martedì 23 dicembre 2014

Meglio piccoli

Ci sono dieci banche al mondo che sono considerate il cuore del sistema finanziario globale e una di queste è il Crédit Suisse. Si tratta di una delle istituzioni bancarie più riconosciute al mondo e ha superato la crisi con meno problemi rispetto ad altre banche del suo livello. E’ una delle grandi, lo dico per sottolineare quello che hanno detto e che non dovremmo trascurare.
Il servizio di ricerche del Crédit Suisse ha reso pubblico uno studio sul successo dei paesi piccoli e lo ha fatto incorporandoci la Scozia, la Catalogna e le Fiandre, simulando come saremo quando diventeremo indipendenti. Il risultato non lascia spazio a dubbi o a speculazioni sui vantaggi dell’indipendenza. Non dobbiamo neanche tralasciare che, come dicono loro stessi, il motivo di questo studio è la valutazione di quello che potrebbe succedere se la Scozia e la Catalogna fossero indipendenti.
Nel nostro caso concreto, una Catalogna indipendente andrebbe ad occupare la posizione numero venti nel range di eccellenza che si basa sull’indice di sviluppo umano. L’aspetto interessante che dobbiamo sottolineare è che l’attuale stato spagnolo (con la Catalogna inclusa) occuperebbe la posizione ventitreesima ma lo stato spagnolo senza la Catalogna cadrebbe in picchiata fino alla trentesima posizione. Sette posti più giù di colpo.
Margallo (il ministro degli Affari Esteri) continua a dire che la Spagna va bene, che la Catalogna è un disastro e che, senza di loro, noi galleggeremo nello spazio siderale. Bien sûr…

Vicent Partal

Leggi di più »

giovedì 18 dicembre 2014

ERC, sì a Finanziaria per 'road map' indipendenza

Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) ha presentato emendamenti parziali alla Finanziaria 2015 elaborata dall'esecutivo di Convergència i Unió (CiU) di Artur Mas, ma non un emendamento alla totalità, come quelli presentati da tutti i gruppi dell'opposizione, per non compromettere i negoziati sulla 'road map' indipendentista. 

Il deputato catalano Pere Aragonès ha dichiarato che "non è un assegno in bianco" quello dato all'esecutivo, che comunque consentirà al documento contabile di iniziare l'iter parlamentare.

Il diputato non ha risparmiato le critiche alla Finanziaria:"non ha nulla a che vedere con il programma annunciato da Artur Mas e non contiene un impegno deciso per le strutture di Stato (...) non si tratta dei bilanci di previsione di uno stato in costruzione, ma di quelli di un'autonomia in agonia". 

Intervista di Help Catalonia a Pere Aragonès: Spagnolo è Catalano

Leggi di più »

domenica 14 dicembre 2014

Toro Jubilo (Allegria): ferocia pura











Medinaceli è un paese nella provincia spagnola di Soria. Ogni anno a novembre, da secoli, si svolge il tradizionale "Toro Jubilo". L'origine non è nota con certezza, ma gli antropologi indicano che, ad iniziare, sono stati i popoli iberici, addirittura si pensa che, questa usanza, provenga dall'età del bronzo. Nel 1559 Filippo II ne è stato un testimone e ne sono rimaste le prove nell’archivio dei Duchi di Medinaceli. Questa è la prima volta di cui si abbia una testimonianza scritta del barbaro evento. Nel 2002 la Giunta di “Castilla y Leon” ha dichiarato questa manifestazione di Interesse Turistico Regionale.

Il toro, con le corna legate con una corda, viene trascinato fino ad un palo, gli si pone sulla testa un supporto in metallo con due sfere che bruciano per circa un'ora, bruciandogli il muso, gli occhi, impedendogli di respirare. La tela mescolata con trementina e zolfo, brucia ininterrottamente per quasi un'ora, e durante questo periodo il toro tenta invano di liberarsi dal fuoco, fuggendo in preda al terrore. La paura e l'ansia lo torturano tanto quanto le ustioni e i colpi che riceve. Il fango che lo copre come una apparente protezione va scomparendo, il fuoco gli entra negli occhi, gli impedisce di respirare, gli brucia il muso e il corpo, e nonostante i tentativi non può evitare i colpi e le umiliazioni . Quando il fuoco sopra alla sua testa si spegne, la festa finisce, e dopo che il pubblico se ne è andato, il toro viene ucciso. Cosí lo vuole la legislazione regionale per tutti gli spettacoli “taurini” (corride), allo scopo di assicurare all'animale una morte senza sofferenza ed evitargli una vita segnata dagli effetti indelebili lasciati dalla tortura. Questi effetti sono a volte così atroci che il toro non ha bisogno di essere ucciso, perché muore prima.

A mezzanotte del 15 novembre è stato martirizzato Islero. Quattro delle settanta persone che hanno protestato sono state arrestate dalla “Guardia Civil” e una cinquantina sono state identificate. Tutto questo per proteggere il sadismo. Il mondo al contrario. Le “bestie” protette e le persone represse.




Jordi Vàzquez
@JordiVazquez

Tedesco
Lingua catalana
Lingua spagnola

Leggi di più »

lunedì 8 dicembre 2014

10 dicembre manifestazione per il Tibet a Barcellona




A Barcellona, i tibetani e sostenitori catalani si terrà una manifestazione del Tibet House (Casa del Tibet) *, alla James Square St (Plaça de Sant Jaume) a 6:00. Il rally è una chiamata a raccogliere Tibet-Cina sui diritti umani. Oggi il mondo è in piedi per il Tibet.

Gli attivisti chiedono ai leader mondiali a prendere un'azione coordinata ora per fare pressione il presidente cinese Hu Jintao a ritirare le truppe cinesi e poliziotti armati dalle città e monasteri in Tibet. Nella repressione, 87.000 tibetani vennero brutalmente uccisi. Ancora oggi, dopo 55 anni, la situazione all’interno del Tibet rimane gravissima. I tibetani lottano per conservare la propria identità contro la repressione e la violenza senza fine del regime coloniale cinese. A Barcelona, il 10 diciembre, a tutti i sostenitori della causa del Tibet un invito a partecipare.

Il rally è uno degli eventi in programma del 'Festival Tibet' nella città catalana per celebrare i primi 20 anni della Casa del Tibet. Sua Santità il 14 ° Dalai Lama ha inaugurato la prima sede del Tibet House Foundation nel dicembre 1994 e la seconda e attuale sede a settembre 2007. Si tratta di una cultura, la solidarietà e la non-profit con un obiettivo è la diffusione della cultura tibetana nativo Catalogna, introducendo le sue diverse espressioni e il suo potenziale contributo alla società moderna.

* Carrer del Rosselló, 181 - Barcellona

Leggi di più »

sabato 6 dicembre 2014

6 dicembre, Festa della Costituzione spagnola

Il governo di Catalogna, una legittimità storica e democratica


Nell’attuale processo catalano verso l'indipendenza política e di fronte all’attitudine negazionista del governo di Madrid – e della maggioranza della classe politica spagnola-, c'è chi ha voluto centrare il dibattito esclusivamente tra la legittimità da un lato e la legalità dall'altro, ovviando quasi sempre che questo è anche un dibattito...
Leggi di più »

Essere liberi di decidere, decidere di essere liberi


Ricordo una volta un’intervista ad un insigne imprenditore catalano che ha sempre tenuto molto presente la responsabilità sociale corporativa che spesso si utilizza come mero strumento di marketing privo di anima. Quell’imprenditore assicurava che “noi esseri umani siamo condannati ad essere bravi ragazzi”. Mi è venuta in...
Leggi di più »

Costituzione

In mezzo a tanti scandali che sta vivendo in questo momento la giustizia spagnola, curiosamente al Consiglio Superiore della Magistratura (Consejo General del Poder Judicial) li è venuto in mente di chiamare a dichiarare il giudice Santiago Vidal, dopo la redazione di una bozza di costituzione catalana. Vidal, con un gruppo di altri giuristi, sta redigendo quello che dovrebbe essere una bozza per una costituzione della Repubblica...
Leggi di più »

Le opcione giuridiche: Cinque vie legali e democratiche


In un’intervista pubblicata da sei grandi testate europee contemporaneamente, il presidente del governo spagnolo ha affermato tassativamente: "Non voglio, ma inoltre non posso [...], autorizzare un referendum [in Catalogna] per la semplice ragione che la sovranità nazionale spetta al popolo spagnolo". Queste dichiarazioni sono, per...
Leggi di più »

Miquel Roca dice che "nemmeno un solo articolo" della Costituzione impedisce di convocare una consultazione 


L'ex-dirigente del partito CiU, giurista e uno dei padri della Costituzione spagnola, Miquel Roca Junyent, ha affermato che nel testo costituzionale "non c’è niente, nemmeno un solo articolo" che impedisca di convocare una consultazione in Catalogna per decidere il proprio futuro. Roca ha difeso che "non si può non ascoltare quello che dice...
Leggi di più »

La Spagna è divisibile


L'avvertimento sottile ma pubblico di David Cameron al governo spagnolo sul referendum e la Catalogna ha avuto un rapido effetto. Poche ore dopo e attraverso il ministro degli Affari Esteri, il governo di Rajoy ha risposto al primo ministro britanico dicendo che la Spagna non era divisibile.Càspita! Quale tesi singolare. 'La Spagna non...
Leggi di più »

Il diritto all’autodeterminazione del popolo catalano è una legge che la Spagna deve approvare


L’11 settembre 2012 due milioni di catalani sono scesi in strada per chiedere l’indipendenza. Io ero lì e quello che la gente chiedeva non ha un’altra interpretazione possibile. La risposta della classe politica spagnola è stata contundente e fondamentalmente basata su un unico argomento: l’indipendenza è illegale. Quando si ricorda...
Leggi di più »


Per saperne di più su Costituzione spagnola qui


  • Help Catalonia è un’associazione che non riceve nessun tipo di sovvenzione da parte dello stato, la Generalitat o altre entità. Le persone che portano avanti questo progetto lo fanno in maniera volontaria e non ne ottengono nessun tipo di rendita economica.
    Se ti piace l’attività che svolgiamo e ci vuoi aiutare a continuare a lavorare, puoi fare una donazione al conto IBAN ES69 0049 4751 4421 9506 0811 .
    Si puó anche fare una donazione via PayPal premendo il bottone "Donar" .

Leggi di più »

giovedì 4 dicembre 2014

Indipendenza della Catalogna: gli scenari di Fitch

L'agenzia di rating si sofferma sulla situazione della regione spagnola e dipinge i possibili sviluppi: un fatto che testimonia quanto possa essere vicina e reale l'autonomia.

L'agenzia di rating Fitch ha pubblicato un rapporto in cui chiede un negoziato fra la Catalogna e la Spagna per migliorare il finanziamento dell'economia. Nel rapporto, ripreso dal quotidiano catalano Avui, vengono analizzati tre scenari all'indomani della consultazione politica sull'indipendenza: il primo è il miglioramento fiscale, poi la piena indipendenza, e da ultimo il carreró sense sortida (vicolo cieco) in cui si trova l'economia catalana adesso. Secondo Fitch, il primo scenario è quello che riserva più benefici per la Catalogna e la Spagna. (Avvertenza importante: Fitch può pensarla come vuole, ciò che conta è come la pensa il popolo catalano, e l'indipendenza non è una questione principalmente economica.) In ogni modo, l'agenzia giudica che l'indipendenza potrebbe avere conseguenze negative per entrambe le economie - sopra tutto nel caso di una "rottura disordinata" (che nessuno si augura) - mentre l'ultimo caso, l'attuale arresto di qualunque processo, mette in pericolo gli investimenti d'impresa. La valutazione di Fitch è che nello stallo di adesso il governo autonomo catalano utilizzerà i risultati del processo per approfondire l'agenda della riforma con un referendum formale. Ma l'approccio "feroce" del governo di Madrid, secondo Fitch, rende imprevedibile il processo e i suoi risultati.
Lo scenario più probabile, per Fitch, è che i due governi negozino una nuova sistemazione fiscale per la Catalogna, come è successo nei Paesi Baschi e in Navarra. L'impatto di questa rinegoziazione sul debito sovrano della Spagna sarà "moderatamente positivo" perché si sarà alleggerito un focolaio di rischio politico a medio termine «en el benentès que sigui quin sigui l'acord no comprometi l'estratègia fiscal del govern espanyol», scrive Avui, cioè «purché, qualunque cosa succeda, l'accordo non comprometta la strategia fiscale del governo spagnolo». Fitch si attende anche un incremento degli introiti fiscali a disposizione della Catalogna, perché diminuirebbe il contributo netto della regione al governo spagnolo. Questo dovrebbe avere un effetto positivo sul credito o come minimo stabilizzare il rating della Catalogna. Con maggiori soldi a disposizione, la Catalogna potrebbe attenuare il ritardo nei servizi pubblici essenziali di cui soffre oggi.
Lo scenario, che Fitch giudica «meno probabile», di una Catalogna del tutto indipendente, avrebbe «molto probabilmente» conseguenze negative per il rating del debito sovrano spagnolo. Perfino una separazione ordinata potrebbe creare rischi per l'economia, e ancor più una che fosse invece disordinata. Se per esempio la Catalogna conquistasse l'indipendenza «al prezzo di abbandonare l'Unione Europea e l'Eurozona», i rischi per la Catalogna e la Spagna potrebbero essere esacerbati. L'ultimo scenario, la continuazione del carreró sense sortida, è quello più terribile. La tensione prolungata potrebbe provocare perdite in alcuni depositi a breve termine, che colpirebbero in modo particolare le banche catalane, e ciò potrebbe tradursi in un aumento del costo dei finanziamenti che porterebbe le imprese a «reduir les inversions a la regió» (ridurre gli investimenti nella regione) come misura cautelare. Non c'è un commento ulteriore da parte di Avui, ma il fatto che un'agenzia di rating si sia soffermata sulla situazione catalana mostra quanto appaia ormai vicina l'indipendenza del Paese. 

Paolo Brera

Leggi di più »

lunedì 1 dicembre 2014

Il presidente della Catalogna spera nelle elezioni per arrivare al referendum

Il presidente catalano Artur Mas ha detto che è arrivato il momento delle elezioni, l’ultimo strumento che resta dopo la consultazione del 9 novembre sull’indipendenza della Catalogna.

Il presidente ha preso atto che non esiste un margine per un referendum concordato con il governo centrale e ha detto che la condizione per convocare le elezioni è che si arrivi al referendum sul futuro della Catalogna, intendendo quindi le elezioni come “uno strumento per fare il referendum”.

Recentemente la procura spagnola aveva annunciato di voler denunciare il presidente catalano Artur Mas per la consultazione del 9 novembre sull’indipendenza della Catalogna.

Leggi di più »

lunedì 24 novembre 2014

Catalogna: e adesso?

La votazione della consulta popolare sull'indipendenza della Catalogna del passato 9 di novembre, malgrado i dubbi iniziali con cui è stata ricevuta una volta annunciata dal presidente, è stata un vero successo che ha posto in rilievo l’audacia del presidente nel driblare i tentativi dello Stato spagnolo di fare naufragare il processo.

Il governo catalano ha fatto la sua parte, mettendo a punto locali della Generalità, urne e schede perché la cittadinanza di Catalogna potesse esprimere il suo parere, mentre le migliaia di volontari sono state l'anello della catena necessario per far sí che il processo partecipativo arrivasse a buon porto.

Il popolo catalano ha risposto alla chiamata, ancora una volta, in una maniera chiara e contundente partecipando in massa, rendendo la giornata partecipativa una vera festa della democrazia riempiendo le urne di voti.

Malauguratamente, la cecità politica delle istituzioni dello Stato spagnolo non solo le porta a sottovalutare la dimensione del conflitto e i più di due milioni e trecentomila cittadini che vi hanno preso parte, ma anche, seguendo la sua linea di giudizializzare la politica, a iniziare una campagna di pressione sulla Procura Generale dello Stato perché presenti una querela al presidente Mas, alla vicepresidente Ortega e alla consigliera Rigau. 

Lo spettacolo vissuto è stato grottesco, con la procura di Catalogna che al principio si negava a presentare la querela, non considerandolo opportuno, fino al punto che la Procura Generale dello Stato, capitanata dal signor Eduardo Torres-Dulce, ha ceduto alle pressioni del governo statale e ha deciso di presentarla e utilizzare il potere giudiziale per tentare di risolvere con la giustizia un problema politico. SI evidenziano cosí le mancanze democratiche d’uno Stato spagnolo che disprezza il principio democratico della separazione di poteri. 

Noi Catalani viviamo soggiogati a une istituzioni statali che pretendono penalizzare il semplice esercizio d’un diritto fondamentale quale la libertà d’espressione, dal momento che lo scorso 9 di novembre il Governo della Generalità ha impulsato un processo partecipativo per conoscere l’opinione della cittadinanza sul futuro nazionale della Catalogna. 

E adesso?! 

Ancora una volta si è dimostrato che quando camminiamo insieme siamo più forti e capaci d’arrivare più lontano. La nostra forza è l'unità, che si deve preservare da qualsiasi interesse di partito. Viviamo tempi transcendentali davanti ai quali si deve esigere ai partiti politici responsabilità e che facciano caso al clamore popolare che reclama unità.

In questo senso, sono dell'opinione che si deve impulsare una candidatura trasversale e unitaria, liderata dal presidente Mas, che in future elezioni al Parlamento di carattere plebiscitario ci permetta decidire il nostro futuro politico con tutta libertà e con garanzie piene. 

Una candidatura unitaria aiuterebbe a visualizzare il carattere plebiscitario delle elezioni, lasciando per dopo altre questioni, quando, raggiunta la independenza, se cosí lo vuole la maggioranza risultante, si dovrebbero indire nuove elezioni di tipo costituente.

L’opzione di partecipare uniti sotto la copertura di una candidatura unitaria è quella che ci colloca in un scenario più simile a quello di un referendum, di fronte alla proibizione del governo spagnolo di organizzare una consulta accordata di stile britannico, e agli occhi della comunità internazionale i risultati sarebbero interpretati in maniera chiara e concisa.

In epoche eccezionali, decisioni eccezionali!


Salvador Grifell i Hernández
@s_grifell

Leggi di più »

domenica 23 novembre 2014

Il governo di Catalogna, una legittimità storica e democratica

Nell’attuale processo catalano verso l'indipendenza política e di fronte all’attitudine negazionista del governo di Madrid – e della maggioranza della classe politica spagnola-, c'è chi ha voluto centrare il dibattito esclusivamente tra la legittimità da un lato e la legalità dall'altro, ovviando quasi sempre che questo è anche un dibattito tra la volontà popolare e l'imposizione politica, tra il potere democratico e l’immobilismo del sistema. Nonostante ciò, il negazionismo di Rajoy evita il fatto che non si può occultare impunemente la storia né si può travisare la sua legittimità. Almeno non adesso e qui, nell’Europa del XXIesimo secolo.
Artur Mas, 129 Presidente
della Catalogna
Artur Mas, il presidente della Catalogna, non è alla guida di un governo autonomico creato grazie e in seguito alla Costituzione spagnola del 1978, come si intestardiscono a ripetere ministri spagnoli ed opinionisti dell’unionismo. Artur Mas è il 129esimo presidente della Generalità, la denominazione storica e d’origine medievale delle istituzioni catalane. Le Corti Reali Catalane nacquero nel XIIIesimo secolo –in un'epoca molto remota, quindi, persino in un contesto europeo-, come rappresentazione dei tre bracci: l’ecclesiastico, il militare ed il civile. Ed è a partire dalle Corti che il re accettò, più tardi, la costituzione d’un organo di governo proprio, anche se inizialmente unicamente con competenze fiscali. Quest'organo, la Diputazione del Generale di Catalogna, ebbe con il vescovo Berenguer di Cruïlles il suo primo presidente nel 1359. E le Corti e la Generalità assunsero maggior peso politico e istituzionale con il passare degli anni e con l’indebolimento del potere reale, fin quando, nel 1714, con la fine della Guerra di Successione Spagnola e la vittoria borbonica, si soppressero i diritti storici della Catalogna, tra i quali il parlamento e il governo proprio, e si realizzò l'assimilazione istituzionale a Spagna.

Lluís Companys, 123 Presidente
della Catalogna
E non fu sino alla proclamazione della Repubblica spagnola del 1931, che questi diritti, sebbene solo parzialmente, vennero riconosciuti, mediante la restaurazione sia del Parlamento sia del Governo della Generalità. Non è una casualità che la Catalogna fosse l’unico territorio dello Stato che avesse istituzioni d’autogoverno durante l’epoca repubblicana –eccetto i Paesi Baschi, i quali non le ottennero fino al 1936, a guerra già iniziata.

Il generale Franco, in seguito alla vittoria del fascismo che incarnava, nel 1939 abolí un'altra volta il Parlamento ed il Governo –le due istituzioni che, in termini moderni, intendiamo come Generalità. Però quest'abolizione non significò la sua annichilazione: in esilio continuarono ad esistere ed a resistere. Il 123esimo presidente della Generalità, Lluís Companys, che per la prima volta aveva ricevuto l'incarico nel 1933, lo mantenne fino al giorno in cui fu fucilato dai franchisti –dopo essere stato arrestato dalla Gestapo in Francia- nel 1940. 
Josep Irla, 124 Presidente
della Catalogna
A Companys succedette Josep Irla, l'ultimo presidente del Parlamento prima della fine della guerra civile: seguendo la legislazione catalana, il presidente del Parlamento assumeva il posto vacante del Presidente della Generalità in modo automatico e con pleni diritti, ogni qualvolta non era possibile riunire la camera rappresentativa, come era il caso. Irla esercitò la presidenza del governo di Catalogna in esilio dal 1940 fino al giorno delle sue dimissioni, nel 1954, già malato, solo quattro anni prima della sua morte. Josep Tarradellas –che già aveva partecipato a molti governi della Generalità in epoca repubblicana e anche in quello di Irla-, assunse la responsabilità di mantenere viva la rappresentatività istituzionale, in seguito all’elezione effettuata da diputati riuniti in Messico. Durante molti decenni lo fece dalla sua residenza francese di Saint-Martin-le-Beau. Infatti, mentre Companys significò il legame della perseveranza tra la Generalità repubblicana e l’esilio, Tarradellas protagonizzò il cammino del ritorno. 

Presidente Tarradellas ritorno dall'esilio nel 1977
La sua azione política non sempre ricevette l’approvazione di buona parte degli altri Catalani esiliati, per esempio, per il suo rifiuto di voler nominare il governo, mantenendo cosí l'istituzione solo nella figura del presidente. Però alla fine del 1975, con la morte di Franco e l’inizio della cosiddetta transizione spagnola, Tarradellas seppe giocare bene le carte dei diritti storici democratici che lo legittimavano. Perciò, sin dall'inizio del 1976, stabilí contatti con le forze politiche della penisola, provenienti sia dall’epoca repubblicana sia dall’antifranchismo e cominciò a negoziare con i nuovi poteri dello Stato, in particolare il primo ministro spagnolo Adolfo Suárez.

Nel periodo in cui, dopo le prime elezioni parlamentarie del giugno 1977, il Congresso dei Diputati spagnolo iniziava il suo periodo costituente, Tarradellas culminò il suo processo negoziatore con un viaggio sorpresa a Madrid, dove venne ricevuto dal re Joan Carles e dal primo ministro Suárez, e fece quindi un ritorno lampo a Barcellona, il 23 ottobre del 1977, avendo ottenuto il riconoscimento come presidente della Generalità, e con una multitudinaria accoglienza popolare. In un caso sfortunatamente eccezionale – nel senso che ancora oggi molte delle attuazioni del franchismo non sono state formalmente derogate o annullate, cominciando dal fucilamento del presidente Companys- Tarradellas ottenne sia la derogazione della legge d'abolizione delle istituzioni catalane sia il ristabilimento della Generalità e il proprio incarico –da parte del re in persona- a presidente provvisorio. Si riconosceva, quindi, la leggitimità storica e democratica della Generalità di Catalogna, e tutto ciò ancora prima della promulgazione della Costituzione spagnola del 1978, la cornice legale a partire della quale si generalizzò in seguito la concessione delle autonomie regionali in tutto lo Stato. 

Josep Tarradellas, 125 Presidente
della Catalogna
Tarradellas nominò un governo provvisorio –formato da quei partiti catalani con rappresentazione nelle parlamentarie del 1977- e convocò elezioni al Parlamento di Catalogna il prima possibile secondo la nuova legislazione spagnola, nel 1980, dando inizio ad un nuovo periodo democratico per le istituzioni della Generalità.

Questa traiettoria si scontra frontalmente, quindi, contro chi afferma in maniera continua che l’autogoverno di Catalogna nasce dalla Costituzione spagnola del 1978. Né vi nasce né vi trova la sua leggitimazione. Il fatto che, un anno prima, la monarchia parlamentaria spagnola riconoscesse la Generalità come sistema d’autogoverno della Catalogna e lo facesse nella figura che ne rappresentava la successione della sua tappa repubblicana non è solo una singolarità, è il riconoscimento di una leggitimità anteriore al periodo costituzionale. Anteriore sia dal punto di vista storico sia giuridico. Anteriore politicamente, inoltre. Una leggitimità che arriva da lontano e che nessun governo centrale può diminuire o annichilare. Non sarebbe il primo a volerlo fare, ma neppure il primo a fracassare.

Una leggitimità che proviene dalla storia e, ancor più, dalla sovranità popolare raccolta dal Parlamento della Catalogna. Una leggitimità che permette –e obbliga- al Governo della Generalità di convocare la cittadinanza per esprimere liberamente e democraticamente la sua volontà di futuro.





Josep Bargalló Valls
@josepbargallo
Primo Ministro e Ministro della Presidenza della Catalogna 2004-2006
Ministro dell'Istruzione della Catalogna 2003-2004
Assessore in Comune Torredembarra (1995-2003)
Presidente Institut Ramon Llull (2006-2010)
Dal 2010 è docente presso l'Università Rovira i Virgili

più di questo autore:
La lingua catalana nelle scuole. Quando i giudici vogliono sostituirsi al Parlamento.


più di questo autore in inglese:
Francesc Macià, President of the Catalan Republic


Help Catalonia è un’associazione che non riceve nessun tipo di sovvenzione da parte dello stato, la Generalitat o altre entità. Le persone che portano avanti questo progetto lo fanno in maniera volontaria e non ne ottengono nessun tipo di rendita economica.
Se ti piace l’attività che svolgiamo e ci vuoi aiutare a continuare a lavorare, puoi fare una donazione al conto IBAN ES69 0049 4751 4421 9506 0811 .
Si puó anche fare una donazione via PayPal premendo il bottone "Donazione" .

Leggi di più »

domenica 16 novembre 2014

Nascondere un deficit colossale

Il Ministro delle Finanze Montoro aveva già detto che avrebbe fatto le bilance fiscali per dimostrare che il deficit fiscale catalano non esisteva.

Finalmente, il ministro Montoro ed il suo impiegato Angel de la Fuente, ex-ricercatore del Consiglio Superiore di Ricerche Scientifiche (CSIC) e dell’Università Autonoma di Barcellona, hanno pubblicato i loro “conti territorializzati”.

Dopo un prima lettura, questi sono i miei commenti:

Primo. E’ vergognoso che il ministro nasconda i dati che dovrebbero essere di proprietà pubblica e che non vengano pubblicati affinchè gli economisti possano fare i calcoli che più aggradano, inclusi alcuni metodi scientifici utilizzati da anni. Nascondere i dati e pubblicare soltanto dei “conti territorializzati” cucinati da economisti affini è una vergogna intellettuale. Nei paesi democratici i dati sono dei cittadini e non certo del ministro o del re e gli ex-accademici rispettati non dovrebbero partecipare a questo occultamento.

Secondo. Ho già detto altre mille volte che non esistono bilance fiscali buone o bilance fiscali cattive. Ognuna è la risposta corretta a una domanda concreta.

Terzo. Una volta visto quello che hanno fatto il De la Fuente e colleghi, la domanda alla quale rispondono i loro conti è: “Se la Catalogna fosse indipendente, quanti soldi netti avrebbe la Generalitat una volta tenuto conto delle nuove spese che avrebbe dovuto pagare e che finora pagava il governo centrale?” Risposta: 8.455 milioni di euro. Niente male! E’ confortante sapere che in una Catalogna indipendente, la Generalitat non sarebbe più strozzata e non soffrirebbe più per pagare la sanità e l’educazione. Grazie, ex-professore De la Fuente per l’informazione.

Quarto. Siccome sappiamo che De la Fuente ed i suoi aiutanti hanno fatto l’impossibile per rendere questo dato del deficit il più basso possibile (Montoro aveva confessato che l’obiettivo di questi conti era politico: cioè non voleva dare munizioni al sovranismo catalano!), sappiamo che l’avanzo della Generalitat indipendente sarebbe certamente molto superiorie a questi 8.455 milioni.

Quinto. Con l’indipendenza, i soldi addizionali che avrà la Generalitat non sono i soldi che avrà la Catalogna. Il motivo è che ci saranno molte più spese che saranno a carico della Generalitat e che prima pagava il governo di Madrid, spese che prima si facevano in Spagna e che a breve si faranno in Catalogna. La risposta alla domanda “quanti soldi addizionali avrà la Catalogna come paese in caso di indipendenza?” la risposta è “il saldo della bilancia fiscale calcolata con il metodo del flusso monetario”.

Siccome De la Fuente non ha fatto questi calcoli (e qui è dove quel economista onesto e rispettabile che era Angel perde la sua rispettabilità, perchè un accademico come lui non dovrebbe partecipare a dei programmi di occultamento di dati), possiamo utilizzare i dati della Generalitat: se la Catalogna fosse indipendente, il suo PIL aumenterebbe di 16 miliardi di euro perchè tutte le tasse che (facendo parte della Spagna) vanno via dalla Catalogna resterebbero nel paese.

Sesto. I calcoli di De la Fuente e dei suoi colleghi suppongono che le spese pubbliche non territorializzate e che si fanno a Madrid, portano beneficio a tutti i cittadini allo stesso modo. Porta vantaggi ai catalani il Museu del Prado? tanto quanto ai madrileni (che abitano vicino al museo e lo possono visitare più frequentemente)? e lo stipendio del re? porta beneficio allo stesso modo a un monarchico o a un repubblicano? e lo stipendio del ministro Wert? è un vantaggio per gli spagnoli che vogliono la scolarizzazione in castigliano nella Catalogna o per i catalani che vogliono la scolarizzazione in catalano?

La verità è che è impossibile sapere a chi porta vantaggio ogni euro speso dallo Stato. E, siccome è difficile, De la Fuente suppone ardita e arbitrariamente che tutta la spesa pubblica apporta un beneficio per tutti i cittadini allo stesso modo. E’ chiaro che questa premessa è gratuita, visto che lo stipendio del re non potrà mai beneficiare allo stesso modo un monarchico o un repubblicano e lo stipendio di un ministro che attacca la lingua catalana non avvantaggia allo stesso modo i catalani rispetto ai non catalani.

Ma, se facciamo come De la Fuente e supponiamo che la spesa pubblica beneficia i cittadini allo stesso modo, allora il 16% di tutta la spesa che si fa in Spagna si fa a favore dei catalani in quanto la Catalogna ha il 16% della popolazione spagnola. Che sia chiaro, è una tesi arbitraria malgrado che De la Fuente abbia voluto darle una natura scientifica imparziale che non ha. Sarebbe anche scientifico dire che le spese che non portano vantaggio ai catalani (come lo stipendio di Montoro o di Wert) non dovrebbero essere imputate alla Catalogna.

Settimo. I conti di Madrid sono una barzelletta. Dire, come ha fatto il presidente di quella comunità, che Madrid ne esce “doppiamente dannegiato” rispetto alla Catalogna dal sistema fiscale spagnolo è una farsa. Come ho già detto, i calcoli di De la Fuente assegnano la maggior parte delle spese che si fanno a Madrid alle altre comunità. Non importa se queste spese si fanno a Madrid, generano affari a Madrid e hanno un impatto macroeconomico a Madrid. La realtà è che, secondo De la Fuente, l’85% di queste spese si fanno “per i no residenti a Madrid” e, pertanto, non si assegnano a Madrid malgrado si facciano a Madrid. E, ovviamente, se i madrileni pagano le tasse che devono pagare e l’85% delle spese che si fanno a Madrid sono assegnate alle altre comunità, risulta che Madrid paga molto e riceve poco. Risultato? Un deficit della bilancia fiscale gigantesco, che porta a molti madrileni a dire che i più danneggiati sono loro! Una grande menzogna.

Sarebbe come se un grupo di 17 amici organizzassero una festa nel tuo ristorante. Prendi i soldi di tutti in proporzione alla nostra rendita e, siccome tu sei il proprietario del ristorante, sei il più ricco e sei quello che paga di più. L’amico catalano è il secondo più ricco e, pertanto, il secondo che paga di più. E così successivamente. Se soltanto guardiamo quello che ognuno paga senza tenere conto dell’afffare che si fa con la festa, ne uscirà che tu, il proprietario del ristorante hai pagato più di tutti. E questo è contabilmente certo. Ma quello che non puoi dire è che sei il più generoso e solidale perchè, oltre a pagare la tua quota, stai facendo degli affari stratosferici con la festa. Se tenessimo conto che questi affari si fanno nel tuo ristorante (e questo è il metodo del flusso monetario che De la Fuente e Montoro occultano), risulta che non sei più tanto generoso. E dunque, al deficit di Madrid succede esattamente questo: De la Fuente dice che l’85% dello stipendio di Wert deve essere assegnato a tutti gli spagnoli equitativamente anche se, in realtà, si spende a Madrid e avantaggia i suoi ristoranti e negozi.

Collocare il deficit di Madrid come se fosse paragonabile agli altri appare fatto solo per poter dire che il deficit catalano non è così grande come dicono. Di fatto, questa è stata la reazione della stampa affine. Ma, tra le comunità che non fanno affari con la festa della capitalità, i dati di De la Fuente confermano che la Catalogna è la più danneggiata della Spagna, con un deficit quattro volte più grande della seconda, il paese Valenziano, e quasi sei volte più grande della terza, le isole Baleari.

Riassumendo: dal punto di vista fiscale ed economico, la Spagna è sempre un cattivo affare per la Catalogna e questa realtà non cambia con la pubblicazione della bilancia fiscale di Montoro e di De la Fuente.

L’unica cosa che cambia con questa pubblicazione è che adesso possiamo prendere atto ufficialmente della disonestà intellettuale di chi si arrabatta per nascondere un deficit colossale.





Xavier Sala i Martin
Docente di Economia - Univ. della Colúmbia – USA

 

Leggi di più »

martedì 11 novembre 2014

2.305.290 di catalani hanno partecipato al referendum simbolico





L'80,72 per cento degli oltre 2.305.290 di catalani che hanno partecipato al referendum simbolico sull'indipendenza della Catalogna ha votato "sì". Le domande poste erano due: la prima riguardava l'ipotesi di dare alla Catalogna lo statuto di nazione, la seconda se concederle l'indipendenza.

Il "sì" alla prima seguito dal "no" alla seconda domanda ha ottenuto il 10,07 % dei voti, il doppio "no" il 4,54 % e le schede bianche sono state il 0,56%.

La consultazione, organizzata dai militanti indipendentisti senza monitoraggi indipendenti né liste ufficiali di elettori, ha soltanto un valore simbolico e Madrid lo considera un esercizio inutile.

L'alta percentuale di "sì" si spiega con il fatto che a mobilitarsi sono stati quasi esclusivamente gli indipendentisti. I votanti sono stati circa un 43 % degli aventi diritto.

"Possiamo dire che la giornata di oggi è stata un pieno successo", aveva affermato in precedenza il presidente della Generalitat di Catalogna, Artur Mas, riferendosi agli oltre due milioni di catalani che hanno partecipato alla consultazione sull'indipendenza, dando "una lezione di democrazia".

In una conferenza stampa, dopo aver assicurato che "oltre due milioni di persone" hanno votato, Mas ha ammonito: "nessuno dimentichi e, meno di tutti lo Stato spagnolo, che la Catalogna vuole governare se stessa".


Sì-Sì: 80.76% (1,861,753)

No-No: 10.07% (232,182)

Sì-Bianche: 0.97% (22,466)

No: 4.54% (104,772)

Bianche: 0.56% (12,986)

Altro : 3.09% (71,131)

Leggi di più »

sabato 8 novembre 2014

Manifesto unionista contro il Presidente catalano Mas e la consultazione


Un manifesto firmato da 50 intellettuali ed scrittori spagnoli chiede al presidente del governo spagnolo, Mariano Rajoy, che agisca con mano pesante contro il nazionalismo catalano e che non tratti su nulla con il presidente della Generalitat, Artur Mas, quando convocherà la consultazione del prossimo 9 novembre sull’indipendenza della Catalogna. I firmatari hanno creato una piattaforma anti-catalana chiamata “Libres e iguales”.

Il testo, presentato nel pomeriggio del 15 luglio alle porte del Congresso dei Deputati in un evento senza precedenti, fa un appello a evitare "la sconfitta democratica spagnola", che è il "primo obbligo dei partiti politici". Inoltre, secondo il manifesto, l'indipendentismo catalano “si accoppia con il populismo antieuropeo".

Tra i firmatari spiccano lo scrittore Mario Vargas Llosa e il direttore teatrale Albert Boadella oltre a Jorge Martínez Reverte, Jon Juaristi e Félix de Azúa (scrittori anch’essi), e i giornalisti Arcadi Espada, Carlos Herrera e David Gistau. Firmano il manifesto anche l’expresidente socialista della comunità di Madrid Joaquín Leguina, la deputata del PP Cayetana Álvarez de Toledo, l'exsegretario generale del Partito Socialista Basco Nicolás Redondo Terreros, e l'exsegretario generale del sindacato comunista CCOO José María Fidalgo.

Riunione Mas-Rajoy

Il documento anti-catalanista si preparava da due mesi e si rende pubblico ora, in coincidenza con la manifesta volontà di riunirsi espressa da Rajoy e Mas. Su questo incontro il manifesto considera che "la sfida secessionista non ha ricevuto la risposta che si merita".

I firmatari del manifesto chiedono che lo Stato spagnolo “applichi tutta la legge e avverta con chiarezza sulle conseguenze della sua violazione", riferendosi agli effetti che potrebbero ricadere sul presidente Mas se fosse convocata la consultazione del 9-N. "Nessuna infrazione legale può restare impunita e nessuna sentenza può essere violata", aggiunge il documento.

Impegno politico

Infine, il testo chiede a PP, PSOE e UPyD di dimostrare "il loro impegno con i fatti", e che su questa linea devono rivendicare la Costituzione spagnola, rifiutare qualsiasi trattativa limitante la sovranità ddell’insieme dei cittadini e organizzare un evento pubblico di unità di azione contro il secessionismo che garantisca la decisione di sottomettere a referendum "qualsiasi alterazione delle basi costituzionali".

Bernat Vilaró

 

Leggi di più »