venerdì 30 agosto 2013

L’indecisione di Rajoy














Il successo del processo sovranista è che l’approccio si fa dalla Catalogna, senza che dalla Spagna possa essere disattivato. Questo fu uno degli errori del piano Ibarretxe (presidente del Paese Basco), a parte il fatto che il movimento allora non era fondato sulla mobilitazione popolare. Il grande errore del lehendakari fu quello di presentare la proposta al Congresso dei deputati spagnolo. Là, ovviamente, la demolirono democraticamente con i voti di PP e PSOE, e fine del piano con Ibarretxe che raggiunse la sua fine politica. Portò il dibattito presso un ente parlamentare sbagliato.







Il processo catalano, come suggerisce l’elaborato rapporto del Consiglio Consultivo per la Transizione Nazionale, sarà definito invece sempre in Catalogna. Mediante una consultazione o delle elezioni plebiscitarie oppure di una dichiarazione del nostro Parlamento, dall’inizio alla fine il quadro delle decisioni politiche sarà quello dei cittadini della Catalogna.







Il presidente spagnolo, Mariano Rajoy, quando si deciderà a rispondere alla richiesta scritta che Mas le ha inviato, potrebbe avere la tentazione di far cadere la Catalogna nella trappola del piano Ibarretxe. Cioè, potrebbe tentare di far passare la richiesta di consultazione della Catalogna al Congresso, per far sì che il PP ed il PSOE la facciano fuori. Ma questa volta no, il processo catalano si può votare soltanto in Catalogna.



El Singular Digital

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giovedì 29 agosto 2013

Quando lo stato si nasconde


Mi ha sorpreso molto che il responsabile di inaugurare i mondiale di nuoto fosse Artur Mas. Lo stato tenta di ridurre qualsiasi attività internazionale della Generalitat e per questo sorprese molto che abbia ceduto questo protagonismo al presidente della Catalogna. Però la spiegazione si deve andare a cercare esattamente nel disastro nel quale si è convertita Spagna. Semplicemente si nascondevano perché non sapevano chi metterci, non avevano nessuno con la garanzia di non essere fischiato.
Psicologicamente, questo è importante. Credo che è la prima volta che vedo come lo stato si nasconde, spaventato. Semplicemente non sapevano chi inviare. Dieci anni fa il mondiale di nuoto di Barcellona lo avevano inaugurato Cristina de Borbó e Iñaki Urdangarin, che è evidente che ora non potevano farlo. Juan Carlos neanche. Di fatti, lo nascondono tanto quanto possono dal famoso caso di Botswana. Sarebbe potuto venire Felipe, però l’avevano fischiato al Liceu quattro giorni prima e una seconda fischiata sarebbe stata troppo. E,  eliminata la casa reale, neanche gli attori politici sono presentabili. Il presidente del governo, Mariano Rajoy, avrebbe dovuto sentire con ogni probabilità una fischiata assordante. E il ministro responsabile dello sport è un certo Wert, opzione, quindi, impossibile.
Questo è tutto, quindi. Lo stato non sabia chi presentare e per questo ha “lasciato” che il protagonismo fosse per il presidente della Catalogna. Nel suo congiunto è un aneddoto? A me non sembra. Non in uno stato così insitente sulle relazioni diplomatiche e tan ossessionato sul processo della sovranità. Mi sembra piuttosto una lezione, e molto interessante, sulla debolezza estrema che oggi dimostra lo stato spagnolo.


Vicent Partal

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lunedì 26 agosto 2013

Lo Stato Catalano: un bene per la Catalogna, per la Spagna e per l’Europa?

Circa un anno fa la Catalogna diede inizio, con la manifestazione del 11 Settembre, al cammino verso lo Stato proprio. Un cammino che sapevamo già fin dall’inizio non sarebbe stato facile; e in effetti, non lo è.
Ma non ci sono solo cattive notizie oppure ostacoli; anzi, il processo va avanti in modo fermo grazie ad una strategia ben consolidata ed eseguita.
Questa strategia si materializza in forme molto diverse. Ci sono due ambiti, però, che sono preminenti: quello economico e l’altro internazionale. Oggi vorrei soffermarmi sul secondo aspetto, quello internazionale.
Chi più chi meno è cosciente che una delle chiavi del successo del processo è il riconoscimento dello Stato Catalano da parte della comunità internazionale. Ma indipendentemente dalla strategia che sta portando a termine il nostro Governo, esiste un elemento molto importante sul quale bisogna specialmente fare menzione: cosa fornisce, qual’è il vantaggio che offre l’indipendenza della Catalogna agli altri paesi?
In questi momenti la principale preoccupazione della comunità internazionale nei confronti della Catalogna è, di gran lunga, cosa succederà alla Spagna senza la Catalogna. Sono consapevoli che, senza riforme e senza la Catalogna, la Spagna ha un futuro nero. E ciò preoccupa; e molto. E ciò, precisamente, è quello che dobbiamo neutralizzare adesso con argomentazioni positive.
La Catalogna-Stato, oltre ad essere un contribuente netto dell’UE, sarebbe un agente dinamizzatore per il sud d’Europa, e la cosa gioverebbe alla Catalogna ma anche all’Europa e, indirettamente, alla stessa Spagna.
Mi spiego: la Catalogna dispone di un modello economico-produttivo proprio, molto diverso da quello del resto della Spagna. Il nostro modello si basa sulla piccola e media impresa (il 99,2% delle aziende catalane hanno meno di 50 dipendenti) che fornisce un tessuto produttivo radicato sul territorio, altamente diversificato, focalizzato sull’esportazione e spesso, leader nel settore o comparto operativo.
Viceversa, il modello castigliano, o spagnolo, è centrato sulla grande banca (modello speculativo), aziende fornitrici di servizi per l’America Latina (REE, Movistar, ecc.) e petrolifere (Repsol, Cepsa).
Questi due modelli hanno bisogno di politiche economiche, fiscali e finanziarie diverse. E’ evidente che le politiche che lo Stato spagnolo applica sono indirizzate a potenziare il proprio modello, e non il nostro.
Da ciò si evince che, con uno Stato protettivo, il tessuto produttivo catalano avrebbe una cornice molto più favorevole per potersi sviluppare: infrastrutture adatte alle necessità delle aziende e del territorio, un hub internazionale nell’aeroporto del Prat di Barcellona; la possibilità di potenziare ancora di più il porto di Barcellona; poter fare una quarta pista di atterraggio per aerei Cargo attiva 24 ore su 24... La Catalogna potrà diventare un polo logistico per il sud Europa, un cluster tecnologico, di trasformazione di alto valore aggiunto, di ricerca biomedica e chimica.

Uno Stato che pensi ed agisca in chiave catalana, con la mentalità imprenditoriale nostra; questo è il futuro che ci attende.
E’ proprio questo che bisogna spiegare alla comunità internazionale; che uno Stato Catalano dinamizzerebbe enormemente l’economia del sud Europa creando posti di lavoro e ricchezza; che genererà a sua volta opportunità di affari per le aziende internazionali; e che tutti saranno i benvenuti.
Dobbiamo spiegarlo alla Francia, alla Germania, agli Stati Uniti, a Israele, al Giappone ed a tutti quelli che vorranno ascoltare, che uno Stato catalano è interessante per loro, perchè avranno un paese nel sud Europa ben collegato, con buone infrastrutture e con mentalità imprenditoriale dove poter investire. Un paese con un alto potere d’acquisto che può dare risposte alle necessità di espansione internazionale.
Dal Circolo Catalano di Affari siamo convinti que molto prima di quanto crediamo, potremo godere di questi vantaggi. Non solo noi, ma anche l’Europa e, indirettamente, la Spagna.
Joan Cabanas
Responsabile dell’area internazionale del “Cercle Català de Negocis” – Circolo Catalano di Affari (associazione d’imprenditori catalani)

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domenica 25 agosto 2013

Catena umana Alghero-Catalogna

La Catalogna l’11 di settembre commemora la Diada Nacional ( la giornata nazionale) in ricordo dell’estrema difesa e successiva caduta di Barcellona nelle mani delle truppe Borboniche di Filippo V avvenuta appunto l’11 settembre del 1714. Da quella sconfitta vennero abolite le istituzioni catalane come la Generalitat de Catalunya. Quest’anno la Diada Nacional coincide con una importante iniziativa organizzata dall’Assemblea Nazionale Catalana, a cui aderiscono diverse entità come Òmnium Cultural, che ha anche un rilievo internazionale e prevede la realizzazione di una catena umana lunga ben 400 Km, che seguirà il percorso dell’antica Via Augusta, partendo dal Pertús fino a Alcanar.

Infatti la Catalogna negli ultimi anni ha messo al centro del dibattito politico e culturale internazionale, una nuova concezione di una Europa dei popoli fortemente basata sui valori sociali, culturali e solidaristici che diano maggiore forza e prospettiva a quelle nazioni senza Stato come la Catalogna, la Sardegna, la Corsica e la Scozia. Òmnium Cultural è impegnata in questa opera di sensibilizzazione socio-culturale e per questi motivi aderisce alla iniziativa “ Via Catalana Internacional verso l’indipendenza” che ha come obiettivo quello di far partecipare alla diada nacional dell’11 di settembre tutti i catalano-parlanti residenti nel mondo e che prevede l’organizzazione di catene umane dagli Stati Uniti alla Francia, dall’Italia al Giappone dal Canada alla Polonia, etc.

Òmnium Cultural de l’Alguer aderisce a questa importante iniziativa e organizza ad Alghero per la giornata dell’11 settembre una catena umana a cui possono partecipare tutti coloro che condividono lo spirito della manifestazione della Diada Nacional. L’obiettivo di Òmnium Cultural de l’Alguer è quello di far svolgere ad Alghero un ruolo di “ponte culturale rivendicativo” che colleghi la Catalogna ai movimenti autonomistici sardi, corsi e di tutti quei popoli dell’area del Mediterraneo che chiedono il diritto alla continuità culturale e quindi sociale ed economica. L’appuntamento è per la giornata di mercoledì 11 settembre alle ore 18,30 presso la piazza del Portal ( porta terra) dove si formerà la catena umana.

Alguer.it

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venerdì 23 agosto 2013

Cornuti e mazziati, adesso sono gli accessi al Porto di Barcellona


Il Governo spagnolo saccheggia la cassa del Porto di Barcellona per pagare una parte dei lavori per i collegamenti ferroviari che aveva promesso.
Dopo che la Ministra Pastor riconoscesse lo scorso febbraio 2012 che lo Stato spagnolo ha un debito con la Catalogna di 5,748 miliardi di euro in infrastrutture e dopo l’annucio agli inizi di giugno che avrebbe dato il via agli accessi definitivi al porto, dopo tanti ritardi e inadempienze subiti da questa infrastruttura chiave per l’economia catalana, adesso, secondo quanto pubblicato su El Confidencial, la Ministra Pastor ha deciso che sia l’ente “Port de Barcelona” stesso a finanziare la metà del costo della prima fase dei lavori mettendo a disposizione dalla propria cassa 50 milioni di euro. L’accordo raggiunto tra il “Port de Barcelona” e il Ministero dei Lavori Pubblici permette di lavare la faccia della Ministra di fronte agli investitori internazionali e sottolinea, ancora una volta, che lo Stato viola sistematicamente gli impegni presi con la Catalogna.
La Spagna non investe in infrastrutture prioritarie per l’economia catalana

I collegamenti ferroviari con scartamento europeo è una rivendicazione della Generalitat, dei settori economici della Catalogna, degli investitori multinazionali come Seat, Nissan o Hutchison, ed è un impegno dei Lavori Pubblici non rispettato. La multinazionale cinese Hutchinson che ha già investito 300 milioni in un nuovo Terminal di container, che duplica la capacità del Porto di Barcellona, ha previsto di investire altri 200 milioni di euro ma esige che i collegamenti ferroviari siano pronti come concordato a suo tempo, e l’unico modo che hanno trovato ai Lavori Pubblici per mandare avanti l’opera è stato quello di mettere mano alle casse del Porto.

Directe

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giovedì 22 agosto 2013

Candidatura unica



La Catalogna si trova in un momento di grande trascendenza storica, il più importante degli ultimi 300 anni. Per questo, è necessario che tutti i partiti agiscano con il massimo senso di paese e si allontanino dal partitismo. Il senso di paese sarà premiato dai cittadini, a medio termine, perchè tutti ormai capiscono cosa c’è dietro alle scommesse d’interesse di partito. E’ arrivata l’ora della verità e della grande politica. Per questo è necessario arrivare alla consultazione sull’indipendenza con il catalanismo più unito possibile. E’, quindi, una bella pensata l’inizio delle conversazioni per presentare una candidatura unica alle elezioni europee del mese di maggio prossimo.

Se la consultazione avrà luogo a settembre (2014), bisogna uscire dalle elezioni europee con una Catalogna rinforzata e che abbia un peso per chiedere il riconoscimento. Se da questi comizi ne esce frammentata e macchiata da ogni tipo di rivendicazione, il processo rimarrà colpito. C’è un momento per ogni cosa, e adesso è il momento del processo sovranista che tanto aveva sognato questo paese.


El Singular Digital - Editoriale

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mercoledì 21 agosto 2013

300 anni fa, ebbe inizio un’assedio...

 
 
Nella giornata di San Giacomo di 300 anni fa, l’esercito delle Due Corone, Francia e Spagna, comandato dal duca di Populi, arrivò alle porte della città di Barcellona. Il giorno prima, era stata issata la bandiera di Santa Eulalia nella Casa della Città, simbolo inequivocabile della chiamata alla lotta del popolo di Barcellona. Già da giorni i Consiglieri della Città indossavano l’armatura nera, segnalando senza lasciare dubbi, che la lotta era per la vittoria o la morte. Quel 25 luglio del 1713 dei volontari catalani a cavallo attaccavano l’avanguardia dell’esercito borbonico, mentre le batterie di artiglieria di Barcellona bombardavano il corpo principale delle truppe franco-spagnole. Finalmente, queste si sarebbero ritirate sul Piano dell’Hospitalet de Llobregat, mentre una flotta di 6 galere e 30 navi minori chiudevano il cerchio alla città assediata. Barcellona, “capitale e madre” della patria –come si poteva leggere su molti volantini pubblicati all’epoca-, si preparava a resistere a un assedio che avrebbe causato l’ammirazione di mezza Europa e che sarebbe finito più di un anno dopo, durante l’eroica giornata dell’11 di settembre del 1714.

Come un grande respiro di storia risorge la lotta di un popolo che si riconosceva libero e voleva vivere libero. L’accanita difesa dei catalani di quello che consideravano formasse parte della loro più intrinseca personalità –le Istituzioni, i diritti, le Costituzioni- si eleva oggi ancora come un’impresa memorabile ed epica. “Finisca la nazione con gloria!”, gridava il cavalier Manuel Ferrer i Sitges alla Junta de Braços (Assemblea dove erano rappresentati i tre bracci: nobiltà, chiesa e popolo). E probabilmente fu necessaria questa fine onorevole per poter rinascere, quasi un secolo e mezzo dopo e dare inizio all’esercizio del recupero della memoria che permane fino ad oggi, in questo lungo, tenace ed insieme ondeggiante viaggio che stiamo facendo i catalani per trovare noi stessi. Si, eravamo morti, e la Renaixença (movimento culturale dell’800) fu la scintilla che accese nuovamente la torcia in quella nazione che si era dissolta in nero.

In questi giorni abbiamo ascoltato (ed è soltanto, oh Madonna!, l’inizio di quello che ci aspetta) un gocciolio di critiche per questa ossessione “malaticcia” dei catalani per la propria storia. Ed è che niente fa più popolo che la storia del popolo. Sono solito citare questa frase del nostro più grande storico, Ferran Soldevila, che dedicò la vita intera ad approfondire la conoscenza di chi eravamo. Lui stesso spiegava che lo guidava in questa ardita piramide soltanto un obiettivo: “Fare della Catalogna un popolo normale”.

Un popolo normale è un popolo che conosce sè stesso, che i suoi giovani studiano alle scuole ed istituti, e che le sue televisioni programano regolarmente trasmissioni sulla storia. E’, dunque, evidente che ancora ci manca da percorrere un buon tratto di strada, perchè ancora la smemoratezza è troppo presente tra i nostri connazionali.

Per questo, uno dei pilastri del processo di normalizzazione nazionale –cioè, l’indipendenza- è la storia e la cultura. Senza queste nostre radici, nessuno straniero capirà mai le nostre rivendicazioni.

Abbiamo un’opportunità straordinaria, in un anno dove risuonerà come non mai quel grido di libertà che fu l’assedio di Barcellona. Sfruttiamolo. E’ l’unico modo di fare che l’esercizio della memoria non diventi puerile o sterile, ma anzi creativo e trasformatore, interpellatore. E’ così che sembrerà di ascoltare il rintocco delle campane che arriva da lontano. E vi sentirete capovolgere. Apparteniamo a questa terra. E’ il grido di questa terra. Le campane, chiaramente, suonano per noi. Per ricordarci chi siamo stati e chi saremo.
 
Quim Torra
El Singular Digital - 24/07/2013

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martedì 20 agosto 2013

Testo della lettera che il Presidente del Governo Catalano Artur Mas ha inviato al Presidente del Governo Spagnolo Mariano Rajoy



Excm Sig. D. Mariano Rajoy Brey

Presidente

Governo di Spagna

Palazzo della Moncloa

Madrid





Egregio presidente,



E’ risaputa la volontà di autogoverno del popolo catalano, reiteratamente esercitata o rivendicata nei secoli. Nell’ultimo periodo democratico, iniziato alla fine del secolo scorso, questa volontà di autogoverno fu canalizzata inizialmente attraverso lo Statuto di Autonomia del 1979.



Il Parlamento catalano approvò nel 2005 una nuova proposta di Statuto di autonomia, che posteriormente fu assunta, prima dalle Cortes spagnole e finalmente, con un referendum dal popolo catalano. Il mio coinvolgimento personale durante tutta la trattativa, anche se senza responsabilità di governo in quel momento, per facilitare un nuovo incastro tra la Catalogna e la Spagna, è noto da tutti.



La sentenza posteriore del Tribunale Costituzionale smorzò e, in gran parte, annulò la volontà democratica dei catalani espressa nelle urne, ed evidenziò la impossibilità di continuare ad sviluppare la capacità di autogoverno della Catalogna per la via percorsa fino a quel momento.



Recentemente, durante la scorsa legislatura, la negativa a qualsiasi tipo di trattativa riguardante il Patto Fiscale, promossa dal Governo della Generalitat e approvata da una larga maggioranza del Parlamento della Catalogna, evidenziò, ancora una volta, l’incapacità di dare risposte da parte delle istituzioni dello Stato alle istanze presentate dalla Catalogna.



Questa situazione di blocco e la manifestazione più grande della storia che ebbe luogo in Catalogna lo scorso 11 di settembre, mi portarono alla convocazione di elezioni anticipate in modo che il popolo della Catalogna decidesse liberamente e democraticamente il proprio futuro politico.



Le ultime elezioni al Parlamento della Catalogna diedero come risultato un largo sostegno popolare, con una elevatissima partecipazione, la più alta della storia in questo tipo di elezioni, a quelle diverse forze politiche che presentavano nel loro programma elettorale la necessità di esercitare il diritto di decidere.



Il Parlamento della Catalogna ha manifestato in diverse occasioni durante la presente legislatura, ed attraverso maggioranze qualificate, il sostegno al diritto a decidere dei catalani, ed ha stabilito il mandato del dialogo e della trattativa con il Governo della Spagna per portarlo a compimento mediante una consultazione democratica. La recente costituzione del Patto Nazionale per il Diritto a Decidere sottolineava, inoltre, la larga maggioranza di cui gode questa tesi tra le istituzioni, agenti economici e sociali, oltre alla società civile in tutta la Catalogna.



Il Consiglio Consultivo per la Transizione Nazionale, organo di cui si è dotato il Governo della Generalitat e del quale fanno parte distacate personalità, argomenta nel suo primo rapporto l’esistenza di vie legali che offrono la possibilità di portare a termine una consultazione. Nella misura in cui si tratta di un rapporto che considero di alta qualità e di contenuti molto interessanti, credo sia opportuno inviarvelo tra pochi giorni.



Quindi, per questi motivi, intendo che ci siano le condizioni favorevoli per proporre la celebrazione di una consultazione in Catalogna: largo supporto cittadino e parlamentare, volontà di dialogo e di trattativa ed esistenza di vie legali per portarla a termine.



Credo che quando si producono tutte queste circostanze, frutto sicuramente di tutto il percorso storico che descrivevo all’inizio, è un dovere dei responsabili pubblici e di governo forgiare la volontà politica che permetta di dare una risposta alla legittima, pacifica, democratica e maggioritaria aspirazione della società, nel caso che ci occupa, catalana.



Nel nostro ultimo incontro, Vi avevo già accennato alla necessità di una risposta politica alla richiesta di democrazia del popolo della Catalogna. Oggi lo ribadisco per iscritto, con lo stesso spirito di dialogo e di trattativa del nostro ultimo incontro.



Sono cosciente della Vostra posizione contraria alla celebrazione di una consultazione, come già manifestatomi in tale incontro. Pur tuttavia, intendo che allo stesso modo che altri paesi –anche dell’UE- trovano delle strade per risolvere democraticamente e legalmente questo tipo di sfide e di realtà, la Spagna non dovrebbe essere l’eccezione in senso inverso.



Di conseguenza, propongo a Lei nuovamente la necessità di intreprendere la strada del dialogo e della negoziazione, che permettano la celebrazione di una consultazione, in forma concordata, al popolo catalano, nel termine più breve possibile, con le cornici legali che possiamo stabilire.



Cordialmente,



Artur Mas



Barcelona, 26 luglio 2013

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lunedì 19 agosto 2013

Catalogna, il no-caso

Davanti all’euforia del concerto ovunque, mi ha sorpreso un certo scetticismo da parte di un ufficiale importante dell’Unione Europea”.
 
Il 29 giugno, la notte del Concerto per la Libertà, incontrai un alto ufficiale dell’Unione Europea. Lui ci lavora da anni, è stato delegato a Bruxelles in diversi paesi del mondo e sa come funzionano le diverse politiche europee. Discretamente, data la sua posizione, da la sua opinione riguardo al processo che è cominciato tempo fa nella Catalogna. Per questo, davanti all’euforia del concerto, mi ha sorpreso un certo scetticismo da parte sua. Quindi ho chiesto…
 
-          Tu che conosci bene l’Europa, come si vede lì il caso catalano?
È il non-caso
 
Cosa vuoi dire?
Per le autorità europee, purtroppo, Catalogna è ancora il non-caso. E questo mi dispiace, ma è così.
 
Ma… la grande dimostrazione dell’11 settembre è stata notizia in molti mezzi di comunicazione internazionali. Tutti lo hanno visto. Anche da parte della Generalitat si viaggia a Bruxelles per spiegare il processo…
Sì, sì, sì.. tutto questo è vero, chiaro. E sarà anche una bella fotografia quella catena umana dell’11 settembre. Ma questo non fa perdere il sonno all’Europa. Sono immagini belle di un popolo, ma a loro non preoccupa.
 
Quindi… Cosa manca perché il non-caso diventi caso?
-          Il conflitto.
-          Pensi che adesso non ci sia conflitto? La rigidità del Governo di Rajoy contro la decisione della Catalogna di fare una consultazione non è sufficiente per cominciare? O tutte le leggi spagnole approvate che aggrediscono le competenze della Generalitat? La questione della lingua ad esempio…
No, questo non è un conflitto per l’Europa. Quello che succede adesso, come dicono tutti i dirigenti europei quando glielo chiedono, è una questione interna. Non attraversa la frontiera.
E quindi? Cosa dovrebbe succedere perché diventi conflitto per l’Europa?
Una di queste due cose: in primo posto, il Presidente Mas dovrebbe chiedere formalmente a Rajoy di fare la consultazione. Se lui dice di no, la Generalitat dovrebbe chiedere aiuto all’Europa. La palla attraversarebbe la frontiera e allora sì che sarebbe un conflitto per l’Europa.
 
E la seconda cosa?
Fare delle elezioni plebiscitarie con un punto che sostenesse la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Si vincono i partiti che vogliono questa dichiarazione, l’Europa potrebbe considerare il caso della Catalogna un caso vero. Nel frattempo, tutto quello che si fa tramite il popolo catalano sarà benvenuto. Ma la politica comanda. Il problema è che non so se si stanno facendo tutti i passi corretti con l’Europa perché un giorno ci sia conflitto…
 
Che cosa pensi che si dovrebbe fare?
È da molto tempo che si dovrebbe parlare con la Germania. Riunioni di alto livello, voglio dire. Non penso che sia così chiaro che, dato il caso, la Germania si metta contro la indipendenza della Catalogna. Sembre impossibile vero? Oggigiorno i tedeschi farebbero di tutto perchè non ci fosse la indipendenza della Catalogna. Perché sanno che la Spagna senza la Catalogna non sarebbe un granché. Ma i tedeschi sono molto pragmatici, e arrivato il momento…
Arrivato il momento si metterebbero a favore della Catalogna?
-          Se non si lavora per quello, allora no.
 

 
Anna Figuera Raich

Cronista. Analista politica della televisione pubblica catalana TV3 e professoressa di giornalismo politico a Blanquerna – Facoltà di Scienze della comunicazione, Università Ramon Llull, Barcellona.

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venerdì 16 agosto 2013

Il CCN afferma che il caso Bárcenas dimostra che in Spagna si arricchiscono pochi imprenditori con l'aiuto di politici corrotti



Il Cercle segnala che il modello spagnolo è un peso e che la Catalogna dovrebbe essere costruita su norme per prevenire la corruzione e l'arricchimento di pochi.


Barcellona. Il Cercle Català de Negocis (CCN) considera che il caso Bárcenas e le "ridicole giustificazioni" che ha presentato oggi il presidente spagnolo in Senato certificano ciò che l'associazione dei datori di lavoro dice da cinque anni, cioè che lo Stato "è controllato da una oligarchia di aziende che vivono di concessioni ufficiali [quello che il CCN chiama "società del BOE"], che si arricchiscono sulla base di contratti di investimento inutili che sono stati ottenuti per mano dei politici corrotti”.


"Mentre pochi si riempiono le tasche" dicono dal CCN, "la Spagna affonda, i pensionati si impoveriscono, le piccole e medie aziende chiudono e ai funzionari vengono ribassati i salari". Il CCN afferma "abbiamo perso una generazione". Per evitare di perderne un’altra, proporre ai catalani - società civile e classe politica - di "andare a costruire un nuovo paese". Tuttavia, avvertono che il nuovo paese "dovrebbe avere una legislazione per prevenire la corruzione e anche un' altra attività per promuovere la rete comerciale catalana". Anche in questo caso ricordate che il 99,6% delle imprese catalane sono piccole e medie che hanno bisogno di una propria legislazione e di politiche proprie, che non hanno niente a che vedere con le opportunità offerte dal modello economico spagnolo, concentrato essenzialmente su grandi imprese che crescono all'ombra dell’amministazione pubblica.


Pertanto, il Cercle appella ai datori di lavoro e alla società in generale, riversarsi sulle strade il 11 settembre e fare della Via Catalana un successo di partecipazione. "E dobbiamo farlo insieme e con lo stesso messaggio, per rafforzare l'immagine che la Catalogna è una nazione unita su un unico obiettivo: raggiungere la piena libertà come popolo sovrano". Infine, il Cercle raccomanda di leggere lo studio Dove se dirige la Spagna dove, con i dati alla mano, si vede la non viabilità economica spagnola che contrasta con le capacità economiche della Catalogna Stato.


Potete vedere la informazione (in catalano) nel link:
 http://www.ccncat.cat/sites/default/files/130402Capaons'encaminaEspanya.pdf


Per ulteriori informazioni
Comunicació CCN:
Albert Riera. Telf. 661 108 175 albert@nautilus.cat
Andreu Mas. Telf. 677 225 051 andreu@nautilus.cat


Seguici su: www.ccncat.cat  @CCatalaNegocis www.facebook.com/CCatalaNegocis

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lunedì 12 agosto 2013

I fischi e la maleducazione


"Le espressioni di rifiuto spontanee che sorgono negli eventi “apolitici” dove c’è un miscuglio di gente di ogni tipo, credo dimostrino fino a che punto la centralità, la realtà maggioritaria, è l’indipendentismo"


Ogni volta che la Sig.ra Camacho & Co. parlano della Catalogna reale, quella che non è interessata ai dibattiti sovranisti, nè ai calcoli su chi riceve e chi dà cosa, nè alle battagliette identitarie inventate per rompere la convivenza e separare la società catalana, ogni volta che parlano della Catalogna reale che dicono di rappresentare, oltre a ricordare loro in che modo sono ripartiti i seggi (del parlamento catalano), dovremmo farli vedere tutta la collezione di filmati esistenti sulle “fischiate” all’inno, alla bandiera ed al Re.

Negli eventi organizzati dagli indipendentisti è normale che ci siano indipendentisti, ma le espressioni di rifiuto spontanee che sorgono negli eventi "apolitici" dove c’è un miscuglio di gente di ogni tipo, credo dimostrino fino a che punto la centralità, la realtà maggioritaria, è l’indipendentismo.

Antoni Bassas ha pubblicato un articolo sul giornale Ara che dice che fischiare l’inno spagnolo è maleducazione perchè la democrazia si basa sul rispetto dell’altro e perchè quello che non vuoi per te non devi volerlo per nessuno. Quando un catalano parla di buona educazione inizio a tremare. Con tutto quello che abbiamo permesso che ci venga fatto in nome della buona educazione! In nome del rispetto agli altri spesso abbiamo perso il rispetto per noi stessi, ed un chiaro esempio di questo è l’abitudine diffusa di passare al castigliano con i castigliano-parlanti perchè è maleducato mantenere il catalano.

Direi che Antoni Bassas confonde il disprezzo con la protesta. Francamente, è semplice da capire che tutte le volte che durante un evento massivo si fischia l’inno spagnolo non si sta disprezzando il simbolo nè i sentimenti che rappresenta, ma si sta protestando contro la imposizione di questo simbolo. Ci disturba terribilmente che ci costringano, perchè siamo adulti e perchè vogliamo essere liberi. Per lo stesso motivo per cui siamo tanti i catalani che non tifiamo la selezione spagnola. Non perchè sia spagnola ma perchè le federazioni sportive spagnole si danno molto da fare per non permettere il riconoscimento delle federazioni catalane. A Gerard Piqué che non capisce che un catalano possa mettersi contro la selezione spagnola dico che a me non entra in testa che lui non lo capisca.

Spero, e direi che sarà così, che il giorno in cui la Catalogna sarà indipendente saremo capaci di mandar giù tutta l’amarezza accumulata e di trattare i simboli spagnoli con lo stesso rispetto con cui trattiamo i simboli degli altri paesi del mondo. Nel frattempo, dobbiamo sfruttare tutte le strade pacifiche di cui disponiamo per esprimere il nostro rifiuto ad uno stato che crede che siamo di sua proprietà e che ci tratta come tali. E non è maleducazione. E’ fare "ai" quando qualcuno ti picchia.
 



 
Astrid Bierge – El Singular Digital

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giovedì 8 agosto 2013

Lo Stato come strumento dei cittadini

Come democratica e anche, come repubblicana, concepisco le istituzioni politiche come uno strumento per garantire i diritti e gli interessi dei cittadini. Pura e semplicemente, uno stato –o qualsiasi altro livello di amministrazione- ha un senso nella misura in cui i cittadini percepiscono che esso è utile per loro. Oppure, ed è la stessa cosa, una istituzione politica deve modificarse profondamente se i cittadini hanno la convinzione che, nella forma attuale, non serve più.

La Catalogna ha il diritto di convocare un referendum d’indipendenza non perchè qualcuno si sia inventato questo diritto, nè perchè sia spuntata dal nulla una nazione, ma perchè i cittadini hanno tutto il diritto, in Catalogna e nel resto del mondo, di decidere la forma che devono assumere le proprie istituzioni. Tra le altre cose, perchè sono i cittadini a dotarsi di istituzioni per gorvernarsi. Malgrado pesi a qualcuno, le istituzioni non emanano da nessun diritto divino...

Nel caso catalano, la disparità di vedute tra la Catalogna e lo Stato spagnolo su aspetti fondamentali della società si è evidenziato negli ultimi anni. E sempre con più intensità. La lista dei conflitti politici tra lo Stato spagnolo e la Catalogna è lunga, ma vale la pena sottolinearne qualcuno per farci un’idea della loro portata. In primo luogo, malgrado un vastissimo spettro della società –che include tutte le associazioni imprenditoriali e tutti i sindacati, ed anche quasi tutti i partiti politici- rivendichino da decenni la costruzione di un corridoio ferroviario di merci che colleghi con alta velocità la costa mediterranea con il nord Europa, i successivi governi spagnoli si sono rifiutati di investire su di esso. E così, un’infrastruttura che la società catalana considerava essenziale per lo sviluppo economico e sociale della costa mediterranea, è stato disprezzato dallo Stato spagnolo persistentemente e senza argomentazioni economiche.

E’ inoltre risaputo che l’80% del Parlamento della Catalogna sostiene il sistema d’immersione linguistica in catalano e, malgrado la Catalogna abbia competenze proprie in istruzione, lo Stato spagnolo da anni sta cercando di far crollare il sistema per via giudiziaria. Eppure la immersione linguistica garantisce che gli alunni catalani padroneggino il catalano ed il castigliano alla fine del periodo scolastico obbligatorio e, di fatto, ciò permette che gli alunni catalani ottengano voti in lingua castigliana molto al di sopra della media spagnola. In ogni caso, il sistema d’istruzione difeso massivamente dalla società catalana è attaccato permanentemente dalle istituzioni spagnole.

Finalmente, sul rapporto fiscale tra la Catalogna e lo Stato spagnolo, mentre la maggioranza di catalani considera che il contributo netto allo Stato sia eccessivo (8,5% del PIL, cioè, 16,500 Miliardi di euro annui), e senza paragone in altre regioni europee, lo Stato spagnolo si mostra inflessibile alla revisione del sistema di finanziamento catalano.

Di fronte alle profonde discrepanze politiche, e alla percezione che lo Stato spagnolo non rappresenta i catalani nè difende i suoi interessi,  i cittadini hanno il diritto di potersi dare un altro stato che sia utile per loro.




Marta Rovira

Segretaria generale del partito Esquerra Republicana (Sinistra Republicana)

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mercoledì 7 agosto 2013

Uno Stato (Spagna) al servizio di un club (il Real Madrid)

Come premessa di questo articolo vorrei puntualizzare una cosa: non difendo nessuno che infranga la legge. Io credo che chi la fa, la paga. Però come attaccare il FC Barcelona è una delle strategie che più piacere offre alla caverna mediatica spagnola e in questi giorni con il tema di Messi il giornalismo madrileno-spagnolo ha potuto godere alla grande, mi piacerebbe commentare alcuni casi che hanno avuto la squadra della capitale spagnola come protagonista:

1-Lo Stato spagnolo ha approvato la legge 35/2006 che riduceva considerevolmente il % di tassazione di un lavoratore straniero  in IRPEF dal 43% al 24% durante i primi 5 anni di residenza in Spagna con l’obiettivo di attirare lavoratori stranieri qualificati.  Il fatto che coincidesse con l’arrivo di Beckham al R. Madrid, nel fatto che sia il club che il calciatore ne potessero beneficiare di una forma diretta della legge, è stato il fatto che l’hanno fatta conoscere come “Legge Beckham“. Può essere una coincidenza l’entrata in vigore della legge con la firma del contratto di Beckham?

2- Il giornalista Carles Torras ha appena pubblicato un libro (La historia oculta del Real Madrid contada por un culé, Temas de Hoy, 2013- “la storia nascosta del Real Madrid raccontata da un tifoso del Barça, Temi di Oggi, 2013”) documentando come tutto il circolo  di amicizie e influenze politiche che hanno portato il R. Madrid ad essere conosciuto come la "squadra del governo".


3-D’altra parte, sorprende come i diversi “affari” polemici, tra i quali  alcuno di corruzione urbanistica, relazionati con il  R. Madrid (l“angolo” del Bernabeu –dove ciò che doveva essere un centro sociale è finito essendo un centro commerciale-, la “città sportiva” – nella quale il Comune di Madrid nel 2011 ha pagato 22 milioni di euro per dei terreni che erano stati tassati nel  1998 in 488.000 euro) siano stati nascosti. Non ho sentito all’epoca e non ho sentito ora nessuno che esca difendendo la finanza pubblica ne la giustizia per questi casi nella forma che abbiamo visto in questi giorni nel caso Messi. In cambio, ci troviamo come il FC Barcelona non ha avuto nessun tratto di favore speciale da parte dello Stato.

4-Questo sospetto di tratto di favore verso il club bianco ci viene alla memoria nei giorni attuali, con i dubbi e i rumori su quanto succederà con la rinnovazione del giocatore Cristiano Ronaldo nel 2015, anno nel quale gli terminerà il contratto vigente per tanto il nuovo si dovrebbe reggere sulla legge riformata nel 2010 e che porterebbe al 43% la sua imposizione. Non lascia di essere un contrasto che Messi sia sulla bocca di tutti per frode fiscale e Cristiano Ronaldo e il R. Madrid non stiano sulla bocca di tutti per un possibile tratto di favore. Si dovrà seguire da vicino.

5-La selezione spagnola vince un Mondiale in Sud Africa nel 2010. Il “premio” per questo esito si pagò in Sud Africa, scappando alla legge della Finanza Spagnola. Ciò non ha preoccupato molto, se lo paragoniamo con il caso Messi. E sono molti milioni di euro.


Bisogna ricordare alcune cose “atipiche” referenti alla storia del FC Barcelona:

a-durante il già lontano 1973, in pieno franchismo, in contrasto con queste facilità verso il R. Madrid, si dovette vincere la resistenza della Direzione Generale delle Transazioni Esteriori (credo ricordare che era questo l’organismo) che si negava ad autorizzare il pagamento all'Ajax di Amsterdam delle divise per la firma di Johan Cruyff per il FC Barcelona.

b-all’ancora più lontano 1972, il FC Barcelona si vide pregiudicato per una legislazione sottomessa all’arbitraggio federativo che beneficiava il R. Madrid e altre squadre (e pregiudicava per la sua applicazione arbitraria il FC Barcelona) nel momento di contrattare i famosi “oriünds” di Sud America (si ricorderanno di“Milonguita” Heredia?)

c-che dire, dell’”affaire” Di Stefano, a metà degli anni 50, un giocatore contrattato legalmente dal FC Barcelona, e che è stato passato manu militari (mai detto meglio) al Real Madrid, intervenzionismo incluso del mitico eroe del Alcazar, il Generale Moscardó.

d- o che cosa dire di José Plaza (Presidente del Comitato degli Arbitri dal 1965 al 1989, artefice che, mentre fermò in solitario la designazione degli arbitri, il FC Barcelona non ha vinto un solo campionato).

e-Il FC Barcelona ha avuto la scheda di organizzazione sovversiva aperta alla Polizia durante decenni. Addirittura soffrì la chiusura durante 6 mesi dello stadio per aver fischiato l’inno spagnolo.

f- è saputo che il Presidente della Catalogna  Lluís Companys fu fucilato da Franco, però è anche verità e non di tanta notorietà pubblica che il Presidente del FC Barcelona durante la Guerra Civile, Josep Sunyol, anche fu assassinato dalle truppe fasciste.
Josep Sunyol i Garriga, Presidente del F.C. Barcelona, fucilato dalla truppe fasciste spagnola


Il R. Madrid ha una complicità tanto degli alti livelli -Rubalcaba, Rajoy, e Wert tra altri oggi, come ieri Inocencio Arias, Saporta e altri-, come del sottogoverno per le sue  calunnie, non per niente il Bernabeu ha avuto il principale Appalto di opera pubblica d’Europa. È l'uso dello Stato per finalità spurie. Il capitalismo di amici. Il modello Cibeles. Una cultura aziendale radicata nell'ambiente di interventismo economico, i favori agli amici e della quale il Real Madrid si ha beneficiato a proprio nome utilizzando le strutture dello Stato, ed è ad anni luce dalla catalana così come ben dice in uno dei suoi libri Sanuy Francisco, e che solo questo, già giustifica che abbiamo intrapreso il camino verso l’indipendenza e uno Stato proprio per i catalani.
A Madrid hanno  molto chiaro che ci devono attaccare via terra, mare e aria, e lo fanno. Tutto gli vale. E il Barça è una parte fondamentale, loro lo sanno. Con il caso Messi ci hanno messi nella situazione di rinnegarlo o di metterci dalla parte di un presunto colpevole. Hanno dimenticato la presunzione di innocenza. E' una tattica intelligente, che loro possono utilizzare attraverso il loro sistema statale. E Io utilizzano a fondo. La settimana del caso Messi, come abbiamo visto in altri casi, negli ultimi mesi, loro hanno visto l'opportunità di sfruttare l'immagine della Catalogna siciliana, un enorme Corleone, che vogliono diffondere a Madrid. Quando onestamente, l’aspetto di Corleone è più dalla parte della capitale dello stato.



Àlex Furest, Economista.

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Spagnolo

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lunedì 5 agosto 2013

Collo di bottiglia

La Camera di Commercio di Barcellona ha denunciato ieri che il governo spagnolo deve alla Generalitat 4 miliardi in infrastrutture, secondo la disposizione addizionale terza dello Statuto di Autonomia. Questa disposizione fu uno dei grandi accordi della trattativa con il presidente José Luis Rodríguez Zapatero, ma lo Stato non l’ha mai rispettata. Si trattava di garantire che il governo spagnolo investisse ogni anno in infrastrutture l’equivalente dell’apporto del PIL catalano al PIL spagnolo,per cinque anni.

Uno dei problemi degli accordi con i partiti spagnoli è precisamente questo, che tutto diventa carta straccia e che gli accordi sono relativi ed interpretabili. Non è mai stato rispettato interamente un solo accordo di finanziamento. Questa è una delle cause del fallimento dello Stato delle autonomie. Ed è anche una delle prove che questo caos colpisce direttamente la cittadinanza. Se lo Stato spagnolo ha smesso di investire 4 miliardi in infrastrutture nella Catalogna, certamente come dice la Camera, ciò suppone un collo di bottiglia che pesa sull’economia.



Opinione – El Singular Digital - Editoriale 18/07/2013

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domenica 4 agosto 2013

La Spagna ha soldi sufficienti per pagare le vacanze al personale dell’esercito


Il Governo spagnolo continua aumentando le tasse, ritagliando le inversioni per R+D, educazione, sanità ed ogni tipo di servizio sociale. La classe media soffre di più ogni giorno che passa. La povertà è un valore in ascesa. Nonostante questo la Spagna ha soldi sufficienti per pagare le vacanze al personale dell’esercito.
Il deputato Pere Aragonés, membro d’Esquerra Republicana de Catalunya (sinistra repubblicana catalana) (ERC), ha denunciato che 219.680,31 euro provenienti dal tesoro pubblico e dalle tasse pagate dai cittadini saranno utilizzati per pagare le residenze delle vacanze estive dell’esercito, perché si rilassi e sia pronto nel caso sia necessario un intervento in Catalunya! Questo non e nient’altro che l’ennesimo esempio del pessimo uso delle tasse pagate dai cittadini che sta portando la Spagna alla bancarotta.

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sabato 3 agosto 2013

Di sangue e oro, il popolo catalano vuole l’indipendenza

 

Qui, in Catalogna, il popolo catalano vuole l’indipendenza. Una maggioranza politica, che attraversa la sinistra, la destra, il centro, che raduna i giovani ed i vecchi, gli intellettuali e gli operai, le donne e gli uomini, si è creata con i colori del sangue e dell’oro. Il paese catalano è attraversato da segni che non ingannano più lo straniero ed il curioso.

Il Barça, emblema della Catalogna, a scelto per la stagione 2013-2014 le maglie con i colori della “senyera”, la bandiera catalana. Oro e sangue. Come se fosse ormai certo che il referendum di autodeterminazione avrà luogo immancabilmente nel 2014.


L’altro sabato, il Camp Nou del Barça era strapieno. 90’000 persone riunite per cantare il loro desiderio d’indipendenza. Un popolo unito in quello stadio mitico per vibrare non per le performance di Messi o di Xavi, ma per rivendicare alto e forte la propria volontà di libertà politica. Un concerto per la libertà (Concert per la Llibertat) – Freedom 2014 Catalonia potevamo leggere in inglese sugli spalti del Camp Nou.

Nel 1924, Gaudi, l’anima dell’architettura di Barcellona, fu arrestato in mezzo alla strada nel centro città, semplicemente perché camminando parlava in catalano. Oggi una psicoterapeuta di Platja d’Aro di fronte a una paziente osa dire : « la gente è pronta per l’indipendenza. Ne hanno le tasche piene. Non vogliono più seguire le direttive di Madrid che vuole ridurre l’insegnamento in lingua catalana. Non lo sopportano più. Soprattutto i giovani». In alcune classi, Madrid prevede, che basti che un solo alunno chieda l’insegnamento in castigliano per far cambiare ed imporre l’abbandono del catalano a tutto il resto della classe. Orbene, questa lingua catalana, come nessun’altra, è così intimamente amata dagli uomini e donne di qui che il fatto di toccarla viene vissuto come un atto quasi sacrilego.

Il governo conservatore di Mariano Rajoy, come ha scritto Le Figaro il primo luglio 2013, «frena con tutte le sue forze un’iniziativa che giudica contraria alla Costituzione». Ma i due grandi partiti nazionalisti della Catalogna si sono impegnati davanti ai loro elettori a organizzare questo scrutinio sull’autodeterminazione, e in definitiva sull’indipendenza.


I Catalani sono convinti anche di essere le vacche da mungere del paese. Loro anticipano il costo dell’utilizzo delle autostrade, per esempio tra Girona e Barcellona, e lo confrontano con i percorsi gratuiti del resto della Spagna. Si intuisce, nessuno vuole soffermarsi troppo sulle cifre reali, che la questione fiscale, finanziaria ed economica guida anche i passi della maggioranza della Catalogna.

Quando, nel 2010, la Spagna diventò campione del mondo di calcio in Sudafrica, nel paese di Mandela, Xavi Hernandez indossò una bandiera catalana e non spagnola per fare il giro d’onore al fianco di Andrés Iniesta. Attorno a una paella marinara o una grigliata, i tifosi catalani, mentre bevono la loro birra, non ne vanno fieri del fatto che sette giocatori del Barça su undici erano titolari di quella fantastica squadra di calcio che ha dominato negli ultimi anni.

Gli uomini di cultura, guidati da
Lluís Llach, sostengono questo fervore. Alcuni si sono impegnati nella formazione politica Esquerra Republicana de Catalunya.

 Il movimento è irreversibile.

« In, in-de, In-de-pen-dèn-cia ! », ecco il grido di battaglia di tutti i Catalani.

Il punto finale del concerto fu messo con la canzone
«Tossudament alçats » (ostinatamente alzati) e le grida in favore dell’indipendenza. Un enorme boato in forma di messaggio politico indirizzato a Madrid.
 


 

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venerdì 2 agosto 2013

La Spagna del Riscatto Bancario


Ogni giorno la sento più distante, la Spagna retrograda, irrazionale ed ingiusta, che non solo ha bisogno di un “riscatto” bancario. La mia disaffezione supera perfino la rabbia per tutte le TAV che non portano da nessuna parte, per gli aeroporti che non sono necessari, o per i pedaggi ingiusti che paghiamo non solo in autostrada. “La cosa” està prendendo delle “tinte” personali.


Alcuni anni fa ho deciso di prescindere dalla nazionalità spagnola. Credo che per essere catalano non mi serva un passaporto spagnolo – quelli con i quali comunico, considerano anche che i loro passaporti sono “stranieri”. Io, semplicemente sono catalano (di adozione, si) con passaporto (e faccia) di tedesco – e qui non succede nulla. Credevo io... Fino a quando mi è scaduto il ‘permesso di residenza’ e l’ho voluta cambiare con il nuovo ‘certificato di numero d’identificazione di stranieri’ (NIE), questo documento, il cui nome ricorda regimi appartenenti al passato, si richiede direttamente presso la Polizia Nazionale – ‘di persona’ e soltanto al commissariato di Girona capitale. Ci sono andato preparato, con tutta la documentazione che ero stato capace di cercare in Internet e che non avevo potuto verificare con una chiamata precedente, visto che le segreterie automatiche dei telefoni che aiutano gli utenti, senza distinzione tra i ‘comunitari’ e quelli del resto del mondo, sono la miglior prova del disprezzo che l’amministrazione spagnola sente verso gli esseri umani.


Dopo aver comprovato che gli immigranti illegali sono ricevuti con tutte le dovute attenzioni umane e sanitarie solo davanti alle camere televisive, sono arrivato al primo piano, quello dei comunitari, dove sono stato “atteso” da una funzionaria che ancora deve imparare che riceve lo stipendio per prestare un servizio alla cittadinanza. Mi ha obbligato a parlare in castigliano affermando che mi trobavo in “territorio spagnolo”. Siccome volevo soltanto sbrigare la pratica (e non cercare “casini”), ho cominciato a tirar fuori delle carte. Lei, indifferente. “Vuole che le dica cosa deve portare?” è stata la sua risposta. “E’ uscita una nuova legge e quello che dice la pagina web è obsoleto da tre settimane ed io non ne ho colpa, nè di questo, nè dal fatto che non funzionino i telefoni di attenzione al pubblico”, proferì. Addirittura smise di rivolgersi a me per parlare con una collega che si trovava dall’altra parte della stanza, ovviamente senza alzarsi dalla sedia. In pieno secolo XXI non può essere consentito un tratto così vessatorio da parte di un’impiegata dello stato, nè perdere il tempo e fare chilometri perchè detto stato è incapace di attualizzare i propri siti web, nè di organizzare, come Dio ed i tempi che corrono comandano, i servizi che è obbligato a dare. Adesso vivrò in Catalogna come un profugo indocumentato, e vediamo cosa succede...

Thomas Spieker, giornalista

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