venerdì 31 maggio 2013

Il deficit fiscale si mantiene invariabile malgrado la crisi



Tra gli economisti gira una barzelletta che dice più o meno così: "Ci sono soltanto due cose costanti nell’universo, la velocità della luce ed il deficit fiscale catalano". Sfortunatamente, neanche la profonda crisi economica è stata capace di cambiare questo principio, che sembra stabilito come una specie di condanna storica per la Catalogna. Il consigliere catalano di Economia e Sapere, Andreu Mas-Colell, si è presentato ieri per rendere pubbliche le cifre del deficit fiscale, la differenza tra quello che lo Stato riscuote in Catalogna e quello che investe, relative all’esercizio 2010. La realtà fredda dei numeri è che in quell’anno, il secondo dentro una situazione di crisi profonda, il deficit fiscale è stato di 16,543 miliardi di euro, l'equivalente al 8,5% del PIL, leggermente superiore a quello registrato nel 2009. Facendo il calcolo per flusso di beneficio invece che per flusso monetario, il risultato resta di circa 11 miliardi ed il 5,8% del PIL. Mas-Colell si è astenuto dal fare alcuna considerazione politica. Non era necessario. Le cifre smentiscono le teorie secondo le quali la crisi avrebbe fatto scendere sensibilmente il deficit fiscale. Così non è stato. Nè le disposizioni addizionali dello Statuto nè il sistema di finanziamento concordato nel 2009 sono riusciti a ridurre un differenziale insostenibile per l’economia catalana. Nel mondo non esistono altri casi confrontabili. Quello che più si avvicina è il caso dello stato americano del Connecticut, che a malapena arriva al 5% del proprio PIL.
Dal 1986 questo trasferimento di risorse dalla Catalogna verso la Spagna equivale a sei piani Marshall: ammonta a 300 miliardi di euro. Qualcuno in Spagna ha ringraziato i catalani per questa solidarietà forzata? Macchè, la sola insinuazione che la Catalogna possa ricevere un trattamento differenziato provoca un’ondata di critiche. Davanti a questa situazione, è lecito prospettare un cambiamento radicale nei rapporti con lo Stato. Perchè l'alternativa è accettare un castigo costante ed arbitrario come la velocità della luce.
EDITORIALE – ara.cat - 22/05/2013

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mercoledì 29 maggio 2013

La rivista 'Time' ammette che lo Stato spagnolo ha paura del sovranismo tra gli immigranti


“E’ una spia od un sovranista?”, inizia così l’esteso reportage che la rivista Time – in versione digitale- ha dedicato all’affare Ziani. Il testo, firmato dalla corrispondente del mezzo in Spagna, Lisa Abend, racconta ai lettori nordamericani l’espulsione dalla Spagna dell’attivista “pur avendovi vissuto e lavorato legalmente negli ultimi quattordici anni”. La rivista afferma che con questo fatto si evidenzia "la tempesta in vista" sull’idipendentismo catalano.

“Molti credono che se i catalani ottengono abbastanza supporto morale per cellebrare un referendum, la Spagna sarà obbligata a permetterlo. E qui è dove Ziani esattamente entra in scena”, spiega il testo. In questo senso, l’articolo ricorda il lavoro pedagogico che Ziani ha  fatto in favore dell’integrazione degli immigranti in Catalogna, cos’ come il suo ruolo di mediatore e la sua simpatia per il processo d’indipendenza.

Time enfatizza il ruolo strategico dei nuovi arrivati rispetto all’indipendenza, visto che può decantare la direzione finale del processo. Per questo motivo sottolinea “la coscienza crescente” tra gli indipendentisti su questa realtà, e ricorda che in Quebec questo collettivo fece fallire gli intenti del territorio di divenire uno Stato indipendente.

Il direttore di Fedelatina (ente che raggruppa gli immigranti provenienti dall’America Latina), Hermes Castro, spiega nel reportage che “molti” latinoamericani residenti in Catalogna “sentono certa simpatia per l’indipendenza”. Castro ammette che, in principio, è difficile per loro capire il secessionismo catalano ma che, alla lunga, concludono “che, alla fin fine, i catalani vogliono fare nei confronti della Spagna quello che fecero loro 200 anni fa”.

Time si è rivolta al Ministero degli Interni, che non ha voluto rispondere sostenendo che  “la sua politica non permette di fare valutazioni di casi che sono ancora in via di sviluppo”. Il reportage ricorda che lo Stato non ha fornito nessuna prova contro l’attivista, oltre alle accuse.

Il reportage parla anche dell’europarlamentare, Ramon Tremosa, cogliendo l’occasione che ha denunciato la persecuzione a Noureddine Ziani presso le istituzioni europee. Il politico del partito Convergenza Democratica dubita degli argomenti del Ministero degli Interni, e ricorda che non si è mai reagito così contro degli imam dei quali si sà “che rifiutano i valori occidentali e minacciano l’armonia sociale”. “Eppure nessuno li deporta”, ricorda l’europarlamentare.

Manel Bosch
Help Catalonia : Deportation Case Casts Light on Push for Catalan Independence

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martedì 28 maggio 2013

Il diritto a decidere dei catalani e la votazione del Parlamento della Catalogna del 13 marzo 2013.



Il Parlamento della Catalogna ha fatto un altro passo sul cammino che stiamo percorrendo i catalani per raggiungere lo scopo di esercitare il diritto a decidere. E’ stata una risoluzione che ha raggiunto il voto favorevole di 104 deputati dei 135 di cui dispone il Parlamento con 3 astensioni critiche. E questo è un fatto molto importante.

Ma, perchè è importante questo nuovo voto del Parlamento, se questa stessa istituzione, il 26 gennaio del 2013, ha già approvato la Dichiarazione di Sovranità ed il diritto a decidere del popolo della Catalogna? Lo è per diversi motivi che riassumiamo qui di seguito:

  • Perchè è riuscita ad aggiungere una nuova forza politica alla maggioranza parlamentare che già rivendicava l’esercizio del diritto a decidere, il diritto a votare democraticamente. Ai partiti Convergenza ed Unione, Esquerra (sinistra) Repubblicana, Iniciativa per la Catalogna e la  Candidatura di Unità Popolare si è aggiunto il Partito Socialista. Una votazione che ha dato come risultato 104 voti favorevoli e 3 astenuti critici della CUP per discrepanze sulla convenienza di dover fare questa nuova votazione. Si tratta di un risultato favorevole del 77% del Parlamento con la CUP inclusa.

  • Perchè questi 104 deputati, più i tre astenuti critici, rappresentano un totale di 2.625.230 cittadini. Il 72,19% dei voti emessi nelle ultime elezioni al Parlamento della Catalogna del 25 novembre del 2012 alle quali parteciparono 3.668.310 cittadini, cioè, il 67,76% di partecipazione elettorale su un censo di 5.413.769 persone.

  • Perchè si è posto in evidenza, ancora una volta, che i 27 voti dei deputati contrari a permettere che i catalani possano esercitare il diritto democratico di votare, rappresentano una minoranza molto rumorosa  della società, il 23%, 446.688 cittadini. Sono i votanti del Partito Popolare e del Ciutadans (Cittadini).

  • Perchè questa votazione ha permesso che i socialisti catalani potessero incorporarsi al processo per il diritto a decidere senza restare ai margini. Si sono incorporati al luogo che non avrebbero mai dovuto abbandonare.

  • Perchè, ancora una volta, come già si è fatto nella Dichiarazione di Sovranità, è stato detto che vogliamo come prima opzione, il dialogo con la Spagna per poter esercitare il diritto a decidere di comune accordo con loro. Una Dichiarazione che proclamava come principio di attuazione, cito testualmente: “Dialogo. Si dialogherà e si tratterà con lo Stato spagnolo, le istituzioni europee e l’insieme della comunità internazionale”.

  • Perchè dobbiamo riempirci di ragioni per ottenere il sostegno internazionale nel caso in cui la Spagna ci rifiuti il diritto a votare. E soltanto avremo il riconoscimento internazionale se rimane chiaro a tutti che, malgrado tutti i tentativi di dialogo, lo Stato spagnolo ha voltato le spalle ai catalani.

  • Perchè abbiamo bisogno, in primo luogo, di un’ampia maggioranza per esercitare il diritto democratico a votare su qual’è il rapporto politico che vogliamo avere con la Spagna.


Dalla Spagna si presenta l’esercizio democratico del diritto a decidere come un attentato all’indivisibile unità spagnola e, pertanto, un diritto impossibile da esercitare. Perchè, per loro, al di sopra dei cittadini catalani esiste il corpo etereo della Spagna. Un approccio difeso da tutto il ventaglio politico spagnolo. Un approccio che riassumono dicendo: diritto a decidere uguale a indipendenza.

A me piacerebbe che fosse così, ma non lo è. E quelli che crediamo che la miglior opzione per i catalani sia quella di avere uno stato proprio dobbiamo essere coscienti che votare non vuol dire vincere.

Perchè un modo per riuscire a frustrare la consultazione è far sì che non si raggiunga il quorum che, sicuramente, sarà richiesto. Un quorum che soltanto sarà possibile se votano quelli che vogliono lo stato proprio, una Spagna federale e quelli che vogliono continuare ad essere una comunità autonoma o meno.

E’ questo il primo obiettivo che dobbiamo raggiungere. Il quorum.

Per questo è irritante ascoltare e leggere i commenti degli ultra-nazionalisti catalani che etichettano come traditori e codardi tutti quelli che non dichiarano l’indipendenza oggi stesso. A loro dobbiamo chiedere: ed il giorno dopo la Dichiarazione Unilaterale d’Indipendenza, che loro scrivono con l’acronimo DUI, chè faremo? Chi ci riconoscerà? Perchè non siamo nè il Kosovo con la NATO dietro, nè la Lituania con i paesi baltici e con una Unione Sovietica in decomposizione.

Dobbiamo addizionare e questa votazione è stato un altro passo in più.
 
Jordi Colomines

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Catalanismo prioritario



E’ già ora che la Catalogna la smetta di essere un secondo piatto ideologico e passi ad essere il primo. Mi spiego. Durante la Guerra Civile si “consigliò” al catalanismo di rinunciare a rivendicare la piena sovranità per diffendere la Repubblica. Bene, d’accordo: legittimo, logico e necessario. Lo stesso durante l’opposizione al franchismo. Durante la transizione, si chiese “responsabilità” al catalanismo per consolidare la democrazia e la Costituzione che, per inciso, sacralizzò l’unità indissolubile della Spagna con l’avallo dell’esercito. E va bene, tutto vada per la democrazia, compagni. Più tardi, la scusa fu l’entrata nella CEE (1986), dopo furono i Giochi Olimpici e, successivamente, l’entrata nell’euro. Adesso è l’uscita dalla crisi. Sempre apellandosi al nostro buon senso, sempre chiedendo che il catalanismo rinunci al discorso di rottura per “il bene comune”, per “l’interesse generale”, o per l’irritante “senso di Stato”. Questo sarebbe giusto se questa lealtà fosse stata reciproca. Ma, in cambio, ricevemmo la TAV solo 20 anni più tardi, e la lotta contro la lingua catalana, l’espoliazione fiscale ed un’autonomia politica che, al massimo, ci permette di scegliere due festività annuali.

Diversi fattori possono aver influito a questi freni. Per esempio, la buona fede europeista del presidente Pujol. Non possiamo imputargli nessuna cattiveria. Credeva che un nazionalismo controllato, avrebbe favorito l’entrata in Europa dello Stato, e con questo della Catalogna. Certo che ci furono delle rinunce (la prima fu il patto fiscale del 1978) ma i diversi governi spagnoli (a cominciare da quelli dell’UCD passando per quelli di Felipe Zapatero a quelli di Aznar) seppero approfittare di questo senso del dovere che aveva il Presidente Pujol. Adesso, perfino lui si è accorto dell’inganno e si è dichiarato indipendentista per eliminazione. E con lui, il partito di cui fu fondatore e dirigente: Convergenza Democratica. Nell’altro asse, e come secondo fattore, c’è stata anche una sinistra che si è dimostrata timorosa del potere della sinistra spagnola. Sempre con ... ahi,ahi,ahi,.... “insieme, che arriva la destra”. Era questo il loro “adesso non è il momento” particolare, questa volta mascherato con la giacca di velluto a coste. Questa sinistra che si è sempre fidata (quasi sempre in forma benevola anche) che dall’altra sponda del fiume ci fosse una sinistra spagnola che l’attendeva con le braccia aperte e con la chitarra a tracolla. Una sinistra che, però, è stata prima di tutto spagnola prima che sinistra, e che non ha mai perso il senso univoco dello Stato, che non si è mai creduta il federalismo, o almeno, non ha mai preso nessuna misura in questo senso mentre ha governato (dal 1982 al 1996 e dal 2004 al 2011). I Bardem e i Victor Manuel sono capaci di fare uno sciopero della fame per il Fronte Polisario e tacere davanti alla vergonya aberrante della Lapao o del reportage di Telemadrid.

Ebbene, sia pure per giustizia ma soprattutto, per una questione d’intelligenza, dignità e sopravvivenza, adesso sarebbe ora che la destra e la sinistra del nostro paese restituissero alla Catalogna questo debito ideologico. Non succederebbe niente, anzi, sarebbe uno sperimento molto salutare, che le destre e le sinistre nazionali si mettessero d’accordo su quello in cui già sono d’accordo: che la Catalogna ha il diritto a decidere ed ha il diritto –se così lo vuole, la maggioranza- di formare un nuovo Stato. E dopo, una volta raggiunto questo stadio, potremo tornare alle liti ideologiche. Torneremo a discutere su quante imposte ci devono essere, sul grado d’intervento dello stato, sulle prestazioni della sanità pubblica o se si devono chiudere le centrali nucleari. Ah!, ed anche sulla scelta del numero di festività annuali.

Jofre Llombart
@Jofrellombart

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domenica 26 maggio 2013

Aziende catalane quotate in borsa


Questa relazione analizza la diversa evoluzione dell’ IBEX35 e l’indice di Borsa di Barcelona Indexcat (indice aggregato delle aziende con sede sociale in Catalogna).

La Catalogna rappresenta il 16% degli abitanti spagnoli e il 20% del Pil di tutta la Spagna. Tuttavia, il volume negoziato per la Borsa di Barcelona è del 28% del totale spagnolo.


Il settore produttivo e dei beni di consumo nel Indexcat rappresenta quasi la metà delle aziende (48%) mentre nell’IBEX35 è solo del 19%. Principalmente, questo succede perché nell’IBEX35 i vecchi monopoli dell’energia e delle comunicazioni hanno grande peso.

Questa differenza nella distribuzione delle aziende nell’IBEX35 e nell’Indexcat ci dà un’idea della diversa struttura che esiste in Catalogna, basata sull’industria e sui servizi di supporto per l’industria, contrastante con la struttura Spagnola, fondata principalmente sui servizi di valore aggiunto basso.
Per quanto riguarda l’ evoluzione dei due indici, nell’ultimo periodo di crescita economica (2001-2008) l’Indexcat si è rivalutato del 32% mentre l’IBEX35 solo del 15%. Considerando l’evoluzione della crisi, l’Indexcat ha mantenuto un’evoluzione molto più favorevole dell’IBEX35. Nel 2012 l’Indexcat si è rivalutato dell’8.9%, mentre l’indice Ibex ha perso l’1,2% (+3% e -7.7% rispettivamente nei primi mesi del 2013).

Un’altra sezione analizzata dallo studio è il costo d’opportunità della Catalogna per dovere emettere obbligazioni della Generalità a causa della esistenza del deficit fiscale. Questo minor investimento nei settori produttivi dell’economia catalana fa perdere potenziale alle aziende locali e al paese in generale.

Leggi questo articolo in inglese, francese, tedesco e spagnolo

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sabato 25 maggio 2013

Rajoy mente




Il governo spagnolo mente con le cifre e non rispetta la legge

L'inganno dell'esecutivo di Mariano Rajoy che oggi ha scoperto questo giornale ha una rilevanza singolare. Madrid concordò con Bruxelles che la Spagna potesse raggiungere un deficit del 6,5% del PIL nel 2013, ma il ministro Cristóbal Montoro disse a tutti che il limite era del 6,3%, ed impose alle autonomie un tetto dell’1,2%. Questi due decimi di differenza, che il governo spagnolo ha nascosto come un imbonitore della Rambla qualsiasi, non sono per niente trascurabili. Suppongono, tradotto in soldi, circa 2 miliardi di euro che lo stato si riserva per sè invece di dedicarli ad alleviare la drammatica situazione finanziaria delle autonomie, specialmente le più dinamiche, quelle dell’arco mediterraneo, come la Catalogna ed il Paese Valenciano.

Come si può pretendere di intavolare una trattativa seria con un governo che si comporta in questo modo e manipola le cifre per il proprio vantaggio? Mariano Rajoy salì al potere con l’aura di essere un governante affidabile e serio, che si presentava con la verità in mano. La realtà è tutt’altra. Il governo del PP è sleale, manipolatore ed autoritario. Infrange le sentenze del TC quando gli conviene, fa esattamente l’opposto di quanto promesso in campagna elettorale, pratica –come ha denunciato il consigliere catalano di economia Mas-Colell- l'imposizione “ordino e commando” con le autonomie, e adesso, in più, sappiamo che mente con le cifre.

Il dramma è che le decisioni non si prendono seguendo criteri economici ma strettamente elettoralistici. La disputa tre i baroni del PP sul tetto di deficit è un buon esempio. Gli agenti economici catalani ieri davano supporto all’esecutivo catalano sulla richiesta di un margine di deficit più alto per non asfissiare l’economia. Il buon senso consiglia di non punire più il motore che tira in economia (la crescita delle esportazioni catalane è una delle poche buone notizie che abbiamo). Ma adesso sappiamo che il governo spagnolo, oltre a commettere l’enorme errore di maltrattare la Catalogna, mente nella forma più spregevole.

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venerdì 24 maggio 2013

Alto Adige : In migliaia a Merano per la festa degli Schuetzen per l’indipendenza



In migliaia a Merano / Meran per chiedere la secessione  per la festa degli Schuetzen per l’indipendenza, con la partecipazione di catalani, fiamminghi, tibetani, scozzesi e baschi. Lo slogan era uno solo: "Via il Sudtirolo dall'Italia". Oltre cinquemila persone hanno risposto all'invito degli Schuetzen per l'indipendenza e la libertà dell'Alto Adige. Oltre alla SVP, hanno aderito Freiheitlichen, Suedtiroler Freiheit, Buerger Union, Team Artioli, Heimatbund ma anche l'ASGB.
Centinaia le bandiere bianche e rosse, tantissimi i giovani e molti i discorsi. Non solo folclore ma tanta politica. Chiaro il messaggio del segretario organizzativo della Svp: "Sarebbe stato sbagliato non esserci ma non abbiamo nulla a che vedere con chi chiede la secessione".



Fotogalleria publicata di 'Alto Adige'.

ANSA

Parata Regimiento Veneto Real

Alto Adige

Video RAI (tedesco)

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giovedì 23 maggio 2013

La Spagna è vigorosamente impegnata contro il processo catalano

I servizi segreti spagnoli del CNI, il Centro Nazionale d’Informazioni, è entrato all'interno delle organizzazioni indipendentiste, distribuisce informazioni e file tra i diversi mass media e lavora così per fare a pezzi il processo di indipendenza catalano.


Tutto questo in assenza di rumore, i servizi segreti spagnoli cercano di passare inosservati, ma sono già diverse le entità e lepersone che si sono trovati situazioni insolite, così come perdita di informazioni, profili di persone particolarmente strani che ci si avvicinano per poi all’improvviso scomparire senza nessuna spiegazione. Ci sono già abbastanza giornalisti o redattori che ricevono informazioni che possono essere filtrate solo da coloro che sono in grado di avervi accesso. Mezze informazioni con la sola intenzione di causare paura, tensioni artificiali, e soprattutto insicurezza fisica e sociale, con l'obiettivo di sgretolare dall’interno il processo verso l’indipendenza.
Si tratta di evitare l’allegria in tutto il movimento che fino ad ora ha sempre più maggioranza, bisogna eludere che il popolo si rifletta nel processo verso l’indipendenza. La Spagna sa che soltanto il gioco sporco, gli inganni e gli imbrogli, ma anche causare caos e scontri interni, può fermare il processo catalano.
Manuel Millan Mestre, un ex giornalista e politico del Pp, il partito popolare, conferma su 8Tv il gioco sporco contro la Catalogna, "Io che non sono indipendentista, e nemmeno un tipo sospettoso... "Il gioco della Spagna per far finire il processo è ogni volta più chiaro", ed ha parlato di montaggi in certi casi giudiziari per evitare che siano condotti dalla polizia catalana. Il che dimostra che la Spagna non cerca il dialogo ma la sconfitta del processo.
Lo scandalo dello spionaggio in Catalogna è nelle mani della polizia spagnola, al posto della polizia catalana come sarebbe normale. Una volta che i dossier dell’agenzia investigativa più controllata dal Cni esplodessero (è da ricordare che uno dei capi dello spionaggio di questa agenzia è stato anche membro del Cni) bisognava eseguire uno scoppio controllato, soprattutto al fine di evitare che l'intero processo cadesse nelle mani della polizia catalana.
Due vice-premier del Governo della Catalogna presentano notifiche di accuse di spionaggio ma il tribunale non accetta il caso. Anche se il filtraggio parla di dossier di intelligence in Catalogna, la giustizia non ammette le accuse .E’ veramente incredibile il modo in cui la Spagna usa la giustizia contro di Catalogna.
 
I mass media convertono le informazioni filtrate in modo interessato sulle prime pagine. Media che parlano dello spionaggio di Xavier Martorell ma non dicono niente dello scandalo del voto finto presso la Camera di Commercio di Barcellona, o coloro che scrivono sul catering usato il giorno della fondazione dell’Anc, l’Assemblea Nazionale Catalana. Sono esempi di come alcuni mezzi pubblicano informazioni interessate ma anche sfruttano le informazioni dalle stesse fogne dello Stato.

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mercoledì 22 maggio 2013

Il Corridoio del Mediterraneo: un’ infrastuttura basilare per la Catalogna



Il corridoio del Mediterràneo é una linea ferroviaria transeuropea che fornisce una forma di trasporto piú veloce, económica e pulita rispetto al trasporto marittimo ed aereo.
Il Corridoio del Mediterraneo ha un'importanza fondamentale per il futuro della Catalogna perché é una via di apertura commerciale per la Catalogna verso il mercato Europeo che promuoverá le esportazioni catalane verso l'Europa e verso l'Africa, dando alle sue imprese una maggior competitivitá. Inoltre, darà nuovi impulsi ai porti di Barcellona e di Tarragona, e genererà ricchezza e posti di lavoro per i catalani.
Il corridoio Mediterraneo é stato approvato per la UE al posto del “Transpirenaico” promosso dal Governo della Spagna, anche se il primo é molto piú redditizio economicamente, tra gli altri vantaggi.
le zone che attraversa il corridoio Mediterraneo sono le piú dinamiche economicamente, il costo del trasporto é molto piú conveniente, l'invstimento é minore ed é la via piú breve fino al centro Europa da qualsiasi punto del proprio percorso,ed é la via naturale di accesso per le merci provenienti dell'Asia.
Nonostante tali ragioni, il Governo spagnolo continua a investire nel corridio transpirenaico e in un sistema radiale di infrastutture. Il Ministero dello Sviluppo non ha mai scommesso per il corridoio Mediterraneo e non ha mai dubitato della costruzione di altre alternative, esistendo numerose carenze nel progetto del Governo spagnolo per quanto riguarda investimenti a corto e lungo termine.
Se la Catalogna avesse avuto capacità di decisione sul corridoio Mediterraneo, si sarebbe progettato e costruito più di 20 anni fa, con tutti i vantaggi economici che avrebbe comportato per la Catalogna. Sarebbe stato possibile trovare investitori privati come la SNCF o la Deutsche Bank che finanziassero il percorso attraverso la Catalogna e accelerare la costruzione oltre ai grandi vantaggi logistici, evitandoci il blocco del governo spagnolo.
Se la Catalogna fosse uno stato indipendente, si potrebbe promuovere, con gli stati vicini (Spagna e Francia)un unico responsabile per i porti del litorale Mediterreneo, di Marsilla fino ad Algeri, attraversando i porti di Tarragona, Castelló, València etc. con Barcellona come un centro multimodale (aeroporto, autostrade, porto, treni).
 
 
 

 


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martedì 21 maggio 2013

Il portavoce del Governo della Generalitat denuncia che il governo spagnolo ha violato 35 sentenze del TC favorevoli alla Catalogna






Con la sospensione della dichiarazione di sovranità da parte del Tribunale Costituzionale (TC) ancora calda, il Governo ha voluto denunciare questo martedì che il governo spagnolo ha violato, negli ultimi tre anni, 35 sentenze del TC favorevoli alla Generalitat. Così lo ha denunciato il consigliere alla Presidenza, Francesc Homs, nella conferenza stampa posteriore al consiglio esecutivo. "Chi è sleale e chi dovrebbe riflettere è il governo spagnolo, riguardo al rispetto delle sentenze del TC", ha riflettuto Homs.

In quanto alla sospensione della dichiarazione di sovranità approvata il 23 gennaio, la Generalitat ha offerto "supporto" al Parlamento ed ha dato via libera ad un accordo nel quale si sottolinea chiaramente che la risoluzione sospesa fu approvata "nell’esercizio delle legittime potestà del Parlamento come rappresentante eletto democraticamente dal popolo della Catalogna".


 

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lunedì 20 maggio 2013

L'unione fa la forza: Help Catalonia + CCN








Gli enti “Cercle Català de Negocis” (CCN) Circolo Catalano di Affari e HelpCatalonia (HC) hanno raggiunto un accordo di collaborazione per internazionalizzare gli aspetti economici del conflitto tra la Catalogna e la Spagna.


Il CCN nacque come associazione d’imprenditori, dirigenti e professionisti che, per garantire il futuro del tessuto imprenditoriale catalano,  vogliono disporre di uno Stato proprio. Dall’altra parte Help Catalonia nacque nel 2010 come ente formato da volontari con l’obiettivo d’internazionalizzare le ragioni catalane mediante campagne, informandone in diverse lingue e facendone diffusione sulle reti sociali.

Ambedue gli enti sono senza scopo di lucro e soltanto contano con il supporto dei singoli membri; condividendo l’obiettivo del raggiungimento di uno Stato proprio per la Catalogna in forma trasversale.

L’accordo si concretizza con la pubblicazione di articoli e studi attraverso Help Catalonia ed incontri d’interscambio tra i due enti per creare sinergie delle conoscenze comunicative, economiche e di diritto internazionale così come esplorare azioni congiunte di diplomacia civile.


Inoltre è stato prodotto un filmato congiunto CCN-Help Catalonia.


Ci sarà anche la partecipazione a eventi dove convergano i due elementi definitori dei suddetti enti. In questo senso bisogna sottolineare un evento a Londra con la presenza de ambedue associazioni che sarà il primo di una serie di azioni simili.


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La Spagna confonde i rivali politici con i nemici

La Camera dei deputati spagnola, ha posto il veto alla presenza di parlamentari catalani eletti democraticamente e con pieni diritti alla Camera spagnola nella Commissione dei Segreti Ufficiali della Camera. E’ la quarta volta che lo fa adducendo che i parlamentari catalani non sono "idonei” ad accedere a questa Commissione, che controlla l’uso dei fondi riservati, analizza rapporti segreti e riceve a porta chiusa il direttore del CNI (servizi segreti), i ministri della Difesa, degli Interni e degli Affari Esteri.

Un veto senza precedenti in Parlamento.

La cortesia parlamentare stabiliva, fino a poco tempo fa, che fossero presenti tutti i candidati di tutte le formazioni politiche. I catalani hanno presentato nuovamente la candidatura malgrado il PP avesse già posto il veto lo scorso 23 febbraio del 2012. Posteriormente, la formazione del presidente spagnolo Mariano Rajoy rifiutò le candidature dei parlamentari catalani.


La Spagna confonde i rivali politici con i nemici

ERC ha preso la parola nel aula della Camera ed ha criticato il PP spagnolo per  "confondere i rivali politici con i nemici" e per "porre il veto" ancora una volta in forma "ingiusta ed sproporzionata" per il candidato catalano alla Commissione. Il portavoce dei catalani si è chiesto se il PP non li vuole in commissione “per far si che non si possano porre delle domande al direttore CNI", questioni come "lo spiegamento di forze del CNI in Catalogna”, lo "spionaggio connesso alla Catalogna", o "il supporto alla guerra sporca in Catalogna in connivenza con i mezzi di comunicazione che inventano rapporti a partire dalla UDEF".

I portavoci catalani rappresentano centinaia di migliaia di votanti, e sono stati eletti democraticamente. Il rapporto tra la Catalogna e la Spagna è complesso e ci sono dei gesti che contribuiscono ad aprire molto di più questo solco. Il veto è un fatto grave ed un motivo in più d’incomprensione tra la Catalogna e la Spagna.


 

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domenica 19 maggio 2013

Insieme per la lingua



Undici città ospitano raduni organizzati da un migliaio di enti situati nei territori di lingua catalana. Più di duecento persone si ritrovano in plaça del Rei a Barcellona, convocati dal movimento 'Enllaçats per la llengua'.
 
Più di duecento persone si sono “intrecciate” simbolicamente questo sabato pomeriggio in piazza del Rey a Barcellona per difendere la lingua catalana.
 
La manifestazione, convocata da circa un migliaio di enti e associazioni civiche riunite intorno a movimento 'Enllaçats per la llengua' nato nelle isole Baleari, si è celebrata simultaneamente in undici città di Catalunya, della Franja, della Catlunya del Nord, del Paìs Valencià e delle Baleari.
 
Elisenda Romeu, presidente di uno degli enti partecipanti alla campagna, spiega che l’obiettivo è lavorare congiuntamente nei territori in difesa dei diritti linguistici, in particolar modo – aggiunge – di fronte agli “attacchi costanti” che provengonbo dallo Stato.

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Catalogna – Spagna, il difficile incastro

 
Elena Marisol Brandolini è una giornalista italiana che vive in Catalogna, presenterà a Barcellona il suo libro Catalunya – España, il difficile incastro. Sarà presentato a Barcellona, martedì 21 maggio 2013 alle ore 18:30 presso la sede nazionale di Òmnium Cultural, C/Diputació 276 pral.

L’autrice ne parlerà - fra gli altri - anche con:
Joan Carles Gallego, segretario generale del sindacato CCOO di Catalogna
Francesc Morata, professore di scienze politiche alla UAB
Montserrat Tura, medico ed ex Consigliere del Governo della Generalitat




Il rapporto fra Catalogna e Spagna in un libro
La grande manifestazione per l’indipendenza del l’11 settembre 2012 a Barcellona rappresenta uno spartiacque nella relazione tra la Catalogna e la Spagna. Un evento che segna l’avvio di un processo democratico e pacifico, mette in discussione l’attuale assetto statuale e fa i conti non solo con una forte e antica identità culturale, ma anche con la drammaticità della crisi economica, la qualità del modello sociale, la dimensione europea.
Elena Marisol Brandolini, laureata in economia, esperta di politiche di sicurezza sociale, nella sua carriera professionale ha lavorato come ricercatrice, sindacalista e dirigente della pubblica amministrazione italiana, operando nel campo dei diritti individuali e collettivi, delle politiche di genere e del welfare. Ha pubblicato vari articoli e saggi sui temi dello Stato sociale e collabora abitualmente con giornali, riviste e radio sui temi inerenti alle politiche sociali europee e spagnole.

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venerdì 17 maggio 2013

Qui sono i veri lingua nazisti?

Alla fine degli anni cinquanta e all’inizio degli sessanta, sotto la dittatura del generale Franco, decine di migliaia di persone provenienti da varie regioni della Spagna emigrarono a varie zone europee dove speravano di trovare una vita migliore.  Una delle destinazioni più importanti dagli emigranti spagnoli fu la Germania. 

L’altra fu Catalogna, un paese allora distrutto dal fascismo durante la guerra civile spagnola (1936-39) ed una regione con severe rappresaglie politiche, culturali e soprattutto linguistiche; ma, anche se con difficoltà, riprese con forza la sua lunga tradizione industriale. La Catalogna, con un 80% di catalono-parlanti negli anni ’30, raddoppiò la sua popolazione tra gli anni 1970-80 con il contributo delle famiglie spagnole provenienti dalle aree più povere dalla Spagna. Queste famiglie arrivarono in un ambiente sociale dove c’era una altra lingua che, a differenza dello spagnolo, era vietata negli usi officiali e pubblici ed esclusa dal sistema di istruzione. 

Con l’avvento della democrazia, nel 1979 la Catalogna ottenne uno statuto d'autonomia e di regime d'autogoverno che riabilitò la lingua catalana e la sistemò come unica lingua veicolare nella scuola con l’approvazione della maggioranza dei cittadini, la metà dei quali erano della Spagna e avevano lo spagnolo come lingua madre. I regolamenti successivi dello status della lingua catalana hanno goduto sempre di ampi consensi tra i partiti politici rappresentati nel Parlamento della Catalogna; una prova della inesistenza di conflitto linguistico interno e della incorporazione del uso e della conoscenza del catalano in modo naturale dagli immigranti spagnoli e, successivamente, dagli immigranti di origini prevalentemente africane e sudamericane. 

La lingua catalana è vista dai cittadini come strumento d’integrazione e non d’esclusione, come un’opportunità di migloramento sociale, come punto di incontro tra le culture e non come un ostacolo per i nuovi arrivati. Questa società, multilingue, multietnica, tollerante e aperta che sopravvissea  40 anni di dittatura fascista e che ha integrato senza conflitti sociali una popolazione che la raddoppiava, è quella che ora viene considerata come Nazstai dai centri di potere di Madrid ossessionati da una Spagna monolitica dove solo si parli una lingua considerata superiore, si abbia una cultura considerata superiore e una nazionalità considerata superiore. Qual è, in questo conflitto, il nazionalismo preponderante?

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Vicedirettore. El Punt Avui

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mercoledì 15 maggio 2013

Quei San Giorgio degli anni ‘60


 
ll San Giorgio della mia adolescenza in pieno franchismo era un giorno di riaffermazione nazionale, nel quale in modo festoso le persone che circolavamo sulle strade sapevamo che di esprimere la volontà di essere. Le novità nei libri di narrativa, saggistica e in discografia in catalano coi grandi miti della letteratura, del saggio o della canzone in piena forma erano un regalo indefinibile. Durante gli ultimi anni del franchismo, con l'esistenza della piattaforma unitaria dell'Assemblea della Catalogna, la giornata assunse una dimensione politica più esplicita di lotta per la libertà.

Negli anni '60 si pubblicavano i dischi dei cantanti melodici catalani, del recentemente deceduto José Guardiola, Ramon Calduch e altri, soprattutto con adattamenti delle hits italiane. I primi dischi dei Setze Jutges e di Raimon. Alla fine degli anni 60, il Grup de Folk con le canzoni Pau Riba e di Jaume Sisa. E all'inizio dei '70 il boom di Llach, Serrat, Ovidi, Maria del Mar Bonet etc. La buona letteratura dell'epoca assieme alle opere che segnarono le mie letture dell'epoca. Da Mercè Rodoreda, Joan Sales, Pere Calders, Joan Perucho, Josep-V Foix, Pere IV, Espriu... E tra i classici, le opere complete di Salvat Papasseit. E i primi libri delle persone con le quali condividevo militanza o simpatie per il PSAN: Jaume Fuster, Quim Monzó, M Antònia Olivé, Xavier Bru de Sala, Joan Rendé, Ramon Solsona, Pep Albanell...

La giornata di Sant Giorgio vissuta anche dalle organizzazioni giovanili: scoutismo, centri escursionistici come un'opportunità di finanziare i campi estivi vendendo rose. Di solito con dei calcoli non adatti al mercato: a mezzogiorno avevamo già finito le rose oppure arrivati alla sera le restanti dovevano essere vendute scontate.

E tutto questo nella mia città, nel cuore della vita, dalla Piana di Om e il Born alla passegiata di Pere III e via Guimerà. Centro nevralgico del commercio dove le bancarelle delle librerie emblematiche dell'epoca - non ne rimane più nessuna, di quelle - il Símbol, la Xipell, erano rafforzate da vari collaboratori reclutati tra amici e conoscenti.

Il paesaggio visuale si riempiva in modo discreto ma inarrestabile di bandiere catalane utilizzate come gonne delle tavole, segnalibri o in combinazioni di fiori. Il paesaggio comunicativo respirava per un giorno un odore di libertà, con la maggior parte dei giornalisti spagnoli -gli unici- che riempivano i pochi spazi di libertà per superarli.

Questi sono i miei nostalgici Sant Giorgio. desidero solo che da pochi anni possa prescindere della nostalgia per descrivere le giornate attuali, perché possiamo viverele con normalità. Quella che dà solo la libertà.

Josep Huguet
@Josep_Huguet

Ex ministro del Governo della Catalogna (2004-2010),
Presidente della Fondazione Irla,
Ingegnere industriale.
 

 
Traducció de Maria Barceló

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