venerdì 17 maggio 2013

Qui sono i veri lingua nazisti?

Alla fine degli anni cinquanta e all’inizio degli sessanta, sotto la dittatura del generale Franco, decine di migliaia di persone provenienti da varie regioni della Spagna emigrarono a varie zone europee dove speravano di trovare una vita migliore.  Una delle destinazioni più importanti dagli emigranti spagnoli fu la Germania. 

L’altra fu Catalogna, un paese allora distrutto dal fascismo durante la guerra civile spagnola (1936-39) ed una regione con severe rappresaglie politiche, culturali e soprattutto linguistiche; ma, anche se con difficoltà, riprese con forza la sua lunga tradizione industriale. La Catalogna, con un 80% di catalono-parlanti negli anni ’30, raddoppiò la sua popolazione tra gli anni 1970-80 con il contributo delle famiglie spagnole provenienti dalle aree più povere dalla Spagna. Queste famiglie arrivarono in un ambiente sociale dove c’era una altra lingua che, a differenza dello spagnolo, era vietata negli usi officiali e pubblici ed esclusa dal sistema di istruzione. 

Con l’avvento della democrazia, nel 1979 la Catalogna ottenne uno statuto d'autonomia e di regime d'autogoverno che riabilitò la lingua catalana e la sistemò come unica lingua veicolare nella scuola con l’approvazione della maggioranza dei cittadini, la metà dei quali erano della Spagna e avevano lo spagnolo come lingua madre. I regolamenti successivi dello status della lingua catalana hanno goduto sempre di ampi consensi tra i partiti politici rappresentati nel Parlamento della Catalogna; una prova della inesistenza di conflitto linguistico interno e della incorporazione del uso e della conoscenza del catalano in modo naturale dagli immigranti spagnoli e, successivamente, dagli immigranti di origini prevalentemente africane e sudamericane. 

La lingua catalana è vista dai cittadini come strumento d’integrazione e non d’esclusione, come un’opportunità di migloramento sociale, come punto di incontro tra le culture e non come un ostacolo per i nuovi arrivati. Questa società, multilingue, multietnica, tollerante e aperta che sopravvissea  40 anni di dittatura fascista e che ha integrato senza conflitti sociali una popolazione che la raddoppiava, è quella che ora viene considerata come Nazstai dai centri di potere di Madrid ossessionati da una Spagna monolitica dove solo si parli una lingua considerata superiore, si abbia una cultura considerata superiore e una nazionalità considerata superiore. Qual è, in questo conflitto, il nazionalismo preponderante?

Leggi questo articolo in inglese

Vicedirettore. El Punt Avui

0 comentaris:

Posta un commento