venerdì 30 maggio 2014

Un test veloce



Rispondete velocemente a queste domande:

1 - L’Assemblea Nazionale Catalana organizzò una manifestazione pacifica nella quale due milioni di catalani si tenevano per mano. Nello stesso giorno, il gruppo “Democracia Nacional” fece un attentato contro il negozio di libri Blanquerna di Madrid e aggredì alcuni deputati del Congresso, cariche elette. Quale delle due formazioni vogliono illegalizzare?

2 – Tra la Crimea, dove ci sono dei militari per strada, e la Scozia, che risolverà la faccenda con un referendum, il governo spagnolo ha confrontato la Catalogna con una delle due. Quale?

3 – Il tenente colonnello della Guardia Civil, Antonio Tejero junior, ha festeggiato in una caserma con una paella-pranzo insieme al padre per commemorare il golpe del 23 Febbraio. Lo ha fatto insieme al capitano Muñecas Alcázar, ricercato dalla giustizia internazionale per torture durante il franchismo. Cosa ha fatto il ministero degli Interni: lo ha sospeso soltanto dall’incarico o lo ha espulso dal corpo?

4 – Il rapporto del ministro degli Affari Esteri, Margallo, assicura che una Catalogna indipendente perderebbe un 20% del PIL. Saprebbe trovare in quale parte del rapporto si fa riferimento alla percentuale di PIL che perderebbe la Spagna con la separazione della Catalogna?

5 – Sullo stesso rapporto precedente si parla di una caduta economica basata su tre fattori: l’espulsione dall’UE, i dazi ed il boicottaggio. Vista la preoccupazione dimostrata per il benessere dei catalani, pensa che lo Stato spagnolo attiverebbe questi meccanismi?

6 – Riferendoci a Margallo, mi dica il nome del ministero che guida la persona che ha più parlato negli ultimi tempi di un “affare interno spagnolo”.

7 – Tra la seduzione dei catalani mediante nuovi gesti di pacificazione o l’applicazione senza modifiche della Legge della Pubblica Istruzione Wert che cambia il modello di immersione linguistica nelle scuole catalane... Quale sarebbe la strada che, secondo Lei, ha scelto il governo spagnolo?

8 - Artur Mas propone un referendum concordato tra los Stato e la Catalogna sulla base della legge spagnola. Oppure, chiede che lo Stato non faccia ricorso contro la legge catalana e permetta la consultazione. Oppure, propone una terza opzione: le elezioni plebiscitarie. Rajoy rifiuta qualsiasi accordo. Il PP accusa uno dei due di essere radicale e di essere impazzito. A chi si riferisce?

9 - Il Consiglio per la Transizione Nazionale ha trovato cinque strade per creare uno stato proprio. Quattro dipendono dalla volontà politica dello Stato spagnolo per raggiungere un accordo con la Generalitat. La quinta è la Dichiarazione Unilaterale d’Indipendenza. Su quale delle cinque strade si sono concentrati per attaccare Artur Mas?

10 - I contrari al processo assicurano che il nazionalismo non è moderno. Ma, subito dopo, si riferiscono alla “nazione più antica di Europa”. Di quale nazione stanno parlando?

11 – L’ultimo sondaggio ufficiale assicura che un 87 per cento della popolazione accetterà il risultato della consultazione. Un 9% non lo accetterebbe ed il resto Non sa/Non Risponde. Nelle ultime elezioni del 2012, il risultato dei partiti unionisti fu: PSC 14,43% dei voti, PPC 12,97% e Ciutadans 7,56%. Ciò fa 34,96%. Ditemi, esiste alcuna frattura sociale?

Riassumendo: in Catalogna ci sono molti sostenitori dell’indipendenza e molti che vorrebbero continuare a far parte della Spagna. Uno dei due gruppi vuole che l’altro possa votare. Preghiamo di identificare di quale si tratta.


Opinió. Jofre Llombart – El singular digital 
 

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domenica 25 maggio 2014

Si mettono nei casini da soli

A me, quello che sta capitando in Crimea non mi piace per niente. E’ chiaro che difendo il loro diritto di autodeterminazione, ma mi sembra che non possa essere esercitato con le truppe russe là dentro. Penso che Putin sia un criminale, e anche se si pronunciasse in nostro favore e fosse il massimo difensore dell’indipendenza, seguiterei a pensare la stessa cosa. Non ho, dunque, molta voglia di essere aiutato da lui.

Detto questo, il caso della Crimea è, da un certo punto di vista, molto divertente (se mi permettete l’uso di un aggettivo che io stesso ritengo improprio). Divertente soltanto nel senso che loro, voglio dire gli spagnoli, si sono messi da soli in un casino monumentale.

Un paese serio ha dei principi e delle norme e si guida su questi principi e queste norme. La Spagna, però, cerca sempre la giocata tattica dell’ultimo minuto con un’ipocresia che, dopo tante forzature, finisce per essere impossibile da sostenere.

Io ancora ricordo, per esempio, quando si ostinarono a non riconoscere l’Ucraina ed insistevano a dare supporto all’URSS, anche quando non lo faceva ormai più nessuno. Ieltsin visitò Barcellona e fu ricevuto da Pujol mentre il governo spagnolo lo trattava come un appestato. E non ti dico come trattavano l’Ucraina, l’Estonia o l’Armenia, che erano considerati direttamente precedenti pericolosi dal ministero che oggi gestisce Margallo.

In modo che ora risulta più che divertente vederlo difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina con tanta passione, contro la Russia ! E ancora di più pronunciarsi con tanta veemenza contro le dichiarazioni unilaterali d’indipendenza, della Crimea o di chiunque altro, che è quello che veramente li terrorizza perchè è così che andrà a finire con noi.

E dov’è l’inconsistenza? Ebbene, per esempio, la Spagna riconosce diplomaticamente la Palestina, con tanto di ambasciata. E dobbiamo ricordare che la Palestina proclamò l’indipendenza in forma unilaterale, senza mai avere l’accordo di Israel. Suppongo che Margallo potrebbe redigere un dossier spiegandoci che non c’entra niente e bla, bla, bla...

Vicent Partal - 15.03.2014 – Vilaweb.cat
 

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domenica 18 maggio 2014

Il nazionalismo spagnolo attiva i meccanismi per violentare la societá catalana.


Il candidato di un partito nazionalista spagnolo della Catalogna, Javier Nart, ha confermato: 

" Ci dirigiamo verso la frattura sociale; ci saranno attuazioni puntuali di violenza”. Contro la democrazia del diritto a decidere, aizza la violenza nella Catalogna.

Javier Nart, avvocato e opinionista, catalano d’adozione, fomenta l’odio contro la Catalogna e aizza la violenza nella societá catalana. Con verbalizzazioni come quelle di Nart, la cosiddetta #viaUlster, che nel suo intento di diventare qualcosa nella Spagna, vive e fa carriera a costa di degradare la Catalogna e aizzare l’odio dai media spagnoli e catalani. L’intervista a Nart in uno dei media spagnoli piú sovvenzionati mette nero su bianco; contro l’allegria della Via Catalana e il diritto a decidere dei propri catalani, che non sanno né vogliono perdere, attuano senza nessuna legittimazione tentando di violentare la societá catalana.

I nazionalisti spagnoli vogliono portare in Europa la menzogna e l’odio contro i catalani.

L’intervista non nasconde le intenzioni, anzi trasfonde odio contro il diritto a decidere. Lo scopo di questo ex-militante del PSOE é di far pagare al popolo che lo accolse l’odio che si formato nel suo interiore, e ora ha visto l’occasione di far la guerra contro la democrazia.

Alcune frasi scelte:

“L’Europa é stata creata proprio contro il nazionalismo. É stata creata con la certezza che mai piú il nazionalismo, mai piú, ed il separatismo ancora meno.”

“Il nazionalismo catalano attua come il franchismo sociológico.”

“É molto curiosa questa specie di schizofrenia del pensiero che consiste nel parlare del bombardamento –di Barcellona-, ma non del perché furono bombardati. Furono bombardati per qualcosa che io sicuro difenserei, che non sono i privilegi del signor Casanovas.”

“Non ci saranno spari, né morti, peró ci sará tensione sociale. Ci srarnno atti puntuali di violenza. Non c’é, grazie a Dio, nessun partito che difenda la violenza nella Catalogna. Un’altra cosa é che l’essenzialismo dell’esclusione porti questa conseguenza. Una cosa é che tu non la rivendichi – perche veramente nessun partito separatista lo fa- ma quando insegni che siamo unionisti, cattivi catalani, e che pertanto difendiamo la derubazione della Catalogna, lo spoglio, il genocidio culturale, l’oppressione e l’occupazione, come mi vedi tú?”

“Vi monteremo un Ulster da farvi cagare”

Alcuni l’hanno voluta negare e continuano a volerla negare, ma la realtá mette finalmente oguno a posto suo. Le parole del candidato nazionalista spagnolo chiariscono, aizzano la paura, le menzogne, gli insulti per violentare la societá catalana. I catalani democratici non dobbiamo cadere nella loro tráppola.

Articolo in spagnolo

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giovedì 15 maggio 2014

Il momento della rottura democratica


«Non si tratta, beneamato presidente, di chiedere ai cittadini con elezioni autonomiche se possediamo il diritto a decidire»


“Voi siete venuti qui per parlare di qualcosa che non esiste, non esiste nessuna sovranità distinta da quella del popolo spagnolo. Semplicemente, non esiste!”. Con questa chiarezza diafana Rajoy ci dice che non c'è la benché minima possibilità. Non esiste la volontà di riconoscere che siamo un popolo e una nazione, né di incorporare nella legalità vigente il diritto a decidire, neppure potendolo fare perfettamente. È vero che il Tribunale Costituzionale ha incorporato per la prima volta l'espressione "diritto a decidire" nella sua dottrina, però lo rende inviabile incastrandolo nei procedimenti che lo Stato tutela e autorizza.

Né aspettare servirà a qualcosa né c'è carotina federale che serva. Il partito nazionalista basco, il PNB, ricordava al lider socialista Rubalcaba (questo grande federalista che al momento della verità no permette neppure la cessione dell'aerodromo di Sabadell) che il solito ritornello del dialogo e della riforma costituzionale già lo aveva usato nove anni fa, allora contro il Piano Ibarretxe, e dopo un bel nulla. 

Ci negano però siamo. Siamo una delle nazioni più antiche d’Europa, e una delle proposte più moderne: una nazione che basa la sua esistenza nel riconoscimento mutuo e volontario dei suoi cittadini, un paese che nascerà dal voto. Pertanto, la questione non è quale cammino seguiremo dentro il labirinto costituzionale spagnolo, la questione non è se ci sarà o no una rottura democratica. La questione è quale sarà il momento più appropriato per farla effettiva.

Non si tratta, beneamato presidente, di chiedere ai cittadini per mezzo delle elezioni autonomiche se possediamo il diritto a decidire. Il 25 di novembre del 2012 già abbiamo risposto a questa domanda, in maniera inequivocabile e chiara: il 74% dei voti hanno detto che siamo un soggetto sovrano per decidere e ci hanno assegnato il mandato per fare un referendum. Questo passo già l’abbiamo fatto. 

Le elezioni rappresenterebbero un passo avanti soltanto se trattassero della dichiarazione unilaterale d'indipendenza. Però in questo caso, tutte le candidature risponderebbero alla stessa domanda o ciascuno proposerebbe un plebiscito a modo suo? Si votarebbe solo sul tema della indipendenza o anche sui programmi dei partiti? In questa tessitura, è sicuro che la maggior parte dei mezzi di comunicazione situerebbe il dibattito elettorale tra promesse false di terze vie e l'abisso siderale. E, ovviamente, queste elezioni, una volta vinte dal programma elettorale (o somma di programmi) che includi l'indipendenza, non eviterebbero la necessità di operare una rottura democratica con il riferimento costituzionale spagnolo. 

Il referendum del 9 di novembre, in cambio, propone la decisione in una maniera chiara e isolata dal resto delle altre questioni. Lo capiscono i Catalani e lo capisce il mondo. Situa questa decisione libera come il punto iniziale d'un processo d'independenza negoziato. Cambia gli schemi mentali dell'opinione pubblica catalana, spagnola e internazionale. Scarica la responsabilità della prova dall’altra parte: chi e come, in democrazia, può impedire che si conosca la opinione dei cittadini? Ingloba la terza via federale d'una maniera concreta, se c'è qualcuno che davvero la vuole concretare. Il dibattito non sarebbe tra la falsa terza via e l'abisso, ma tra l'immobilismo di come stiamo, una proposta concreta (se davvero arriva) di via federale e l’inizio de processo negoziatore d'indipendenza. Il grosso dei mezzi di comunicazione potrà dire quello che vuole, però il dibattito già sta situato tra noi che vogliamo che tutti votino e quelli che non vogliono che votino neppure i loro.

Il referendum ha solo un piccolo inconveniente, che è un grande vantaggio: temporalmente è più vicino. La rottura democratica sarà inevitabile perché lo Stato lo ha voluto cosí. Siamo stati e continuaremo a essere estremamente immacolati nelle forme e nei procedimenti. Però non ci faccia paura la rottura, se si fa con un voto in mano.



Oriol Amorós
Membro del Parlamento catalano

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martedì 6 maggio 2014

Essere temuti per quello che si rappresenta.....


In termini di potere reale, Machiavelli diceva che essere temuto per quello che rappresenti è più importante di essere amato per quello che sei. Quanto al dibattito del prossimo 8 aprile nel Congresso spagnolo e la presenza dei tre parlamentari che difenderanno la richiesta del parlamento catalano, aggiungerei che la cosa importante è che loro credano a quello che rappresentano. Perchè se adottano soltanto il ruolo di quelli che portano a lor signorie la decisione di un “parlamento autonomico” sottomesso alle strutture dello Stato spagnolo e leggitimato, in ultima istanza, dalla sua Costituzione, allora sarà dura per la Sig.ra Rovira ed i Sig.ri Turull e Herrera (eccetto cambiamenti di ultim’ora).

Inversamente, se i delegati del Parlamento catalano si sentono rappresentati da un popolo sovrano, le cose saranno molto diverse. L’obiettivo dei loro discorsi non sarà quello di convincere nessuno, previamente convinto della “ragion di Stato”, ma quello di mostrare a tutti un nuovo soggetto politico in azione, che non si attiene ad altra legalità diversa dalla sua volontà costituente. D’altra parte, la messa in scena non sarà più quella delle vittime di una lapidazione annunciata ma quella dei delegati di un potere che non vuole imporsi a nessuno, ma che è un vero e proprio contropotere, fedele a sè stesso, mosso unicamente dalla necessità di abolire un potere imposto da fuori. E dobbiamo far vedere che la nostra forza non si appoggia sul discorso politico convenzionale, ma emana direttamente dalla capacità democratica e pacifica di un popolo mobilitato, nelle condizioni più avverse, per esercitare la volontà autonoma senza dominare l’altro, e che non attendiamo altro dal riconoscimento internazionale, così necessario, che la giusta ragione che ci fa muovere.

Il resto –appelli al dialogo, necessità di accordi, concessioni mutue, storia comune, nel migliore dei casi; o nel peggiore: minacce e ricatti, ultimatum e squalifiche, fonti di rettili giornalistici e disprezzo di tutto—è da considerarsi come strade di circonvallazione del potere stabilito. 

E non dobbiamo pagare nessun pedaggio, perchè, noi, abbiamo aperto una propria strada.


Julià de Jòdar - El Singular Digital
@julidejdarmuoz

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lunedì 5 maggio 2014

Dietro la minacccia, il nulla


Il 4 giugno 2009, quando il Consiglio comunale di Arenys de Munt approvò di cedere i locali comunali per fare una consultazione sull’indipendenza della Catalogna, il consigliere che l’aveva proposta, Josep Manel Ximenis, era convinto che la guardia civile avrebbe “chiamato di primo mattino” (sta a significare l’arrivo a sorpresa della polizia in casa degli oppositori durante la dittatura). Il 2 di settembre, l’avvocato dello stato fece ricorso e l’indomani la giudice titolare del tribunale n° 14 di Barcellona rese nullo l’accordo del Consiglio. Ximenis, sopraffatto dalle minacce, pensò: 'Oggi si, oggi arrivano.' Ma niente. Il giorno della consultazione, il 13 di settembre, arrivò l’ordine di non far entrare le urne in comune e, quando, alle 9 del mattino, la gente inizió a prendere le schede in un altro locale vicino, Ximenis pensò: 'Adesso non tarderanno.' E invece no. 'Salti un ostacolo e vedi che non succede nulla', conclude.

Il successo di quella iniziativa portò a fare delle consultazioni in altri 167 comuni, nei giorni 12 e 13 dicembre. Jordi Fàbrega, sindaco di Sant Pere de Torelló, disobbedì a giudici e pubblici ministeri e portò le urne dentro in comune. Se volevano, potevano arrestarlo. Ma niente.

In un anno e mezzo, altri 511 comuni, includendo la capitale Barcellona, fecero dei referendum 'illegali' con decine di migliaia di volontari, e votarono oltre un milione di persone. E fu una festa. Parallelamente, tutte le forze vive dell’unionismo spagnolo, anche il presidente del governo, esclamavano, urlavano, censuravano, insultavano, vietavano, vituperavano, denunciavano... E niente di niente.

Sono passati diciotto mesi dalla Diada (11 settembre) del 2012, quando il
Il Parlamento Catalano
processo si scatenò ufficialmente e, in tutto questo tempo, ci sono stati soltanto grida, minacce, chiasso, agitazione e guerra sporca sotterranea ma non un solo atto di forza dichiarato ed effettivo.

La sentenza del 25 marzo scorso del Tribunale Costituzionale (TC) sulla dichiarazione di sovranità che proclamò il nostro parlamento ha messo in evidenza le difficoltà dello stato per fare un atto di forza. E’ risaputo che il presidente dell’organo giudiziario – ed alcuni altri membri- non solo non è imparziale, ma si tratta di un catalanofobo dichiarato ed un contumace seguace di estrema destra; per questo fu designato dal PP. Ma non è riuscito ad imporre la sentenza che le sue viscere avrebbero voluto perchè doveva darne una spiegazione giuridica che non avrebbe potuto dare.

Adesso ci risulta che il governo spagnolo ha bisogno degli opuscoli della FAES per 'informare' gli europarlamentari sul processo catalano. Ma, non erano sotto la protezione di tutte le leggi del mondo? Non era evidente che l’UE avrebbe vetato la Catalogna? La Catalogna non doveva vagare nei secoli dei secoli da sola per gli spazi siderali?

Le sfuriate hanno avuto influenza su alcuni catalani. Per questo ci sono dei timori, molta gente si attende un atto di forza da un momento all’altro: commissariamento dell’autonomia?, inabilitazione del presidente della Generalitat?... Ma con quale base giuridica? Soltanto la caverna mediatica o dei politici senza responsabilità diretta ne hanno parlato. Mas, Espadaler, Forcadell... hanno sempre detto che agiranno sempre nella legalità. Lo stesso Vidal-Quadras, che aveva chiesto di mandare uno squadrone della guardia civil a deporre il presidente della Generalitat, ha appena detto che non si può illegalizzare la ANC (assemblea nazionale catalana) semplicemente per esprimere delle opinioni. Il presidente del Parlamento Europeo lo aveva già rimproverato quando chiese un intervento armato contro la Generalitat e molti stanno sull’attenti.

Gridano molto, ma i fatti sono inconfutabili, hanno fallito su tutti i fronti: il discorso della paura, lo strozzamento fiscale, il tentativo di spaccare la società catalana, i presunti imprenditori amici, le denunce della rappresentante dello stato spagnolo nella Catalogna, Sig.ra Llanos de Luna, il supporto internazionale, la guerra sporca della polizia, la guerra sporca dell’informazione.. Cosa rimane? 

Quando il 84% del censo è a favore di una iniziativa –la consultazione– che hai osteggiato per terra, mare e aria durante diciotto mesi, significa che hai sbagliato clamorosamente la strategia e l’azione. Quando una quarta parte della popolazione si mobilita, inaudito per un movimento sociale, non puoi tentare iniziative insensate.

Ci sono 4.000 poliziotti in Catalogna senza occupazione assegnata, ma cosa potrebbero fare? Potrebbero tentare le classiche provocazioni da guerriglia urbana, disordini sulle strade, qualche molotov... Ma l’unionismo violento è stato ben identificato e non esiste alcun sustrato sociale che possa sostenerli. 800 “mossos” (polizia catalana) in borghese vigilarono affinchè non ci fossero provocazioni orchestrate dai servizi segreti o dall’estrema destra durante la Diada del 2012. Un errore da parte loro in questo senso precipiterebbe le cose. 'Noi dobbiamo alla Falange (estrema destra) il successo sconvolgente della prima consultazione di Arenys de Munt', dice Josep Manel Ximenis (perchè organizzarono una protesta che portò la stampa ad Arenys).

Elena Valenciano, la numero due del PSOE, ha appena visto ora: ai, ai!, che il prossimo 8 aprile il Congresso spagnolo non disturberà la tabella di marcia catalana, a differenza del piano Ibarretxe, che tanto hanno evocato. C’è stata una sentenza del Tribunale Costituzionale contro una dichiarazione del parlamento catalano ed il parlamento catalano ha reagito con indifferenza. La Razón diceva in prima pagina: 'Il TC proibisce a Mas di celebrare la consultazione indipendentista', ai,ai,ai! 

Passano i mesi e continuano a stare nel pallone, confusi dalle storie che si raccontano da soli, eppure sono consigliati da amici: Duran i Lleida aveva avvertito Rajoy che se non faceva nulla si sarebbe trovato una dichiarazione unilaterale di indipendenza sul tavolo. Ma il suo dramma è che se fa qualcosa, la troverà ugualmente.

Nè il governo nè il parlamento catalani trasgredirano alcuna legge e, probabilmente, non si farà la consultazione se, come si prevede, le istituzioni spagnole la vieteranno. Ma immaginate la scena: 11 settembre 2014: milioni di persone in piazza chiedendo di poter votare; 18 settembre: referendum in Scozia mostrando al mondo la civiltà britannica; 9 novembre: milioni di persone in piazza denunciando la intolleranza degli spagnoli ed un sequesto delle urne davanti alle telecamere di tutto il mondo.

La pentola bollirà al massimo quando si faranno elezioni anticipate in Catalogna che daranno la maggioranza alle formazioni politiche del SI. Sarà il momento decisivo annunciato da Duran e riconosciuto da il presidente catalano Mas, ma fino a un secondo prima avremo rispettato la legge spagnola. Il governo catalano ha già il supporto di alcuni paesi amici. Quando il primo riconosca la Catalogna, l’indipendenza sarà un fatto compiuto. Rajoy e Rubalcaba boccheggieranno come pesci fuori dall’acqua e continueranno a proferire degli anatemi sconnessi e incomprensibili. La strada di Mas potrà essere scoscesa, ma lo è molto di più quella di Rajoy. 

Dietro la minaccia, c’è il nulla.

Eugeni Casanova  – Vilaweb.cat

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domenica 4 maggio 2014

Bloomberg: nessuno può obbligare i catalani a rimanere in Spagna


'Se vuoi evitare la secessione di un territorio, devi dare libertà alla popolazione'. Con questa idea inizia un articolo di Bloomberg View, una delle riviste su economia più prestigiose al mondo. Con il titolo 'Come la Spagna può evitare la sua Crimea', l'autore, Leonid Bershidsky, stabilito a Mosca, dice che il governo ucraino ha gestito malamente il caso della Crimea, perchè avrebbe dovuto autorizzare un referendum credibile, sotto la supervisione internazione e con tutte le garanzie. Invece, si è generato un conflitto internazionale ed una grande instabilità che poteva essere evitata. 'Non esiste nessuna motivazione per mantenere un territorio per forza sotto il governo di un paese se la maggioranza non vuole', conclude. E, pertanto, il miglior modo per farlo è mediante la democrazia e i patti.

Vi traduciamo gli ultimi due paragrafi dell’articolo:

«Pensate cosa sarebbe successo se l’Ucraina avesse permesso di fare un referendum in Crimea per la secessione sotto stretta sorveglianza internazionale. Decidendo la questione con un voto giusto e credibile, il paese avrebbe evitato una crisi mondiale che ha contrapposto la Russia e l’occidente e che ha fatto molto male all’Ucraina stessa.

In Catalogna, il governo spagnolo ancora è in tempo di scegliere una strada diversa dall’Ucraina. Impedendo che la gente possa esprimersi potrebbe aizzare gruppi terroristi e creare instabilità.



Non esiste nessuna motivazione per mantenere con la forza dei territori sotto il governo di un paese se la maggioranza non lo vuole.'


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sabato 3 maggio 2014

Tremosa porta all’UE il caso della bambina allontanata dalla madre per “l’ostacolo” della lingua catalana



L’europarlamentare catalano on. Tremosa porta all’UE il caso della bambina allontanata dalla madre per “l’ostacolo” della lingua catalana.

L’europarlamentare di CiU Ramon Tremosa ha denunciato alla Commissione Europea il caso della madre che ha perso la custodia della figlia dopo che una giudice di Tenerife gliel’abbia ritirato adducendo che il catalano poteva essere un “ostacolo” alla sua integrazione nel paese di Ripollet, il comune catalano dove la madre si era trasferita l’anno scorso per trovare lavoro.

Tremosa ha chiesto alla Commissione Europea di intervenire sul caso, in quanto
considera che questa situazione “costituisce un attacco al principio di libera circolazione all’interno dell’UE, e diventa una discriminazione di carattere politico”. 

Dobbiamo ricordare che la sentenza della giudice, María de la Paloma Gálvez, stabilisce che “oltre al trasloco a Barcellona, bisogna aggiungere che si trova in una comunità autonoma definita con delle caratteristiche speciali di integrazione, visto che al fatto di doversi adattare normalmente ad un cambiamento di territorio e di costumi, bisogna aggiungere la difficoltà di apprendere una lingua co-officiale al castigliano, la lingua catalana, che come saputo da tutti, è la lingua utilizzata da gran parte della società catalana, ed anche nelle scuole”. Una descrizione dei fatti che ha fatto concludere al giudice canario, dopo aver aggiunto che “non risulta accreditato che la minore si sia adattata alla lingua catalana e che la sua lingua non sia un ostacolo alla sua evoluzione”, che la custodia deve andare al padre per preservare l’interesse superiore della minore.

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