sabato 30 marzo 2013

Una foto sui Castelli Umani, terzo premio ai prestigiosi IPA Awards

La foto di David Oliete della sua “pinya” (letteralmente “combriccola”, la base del castello umano) della Compagnia dei “Xiquets de Valls” ha vinto il terzo premio in una delle categorie dei prestigiosi premi Ipa americani, resi pubblici in questi giorni. "Ho sempre pensato che i Castelli Umani trasmettano moltissime cose, e non solo a livello culturale, ma anche a livello di sentimenti , di emozioni…, e che dobbiamo abituarci al fatto che siano un patrimonio nostro che funziona in tutto il mondo, su grande scala” dice.
La foto, premiata con il terzo premio della categoria One Shot-Spaces è stata scattata  durante il Concorso di Castelli Umani a Tarragona, da una passerella della Piazza dell’Arena Tarraco. "Ti assegnavano un tema, ‘lo spazio’ in questo caso, e potevi presentare solo una singola fotografia" spiega. Ora, l’insieme delle immagini premiate con gli Ipa Awards saranno esposte in Aprile a Los Angeles, mentre l’inaugurazione della mostra avrà luogo il 30 marzo.
"Sono molto contento, mai mi sarei potuto immaginare di vincere una Ipa. E sono anche contento per l'argomento premiato, perché ho potuto portare la cultura catalana molto lontano da qui", sottolinea. Oliete, infatti, aveva già portato i Castelli Umani al Seul International Extreme-Short Film Festival, con il documentario “Som Castells” (“Siamo Castelli”), dove è arrivato ad essere finalista nella sezione ufficiale. "È stato molto gratificante portare i Castelli Umani in Corea, gli stranieri impazziscono quando li vedono. Magari li esportassimo in tutto il mondo!”.

Il fotografo David Oliete porta la tradizione catalana a questo evento mondiale. "Dobbiamo abituarci all’idea che i castelli siano un patrimonio catalano che funziona ovunque", spiega.
*Fotografia di David Oliete premiata agli International Photography Awards.
Foto: David Oliete.



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venerdì 29 marzo 2013

Non piangero' per te, mia cara compagnia aerea




Economía Digital ha chiesto la mia opinione sulla prossima ristrutturazione della compagnia aerea IBERIA. Ibera rischia fortemente di scomparire a causa della gestione passata e delle sue politiche strategiche mai evolute col tempo. Un'impresa che nacque e crebbe sotto la protezione dello Stato militare e dittatoriale con la predominanza delle ragioni geopolitiche rispetto a quelle economiche, caratteristica che l'ha spinta in un vicolo cieco.
Riassumiamo la sua storia. Fu fondata nel 1927 dall'impresario basco Echevarrieta e promossa da Primo de Rivera come monopolio del trasporto aereo spagnolo. Nel 1929 fu costretta a cedere le proprie rotte e vettori alla nuova nata CLASSA, secondo gli ordini del Governo Militare, per formare un monopolio su una sola compagnia. Durante la Seconda Repubblica Spagnola, CLASSA fu sciolta e fu invece fondata la compagnia LAPE. Durante questi anni invece Iberia seguito ad esistere ma senza alcuna attivit
à reale. Nel 1937, durante la Guerra Civile, Iberia fu riabilitata e diventò la compagnia aerea delle truppe nazionaliste con sede a Salamanca e aderì al collettivismo di tipo mussoliniano dell'INI. Arriva poi la transizione e, come ulteriore manifestazione della debolezza del processo, i vari governi attivano, tardivamente e contro gli interessi generali, la privatizzazione necessaria per l'integrazione nella Comunità Europea. In generale in Spagna tutti i partiti, che siano stati UCD, PSOE o il PP, hanno privatizzato centralizzando e concentrando tutto il potere a Madrid e cedendo tutti i tesori della corona ad una ristretta cerchia oligarchica.
In questo contesto, durante l'inizio degli anni '90, i dirigenti dell'Istituto Nazionale dell'Industria (INI), avente la maggioranza del capitale sociale di Iberia, seguirono una strategia di espansione verso il mercato sudamericano, preparandosi per la liberalizzazione del traffico aereo interno all'Unione Europea. Il risultato di questa strategia di colonizzazione dell'America del Sud fu un disastro. Le perdite di Iberia furono ingenti e l'INI, finanziato dal Governo spagnolo, fu costretto a ben due aumenti di capitale.
L'anno 2001 ha marcato un confine nella storia della compagnia. Nel mese di aprile, con la sua quotazione in Borsa, Iberia completava il suo processo di privatizzazione. Cominci
ò a far parte dell'alleanza "Oneworld", insieme alle aerolinee British Airways, America Airlines ed altre minori, e fu quotata nel listino IBEX 35 fino alla fusione del 2011. La nuova holding risultante, chiamata International Airlines Group (IAG) è la stessa che oggi impone, per la prima volta in 85 anni, una ristrutturazione economica che secondo alcuni esperti porterà Iberia alla dissoluzione.
Come utente quasi obbligato di Iberia, vi giuro che
"non piangerò per te, mia cara compagnia aerea". Un'azienda nata e cresciuta dallo Stato e che sistematicamente ha unito l'inefficienza ai pregiudizi politici, è un dinosauro che non può più evolversi. La compagnia, sotto la protezione dell'AENA (o è AENA stessa a vivere sotto la protezione di Iberia?), ha dimostrato più volte la sua predilezione per l'aeroporto di Madrid a scapito di quello di Barcellona. Iberia, insieme con l'AENA, ha tentato di nascondere l'evidenza di questo pregiudizio, finché AENA stessa non ha divulgato i dati disaggregati dei ricavi e perdite per ogni aeroporto della propria rete. Iberia ha scelto di abbandonare completamente l'aeroporto di Barcellona, retrocedendolo a scalo secondario e HUB per compagnie aeree low-cost, sempre però conservando la propria presenza sul ponte aereo Barcellona-Madrid, il secondo più redditizio del mondo. Non vi domandate il perché di questa anomalia e che se non è strettamente legata alla dipendenza che ha Barcellona e la Catalogna verso Madrid, malgrado sia la regione più produttiva dello Stato? Ho vissuto direttamente i colpi bassi inferti dal duo Iberia/AENA quando si scoprì che, in almeno una dozzina di casi, AENA aveva autorizzato e indotto alcune compagnie internazionali ad effettuare i propri scali a Madrid, proibendo espressamente l'aeroporto El Prat di Barcellona. Posso citare il caso clamoroso della Singapur Airlines che aveva già da un paio di anni un accordo con Spanair per effettuare scalo a Barcellona sulla linea per San Paolo del Brasile. AENA lo proibì e lo slot fu invece concesso a Iberia. Anche la creazione dell'HUB di Miami fu occasione per Iberia/AENA per favorire l'aeroporto Barajas di Madrid, ostacolando in ogni modo l'instaurazione di linee dirette da Barcellona verso gli USA. L'unico risultato fu che tali linee restarono in mano alle compagnie statunitensi che, visto l'alto rendimento, in molti casi furono ben contente di raddoppiarne la frequenza. Potrei continuare con gli esempi ma non c'è spazio.
Riassumendo, mi dispiace per i problemi a cui potrebbero andare incontro migliaia di lavoratori, ma insisto che una compagnia aerea concepita come arma dell'oligarchia madilegna e non come strumento al servizio della comunit
à, si merita di essere cannibalizzata dai britannici. Il loro imperialismo, perlomeno visto dalla Catalogna, risulta più pragmatico ed economicamente efficiente.

Articolo di Josep Huguet Biosca,
@Josep_Huguet
Ex ministro del Governo della Catalogna (2004-2010),
Presidente della Fondazione Irla,
Ingegnere industriale.

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mercoledì 27 marzo 2013

Campagna d'unionisti che consiste in fotografare facciate di edifici che hanno una bandiera catalana


Un’associazione d’unionisti (CDY) ha iniziato una campagna che consiste in fotografare facciate di edifici catalani che hanno una bandiera catalana appesa sul balcone per poter fare una compilazione e metterla a disposizione delle forze dell’ordine come l’esercito spagnolo per quando “sia il momento”. La sua intenzione è quella di fare un catalogo digitale che serva a purificare le responsabilità in caso di necessità. 

Il presidente del CDY ha communicato l’inizio di questa campagna che, poiché si tratta di un “compito titanico” perchè vogliono anche attirare gli edifici pubblici e locali “richiede la collaborazione dei cittadini delle quattro province catalane. 

A suo parare vedono questa iniziativa come “necessaria perchè i tradittori di oggi non eludino il peso dell giustizia in un futuro” perchè la situazione attuale della Catalogna sarà “la scena di un conflitto civile, che costringerà al corpo e le forze della sicurezza di intervenire e mettere a posto le responsabilità. “Quando questo succeda” aggiunge il politico ed uomo di affari barcellonese, “l’Esercito, la polizia spagnola e la Guardia Civil devono conoscere in quali posti sono state messe le bandiere catalane come simbolo di sedizione, la traizione alla Spagna e l’alterazione dell’ordine costituzionale”. 

Il leader degli unionisti catalani chiede la collaborazione di tutti i cittadini “spagnolisti” della Catalogna. “Vogliamo che fotografino qualsiasi posto dove ci sia una “estelada”, anche comuni e locali publici, e che ce le mandino. Questo è un passo necessario perchè i traditori di oggi non eludino il peso della giustizia in un futuro”. 

“Quando questo accadi, che accadrà, i uomini e donne del CDY vogliamo essere in prima fila, collaborando con le forze dell’ordine per aiutare a inidividuare ogni elemento sedicioso ed anche in lavori di sorveglianza perchè non scappino alla Francia. Spagna deve sapere che può contare su di noi per qualsiasi cosa che ci chieda nel suo nome”. 

Gli attivisti han fatto alcune azione dove toglievano le bandiere catalane di edifici privati e pubblici. Secondo le dichiarazioni di uno degli attivisti, quando lo faccevano hanno dovuto affrontare i propietari degli edifizi dove c’erano le bandiere e ha detto: “Gli ho detto che uno spagnolo come io aveva più valore che un gruppo di ratti come loro e che dovevano affrontarmi uno a uno se avevano quello che hanno gli uomini”. Nessuno di loro lo ha affrontato. Le bandiere furono bruciate.
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martedì 26 marzo 2013

I catalani vogliono una Catalogna sovrana?


L’ultima ondata del "Baròmetre del Centre d'Estudis d'Opinió"* riscontra la percezione generale di una consolidazione del secessionismo. Un maggioranza più che assoluta. Rispondendo alla domanda di che cosa farebbero se domani ci fosse un referendum per l’indipendenza della Catalogna, il 54,7% voterebbe a favore, il 20,7% contro, il 17% si asterrebbe e, infine, il 5,4% ancora non lo sa o non risponde.

La risposta degli intervistati è evidente: l’indipendentismo sta consolidando la propria posizione. Questo è quanto indicano i sondaggi, soprattutto alla semplice domanda: "se domani ci fosse un referendum per decidere l’indipendenza della Catalogna, Lei come si comporterebbe?", ma anche ad altre domande come, ad esempio, cosa dovrebbe essere la Catalogna.

Secondo il "Baròmetre", il 46,4% degli intervistati vorrebbe chiaramente "uno stato indipendente", un risultato di due punti percentuali in più rispetto al precedente sondaggio, mentre il 22,4% accetterebbe di essere uno "stato all’interno di una Spagna federale". Una maggioranza assoluta e repressa, di fronte al 4,4% delle persone che vorrebbero essere solamente una regione spagnola e al 20,7% che preferirebbe, invece, continuare ad essere una Comunità Autonoma.
* Il "Centre d'Estudis d'Opinió" è un organismo della Generalitat de Catalunya, che si incarica dei sondaggi di tema politico/referendario. Sulle basi dei sondaggi pubblica quattro volte all’anno una relazione, chiamata "Baròmetre" (barometro), nella quale vengono analizzate le opinioni politiche dei catalani e i loro sviluppi.

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lunedì 25 marzo 2013

Nasce l'Agenzia Tributaria Catalana

Il Governo della Catalogna ed in particolare il suo Ministro dell'Economia, Andreu Mas-Colell, hanno cominciato a lavorare sulla nuova Agenzia Tributaria Catalana, che, come dichiara lo stesso titolare del dicastero, avrà l'obbiettivo di gestire gli "sforzi fiscali" della Catalogna e lottare contro l'evasione.
Per questo motivo, la Generalitat ha creato un Dipartimento delle Finanze per convertire l'Agenzia Tributaria Catalana nell'unico organo deputato alla gestione, liquidazione e raccolta di tutte le imposte generate nel territorio della Catalogna nonch
é nell'unico ente dotato di pieni poteri normativi sulla fiscalità, nonostante gli scarsi margini di manovra offerti dalla legislazione spagnola. Il ministro Mas-Colell è anche intenzionato a rafforzare l'organico dell'Agenzia Tributaria Catalana con personale in esubero proveniente da altri enti governativi.

Durante un'audizione al Parlamento, il ministro Mas-Colell ha spiegato che attualmente, pi
ù del 90% dei tributi riscossi in Catalogna sono gestiti dall'Agenzia Tributaria spagnola e che, per la creazione della nuova Agenzia Catalana, per la quale ancora non ci sono scadenze precise, il lavoro continua con "sforzi sempre più ingenti".


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domenica 24 marzo 2013

Il processo democrático che la Catalogna ha iniziato é minacciato


Il presidente del partito dell'oposizione al governo della Catalogna , Oriol Junqueras, ha messo in alerta che oggi il processo democrático che la Catalogna ha iniziato é minacciato. “ Non ci hanno minacciato tutta la vita, durante secoli ? C'é poca gente con molto potere che non vuole che questo funzioni ; e c'é molta gente con poco potere, peró con la forza democrática delle urne, che vuole che questo vada avanti, ha detto in un'intervista nel canale di tv 3/24. Per questo motivo pensa che non é per niente casuale che giusto in questo momento appariscono in pieno processo di transizione nazionale, dei casi di corruzione e spionaggio di anni indietro. “Vogliono diffondere la merda, ha evidenziato.



“ Come é possibile che adesso vengono fuori delle informazioni su investigazioni e accusazioni di tanti anni indietro. Perché adesso di un colpo? 

E ha aggiunto : “Non é piú possibile perdere il tempo in questa forma, cuando ci dobbiamo preoccupare delle ditte che soffrono e della gente che rimane senza lavoro.”

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giovedì 21 marzo 2013

“Il popolo catalano ha diritto a recuperare l’indipendenza attraverso un processo democratico, non c’è altra strada”


“Il popolo catalano ha diritto a recuperare l’indipendenza attraverso un processo democratico, non c’è altra strada”. In questi termini si esprime il presidente del Casal dels Paisos Catalans della Plata d’Argentina, Carles R. Capdevila, una delle trenta entità che hanno firmato il manifesto di supporto alla Dichiarazione di Sovranità del popolo della Catalogna e al processo di transizione nazionale. Nel documento, le comunità catalane del Sud America, del Messico, dell’America Centrale e dei Caraibi marcano come “obiettivo prioritario” del Governo e del Parlamento “la costruzione di una cornice legale” affinché si convochi una “consultazione vincolante con un quesito chiaro ed inequivoco, che conti sulla supervisione internazionale”. Il testo, firmato da una trentina di entità, fa un appello a collaborare attivamente al “processo di indipendenza” e alla campagna per “ampliare e consolidare la maggioranza sociale favorevole allo ‘Stato Proprio’”. “E’ il momento di arrivare a tutti gli angoli del Paese e del mondo”, evidenzia il documento, che scommette sulla convocazione di un referendum “non più tardi del 2014”. La dichiarazione constata il fallimento di “tutti i tentativi di inclusione e di trovare una forma di “incastro” politico tra la Catalogna e lo Stato Spagnolo, compresi i 30 anni di autonomismo” e sottolinea che la sentenza del Tribunal Constitucional sullo Statuto Catalano del 28 Giugno 2010 ha reso evidente che ci sono solo due strade possibili: “o scomparire come nazione o, al contrario, iniziare un processo di indipendenza” verso lo Stato proprio.
Inoltre, considerano che la manifestazione dell’Undici di Settembre del 2012 ha prodotto “l’inizio del termine del processo di indipendenza della Catalogna”. Il documento si fa anche eco della volontà di queste comunità catalane all’estero di “continuare a lavorare” alla diffusione dell’identità della “Catalogna come nazione”, presso i governi, le istituzioni e le entità delle rispettive comunità di accoglimento. In questo senso, il presidente del Casal dels Paisos Catalans de la Plata ha segnalato in alcune dichiarazioni l’importanza delle entità all’estero al momento di farsi portavoce della causa catalana. A Buenos Aires, ha detto a mo’ d’esempio, i giornali hanno fatto molta eco alla manifestazione dell’Undici di Settembre, però poi gli editoriali sui giornali si dicono contrari all’indipendenza catalana poiché “hanno una relazione molto diretta con l’ambasciata spagnola”, ha assicurato. E’ per questo che uno dei compiti del Casal dels Paisos Catalans de la Plata è fare un “lavoro da formica” e far conoscere il punto di vista catalano attraverso “comunicati, articoli, commenti, chiarimenti e contatti con giornalisti”, spiega Carles R. Capdevila.

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mercoledì 20 marzo 2013

La Spagna e' malata

Il malessere spagnolo potrebbe essere più profondo del baratro economico

All’inizio di questo mese, i vertici del potere giudiziario della Spagna hanno costretto alle dimissioni il Procuratore generale dello Stato in Catalogna. Non si tratta di un incarico elettivo, bensì di un funzionario pubblico nominato dalla capitale, tradizionalmente un non-catalano. L’ultimo che lo ha rivestito è stato licenziato sommariamente appena poche ore dopo aver affermato in un’intervista a un’agenzia di stampa che “al popolo deve essere data l’opportunità di esprimere la sua volontà”. Sembrerebbe una dichiarazione abbastanza innocua, ma si dà il caso che sia stata fatta nel contesto del dibattito sul diritto dei catalani a decidere sul loro futuro politico. Forse proprio per questo motivo il procuratore generale aveva subito precisato che intendeva “in generale, qualsiasi popolo”, dopo aver chiarito che non c’è in Spagna “un quadro legale che consenta un referendum per l’indipendenza”. Tutto chiaro e alla luce del sole, si direbbe. Eppure, la mera allusione implicita al fatto che forse dovrebbe essere trovato un modo per consentire ai catalani di dire la loro, ha trasformato ciò che era sostanzialmente un’ovvietà in un proclama incendiario, facendo cadere in disgrazia il procuratore. Questo è quanto, per quel che riguarda l’indipendenza della magistratura – per non parlare della libertà di manifestazione del pensiero.

Un mese prima, un generale in riserva dell’esercito spagnolo, durante una riunione formale di alti gradi dell’esercito, aveva parlato dell’ “offensiva separatista-secessionista in Catalogna”, esponendo le sue riflessioni sulla posizione che le forze armate avrebbero dovuto eventualmente assumere. “La Patria è più importante della democrazia”, aveva concluso, “il patriottismo è un sentimento, mentre la Costituzione non è nient’altro che una legge”. La platea aveva salutato con applausi ciò che facilmente potrebbe essere letto come un invito a trasgredire le leggi, o perfino come una giustificazione per un colpo di Stato militare. Come già accaduto con dichiarazioni simili effettuate da altri nel recente passato, anche quest’ultima non ha ricevuto risposte significative da parte della autorità civili.

Questi due eventi – e le reazioni ufficiali assai diverse che sono seguite – evidenziano difetti fondamentali nel funzionamento di uno stato democratico, e suggeriscono che i problemi della Spagna potrebbero andra ben oltre l’economia, che notoriamente versa in uno stato critico. In entrambi i casi, il detonatore è la Catalogna.

***
In Spagna oggi la situazione economica è disperata, e non c’è alcun vero progetto per il futuro che non passi per la persistente spoliazione di poche comunità produttive ad opera dello Stato centrale per garantire la propria sopravvivenza. Molti catalani credono che l’attuale modello politico minacci di rovinare la loro economia, spazzare via la loro cultura e in definitiva provocare la loro irrilevanza come nazione. Negli ultimi tempi la gente ha mostrato sempre meno inibizioni nell’esprimere il suo malcontento rispetto a questo stato di cose. Anche i rappresentanti politici sembrano aver abbandonato la loro linea politica tradizionale volta a evitare il confronto. In risposta a una diffusa domanda della popolazione, hanno proposto una nuova linea d’azione che potrebbe portare – se il popolo lo deciderà – a una separazione dalla Spagna. I catalani vorrebbero che questo fosse un processo negoziato, graduale, pacifico e pienamente democratico, e hanno offerto di discuterne le modalità con il governo spagnolo. Ma finora, tutte le aperture sono state respinte con sdegno. La linea ufficiale a Madrid resta che la legge, così com’è, dev’essere applicata in modo severo, e una stretta interpretazione della Costituzione del 1978 viene utilizzata per impedire, fra le altre cose, la possibilità di chiedere al popolo catalano la sua opinione in un referendum.

Nel frattempo, la rinnovata determinazione dei catalani ha risvegliato i peggiori istinti di uno Stato che si sente minacciato. Mentre da fuori cerca di mostrarsi imperturbabile, il governo spagnolo sta usando ogni stratagemma possibile per danneggiare l’amministrazione catalana e intimidire la popolazione. L’arma ormai familiare dell’asfissia finanziaria è ora accompagnata da un’offensiva politica e giudiziaria contro le istituzioni dell’autogoverno catalano e da una campagna di stampa mossa contro individui accuratamente selezionati. Inoltre, la destituzione d’autorità del procuratore mostra che il governo è determinato a mettere a tacere ogni espressione di dissenso anche all’interno dei suoi propri ranghi. Mentre una minaccia militare, vera o immaginaria, è mentenuta viva come parte di una strategia della paura.

Chi ha osservato dall’esterno gli ultimi sviluppi in Spagna si è generalmente concentrato sull’economia. Ma uno sguardo più approfondito alle strutture di sostegno politico dello Stato potrebbe rivelare che, anche nella sua incarnazione attuale di paese apparentemente democratico, la Spagna mantiene non poche delle abitudini autoritarie della dittaura da cui si è sviluppata. C’è qualcosa che davvero non va in un paese in cui l’appello di un generale alle forze armate affinché si pongano al di sopra della legge viene ignorato, mentre l’affermazione di un principio di democrazia tanto fondamentale come il diritto del popolo a esprimersi è punito come un atto di sedizione.
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Seat, nuovo episodio de la paranoia spagnola

Berlino.- Il presidente del Consiglio di Amministrazione della Seat e membro del Consiglio del gruppo Volkswagen a Wolfsburg (in Bassa Sassonia) ha dichiarato che stanno litigando per la scelta del nome dell nuova berlina che l'azienda, con sede a Martorell (Barcellona), sta per lanciare sul mercato a fine anno.
Francisco García Sanz scherzosamente detto che sono finiti i nomi di paesi e città”, riferendosi al fatto che storicamente i modelli della Seat portano nomi di città spagnole. Quando i membri catalani hanno osservato che non c'è ancora alcun modello che porta il nome di una città catalana, il manager ha risposto noi siamo spagnoli.
Francisco García Sanz ha rilasciato queste dichiarazioni durante una conferenza stampa tenutasi all'ambasciata spagnola di Berlino.
Anche questo episodio manifesta tutta la paranoia spagnola: non accettano i catalani come loro uguali ma non vogliono che se ne vadano se lo dovessero decidere, perché li detengono per diritto di conquista.

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lunedì 18 marzo 2013

Gli oneri della Catalogna causati della politica economica spagnola (al di là del deficit fiscale)


Il bilancio del 2013 sarà critico a causa della congiuntura economica e finanziaria della Catalogna e del resto della Zona Euro: per la Catalogna la situazione sarà ulteriormente peggiorata da alcune decisioni del governo spagnolo. E' conveniente analizzarle una per una perché ciascuna di esse ha un effetto negativo sui conti della Catalogna, la cui amministrazione, in prima linea, presta i servizi pubblici propri dello Stato Sociale: scuola, salute e assistenza.
Di seguito gli impegni non onorati e le insolvenze del Governo spagnolo nei confronti della Catalogna:
 - Finanziamenti non onorati relativi agli investimenti in infrastrutture per gli anni 2008, 2009 e 2010 riportati della Disposició Addicional Tercera dello Statuto dell'Autonomia, con un impatto di 1,689 miliardi di euro.
- Pagamenti non corrisposti relativi allo stesso bilancio autonomico, relativi al 2013, per un controvalore di 661 milioni di euro.
Di seguito invece gli incrementi di spesa causati da altri provvedimenti:
- Entrate ridotte que lo stato centrale invia per spese fisse, molte delle quali rese obbligatorie dallo stesso governo, e che la Generalitat s'è trovata costretta a compensare parzialmente: 661 milioni di euro.
- Aumento dell'IVA a carico del governo della Catalogna e che entrerà nelle casse dello stato centrale (ovviamente per lo stato centrale l'aumento dell'IVA è neutrale in quanto è un'imposta che paga a se stesso): 66 milioni di euro.
Boicottaggio dell'utonomia fiscale della Generalitat:
- Istanze di incostitizionalità che sospendono l'applicazione di determinate imposte e tasse approvate dalla Generalitat, in virtù dell'autonomia fiscale riconosciuta dalla Costituzione e dallo Statuto dell'Autonomia. Solo la sospensione dell'imposta sui depositi bancari a carico degli enti finanziari provocherà un saldo negativo di 500 milioni di euro sul bilancio del 2013.
Blocco dell'indebitamento:
- Limite di deficit fissato allo 0,7% su un totale statale del 4,5%, contrariamente alle raccomandazioni del Parlamento Europeo ed non proporzionali alla partecipazione delle Comunità Autonome all'insieme della spesa. Applicando invece il criterio di proporzionalità, il tetto del deficit dovrebbe essere dell'1,7%, il che annullerebbe la necessità di tagli alla spesa per 2 miliardi di euro.
Se si sommano le cifre elencate, si vedrà che il totale è superiore alla cifra che circola riguardante i tagli alla spesa prossimi venturi (4 miliardi di euro) necessari a far quadrare i conti per il 2013 della Generalitat de Catalunya.
Pere Aragonès

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sabato 16 marzo 2013

Teresa Forcades, una suora fuori dal comune


Teresa Forcades (Barcellona, 1966) è dottoressa in Medicina  e dottorata  in Teologia.

Nell'anno 1997 diventó religiosa e da allora ha vissuto nel monastero di Sant Benet, a Montserrat.
La chiamata di Dio e la vita contemplativa, tuttavia, non sono stati degli ostacoli per diventare figura pubblica e mediatica che tiene conferenze da tutte parti  e si muove facilmente attraverso il mondo digitale. La suora benedettina parla in modo chiaro, difende il processo verso l'indipendenza della Catalogna ogni volta che sia collegato a una maggiore giustizia sociale. La Catalogna gode di un momento di trasformazione. Si propone la richiesta di indipendenza entro il 2014. La Catalogna ha una relazione con il resto dello stato spagnolo, che non è certo “ideale”. In termini economici, si può dire che diamo più di quello che riceviamo e che il governo centrale ci maltratta.  Inoltre, la Catalogna ha una storia e la rivendicazione di voler fare un'altra via, anche se lo stato trattasse noi nella miglior forma possibile.
Penso che la rivendicazione nazionalistica, nella sua forma sovrana, parte della volontà del popolo  Se questa volontà si esprime, non c'è nulla che possa fermarlo.  É cosí che intendo l'articolazione della volontá comunitaria. Abbiamo radici storiche, una lingua, ma soprattutto la volontà di costruire un altro futuro. E questa volontá di  futuro dovranno rispettarla. E’ l'essenza della democrazia.
¿Come dovrebbe farsi questa strada?
Se credo in un progetto della Catalogna indipendente è perché penso che si possa costruire una società con le linee guida della politica verso la giustizia sociale molto diverso da quella che abbiamo ora. L'Europa avrebbe dovuto andare da una parte e sta andando invece nella direzione opposta. Molte persone pensano che il sistema attuale sia un disastro. Ci sono 1.000 milioni di persone che soffrono la fame, ma buttiamo via tonnellate di eccedenze alimentari, conseguenza della sbagliata organizzazione, accumuliamo bisogni irreali e dimentichiamo quelli reali. La maggioranza delle persone ammettono che questo non funziona, ma dicono che non c'é niente a fare . Chi dice che non si puó fare nulla ?  C'é tanto da fare!
Quindi l'indipendenza deve essere collegata a una trasformazione sociale.
Se non é cosí non ha senso. L'indipendenza ha un senso se collegata a una maggiore giustizia sociale.
Una parte degli interessi dei potenti che non vuole cambiare l'attuale modello, riprende la polemica nazionalistica per deviare e nascondere il problema. Si parla dei nostri diritti, della lingua, del catalanismo. Sono aspetti importanti. Ma quello che dovrebbe essere riflettito come aspetto centrale é la trasformazione sociale. Non é possibile che continuino con gli sfratti, e che continuino a tagliare i servizi. Tutti dovrebbero avere in mente ché cosa é piú importante.


Vedete una Catalogna indipendente con maggior giustizia sociale in un breve periodo di tempo?
La chiave è la volontà del popolo. Se questa si  manifesta è irrevocabile. La sfida è come si può organizzare la volontà popolare. Nel corso della storia ci sono state minoranze che dominavano le maggioranze.
E come hanno fatto? Ebbene, con l'esercito, ma non solo con i militari. L'esercito è importante, ma non c'è mai stato sufficiente la violenza a dominare un gruppo. E’ sempre stato necessario l'elemento ideologico. Bisogna convincere la gente che non vale la pena lottare contro l'ingiustizia. Se invece si scopre che vale la pena lottare, non serviranno  a niente tutti i carri armati che hanno.
Se tutti hanno chiaro questo, in 24 ore tutto può cambiare. Ma dobbiamo essere consapevoli della sfida e delle difficoltà. E’ molto urgente fare quest'organizzazione di base. Se quest'organizzazione esiste, questo cambiamento sociale, sia per l'indipendenza o verso una maggiore giustizia sociale, sarà possibile. La prima cosa è: eliminare l'idea o la sensazione che ci devono dare il “permesso”.
Nessuno ci deve dare il permesso.


Non è nemmeno necessario il permesso per fare il referendum?
Se accettiamo questo, riconosciamo un'autoritá. Se noi crediamo nella democrazia, l'autoritá é del popolo, del collettivo. Un gruppo di persone si riuniscono, decidono che cosa vogliono e lo fanno. Ma si deve essere consapevoli che ci sará un prezzo a pagare. Ci sará una lotta.  Non possiamo pensare che solo con la decisione una cosa sará accettata.


Quale sará il prezzo?
Il prezzo della lotta sociale. In Islanda, per esempio, ha fatto una transizione senza sangue in strada. Non si tratta di dipingere uno scenario apocalittico. In Islanda sono stati in grado di superare la paura che hanno messo a loro nel corpo. Dicevano loro che se avessero lasciato le politiche europee di austerità non avrebbero mai, alzato testa. Ma hanno provato e ora sembra stiano facendo meglio di noi. Abbiamo bisogno di realizzare un cambiamento sociale. Penso che ora sia ancora possibile fare una transizione qui con poca violenza. Non siamo come in Venezuela rispetto al divario sociale, la forbice tra ricchi e poveri non è ancora a quei livelli, ma in dieci anni ci potremmo arrivare.





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mercoledì 13 marzo 2013

Il Parlamento Catalano ,con una maggioranza dei 3/4, delibera che si “dialoghi” con la Spagna per rendere possibile il referendum sull'autodeterminazione

 
L'assemblea del Parlamento della Catalogna questo mercoledì ha approvato una risoluzione affinché si inizi un dialogo con il governo dello Stato Spagnolo per rendere possibile una consultazione popolare sull'autodeterminazione. La proposta è diretta conseguenza di uno dei punti contenuti nella dichiarazione di sovranità approvata dallo stesso Parlamento il 23 gennaio scorso.
Con questa breve risoluzione, il Parlamento della Catalogna dà mandato al governo catalano di iniziare il dialogo col governo spagnolo affinché sia possibile al popolo catalano di consultarsi democraticamente per decidere sul proprio futuro. Il testo è identico a quello presentato il 26 febbraio al Congresso spagnolo, che però fu respinto. La bocciatura ha scatenato una tempesta politica tra le fila dei socialisti perché l'appoggio del PSC (socialisti catalani) ha spaccato il fronte comune contrario del PSOE (socialisti spagnoli).

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