da parte dei Corpi di Polizia, con ideologie politiche, ma il caso della polizia spagnola supera tutto quanto si è visto fin’ora nell’Europa democratica. 

Il Sindacato Unificato della Polizia (SUP) ha convocato i propri iscritti, con una nota pubblica, alla manifestazione contro l’Indipendenza che si terrà sabato 12 ottobre a Barcellona. Il SUP è il sindacato maggioritario della polizia spagnola. La polizia spagnola, con l’esercito, hanno il compito di tutelare la libertà e la sicurezza dei Cittadini in Catalogna. Se qualcuno pensa che il processo indipendentista in Catalogna, senza la mediazione internazionale, possa finire senza violenza, si sbaglia. La violenza, però, la usa solamente una parte. È solamente nelle vostre mani la possibilità di evitare che queste organizzazioni armate usino la violenza contro il Popolo Catalano. Le armi già sono in possesso di qualcuno e sembra che nessuno li voglia fermare. Aiutate la Catalogna.

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martedì 15 ottobre 2013

Unionisti ultranazionalisti spagnoli, una minaccia ai catalani democratici.


Mentre 1.600.000 catalani si prendevano per la mano questo 11 settembre formando una catena umana a favore del diritto a decidere sull'indipendenza della Catalogna, un'ora dopo quindici persone hanno fatto irruzione nella Blaquerna Cultural Center di Madrid, sede del Governo Catalano, e dopo aver sparato gas lacrimogeni contro i partecipanti, hanno aggredito il diputato di CiU Josep Sanchez Llibre. Un atto di sfida per dimostrare il loro disaccordo con la secessione che contrasta con il pacifismo dei catalani, che hanno formato una catena umana da Pertus fino Alcanar senza incidenti. All'interno del gruppo di destra che e’ entrato a Blaquerna facendo un saluto nazista e con l'intenzione di boicottare la conferenza di Sánchez Llibre, c’è il cugino del ministro di Difesa, Pedro Morenés, e anche cognato di Mendez Vigo, il Segretario di Stato dell'Unione Europea e figlio della ex tesoriere di Alleanza Popolare di Manuel Fraga. 

Questo attaco di vandalismo e fascismo, come e’ stato definito dal portavoce catalano, è un chiaro esempio del carattere anti-democratico e violento che condivide una frazione della popolazione residente in Spagna, che non è a favore dell'indipendenza della Catalogna. Incoraggiato da un settore della stampa più unionista del paese che dicono dai catalani di essere "nazisti", "fascisti", "stalinisti" e anche di mantenere un legame con ETA. In Catalogna hanno anche il supporto per mezzo del capo del PEC (Partito spagnolo di Catalogna), Gerard Bellalta, che crede che tutti quelli che vogliono la secessione rispetto alla nazione meritano di essere fucilati. 

Non è la prima volta che un grupo di estrema destra pone in essere un attaco di vandalismo. Hanno dimostrato cosí non solo la loro opposizione al sistema democratico, che per mezzo della Constituzione prevederebbe la possibilità di fare un referendum, ma hanno anche chiarito quali sono le loro linee di attuazione. 


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lunedì 14 ottobre 2013

Sei mesi di carcere, 1000 euro di multa e ritiro della patente per aver parlato in catalano.



Carles Mateu Blay, nato a Almenara (Castelló), che lo scorso mese di giugno fu trattenuto ad Almassora per più di tre ore durante un controllo antialcol per aver parlato in catalano ed essersi rifiutato di parlare in castigliano a due agenti della Guardia Civil, è stato finalmente condannato a sei mesi di carcere per oltraggio a pubblico ufficiale ed al ritiro della patente per un anno e un giorno.


La sentenza giudiziaria era stata favorevole a Mateu in primo grado, ma l’Udienza Provinciale l’ha revocata dopo aver accolto il ricorso del pubblico ministero, che ha affermato che l’accusato provocò confusione agli agenti intenzionalmente generando un conflitto linguistico, al fine di evitare o ritardare il controllo sul tasso di alcolemia. La denuncia per accuse false effettuata da Mateu, inoltre, è stata archiviata.


I fatti ebbero luogo lo scorso 21 dicembre, verso le ore 17 quando Mateu si accingeva a prendere suo figlio a scuola. All’uscita di Almassora, fu fermato da un dispositivo della Guardia Civil che effettuava controlli antialcol. Mateu si rivolse agli agenti in catalano (idioma ufficiale della comunità valenziana), e malgrado le loro reticenze (si rivolgevano a lui in castigliano), Mateu proseguì interagendo con loro sempre in catalano. Questo provocò l’irritazione delle guardie, che lo trattennero per più di tre ore denunziandolo tre volte (con sanzioni per un totale di 1.000 euro e 12 punti in meno nella patente), prima di lasciarlo ad un terzo agente che scrisse gli attestati, il quale fu molto sorpreso nel vedere le denunce che i suoi colleghi avevano contestato a Mateu: per non aver allacciato la cintura di sicurezza, non indossare il giubotto riflettente ed essersi rifiutato di fare il controllo del tasso di alcolemia. Le tre denunce furono contestate fin dall’inizio da Mateu, che ha portato il caso in tribunale. Grazie alla testimonianza del terzo agente che ha certificato che il denunciato indossava il giubotto riflettente e aveva fatto il controllo antialcol al momento dei fatti, Mateu vinse il primo grado. Ciò nonostante, dopo il ricorso del pubblico ministero e la nuova sentenza dell’Udienza provinciale, Mateu ha visto che rivolgersi a due agenti della Guardia Civil in catalano ha portato a una sentenza di sei mesi di carcere con un anno e un giorno senza patente.

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domenica 13 ottobre 2013

Dimostrazione a Barcellona per l'unità della Spagna





























Illustrated by:
Jordi Borràs
Photographer and illustrator

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Una vera e propia persecuzione del catalano alle Baleari





Il decreto sulle lingue pubblicato il 19 aprile 2013 che il governo dell’arcipelago applicherà alle scuole elementari e medie delle Isole Baleari non può essere interpretato diversamente da un duro attacco contro l’insegnamento del catalano su tutto il territorio baleare.

Il suddetto decreto, meglio conosciuto come TIL (Tratamiento Integrado de Lenguas), mette sullo stesso piano l’uso scolastico del catalano, castigliano e inglese. Il TIL ha imposto alle scuole delle isole di modificare i progetti linguistici propri degli istituti – che solitamente rispondono alle necessità della singola comunità, cercando di rafforzare la lingua meno favorita – che sono approvati dal Consejo Escolar di ogni scuola, formati da docenti, alunni, genitori e personale non docente. Essendo, nella maggior parte dei casi, il catalano la lingua di insegnamento più necessaria, questo aumento obbligatorio della presenza delle altre lingue implica una riduzione delle possibilità di imparare il catalano.

Un altro fatto importante è la velocità con cui il governo baleare ha ordinato l’entrata in vigore del decreto: l’anno scolastico 2013-1014, motivo per il quale molti istituti non hanno potuto preparare in modo adeguato né le risorse né gli alunni e i professori.

Tre direttori scolastici di Mahón, a Minorca, che si sono opposti a cambiare i progetti linguistici degli istituti sono stati sospesi dall’incarico. Tuttavia non sono solo tre le scuole che si sono opposte all’abbandono del catalano come lingua veicolare; molti altri istituti a Maiorca, Minorca, Ibiza e Formentera non hanno accettato di modificare quanto approvato dai consigli scolastici, così come voleva il Ministero dell’Istruzione, e hanno dichiarato sciopero, ottenendo l’appoggio di tutta la comunità dell’istruzione. Il sindacato STEI, uno dei più importanti in questo settore, ha dichiarato che “legge alla mano, possiamo affermare che questi presidi hanno rispettato la normativa in vigore e che non è giustificabile l’atteggiamento esagerato, ingiusto e probabilmente illegale que la Consejería de Educación ha adottato nei loro confronti”.

Il Tribunale Superiore di Giustizia delle Baleari ha sospeso in stabilito, lo scorso 6 settembre, la sospensione cautelare del decreto, ma il governo isolano – il giorno successivo – ha pubblicato un decreto legge per far sì che il TIL entri in vigore proprio in questo anno scolastico. I decreti legge sono solitamente previsti per situazioni urgenti e di straordinaria necessità. Al momento quindi lo sciopero continua, con grande interesse e appoggio dalla popolazione dell’arcipelago.

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sabato 12 ottobre 2013

Aggresioni di ultras unionisti spagnoli


Un gruppo di ultras españolistas si è concentrato, lo scorso sabato, davanti alla Stazione dei Vigili del Fuoco di Mataró per esigere il ritiro della bandiera Indipendentista Catalana ivi esposta. Si noti che le stazioni che issano la citata bandiera lo fanno democraticamente di comune accordo tra tutti i membri di tutti i turni.

Lontano dall'essere una concentrazione pacifica e democratica, gli ultras hanno insultato i Vigili del Fuoco ed hanno bloccato i mezzi antincendio mettendo in pericolo i cittadini della città in caso di incendio o altra emergenza. Infine è arrivata una Squadra Anti Disturbi dei “Mossos de esquadra” (la polizia catalana) per garantire il servizio. Tra i partecipanti c’erano dei membri della Falange Spagnola e il portavoce del partito dei “Ciutadans” (C’s) di Mataro, Juan Carlos Herrando.

Il giorno precedente 200 persone si erano radunate pacificamente per sostenere i Vigili del Fuoco. Senza insulti e nessun riferimento a nessuno. Semplicemente dimostravano la solidarietà nei confronti di una decisione democratica presa dai Vigili del Fuoco di Mataro .

I manifestanti ultras hanno gridato slogan come: "Non ci ingannano, Catalogna è Spagna" e "essere spagnolo è un orgoglio". Esattamente gli stessi slogan del gruppo fascista che attaccò, lo scorso 11 settembre, la Sede della Generalitat a Madrid, dove aggredirono diverse persone, distrussero mobili e utilizzarono gas mostarda, costringendo il ricovero in ospedale di alcune persone che stavano celebrando la Giornata Nazionale della Catalogna a Madrid. Interessante è che questo fatto sarà multato con soli 300 € di ammenda (l’aggressione avrà una punizione inferiore al bere birra in uno stadio).

Ramon Tremosa, europarlamentare di CIU, farà una domanda su questo caso alla Commissione Europea perché l’Europa si pronunci sul fatto che assaltare la Blaquerna (la Sede della Generalitat a Madrid) è gratuito mentre, se una persona parla in catalano ad una Guardia Civil, viene condannata a sei mesi di prigione."

Ancora una volta lo Stato Spagnolo si mette in evidenza davanti alla Comunità Europea dimostrando di sostenere e praticare il fascismo. Atti deplorevoli, inaccettabili e vergognosi.


Video della manifestazione ultra a Mataró:




Video dell'attacco alla Sede della Generalitat a Madrid:




Fonti: La Vanguardia e Ara.cat

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venerdì 11 ottobre 2013

Festa 'estrema' per bruciare l’estelada





I giovani de “La España en Marcha” – un manifesto firmato da diversi partiti dell’estrema destra spagnola – lo scorso 28 settembre hanno organizzato, a Madrid, una festa durante la quale si è tenuto un “falò di bandiere separatiste”.

L’atto è stato organizzato con il lemma “Juntos por España” (Insieme per la Spagna), per raccogliere fondi per poter partecipare, il prossimo 12 ottobre, ad una manifestazione a Barcellona per l’unità spagnola.
Movimenti come la Falange, Nudo Patriota Español, Alianza Nacional, Movimiento Católico Español e Democracia Nacional hanno firmato un manifesto dal titolo “La España en Marcha” nel quale assicurano che è ora di una “rivoluzione nazionale”.

“Abbandoniamo questo nostro atteggiamento passivo, apatico e nichilista per rispondere come si deve alle costanti vessazioni a cui è sottomessa la nostra nazione da parte dei suoi nemici, con una vergognosa indifferenza – se non collaborazione – della classe dirigente, responsabile ultima della perdita della coscienza nazionale e dell’orgoglio di appartenere al nostro popolo”, assicurano.



Fonte: E-Noticies

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giovedì 10 ottobre 2013

Si certifica che la Via Catalana è un record!




Questa settimana l’Official World Record (OWR) ha certificato la Via Catalana come la catena umana più lunga e numerosa dell’Unione Europea (più di 2.000.000 di persone), ricordando che le cifre facilitate dal Ministro degli Interni on. Fernández Diaz erano completamente impossibili e ridicole (circa 400.000 persone).

L’OWR considera che la cifra di 1.600.000 è un dato al di sotto della cifra reale. Sottolinea che soltanto a Barcellona si superavano le 500.000 persone e, inoltre, lungo i 400 kilometri la via era duplice o triplice, e nelle zone urbane l’affluenza era molto grande. Perciò, manifestano che il numero di partecipanti ha superato i 2.000.000, cifre più alte di quelle della Via Baltica. Bisogna considerare i dati del Consigliere d’Interni (governo catalano), il collasso del traffico, il volume di twuittate e l’udienza televisiva della TV3 (televisione catalana).

La Via Catalana passerà alla storia come un record: la catena con più affluenza dell’Unione Europea. Una Via pacifica di oltre 400 km.

Questi dati escono alla luce, mentre dal Regno della Spagna gli atteggiamenti violenti ed aggressivi si moltiplicano: l’attacco alla Delegazione della Generalitat a Madrid, l’attacco ai pompieri di Mataró (per aver esposto una bandiera stellata nel loro cortile) e un lungo eccetera.

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martedì 8 ottobre 2013

La forza di un popolo




Il mondo ci ha visto, il mondo ha visto che la Catalogna è un paese che vuole essere uno stato. Il mondo ha visto che i catalani siamo un popolo pacifico, democratico e civile. La Diada dell’anno scorso fu una presentazione, ci conobbero come catalani ed il mondo seppe che volevamo uno stato che difendesse i nostri interessi, i nostri diritti e la nostra dignità. Cioè, fu una presentazione impeccabile, assolutamente democratica, pacifica, ludica, festosa e massiccia.

La Diada di quest’anno ci ha consolidato come futuro stato di Europa, come popolo capace di realizzare qualsiasi sfida, capace di organizzare un traguardo storico con delle risorse economiche molto limitate, ma con delle risorse umane impressionanti. Ci siamo consolidati come società civile ferma nelle sue convinzioni, organizzata, efficiente, unita, disciplinata e determinata a raggiungere i propri obiettivi.

Quale altro popolo è capace di organizzare una mobilitazione come questa? Quale popolo ha dimostrato una forza di volontà così straordinaria? La Catalogna è un esempio per la sua volontà collettiva, la sua ferma determinazione e lo spirito di superamento di fronte alle difficoltà. Siamo speranzosi, siamo un popolo convinto e disposto a difendere i nostri diritti, come diceva il poeta: “Non potranno fare niente di fronte ad un popolo unito, allegro e combattente.”

Malgrado le pressioni dello Stato spagnolo e della sua diplomazia, il mondo ha dovuto dichiararsi. Dalla Cina alla Lettonia, passando dall’Unione Europea, con più o meno complicità e simpatia, sono stati costretti a pronunciarsi, perchè il mondo no aveva visto un’impresa come questa dal 23 agosto del 1989, quando i paesi baltici unirono le loro capitali: Vílnius, Riga e Tallin, in una catena umana per ottenere l’indipendenza dall’antica Unione Sovietica e, due anni dopo, nel 1991, le tre repubbliche raggiunsero l’obiettivo.

Lo Stato spagnolo si è reso conto che non può più nascondere la testa sotto la sabbia. Secondo loro, eravamo un semplice “tumulto” di 60.000 persone e siamo adesso una moltetudine di 400.000 (sic) e, malgrado le dichiarazioni della vicepresidente sulla maggioranza silente, lo Stato spagnolo sà che in Catalogna la maggioranza non è silenziosa, la maggioranza era con la Via Catalana, perchè vuole decidere se la Catalogna deve essere o no un nuovo stato di Europa. Lo abbiamo detto forte e chiaro, abbiamo detto quello che vogliamo, quello che pretendiamo: adesso sanno che vogliamo esercitare il diritto di autodeterminazione. Vogliamo che parlino le urne, sono quelle che possono esprimere meglio il sentire di un popolo; se questo non è possibile accetteremo qualsiasi altra strada democratica e pacifica. Se ci chiudono una porta bisogna aprire immediatamente un altro portone. Sanno che non abbasseremo i nostri aneliti nè le nostre aspettative; perchè dovremmo farlo? Se il futuro è nelle nostre mani.

E adesso dobbiamo spiegare il nostro progetto, allargare la maggioranza sociale, spiegare quello che vogliamo e perchè lo vogliamo a tutte quelle persone ed organizzazioni che ancora non hanno dato ascolto al nostro messaggio, a tutti quelli che, razionalmente, capiscono i vantaggi di avere uno stato ma hanno dei ragionevoli dubbi, paure che bisogna dissipare o domande a cui bisogna rispondere. Questo è il lavoro che dobbiamo fare tutti noi, tutti quelli che pensiamo che l’unica strada che abbiamo sia uno stato proprio, perchè (attraverso un referendum o una consultazione o delle elezioni, oppure dopo una dichiarazione di indipendenza) dovremo votare.

L'ultima parola l’avranno sempre le urne, saranno le urne a decidere su questo nuovo stato e, per questo, il lavoro più importante che abbiamo davanti è quello di spiegare, condividere il nostro progetto, arrivare là dove ancora non siamo arrivati e parlare con chi ancora non abbiamo parlato per rendere tutti partecipi della nostra emozione e della nostra speranza in questo futuro già così vicino.


Carme Forcadell
Presidente dell'”Assemblea Nacional Catalana” 
Ente organizzatore della Via Catalana per l’independenza

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