Come democratica
e anche, come repubblicana, concepisco le istituzioni politiche come uno
strumento per garantire i diritti e gli interessi dei cittadini. Pura e
semplicemente, uno stato –o qualsiasi altro livello di amministrazione- ha un
senso nella misura in cui i cittadini percepiscono che esso è utile per loro. Oppure,
ed è la stessa cosa, una istituzione politica deve modificarse profondamente se
i cittadini hanno la convinzione che, nella forma attuale, non serve più.
La Catalogna ha
il diritto di convocare un referendum d’indipendenza non perchè qualcuno si sia
inventato questo diritto, nè perchè sia spuntata dal nulla una nazione, ma
perchè i cittadini hanno tutto il diritto, in Catalogna e nel resto del mondo, di
decidere la forma che devono assumere le proprie istituzioni. Tra le altre cose,
perchè sono i cittadini a dotarsi di istituzioni per gorvernarsi. Malgrado pesi
a qualcuno, le istituzioni non emanano da nessun diritto divino...
Nel caso catalano,
la disparità di vedute tra la Catalogna e lo Stato spagnolo su aspetti fondamentali
della società si è evidenziato negli ultimi anni. E sempre con più intensità.
La lista dei conflitti politici tra lo Stato spagnolo e la Catalogna è lunga, ma
vale la pena sottolinearne qualcuno per farci un’idea della loro portata. In
primo luogo, malgrado un vastissimo spettro della società –che include tutte le
associazioni imprenditoriali e tutti i sindacati, ed anche quasi tutti i
partiti politici- rivendichino da decenni la costruzione di un corridoio
ferroviario di merci che colleghi con alta velocità la costa mediterranea con
il nord Europa, i successivi governi spagnoli si sono rifiutati di investire su
di esso. E così, un’infrastruttura che la società catalana considerava essenziale
per lo sviluppo economico e sociale della costa mediterranea, è stato disprezzato
dallo Stato spagnolo persistentemente e senza argomentazioni economiche.
E’ inoltre
risaputo che l’80% del Parlamento della Catalogna sostiene il sistema d’immersione
linguistica in catalano e, malgrado la Catalogna abbia competenze proprie in
istruzione, lo Stato spagnolo da anni sta cercando di far crollare il sistema
per via giudiziaria. Eppure la immersione linguistica garantisce che gli alunni
catalani padroneggino il catalano ed il castigliano alla fine del periodo
scolastico obbligatorio e, di fatto, ciò permette che gli alunni catalani
ottengano voti in lingua castigliana molto al di sopra della media spagnola. In
ogni caso, il sistema d’istruzione difeso massivamente dalla società catalana è
attaccato permanentemente dalle istituzioni spagnole.
Finalmente, sul
rapporto fiscale tra la Catalogna e lo Stato spagnolo, mentre la maggioranza di
catalani considera che il contributo netto allo Stato sia eccessivo (8,5% del
PIL, cioè, 16,500 Miliardi di euro annui), e senza paragone in altre regioni
europee, lo Stato spagnolo si mostra inflessibile alla revisione del sistema di
finanziamento catalano.
Di fronte alle
profonde discrepanze politiche, e alla percezione che lo Stato spagnolo non
rappresenta i catalani nè difende i suoi interessi, i cittadini hanno il diritto di potersi dare
un altro stato che sia utile per loro.
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