venerdì 31 gennaio 2014

Povera gente


Questo fine settimana, una ex-ministro di Zapatero chiamata Maria Antonia Trujillo ha fatto apologia della stoltezza lanciando la seguente frase su Twitter: 'Vediamo: per quali questioni importanti serve sapere catalano?', come chi chiede 'Per quali questioni importanti serve avere i capelli rossi?', e a tutti i catalani che abbiamo letto la domanda indiretta ci è scoppiato il cervello: la domanda non entrava proprio dentro la nostra testa.
Tuttavia, siccome siamo gente abituata a trattare con le bassezze, siamo scesi al livello delle suole delle nostre scarpe per cercare di farle capire tutta una serie di ovvietà che la povera donna non poteva capire in altro modo e che hanno una radice molto semplice: il catalano è per quelli che parlano catalano come il castigliano è per quelli che parlano castigliano. La frase è delllo scrittore Espinàs, al quale chiedo scusa per averla citato così come mi ha permesso la memoria. Se la signora Trujillo fosse capace di capire analogie così semplici, forse sarebbe arrivata a presidente del paese del quale fu ministro, o perfino consigliere di una banca.
Tanta sfiducia che sentono gli anti-catalani verso il nostro sistema educativo..., e invece a me piacerebbe sapere cosa insegna la loro scuola. Se la signora Trujillo avesse potuto conoscere tutte le manifestazioni di tipo culturale, scientífico, legislativo, epistolare, familiare, ecc. dove il catalano è stato proibito lungo la storia, non avrebbe fatto domande così sciocche su Twitter.
E dunque questo è il livello, signore e signori: oggi è una ex-ministro spagnola che non sa a cosa serve un idioma; ieri era una consulente del ministro della Pubblica Istruzione che chiamava all’Università delle Baleari chiedendo: 'Quanto prende di stipendio il Sig. Ramon Llull per dirigere la cattedra che porta il suo nome? (Ramon Llull è il pù importante scrittore e filosofo medievale in lingua catalana); l’altro ieri una consulente dell’Istruzione del governo delle isole Baleari ha fatto tradurre automaticamente un discorso scritto in castigliano, e aveva dato per buono che un detto rapporto PISA restasse nel testo come  'Trepitja' (pisa=pestare=trepitja); e l'altro giorno ancora un presidente dello stato, dopo cinquantotto anni di accesso alla cultura, ancora non vuole e non può pronunciare correttamente le parole catalane 'seny' o 'Companys'.
Ma è proprio vero, sapete? Questa povera gente non possono rappresentare i catalani, anche volendo. Se non altro, non possono rappresentarci più che ai parlanti di aramaico o di turco. Ricordiamo il poeta spagnolo Machado, visto che oggi è il giorno delle citazioni: 'Castilla miserable, ayer dominadora,/ envuelta en sus andrajos desprecia cuanto ignora.' (Castiglia miserabile, ieri dominatrice,/ avvolta nei suoi stracci disprezza quel che ignora).
Cavoli! Sembra che aspirano ad essere la potenza mondiale dell’ignoranza! Eh si, fortuna che ce ne stiamo andando, perchè più vergogna di così non possiamo più provare e altro tempo non possiamo più perdere. Ci dispiace proprio per quelli che dovranno continuare a soffrire.
Postdata: L'ex-ministro ha protetto il suo account di Twitter ma non per vergogna, no, ma perchè non riusciva a gestire tutti quelli che ancora abbiamo quel tic atavico e preistorico della pedagogia, detto anche “colpire sul ferro freddo”.
A quelli che ancora sognano che questa supremacia linguistica svanirà con il tocco magico di una bacchetta federalista –anche Harry Potter lo avvrebbe dato per perso–, forse saranno interessati a sapere che la signora Trujillo, lungi dal vergognarsi della sua mente corta, si è dilettata ad informare il suo pubblico, tronfia, che presto avvrebbe riaperto l’account: e allora “avrò 3.000 followers in più ;-P” (con il segno ;-P che fa le lenguacce si è presa gioco di noi). E noi, asini, ci sorprendiamo: ma se il pubblico premia l’ignoranza, no potevamo pretendere che non se ne vantasse.

Marta Rojals

Leggi di più »

giovedì 30 gennaio 2014

Gli USA credono che sarà la Spagna a dover uscire dalla UE quando la Catalogna diventerà indipendente




Un articolo d’opinione pubblicato nel sito Web della prestigiosa Università statunitense di Wharton, in Pennsylvania, mette in dubbio che una Spagna senza la Catalogna possa continuare a far parte dell’Unione europea. Per essere più esatti si afferma che una Spagna priva della Catalogna “non sarebbe lo stesso Paese”. Sono parole di Franklin Allen, professore di economia all’Università di Wharton, il quale continua dicendo che potrebbe diventare un problema giuridico spinoso decidere se una Spagna senza più la Catalogna debba o meno conservare il proprio status attuale all’interno dell’Unione europea.


Si tratta di stralci estrapolati da un lungo articolo che è possibile trovare nella sezione dedicata alle politiche pubbliche intitolato “IsSecession the Answer? The Case of Catalonia, Flanders and Scotland”


L’articolo spiega che ciò che accomuna la Catalogna, le Fiandre e la Scozia è la lingua propria che vi si parla, il fatto che abbiano raggiunto un maggiore livello d’industrializzazione rispetto alle altre regioni dei loro rispettivi stati e che godano già di una considerevole autonomia per la gestione delle loro questioni, è per questo motivo che Mauro Guillén, professore di amministrazione della stessa Università, ritiene che sia facile per molti immaginare una transizione verso l’indipendenza totale.


A proposito della Catalogna si spiega che la crisi economica ha esacerbato l’astio giacché quest’ultima trasferisce fino al 9% del proprio prodotto interno lordo ad altre comunità spagnole mentre la Catalogna è chiaramente leader in competitività mondiale: nel 2012, le esportazioni catalane hanno raggiunto il livello record di 58,2 € mila milioni, un 15,38% in più rispetto al periodo precedente alla crisi economica iniziata nel 2008-2009. Secondo l’Istituto di Statistica della Generalitat della Catalogna nel 2012 le esportazioni catalane sono cresciute a un ritmo del 5%, più che in altri importanti membri dell’Eurozona, come la Germania, la Francia, i Paesi Bassi e la Finlandia.


Nonostante tutto però, Jakok Funk Kierkegaard, professore danese specializzato in economie europee, ritiene che sia necessario ricordare che anche la Catalogna è sull’orlo del fallimento e che il tasso di disoccupazione, sebbene si sia ridotto leggermente passando dal 24,53% del marzo del 2013 al 23,85 % della fine del mese di giugno dello stesso anno, è ancora molto elevato e bisognerebbe lavorare duro per andare avanti qualora diventi indipendente, facendo i conti con un possibile veto per fare parte dell’eurozona.


D’altra parte si termina ricordando che a Madrid, anziché una campagna a favore di un’unione completa e confortevole, è in crescita un’ondata di minacce e di sentimento anticatalano allo stato puro e che Rajoy è “tutto tranne che un leader ispiratore ”, di lui si dice che sia piuttosto un politico che non apprezza la genuina diversità della multilingue popolazione della Spagna.

Leggi di più »

mercoledì 29 gennaio 2014

Madrid erigerà un monumento a un assalitore del 1714

L’ammiraglio Blas de Lezo partecipò ai bombardamenti di cui fu oggetto la città di Barcellona durante l’assedio da parte delle truppe borboniche.

Il Municipio di Madrid, cappeggiato da Ana Botella, sindaco del Partito Popolare, intende innalzare un monumento per commemorare la figura dell’ammiraglio spagnolo Blas de Lezo y Olavarriet. Blas de Lezo partecipò a diverse battaglie e bombardamenti perpetrati dalle truppe borboniche in occasione dell’assedio di Barcellona durante la Guerra di Successione. L’ammiraglio fu ferito proprio l’11 settembre 1714 quando un colpo sparato con un moschetto lo rese monco.

Ana Botella, in un articolo pubblicato sul quotidiano “ABC” lo scorso 20 ottobre, assicurava che la figura di Blas de Lezo meritava tale riconoscimento perché si tratta di “uno dei più straordinari navigatori della nostra storia” e, dopo aver definito “ammirabile” la sua traiettoria, affermava che “una grande nazione come la Spagna non deve dimenticare mai le grandi figure della propria storia”.

Il Congresso dei Deputati gli rende omaggio

Lo scorso dicembre sia il Partito Popolare, che il partito denominato Unión Progreso y Democracia hanno prevenuto il Comune di Madrid approvando al Congresso dei Deputati un provvedimento con cui rivendicavano la figura di questo eroe borbonico. Juan de Dios Ruano Gómez, portavoce del Partito Popolare presso la Commissione di Difesa del Congresso, ne ha evidenziato il “valore, l’ingegno e la tenacità” per elogiare la sua figura.


Campagna della Fondazione Francisco Franco
La decisione del Comune di Madrid è posteriore alla campagna iniziata dalla Fondazione Francisco Franco circa un anno fa sotto il lemma ‘Per un monumento a Blas de Blezo’. Con questa compagna si chiedeva ad Ana Botella il riconoscimento di Blas de Blezo “perché i nostri figli ricordino chi ha servito la Spagna in modo esemplare”.

Leggi di più »

martedì 28 gennaio 2014

Una ex ministra del PSOE deride e disprezza il catalano attraverso Twitter

Mentre il processo per il Diritto di Decidere avanza, personalità influenti Spagnole continuano ad inviare messaggi  grotteschi ed offensivi alla Catalogna. L’ultimo esempio va a carico dell’ex ministra dell’abitazione del PSOE e dottoressa in Diritto, Maria Antonia Trujillo, che in un messaggio via twitter ha chiesto pubblicamente  “vediamo, per quali casi importanti serve il catalano?” dopo aver osservato le reazioni a un anteriore messaggio, anche suo, dove derideva questa lingua dicendo: “il catalano è una buona lingua per lottare nella city londinese”.
Le reazioni a tale attacco alla lingua catalana non si sono fatte aspettare.  Molti usuari si sono diretti alla  Trujillo via twitter lamentando il poco successo di queste parole venendo da qualcuno che è stato nel governo spagnolo e che tra l’altro lo ha fatto come militante di un partito progressista. In un principio,  lei ha mantenuto il tono dispettoso, fino al punto che la risposta di un usuario del Twitter che aveva affermato “uno impara le lingue per avere sempre più cultura”, Trujillo ha risposto con un conciso  “sì, però non il catalano”. Dopo pochi minuti, davanti la valanga di rimproveri,  l’ex ministra ha privatizzato il suo conto di  Twitter in modo che nessuno potesse osservare i suoi commenti senza la sua autorizzazione.
Il caso è questo, non è il primo messaggio polemico di Maria Antonia Trujillo (@matrujil nel Twitter). Negli ultimi mesi si sono lette delle sue pubblicazioni come “chi ha debiti che li paghi, che non si fosse indebitato” o “ho cancellato il mio abbonamento a canal plus. Vedo se riesco a scaricarmelo su internet (pirateggiandolo)”.

Fonte: El Periódico

Leggi di più »

lunedì 27 gennaio 2014

Il presidente della Internazionale Liberale reclama a Rajoy che permetta la consulta sulla sovranità

L'olandese Hans van Baalen, che ha ricevuto il “Memorial Trias Fargas” che da la “Fundació Llibertat i Democràcia” (Fondazione Libertà e Democrazia), consiglia al governo spagnolo che faccia un’offerta ai catalani.

Hans van Baalen, presidente della Internazionale Liberale, ha consigliato oggi pomeriggio durante un atto ufficiale a Barcellona a Mariano Rajoy che permetta la consulta sulla sovranità alla Catalogna. "È una questione di democrazia", ha sottolineato van Baalen, che ha anche reclamato al governo spagnolo che faccia un’”offerta” ai catalani e che, allo stesso tempo, gli permetta di scegliere tra “continuare a formar parte della monarchia" o che prenda un camino proprio.

Van Baalen ha ricevuto il Memorial Trias Fargas che da la “Fundació Llibertat i Democràcia”, che presiede Jordi Xuclà, deputato di CiU al Congresso dei Deputati. Nel corso del suo discorso, Xuclà ha voluto manifestare che la “Internacional Liberal” ha riconosciuto il diritto di decidere della Catalogna in una riunione ad ottobre, celebrata in Guatemala.


Leggi di più »

domenica 26 gennaio 2014

La Catalogna si dimostra solidale con una raccolta di alimenti





Per un altro anno, questo fine settimana i catalani accorreranno numerosi ai più di 1800 mercati e supermercati sul territorio per donare alle persone più bisognose generi alimentare di prima necessità. L’iniziativa, chiamata El Gran Recapte, viene promossa ogni anno dal Banc d’Aliments della Catalogna e ha come obiettivo quello di accumulare alimenti di lunga durata, come le conserve, i legumi, oli o riso, per poi distruibuirli agli strati più poveri della società, che è sempre più a rischio malnutrizione.



Quest’iniziativa però trova un grande appoggio non solo in tutti coloro che portano generi alimentari per persone più bisognose, ma anche nei 20.000 volontari provenienti da 240 comuni diversi, che rendono possibile l’organizzazione, la classificazione e – in un secondo momento – la distribuzione del cibo. Durante la raccolta, che nel suo primo anno (2009) accumuò 200 tonnellate di alimenti e l’anno scorso (2012) addirittura 2700, ricoprono un ruolo fondamentale anche le imprese e gli enti catalani che operano in tutti i settori e che collaborano all’iniziativa offrendo spazi, attrezzature e sostegno di ogni tipo.



Quest’ingente onda di solidarietà coinvolge 700 entità che, successivamente, distruibuiranno i generi alimentari raccolti tra più di 250.000 catalani in situazione di bisogno. L’iniziativa del Banc d’Aliments è, quindi, un’ulteriore dimostrazione dell’enorme capacità di mobilitazione e dello spirito altruista della società catalana.

Leggi di più »

sabato 25 gennaio 2014

Le due domande, il male minore

C’è la sensazione che un referendum con due domande è, di fatto, una trappola. Le motivazioni sono abbastanza chiare, tra cui:

- Il quesito (unico) in Scozia è stato riconosciuto da uno dei paesi più potenti del mondo, il Regno Unito, e dall’Unione Europea.


- Il quesito scozzese: “Vuole che la Scozia diventi uno Stato indipendente?” è chiara. Non lascia spazio a dubbi. I due quesiti catalani aprono a varie interpretazioni.


- I due quesiti indeboliranno la scelta del “sì” e, essendo poco chiare, comporteranno una partecipazione minore.


- Il primo quesito catalano ha un tocco naive preoccupante, non ha alcun senso. La parola Stato ha diversi significati nel diritto internazionale: Stato è la Baviera, il Texas, la Spagna o Andorra. Non era uno Stato, per scelta, la Libia di Gheddafi.

Detto questo, la scelta di ricorrere a due quesiti è stata il male minore per tre motivi. 
Il primo è che si è ottenuto che ICV-EUiA, formazione basicamente unionista, rientri nel gruppo dei richiedenti il referendum. Questo era fondamentale per indebolire il gruppo degli oppositori. Di fatto, il referendum era nelle mani dell’ICV-EuiA e lo sapevano tutti. I risultati elettorali non hanno lasciato nessun’altra opzione. Si è voluto far credere che l’UDC ricoprisse un ruolo fondamentale, ma non era così. Il partito democristiano non aveva nessun peso nelle negoziazioni dato che il suo potere è fortemente limitato dal suo profilo e per il fatto che, di fatto, dipende dal partito allegato (CDC).
In secondo luogo, la consultazione popolare dà scacco matto al PSOE catalano. Non c’è nessun motivo politico per cui dovrebbe opporsi, eccetto la sottomissione alla sede centrale di Madrid. Con il doppio quesito il PSOE catalano si autodistrugge e si consegna definitivamente all’unionismo radicale.
La terza motivazione è definitiva. Il Regno di Spagna si opporrà con tutte le forze allo svolgimento di ogni tipo di referendum. Ha le armi, i soldi e la legalità interna a proprio favore. Questa è la prossima fase della lotta: se il referendum si farà o meno. E in questo senso il(i) quesito(i) passa(no) in secondo piano. Per questo era importante indebolire gli oppositori della consultazione popolare. E per questo il testo del referendum, anche se incorretto, non è fondamentale. Se la Spagna riuscirà ad evitare la consultazione, ne seguirà probabilmente una dichiarazione unilaterale e i quesiti serviranno solo a modificare il contenuto di questa dichiarazione. 

Jordi Vàzquez 
@JordiVazquez
 

Leggi di più »

venerdì 24 gennaio 2014

La dignità (Sulla spaccatura socialista e oltre)





La deputata Geli. Uno dei successi tattici dell’indipendentismo è stata l’appropriazione, più o meno giusta, di certi concetti che lo fanno diventare una scommessa irresistibile per molti catalani che non se la sognavano neanche. L’indipendenza, aldilà della ricetta classica, porta anche una serie di valori più trasversali come il rispetto per la democrazia, la rigenerazione del sistema e, perfino, la difesa di una certa dignità collettiva.


Per giustificare il suo dissenso nella votazione dello scorso giovedì, l’on. catalana Marina Geli è stata molto eloquente. "Volevo tornare a casa, guardare mio figlio in faccia e dirle che non l’ho tradito". Parlava di Catalogna, di stato proprio? No. Parlava di dignità.


Che ti obblighino a votare no ad una proposta per "chiedere il permesso di fare una consultazione legale" è un’umiliazione con tutti i crismi, se ti consideri -come Marina Geli- una militante del catalanismo di sinistra. Sopra le idee ed i progetti: la dignità.


La cornice. I socialisti contemplano stupiti come il cambio generazionale ha cambiato anche la mentalità. Ma il nuovo paradigma non è l’indipendentismo ma la Catalogna -la Catalogna plurale- come comunità civile e politica. I fatti lo dimostrano; non importa cosa dicono le leggi. Ad un catalano di oggi puoi dirle che l’indipendenza è cattiva, ma non puoi dirle che è impossibile o che non ha nessun diritto a chiederla. Non le puoi dire che il futuro della Catalogna verrà deciso al Congresso di Madrid o al Tribunale Costituzionale.


Il Partito Socialista della Catalogna (PSC) doveva rendersi conto di questo tempo fa: il 2010 è andato, con quella sentenza dello Statuto e la reazione popolare che fu immediata e massiccia. Artur Mas colse il messaggio, ICV (comunisti + verdi) e Unió (destra catalana) si sono via via rassegnati e, con ERC e la CUP (sinistra catalana) formano una maggioranza molto ampia ed eterogenea, che condivide questa nuova cornice mentale, questo ambito catalano di decisione.


Per questa maggioranza, l’indipendenza è una opzione, ma quello che la mantiene unita veramente è, come disse la stampa catalana nel suo celebre editoriale (2010), la dignità della Catalogna. Se la difesa di questa dignità la stanno monopolizzando gli indipendentisti, è per assenza contumace degli altri. E perchè l’unionismo ci mette del suo. " Non lasceranno che facciano la consultazione, è così, questo è il paese dei Muppet –disse il deputato unionista Albert Rivera al presidente Mas-, e allora cosa farete? un’altra manifestazione? un’altra catena umana? "


Questi discorsi non attaccano l’indipendentismo, ma colpiscono la dignità della gente, di tutti quelli che si considerano cittadini e non pupazzi. Cosa succedeva nella testa dei deputati del PSC quando lo ascoltavano?


Il sistema. A volte la politica cambia le cose ma spesso, quando le società cambiano, la politica tarda un certo tempo ad adattarsi alla nuova realtà. Quello che stiamo vivendo negli ultimi anni à l’adattamento della politica catalana ad un paese che essa stessa stenta a riconoscere. Trent’anni dopo, la Transizione agonizza e con lei l’autonomismo, la dipendenza mentale ed economica rispetto ad uno stato autonomico fallito –che dovrà vivere, anche, il suo proprio processo -.


Il crollo dei due partiti dinastici sta dando forma ad un sistema catalano di partiti che, di fatto, è già indipendente e pertanto, avrà la missione di dibattere liberamente il futuro del paese per renderlo migliore e lo attende un duro lavoro.

Toni Soler

Leggi di più »

giovedì 23 gennaio 2014

La grande virata riassunta in sei tempi – Le chiavi del processo




Come si è prodotto il cambiamento sociale che ha portato la Catalogna dove si trova adesso? Ci sono 6 momenti fondamentali che lo spiegano. Un rappresentante politico catalano sale sulla tribuna degli oratori del Congresso dei Deputati e pronuncia le seguenti parole: "Le carte sono sul tavolo, scoperte, non ci sono da parte nostra nè carte nascoste nè carte segnate, abbiamo parlato con voce chiara e ferma, pacificamente, democraticamente, rispettando le leggi. Adesso tocca a Voi onorevoli di parlare, Vi invito a farlo con senso dello Stato con la “s” maiuscola, lasciando da parte interessi di corto respiro". Ve lo ricordate? Questa scena fu protagonizzata dal presidente Artur Mas nel 2 novembre del 2005.

E’ molto importante, per capire quello che sta succedendo oggi, rivivere quella giornata di quasi dieci anni fa. E ricordare l’euforia ed il legittimo orgoglio che sentiva la popolazione catalana per il fatto che la sua classe politica era stata capace di mettersi d’accordo per redigere un nuovo Statuto che, in quel momento, iniziava il suo percorso nel Parlamento spagnolo con tre brillanti discorsi, quello di Mas, quello di Josep Lluís Carod-Rovira e quello di Manuela de Madre, tutti con un messaggio di mano tesa.

La Catalogna offriva un patto alla Spagna per chiudere delle vecchie ferite e camminare insieme almeno durante un’altra generazione ancora. La solennità di quelle parole, però, la grandezza del momento storico, non fece breccia nelle file del PP. In un momento del dibattito, Artur Mas avvertiva direttamente Mariano Rajoy sui rischi di chiudere la porta alla Catalogna. Lo avvisò guardandolo in faccia. Il politico galiziano fece lo gnorri perchè aveva già deciso che la Catalogna sarebbe stata la sua leva per tornare al potere. Rajoy, senza saperlo, quel giorno piantò il seme di una rivoluzione sociale senza paragone in Europa.

Seconda scena

Autunno del 2007, il caos dei treni pendolari catalani indigna la popolazione

Nella mattinata del 15 ottobre del 2007 gli utenti di Renfe (ferrovie dello stato) che aspettavano nella stazione di Bellvitge videro come una voragine provocata dai lavori per la TAV rendeva inutili tutti i binari eccetto uno. Il caos che si produsse a partire da quel momento, e che coinvolse centinaia di migliaia di persone, portò alla luce una realtà che fino ad allora era rimasta nascosta: lo stato penoso della rete (chiamata Rodalies = prossimità) dei pendolari catalani, soprattutto paragonandola con quella di Madrid.
Soltanto una cifra: nel 2009, con soltanto un 9% meno di popolazione, la rete catalana trasportava gli stessi utenti, 400.000, della madrilena... dell’anno 1989! Durante questi 20 anni Madrid aveva costruito gallerie e aveva raddoppiato tutte le ferrovie mentre in Catalogna circolavano ancora con catenarie degli anni 30, come riconobbe lo stesso Zapatero in Congresso. Dal catalano pieno di speranza si passava al catalano incavolato, che di colpo fu cosciente dell’abuso economico dello Stato nei confronti della Catalogna: autostrade a pagamento, baracche per le scuole, liste di attesa nella sanità.. L'opinione pubblica fece un giro di 180°. E tutto perchè Zapatero potesse inaugurare la TAV prima delle elezioni.

Terza scena

Un piccolo municipio della zona del Maresme inizia la rivoluzione

Il 4 giugno del 2009, la sessione plenaria municipale di una località del Maresme di 8.000 abitanti prese una decisione che, con il senno del poi, sarebbe diventata di vitale importanza. Arenys de Munt approvò di fare una consultazione nel proprio comune sull’indipendenza della Catalogna il 13 di settembre su proposta dei consiglieri della CUP. La notizia inizialmente rimase inosservata, ma la vicenda riprese importanza verso l’estate quando il gruppo di estrema destra Falange annunciò una manifestazione e il partito Ciutadans diede inizio ad un’offensiva legale contro la consultazione. Alla fine, il tira e molla giudiziario occupò le prime pagine e gli informativi dei mezzi di comunicazione spagnoli, facendo che il giorno della consultazione, arrivassero decine di giornalisti stranieri accreditati per seguire la giornata, nella quale si raggiunse una partecipazione del 41% del censo.
Le consultazioni comunali si diffusero rapidamente in tutto il territorio con diverse ondate fino ad arrivare al 10 di aprile del 2011 a Barcelona. Quella mobilitazione fu importante, fondamentalmente, per diversi motivi. Il primo, perchè mise in contatto molta gente che, più tardi, si sarebbe “arruolata” nell’Assemblea Nazionale Catalana. Il secondo, perchè diede visibilità internazionale al conflitto. Ed in terzo luogo, perchè per la prima volta l’indipendentismo osava, con un semplice parasole ed un’urna, di fare campagna nelle zone del hinterland di Barcellona, con popolazione maggioritariamente arrivata dal resto della Spagna e castiglianoparlante. E, contro i cattivi presagi di alcuni, non c’è stata nessuna frattura sociale.

Quarta scena

La sentenza dello Statuto: un’umiliazione collettiva

Una delle massime del generale Sun Tzu abitualmente ignorate dai politici spagnoli è: "Non pressare il nemico fino a farlo sentire in un angolo senza uscita. Quando le bestie selvatiche si sentono braccate lottano con disperazione". Secondo Tzu, perseguire la vittoria totale e l’umiliazione del nemico può ritorcersi contro te stesso . Questo è il messaggio che, in un modo o nell’altro, trasmise il presidente catalano di allora, Montilla, a José Luis Rodríguez Zapatero, nei mesi previ alla sentenza del Tribunale Costituzionale contro lo Statuto.
La tesi di Montilla, spiegata nel suo famoso discorso della "disaffezione", era che se dopo quattro anni di rumori e lotte intestine, un tribunale politicizzato e screditato alterava la volontà di un popolo espressa in un referendum, l’umiliazione collettiva che avrebbero sofferto i catalani sarebbe stata così grande che il problema sarebbe potuto diventare irrisolvibile. Nessuno lo ascoltò. E la massiccia manifestazione del 10 luglio del 2010 fu soltanto un assaggio de quella che sarebbe arrivata dopo, nella Diada del 2012.

Quarta scena

Un Governo asfissiato ed obbligato a tagliare, chiede il riscatto

Nell’estate del 2012 Artur Mas dovette prendere una decisione umiliante: richiedere il riscatto economico al governo spagnolo. La Catalogna, che rappresenta il 15% della popolazione spagnola, il 20% del PIL e il 25% delle esportazioni, e che vede come ogni anno vanno a Madrid tra i 12 e i 16 miliardi di euro senza tornare, doveva pagare gli stipendi dei propri funzionari. Tutto questo dopo aver fatto tagli sulla spesa sociale per un valore di oltre 5 miliardi.


Una delle chiavi di volta della rivoluzione catalana è che la crisi ha reso palese che l’autogoverno catalano, senza capacità autonoma di riscuotere le tasse, è una finzione. Se a questo si aggiunge la politica ricentralizzatrice dello Stato, che vuole la soppressione di organismi storici catalani come la “Sindicatura de Comptes” organo di controllo finanziario catalano, il cocktail diventa esplosivo.

Sesta scena

La società civile si posiziona sulla prima linea della rivendicazione

Si dice che uno dei principali errori di Hitler fu quello di sottovalutare il coraggio dei soldati americani. Allo stesso modo, Madrid non ha scoperto fino alla Via Catalana -la catena umana che ha percorso il paese da un estremo all’altro, con più di un milione e mezzo di persone per strada nell’ultimo 11 settembre- il potere organizzativo e di convocazione dell’Assemblea Nazionale Catalana.

Questa storia non si capisce senza personaggi come Ferran Civit e Ignasi Termes, capaci di creare un’infrastruttura necessaria per coordinare più di 25.000 volontari che parteciparono e che fecero diventare quella mobilitazione un esempio di civiltà e di disciplina collettiva senza precedenti.
Per un momento perfino sembrava che Madrid avrebbe reagito di fronte a quella esibizione. Ma fu un fugace miraggio.
Ara.cat

Leggi di più »

mercoledì 22 gennaio 2014

I liberali europei riconoscono il diritto della Catalogna a decidere sul proprio stato

I liberali europei, famiglia internazionale della quale fanno parte il commissario economico europeo Olli Rehn, ed il segretario generale della NATO Anders Rasmussen, hanno approvato oggi a Londra nel loro congresso, il manifesto per le elezioni europee, che include un riferimento esplicito al diritto a decidere dei catalani.
La votazione ha avuto luogo dopo una modifica presentata dalla delegazione di CDC, partito catalano (Mas è il leader) che fa parte del Partito dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (ALDE) dal 2005. Nello stesso congresso il dirigente di CDC, Marc Guerrero, è stato rieletto vice-presidente dell’ALDE.

Questo è il primo grande supporto internazionale che riceve il processo sovranista catalano, malgrado le pressioni che fa il governo spagnolo mobilitando la propria diplomazia. I liberali non si esprimono sull’indipendenza ma danno sostegno alla convocazione di una consultazione.

Lluís Bou - El Singular Digital. cat

Leggi di più »

Disobbedire, votare e andare via

Questa triade sarà como il 'veni, vidi, vinci' di Giulio Cesare per il nuovo stato catalano. Arriveremo all’indipendenza perchè disobbediremo le leggi ed i tribunali spagnoli, esercitaremo la democrazia e prenderemo la decisione di fare la nostra strada senza tutele nè imposizioni da fuori. Disobbediremo, voteremo e andremo via --o andranno via loro perchè noi non ci sposteremo mica--. Detto e fatto.

Tutti quelli che hanno un briciolo di cervello, accettano che questo processo democratico verso la piena sovranità ci porterà ineluttabilmente ad un momento di rottura con l’attuale status legale e politico spagnolo. In alcun momento bisognerà disobbedire delle leggi per farne altre nuove. Questo spiega che chi vuole assoggettarci insista nel dire che la democrazia è il rispetto della legge. Sebbene, in realtà, ci sono dei momenti in cui la democrazia è precisamente la disobbedienza e la rottura delle leggi ingiuste.


L'atteggiamento incivile dello stato spagnolo obbliga a scartare da tempo l’opzione della trattativa. Il buon senso e l’applicazione più stretta del buon senso ci portano alla disobbedienza. Ancora non è successo niente di concreto. Finora, il processo è stato un insieme di dichiarazioni. Lo abbiamo annunziato e abbiamo iniziato i preparativi. Sono arrivate le minacce di ogni sorta da Madrid e dai suoi obbedienti rappresentanti in Catalogna ma, ancora non è andato nessuno in carcere perchè ancora non ha disobbedito nessuno. Tutto arriva.

Le fasi della strategia spagnola sono le seguenti: 1. L’indipendenza è impossibile (rifiuto). 2. L’indipendenza è un disastro (paura). 3. La costituzione è la democrazia (menzogna). 4. L’indipendenza è il fallimento; qui avete la terza via e la moderazione (inganno). 5. L’indipendenza è illegale (minaccia). 6. Senza il permesso della Spagna, non c’è dialogo; e senza dialogo, non si può fare la consultazione (bloccaggio). 7. Chi supererà il limite conoscerà il peso della legge (giudizializzazione). 8. L’indipendenza è una prevaricazione (sospensione, inabilitazione e commissariamento).

Delle 8 fasi –che non sono strettamente successive ma possono anche essere simultanee– le prime sei possono essere contrastate con argomentazioni, attivismo allegro e molto lavoro di smentita e di pedagogia per allargare la base sociale che da sostegno all’indipendenza. Ma le ultime due richiederanno la disobbedienza civile e politica.

Insisto che il nostro caso richiede disobbedienza civile –ne abbiamo sentito tanto parlare e abbiamo esempi emblematici-, ma sarà necessaria anche la disobbedienza politica –cioè, istituzionale--. Si, è stato detto e ribadito che questo processo non è stato pensato ne spinto dai partiti nè dalle istituzioni, ma che la società ha preso l’iniziativa ed ha forzato i politici ad aggiungervisi. Tralasciando alcune modifiche che si potrebbero fare a questa semplificazione (non saremmo dove siamo senza l’insistenza dei partiti indipendentisti quando la società civile organizzata non lo era), questa guida della società è stata necessaria e riuscita finora e lo sarà ancora d’ora in avanti. Ma arriverà il momento, non lontano, in cui dovranno disobbedire anche i politici e, soprattutto, le istituzioni. Questa è una delle ragioni che mi fanno pensare che è indispensabile che il partito ERC e, se fosse possibile, ICV e la CUP, entrino a far parte di un governo di unità sovranista per fare la strada rimanente fino alla consultazione e poter gestire porteriormente il risultato.

Comunque, con o senza governo di unità, la frattura legale arriverà e avrà delle conseguenze. Dobbiamo avere chiaro il concetto per non abbandonare in nessun momento la costanza e l’impegno. Gandhi –e chi, se no?—diceva che l’unico tiranno che accettava in questo mondo era la 'piccola voce tranquilla' del suo essere interiore. Il presidente Mas si trova oggi in India e ha reso omaggio a Gandhi a nome dei catalani. Seguiamo i suoi insegnamenti e diciamo tutti insieme 'L'unico tiranno che accettiamo è la piccola voce tranquilla che parla dal profondo del nostro essere.'

Pere Cardús  - Vilaweb
 


Leggi di più »

martedì 21 gennaio 2014

Legge della Sicurezza Cittadina : Legge Bavaglio


Il Consiglio dei Ministri ha approvato, lo scorso venerdì, grazie alla maggioranza assoluta del PP, il pre progetto della legge della Sicurezza Cittadina (Conosciuta anche come Ley Mordaza (Legge Bavaglio). Questa legge è stata criticata da molti settori, incluso quelli stranieri, perchè considerata fascista. Alcuni mass media anglosassoni denunciano che in Spagna si sta tornando alla dittatura, si cambiano le leggi per convertire lo Stato Democratico in un regime autoritario che punisce molto duramente il diritto alla manifestazione o che si aiuti una persona senza documenti.
The Guardian” denuncia che “La Legge della Sicurezza Cittadina è un attacco alla democrazia”, e che “non si tratta di misure per dissuadere i cittadini alla protesta ma per “addomesticare” quelli che, nonostante tutto, decidono di farlo”.

Tra le leggi più significative (per essere incredibilmente vergognose e improprie in uno Stato che si definisce “democratico”), ne nominerò qualcuna come:

Infrazioni molto gravi (multe da 30.000 a 600.000 €):

- La chiamata con qualunque mezzo ad una riunione o manifestazione che si realizzi nella giornata precedente e/o durante le elezioni (per evitare così il ripetersi delle manifestazioni spontanee che si fecero il giorno precedente alle elezioni del 2004 a causa dell'attentato del 11M, quando la gente si concentrò davanti alle sedi del PP di tutta la Spagna per sapere la verità, dopo che José María Aznar disse che lo aveva fatto l’ETA senza neanche aver iniziato le indagini. Tutto questo per non rimanere danneggiato nelle elezioni)

Infrazioni gravi (multe da 1.001 a 30.000 €):

- Manifestare davanti alle sedi del Congresso dei Deputati, il Senato e le Assemblee Legislative delle Comunità Autonome (impedire le manifestazioni degli Indignati, o impedire ai Catalani di concentrarsi davanti alle Delegazioni Spagnole)
- Gli atti che pretendano di impedire a qualunque autorità l'esercizio legittimo delle funzioni (impedire che i movimenti cittadini evitino lo sfratto ).
- L'offesa o gli oltraggi alla Spagna (alle sue istituzioni, simboli, inni attraverso qualunque mezzo). Fischiare l'inno spagnolo sarà considerato un delitto, per esempio.
- Le manifestazioni pubbliche, scritte o verbali, effettuate attraverso qualunque mezzo (Facebook, Twitter).
- Maltrattare crudelmente un animale senza previa autorizzazione. (Con l’autorizzazione si potranno realizzare le corride di tori).

Infrazioni lievi (multe da 100 a 1.001 €):

- L'uso di immagini o dati personali o professionali di autorità o membri delle Forze e Corpi di Sicurezza. (Se vediamo un poliziotto che aggredisce un cittadino non si potrà registrarlo per dimostrarlo)
- Le manifestazioni pubbliche la cui finalità sia ingiuriare o calunniare le istituzioni pubbliche o le autorità (Manifestare contro la cattiva amministrazione del Governo, per esempio. I concetti “ingiuria” o “calunnia” sono facilmente manipolabili in uno Stato dove non c'è separazione dei poteri, e dove la giustizia lavora per il Governo)

Franco non è morto ! Questo è un segno che si sta tornando al regime dittatoriale al quale lui sottomise gli Spagnoli per quarant'anni.

Informiamo che Help Catalonia continuerà ad informare come ha sempre fatto, nonostante queste leggi che pretendono di cucirci la bocca.

Leggi di più »