lunedì 30 giugno 2014

La 'grande manovra' è iniziata







In questi ultimi quattro anni lo stato spagnolo ha perso solo tempo riguardo alla questione catalana. In particolare il presidente Mariano Rajoy, che ha mantenuto un atteggiamento di rifiuto della realtà chiaramente contraria agli interessi del suo paese, diventando una delle cause profonde della situazione attuale. In questo momento lo stato sà che il 9 novembre prossimo ci sarà il referendum, che il “Si-Si” vincerà e, cosa peggiore per loro, sà anche che la comunità internazionale lo accetterà e che accetterà il nuovo stato sorto da questo processo.

Per tentare di fermare tutto quanto, dunque, non valgono più delle piccole riforme nè patti circostanziati. La Storia, con le maiuscole, si può combattere solo con la Storia con le maiuscole, ed è ciò che tenta di fare la Spagna con 'la grande manovra'. Dopo le elezioni europee e visti i risultati, tutti sapevano che sarebbe spuntato qualcosa di grosso. Ed eccoci qui.

Devo richiamare l’attenzione sulle dichiarazioni di qualche giorno fa, del giudice Santiago Vidal spiegando la visita che dovette fare al Consiglio Superiore della Magistratura, per dichiarare sulla questione della redazione della costituzione catalana. Vidal racconta che, in forma insistente, le chiedevano se la Catalogna avrebbe accettato di avere lo stesso re della Spagna. E, evidentemente, non pensavano a Juan Carlos perchè Juan Carlos non ha alcuna credibilità per una manovra di questo tipo.

E sottolineo anche la dichiarazione di sabato scorso di Mariano Rajoy quando, per la prima volta, si offriva di discutere su una riforma federale della costituzione per risolvere il caso catalano.

Juan Carlos, evidentemente, giustificherà la questione con motivi personali, ma non riuscirà a spiegare quali sono le cose che sono cambiate, dal punto di vista personale, in queste ultime settimane perchè sappiamo tutti che non è cambiato nulla. Lui presenterà la decisione come molto meditata e presa da tempo, da gennaio. Ma non illudiamoci: Juan Carlos abdica così precipitosamente che non hanno neanche pronta la legge nè l’ordinamento che lo giustifichi. E che dovranno fare in fretta e furia. Perchè? Perchè definitivamente è cambiata davvero la situazione nella quale si trova la Catalogna. Perchè quello che bisogna risolvere d’urgenza è la situazione in Catalogna.

La 'grande manovra' è stata attivata, dunque. Adesso coroneranno Filippo di Borbone, che velocemente farà qualche cenno verso la Catalogna e delle proposte. Cenni e proposte accompagnati e accettati, molto probabilmente, dal PP e dal PSOE, allo scopo di evitare l’indipendenza della Catalogna accettando comunque un regime unico ed eccezionale per il Principato catalano. Soltanto dalla massima istituzione dello stato potrà essere giustificato un cambiamento radicale come quello che proporranno, senza provocare agitazione nelle file del PP.

Non bisogna innervosirsi nè preoccuparsi. L'abdicazione di Juan Carlos è un altro sintomo che ci aiuta a capire fin dove siamo arrivati. E la dimostrazione che possiamo muovere qualsiasi montagna, se vogliamo. In ogni caso, adesso vedremo cosa succede all’interno del movimento indipendentista finora unito. Se c’è una parte, la più proclive ad ascoltare la terza via, che si stacca o che accetta una formula del tipo “due stati, un solo re”.

Ma su questo, avremo tempo per parlarne.

Vicent Partal, Vilaweb

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domenica 29 giugno 2014

Pep Guardiola : “La Catalogna é la mia patria e non la Spagna”.





“La Catalogna é la mia patria e non la Spagna”. In un report presentato dalla televisione púbblica tedesca ZDF, hanno messo l’espressione “Catalogna é la mia patria e la Catalogna non é la Spagna”, in bocca all’allenatore catalano, per reclamizzare il report, sebbene l’espressione non sia testuale.


Il giornalista che ha condotto il report, ha viaggiato fino Santpedor, paese natale di Guardiola, ed ha raccolto frammenti di altre videoregistrazioni, come una di La Sexta, in cui l’ex-tecnico blugranato diceva che “il mio paese é la Catalogna e se giocai con la Spagna é perché la nazionale catalana non puó giocare competizioni internazionali”.


L’attuale tecnico del Bayern Munic incoraggió mercoledí scorso il giornalista Francesc Garriga, al quale la UEFA aveva ammonito per far domande in catalano, a rifarle. “Come la UEFA mi rimproveró ieri per far domande in catalano, oggi le faró in spagnolo”, “Ti sbagli, puoi farle in catalano”, ha risposto Pep Guardiola. Nel canale di tv Esport 3 si puó accedereal diálogo, che ha avuto luogo nella sala stampa del Santiago Bernabéu .



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giovedì 26 giugno 2014

Il rapporto del Ministero degli Esteri ammette che la Spagna dovrebbe trattare una “equa” distribuzione del debito in caso di indipendenza





Il rapporto giuridico del Ministero degli Affari Esteri sulle conseguenze di una eventuale dichiarazione di indipendenza della Catalogna reso pubblico questo sabato, ammette che la Spagna dovrebbe trattare la distribuzione del debito e dei beni in forma “equa" in caso di consumarsi la secessione. Si tratta del primo riferimento scritto redatto dallo esecutivo spagnolo di fronte a un eventuale scenario post-indipendenza.

"Per quanto riguarda la sucessione in materia di debiti [...] regge in primo luogo l’accordo tra gli interessati", ammette il rapporto giuridico, e aggiunge che "in mancanza di accordo, il diritto internazionale prevede il criterio di trasmissione del debito in proporzione equitativa". E non soltanto in materia di debito ma anche sulla distribuzione dei beni: "Bisognerebbe trovare un accordo tra i due stati, altrimenti ci sarebbero delle compensazioni equitative". Anche se, in termini generici, il rapporto giuridico del Ministero considera che la Spagna "sarebbe ancora titolare dei beni, sebbene i beni immobili e mobili dello stato precedente (Spagna) che si trovino (o siano vincolati) nel supposto stato (Catalogna) potrebbero passare alla titolarità di quest’ultimo".

Il rapportro conclude, però, che la Catalogna non avrebbe accesso alle Nazioni Unite se si proclamasse indipendente in forma "illegale", che di fatto è l’unico modo, secondo il parere del governo spagnolo, per poterlo diventare.

Il rapporto si basa su "molteplici risoluzioni delle Nazioni Unite". Brandisce il principio dell’integrità territoriale, che "è irrinunciabile ed in nessun caso può essere oscurato allegando la libera determinazione dei popoli". Il documento considera che il principio di autodeterminazione non è applicabile al caso catalano, che non esiste nè il diritto a decidere nè il diritto alla secessione e che una indipendenza unilaterale costringerebbe la Catalogna a restare in un "limbo" giuridico, perchè la comunità internazionale "non dovrebbe" riconoscere il nuovo stato non avendo rispettato il diritto costituzionale spagnolo nè il diritto internazionale.

L'eventuale indipendenza, dunque, per la prima volta è uno scenario plausibile in un documento ufficiale del Ministero degli Esteri spagnolo.

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domenica 22 giugno 2014

L'Istituto Geografico spagnolo ha smesso di includere la Catalogna nel logo che risulta molto esplicito


Il logo attuale dell'Istituto Geografico Spagnolo non include la Catalogna nella mappa, almeno apparentemente. Il disegno simula il perimetro della penisola iberica e, all’altezza approssimata della regione dell’Aragona, la linea azzura traccia una curva e scende per andare a cercare il mare nella zona del paese Valenziano, escludendo il Principato. 

Non si sa se il contorno del territorio spagnolo sia intenzionato oppure frutto della creatività del disegnatore. In ogni caso, a ovest, nell’altro lato della penisola, viene tracciata anche una linea che evita il Portogallo, come d’abitudine nelle mappe della Spagna.

L'Istituto Geografico Spagnolo è un organismo che dipende dal Ministero di Opere Pubbliche, la cui titolare è il ministro Ana Pastor.


Xavier Lladó
El Singular Digital - 13/05/2014

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mercoledì 18 giugno 2014

Fondi di investimento tedeschi fanno domande sulla Catalogna indipendente

Fondi di investimiento tedeschi fanno domande su una futura Catalogna indipendente, secondo quanto ha informato Mariano Guindal sul giornale 'La Vanguardia' di oggi. Guindal scrive che il presidente di una importante società quotata nell’indice IBEX spagnolo ha raccontato che durante l’ultima assemblea generale "un azionista rappresentante di un fondo di investimento tedesco" ha chiesto se era stato elaborato un piano nel caso che la Catalogna diventi indipendente.

Il presidente della società ha dato una prima versione politicamente corretta, dicendo che malgrado i principali attivi della compagnia fossero ubicati in Catalogna, non era stato elaborato alcun piano alternativo perchè non consideravano che questa possibilità potesse avverarsi.

"Di fronte all’insistenza dell’azionista, ha sottolineato che in ogni caso "le nuove autorità avrebbero rispettato la sicurezza giuridica degli investitori installati sul territorio", espiega Guindal, il quale indica che il processo catalano "ha cominciato a penetrare tra gli investitori internazionali". 


Lluís Bou
El Singular Digital - 11/05/2014

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martedì 17 giugno 2014

Di merda


Se avete abbastanza peli sullo stomaco, andate su Twitter e fate una ricerca sulle volte che, ogni giorno, viene utilizzata l’espressione ‘catalanes de mierda…’ (non serve tradurre). E’ un riscontro scoraggiante —tristissimo—, ma è la pura verità: l’anticatalanismo in Spagna è una industria, un’energia rinovabile, soprattutto ora che si parla della possibilità di creare uno stato proprio per il nostro paese.

Ormai sono insulti nemmeno tanto nascosti dall’anonimato o dalla massa. La gente dice cose come queste con nomi e cognomi, senza nessun tremito della voce. Esiste un clima di tolleranza assoluta verso certe squalifiche, mentre altre proposte odiose trovano subito una censura implacabile.

Il discorso dell’odio, proveniente dal razzismo, dal fascismo —o dall’atteggiamento postrivoluzionario sinistroso…— fa che subito appaiano le grandi parole umilianti. I più sensibili davanti all’argomento della razza —che subito si fanno delle foto con ananas o banane— guardano dall’altra parte quando si tratta di mettere un freno alle aggressioni verbali e fisiche che possa subire qualcuno per il solo fatto di essere catalano o di parlare la nostra lingua. L’antirazzismo è “cool”, difendere i catalani invece, è qualcosa da pezzenti —o dell’alta borghesia, dipende dall’umore della giornata. Avete mai sentito un intellettuale castigliano chiedendo tolleranza o rispetto? Quando si tratta di confrontare il sovranismo con il totalitarismo nero o rosso sono molto perspicaci; ma quando si tratta di difendere l’integrità fisica e morale dei catalani sono molto riservati e prudenti… 

Il tweet ‘catalanes de mierda’, fatto da un alto funzionario spagnolo della ‘Marca España’, motivò la sua destituzione, certamente, ma nessun tipo di sanzione con la scusa che l’aveva fatto ‘in ambito privato’, la meraviglia…(e adesso lo hanno premiato con un consolato in Australia, n.d.t.); nessuno di quelli che twittano, ogni minuto, in questo senso ricevono nessuna censura o chiusura del conto (nessuna sanzione), inversamente da quello che succede se ci si atteggia arrogante contro altre minoranze. Insultare i negri è visto molto male, lo sapete; ma insultare i catalani, è gratis. 

L’estrema destra più oscura chiede di arrestare il presidente Mas e portarlo in carcere per sedizione…; sono gli stessi poeti che proposero una campagna per il ‘diritto a decidere se Artur Mas era un figlio di puttana’… Io mi chiedo perchè non si fa scherno pubblico di queste cose, censura collettiva e dibattiti aperti, come sul razzismo negli stadi. Invece niente, neanche una parola...


Se organizzate qualcosa per diffondere l’idea che un giocatore di calcio negro debba essere chiuso in un zoologico forse andrete in prigione —nel giro di poche ore—; ma fare una campagna simile contro un politico sovranista risulta completamente impunito. E, in più, troverete della gente disposta a cogliere le sfumature sulle differenze ed a discolpare queste campagne, forse anche avallandole con ‘la libertà di espressione’. 

I signori del PP qualificano di fasciste le aggressioni che soffrono quelli del proprio partito ma non usano mai questo aggettivo per squalificare gli aggressori del catalanismo, anche se appaiono ben visibili i simboli del fascismo “giogo e fascio con cinque frecce”. Il PP ha intrapreso la strada di Stalin, che vedeva fascisti dapperttutto (tranne che dove si trovano in forma chiara, esplicita, visibile…). Il PP fa come il rapper Hasél: vede fascisti tutti quelli che non lo seguono, che non sono comunisti puri come lui —devoto di Ulrike Meinhof e di tutti i terroristi ‘anticapitalisti’. E, poi, Hasél si sorprende quando non lo lasciano cantare le sue litanie… lui che vorrebbe tutti i liberali in una fossa comune. 

Tutto quello che non sia la mia ortodossia è fascismo —lo sappiamo…—; tutto quello che non sia unionismo è ETA o complicità con assassini… E così andiamo avanti, che non succede nulla… Nei libri di testo spagnoli si insegna che Lorca e Machado morirono a letto, l’ultimo mentre prendeva il sole nel sud della Francia… Esiste una stupidità malvagia spaventosa, a partire dalla quale si finisce per votare che non esistono i Paesi Catalani, come si potrebbe votare che non esiste l’influenza, e così ci risparmiamo di vaccinare il personale. 

La cosa potrebbe non andare oltre se non fosse che ogni giorno che passa si riafferma il flirt con la possibilità della violenza. Tutti i sostenitori dello estendere, diffondere ed agitare la strategia della tensione vogliono farlo soltanto perchè immaginano che ciò serve ai loro obiettivi politici. Nel calcio è una vecchia strategia continuare a dare piccoli calci al rivale quando l’arbitro guarda da un’altra parte, per provocarlo e vedere se, esacerbato, aggredisce e si fa espellere... così possiamo vincere la partita. Oso dire che questo sta succedendo nella nostra politica… 

Tanta violenza esiste in un pugno misterioso come nel predire brutte aggressioni affinchè si producano e se ne possa trarre un vantaggio elettorale… 

Mi ricorda quell’aneddoto sulla medicina vudú… Lo stregone prediceva e diceva ai malati: ‘morirai entro 30 giorni…’. Passato questo tempo, il paziente moriva sul serio. Non perchè lo stregone avesse indovinato.... ma perchè il paziente si ammazzava da solo, accettando la diagnosi… C’è molta stregoneria vudù nella politica spagnola e catalana, molto interesse a far funzionare le profezie, soprattutto a fare che alcuni pazzi le facciano funzionare… 

Quanto più disordine, più potere avranno i sostenitori dell’ordine. Per questo sono attratti dalla possibilità che il paese si converta in un caos senza capo nè coda. 

Insomma: buon fine settimana.


Melcior Comes
09/05/2014 - El Singular Digital

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lunedì 16 giugno 2014

Google considera il catalano una delle 10 lingue con piú attività del mondo


Responsabili della ditta americana sottolineano l’alto grado di presenza della lingua in relazione al suo numero di parlanti .

Il catalano é ormai una delle 10 lingue piú attive del mondo. Cosí si sono manifestati venerdí scorso responsabili di Google durante una presentazione fatta al secondo congresso Convit, celebrato a Reus e dedicato all’imprenditoria, lingua e immigrazione. I delegati della ditta americana hanno sottolineato l’alto grado di presenza della lingua catalana con rispetto al suo numero di parlanti, 10 milioni di persone, e hanno spiegato le differenze nel ranking fra quelle lingue che presentano attivitá piú in là delle proprie frontiere territoriali e quelle che l’hanno limitata al proprio àmbito territoriale.

Inoltre i rappresentanti di Google hanno fatto notare che in una ditta globale come quella, la gestione del multilinguismo é un fatto naturale dell’organizazzione, ed é pure normale essere circondato da persone che parlano lingue diverse.

Come ci indica Josep M. Canyelles nel seu blog Responsabilitat Global, 'fra i dati interessanti che sono stati riferiti, il rappresentante di Google, Luis Collado (direttore di Google Books e Google News in Spagna e Portogallo) ha enfatizzato che la lingua catalana si trova nel ranking di presenza delle lingue occidentali/internazionali tra il posto 10 e il 15. La posizione si índica con un intervallo perché puó variare nel tempo. Tuttavia il suo grado di presenza é enorme con relazione al numero di 10 milioni di parlanti. Bisogna pur dire che Google distingue in questo ranking quelle lingue che presentano attivitá piú in là delle proprie frontiere territoriali e quelle che l’hanno limitata al proprio àmbito territoriale. In questo senso, la lingua catalana forma parte del ranking delle lingue internazionali'.
articolo in spagnolo, inglese, tedesco


Àlvar Llobet

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giovedì 12 giugno 2014

Castelli per la Normandia


Avvenne il 7 ottobre del 1943. Erano in due. Portavano una bomba a mano, un coltello e due pistole. Beffarono la vita. Un, due, tre. Alla terza. L’ultima notte era molto scura. Ancora uan volta di fronte alla falce, ma ora "come guide di una pattuglia britannica tornarono ad oltrepassare il fiume e aiutarono ad eliminare una postazione di sentinelle tedesche". Sberleffo, scherzo della vita. Uno dei due cadde ferito. L'altro "lo aiutò a camminare finchè fu possibile e dopo lo caricò sulle spalle. Arrivarono tutti e due al fiume, dove salirono su una barca che li portò sulla sponda alleata". Ne fu informata molta gente. Lo dice il giornale. Lo spiega il giornalista nordamericano John Lardner nel “The Evening Sun” di New York. Si, "i primi uomini di tutte le nostre truppe che riuscirono ad attraversare il fiume Volturno". A Napoli. Quelli che hanno sturato lo scarico. L’invasione dell’Italia. Il fiume separava l’esercito tedesco da quello alleato. Il sud dell’Europa iniziava a sbloccarsi. E ora mancava il nord. Sarebbe arrivato anche lì. Il 6 giugno del 1944. Battaglia della Normandia. Quei due erano dei "nostri" e si chiamavano Ferran Esteve e Josep Vilanova. Due catalani. 26 e 23 anni. Lottavano dal 1936. E continuarono con la Guerra europea. Cosa ci facevano là? 

E cosa ci faceva un ragazzo catalano nel Pacifico? Cosa faceva Lluís Vallés de Molló nelle filippine agli ordini del generale McArthur? Nel 1936 aveva 16 anni. Faceva parte delle milizie catalane. Anche lui visse tutto quanto.... e nel 1945 era tenente dei marines americani. Come mai? "Non sono l’unico, ci sono tanti catalani che hanno combattuto e combattono nelle file dell’esercito americano". E come mai, figlio mio? "Ci hanno detto che lottiamo per la libertà del mondo. E ciò mi fa pensare che non ho lottato soltanto per gli Stati Uniti, ma anche per la Catalogna". Dobbiamo spiegare tutto questo.

Ebbene, lasciamolo spiegare ad un soldato della nostra Guerra. Lo scrittore Joan Sales. Se "avevamo preso parte come volontari nella guerra di Spagna è perchè ai nostri occhi quella guerra non era civile ma nazionale: una guerra per la libertà della nostra patria (Catalogna). Ci definiva un’altra cosa, senza la quale non avrebbe avuto senso per noi l’impegno: la volontà di organizzare una unità che, sotto la nostra bandiera riconosciuta dagli alleati, combattesse al loro fianco nella guerra mondiale che allora si trovava nella sua fase più cruenta. Da qui la nostra stretta connessione con i colonnelli Enric Pérez-Farràs, che aveva lanciato un appello in favore di quell’idea e con Vicenç Guarner, che lavorava per farla divenire possibile sfruttando i suoi rapporti con elementi militari nordamericani grazie alla carica che occupava nello Stato Maggiore dell’esercito messicano. Sfortunatamente non potevamo stabilire contatto con il colonnello Frederic Escofet, che era rimasto bloccato in Europa nei territori occupati dai nazisti. Noi li consideravamo i nostri capi (...). Era nostra intenzione che i Quaderni fossero un mezzo di propaganda al servizio della creazione di, appunto, una unità catalana. Credevamo che il nostro esilio valesse la pena se contribuiva al proseguimento della lotta per la Catalogna e, poveri illusi, pensavamo che grazie al nostro contributo saremmo stati chiamati a sederci al famoso “tavolo della Pace” di cui tanto si parlava durante la guerra.

Questa è una delle ragioni per le quali Sales ed il suo gruppo promossero la creazione della rivista più combattente dell’esilio: i Quaderni dell’esilio. Ma non successe nulla. Nè unità catalana, nè niente. Però... come spiega la pubblicazione nel 1944: "Quando potranno essere riuniti tutti i dati e rivedere la storia della partecipazione individuale dei nostri connazionali nella guerra universale contro il fascismo, molti avranno una grossa sorpresa. Alla fine della Prima guerra mondiale si constatò che, in proporzione al numero di abitanti dei rispettivi paesi, c’erano più morti catalani di quelli “yankee”, cosa che non impedì il fatto che, siccome la partecipazione catalana non era di carattere ufficiale -nazionale-, il nostro paese non fosse neanche menzionato nei trattati di pace conseguenti. Non sarebbe il caso di fare che tutti questi sacrifici, con slancio individuale, non siano sterili?". E così via fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Abbiamo sempre offerto un esercito di individualità per gli altri. Siamo dei fantasmi delle altre cause perchè crediamo che così possiamo aiutare la nostra causa quando questa ha perso le forze. Abbiamo più forza per gli altri che per noi stessi. Per questo tutti i nostri soldati sono invisibili. Perfino quello più famoso e decisivo: Joan Pujol Garcia. Barcellonese. Spia del doppio gioco: “Garbo” per i britannici. “Arabel” per i tedeschi. Ebbe un ruolo chiave nel successo dello sbarco della Normandia. Insomma, nella liberazione dell’Europa. L’informazione falsa che Pujol diede alla Germania aiutò a convincere Hitler che il giorno D sarebbe arrivato più tardi e in un altro luogo. Come tanti catalani è conosciuto e riconosciuto più all’estero che da noi. Ma la cosa importante è perchè fece Pujol tutto quello? Di famiglia catalanista, il 1936 le scoppiò in faccia. Come alla stragrande maggioranza di catalani. Vide il fascismo e anche la rivoluzione. Rimase bloccato tra due dittature. Quella che diceva che era "dei nostri" e quella "degli altri". Il rosso ed il nero, come dice Sales. Pur essendo andato in Guerra ne rimase schifato (...)

Lui, come la maggioranza dei catalani, è l’unica terza via: quella della libertà. Ne gli uni nè gli altri. Ma morsi dagli uni e dagli altri. E, a differenza degli uni e degli altri, contrari alla violenza, "io non volevo lottare con le armi". Diventò invisibile, come tutti i catalani. Diventò spia. Per la libertà. E cambiò il gioco dell’umanità. Mentre la Catalogna, paradossalmente, rimaneva sempre più invisibile, sempre più schiava senza libertà. 

Siamo un esercito di individualità. Non riescono a eliminarci perchè siamo dei cecchini dietro a una finestra, sotto il tappeto, dentro gli occhi di una civetta o mimetizzati nella lattuga. Imprevedibili, impercettibili, irrequieti, liberi. Questo vuol dire lottare, ma non significa vincere. Lottatori ma non vincitori. Perchè per vincere, come diceva il Colonnello Vicenç Guarner, bisogna avere "lo spirito del comando". Ordine, obbedienza, disciplina, sacrificio. E ricorda che tutte le democrazie moderne: scandinava, britannica, svizzera... "hanno trovato la loro salvezza per lo 'spirito del comando". Non parliamo di guerra, di bellicismo; parliamo di politica, di società. Ci vuole visione esatta, decisione rapida e precisa. Ci vuole unità.


Il nostro unico esercito è umano. Per questo siamo passati dall’individualità alla collettività. Adesso, dopo 70 anni dallo sbarco della Normandia, l’Europa vede il nostro sbarco di libertà. Cinque milla uomini che alzano delle torri umane in otto capitali europee e in quarantuno paesi catalani. Il cannone delle “Human tower for democracy” spara lo slogan Catalans want to vote. Ma la cosa più ipnotica non sono questi castelli umani che si elevano verso l’alto in forma magnifica. Che lasciano la bocca aperta e un piacevole torcicollo. No. A me quello che mi meraviglia è il tremore dei corpi. Il tremolio delle braccia e delle gambe. Quel tremolio che non ti permette di cadere. Un tremore indistruttibile. Un tremore che elettrizza gli esseri come un filo di alta tensione in mezzo alla tempesta. Come tutti quei soldati che sbarcarono in Normandia e avevano le gambe e l’anima tremante. Come tutti quei soldati catalani che lottarono invisibilmente a fianco degli alleati e che, un giorno, dovremo identificare, riconoscere, omaggiare e spiegare... Oggi il nostro sbarco per tutti quelli che lottarono per la libertà è questo tremore catalano dei “castellers” – uomini che alzano “castells”, torri umane. E’ l’evoluzione del tremore. 

L’Europa, il mondo, possono vedere il tremore della nuova Normandia di questo secolo. Una lotta silenziosa, invisibile, dolorosa, umiliante, tragica, costante, creativa. Ma senza armi, senza guerra. Pacifica, umana. E’ una lotta che trema insieme. E’ il tremolio della verità, come il tremore che si prova prima della libertà.


Francesc Canosa 
El Singular.cat

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lunedì 9 giugno 2014

5.000 Catalani elevano castelli umani in tutta Europa: "vogliamo votare, aiutateci a fare pigna"




71 associazioni catalane di castelli umani hanno attuato in 7 città europee e in 41 località catalane oggi a mezzogiorno sotto lo slogan 'Catalans want to vote'

A mezzogiono circa 5.000 partecipanti di 71 associazioni differenti hanno alzato i loro castelli umani in sette città europee, Parigi, Londra, Berlino, Brussell, Ginevra, Lisbona, Roma, e a Barcelona e altre quaranta città catalane per reclamare il diritto all'autodeterminazione. 

A Barcelona, davanti alla Sagrada Família, la presidente dell'associazione culturale catalana Òmnium Cultural, Muriel Casals, ha letto un manifesto in cui si spiegava che l'attuazione si è fatta come "una invocazione a tutti i cittadini europei" per "far conoscere chi siamo, cosa vogliamo e come pretendiamo compartire il futuro per costruire l'Europa del XXI secolo". "Vogliamo votare, vogliamo decidire il nostro futuro in un referendum", ha detto, "perciò facciamo questa chiamata a tutti i cittadini europei, l'Europa del futuro la vogliamo costruire con voi, come se fosse un gran castello, aiutateci a fare pigna".

I castelli si sono elevati a Ginevra, grazie ai Xiquets di Reus; a Brusselles, con i Castellers di Vilafranca; e a Parigi, davanti alla torre Eiffel, dove ha attuato la Colla Vella dei Xiquets di Valls; e nel resto delle città europee e catalane dove si era convocata l'azione rivendicativa. 

"Quando abbiamo progettato questa azione abbiamo pensato che era importante portare il meglio che abbiamo, il più spettacolare. I castelli lo sono. Sono un patrimonio immateriale dell'Unesco e possiedono un valore e una spettacolarità impressionanti", ha rimarcato oggi a Londra Jordi Bosch, segretario generale della Giunta d'Òmnium, che confida che gli occhi del mondo si fisseranno sulle richieste catalaniste. "È il modo migliore di spiegare al mondo come siamo e rivendicare il referendum, ed affermare la nostra volontà di votare in una maniera pacifica, festiva, anche rivendicativa, culturale", ha aggiunto.

L'associazionismo dei castelli "si è immerso" in questa azione, secondo Bosch. "È il popolo che chiede di poter votare. Lo dimostriamo portando quasi 200 persone in una attuazione di castelli umani a Londra, e che ciascuno si è pagato a spese proprie", ha ribadito Josep Fernàndez, presidente della Colla Joves Xiquets di Valls.

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domenica 8 giugno 2014

Il campo dell’Espanyol intona «Shakira è una puttana» contro Piqué






Il derby Espanyol-Barça è stato vissuto tra molta tensione, sia sul campo che sugli spalti. Tra i cori che intonava una parte dei tifosi della squadra di Aguirre, si è sentito “Trias muori” e “Shakira è una puttana” ogni volta che Gerard Piqué toccava palla.


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giovedì 5 giugno 2014

Se fossi svedese


Se fossi uno Svedese e guardassi i servizi televisivi dedicati a questi costumi ancestrali delle processioni religiose con incappucciati per le strade di Spagna, di marcato gusto barocco, come se il tempo si fosse fermato del tutto, la prima reazione verso uno spettacolo cosí esotico sarebbe la stessa di un potenziale turista. Darei poi una occhiata ai quotidiani  della settimana, dove troverei la denuncia per frode di quasi due miliardi di euro in falsi corsi di formazione in Andalusia; e la relazionarei con l'ultimo informe della Unione Europea (UE) pubblicato questa settimana riguardante la disoccupazione, dove la Spagna, insieme alla Grecia, risulta essere il paese con il più alto indice di disoccupazione di tutta Europa, con sette regioni situate tra le prime dieci europee; le altre tre sono: due della Macedonia e l'isola coloniale di Riunione. Vale a dire, persino la maggior parte delle colonie francesi d'oltremare presentano tassi di disoccupazione migliori di quelli spagnoli. Osserverei la mappa fornita dalla UE e vedrei che in Italia per lo meno il problema strutturale rimane localizzato nel Mezzogiorno; il Nord-Italia presenza cifre di disoccupazione che sono un terzo di quelle più alte registrate in Europa. In Spagna, l'apparato uniformatore dello Stato delle autonomie ha ottenuto un record: persino le regioni che sono il motore trainante dell'economia -- come il Paese Valenziano, l'Aragona, le Baleari e la Catalogna -- superano la linea rossa del 20% di disoccupati. 

E c'è di più. Se da Svedese osservassi la disoccupazione giovanile o quella di larga durata, vedrei che Ceuta e Melilla, le Canarie e Andalusia liderano statistiche  che superano il 55%, assieme alle colonie francesi d'oltremare, Guadalupe, Martinica e Guayana.
E, ignaro di quello che racconta la storia ufficiale, penserei che questi territori spagnoli, allo stesso modo di quelli francesi d'oltremare, sono forse colonie della Corona di Castiglia sottomesse da circa 500 anni alla casta oligarchica che allora si impose e che, ancora oggi, non lascia sviluppare i territori trainanti della penisola.
Se continuassi a ripassare le notizie dell'ultima settimana, vedrei che la Spagna lidera la lista europea di abbandoni scolari. Il paese inoltre lidera la lista europea di giocatori di calcio meglio pagati, di chilometri di AVE (treno d'alta velocità) costruiti, e del costo energeticos più alto. Per cui, essendo Svedese, "mi farei lo Svedese" (in spagnolo significa qualcosa come "farei il finto tonto"). E penserei: perché devo contribuire, sebbene d'una maniera ridicola, al miserabile 1,27% del PIL europeo che si destina a pozzi senza fondo come la Spagna? In qualità di Svedese non mi piacerebbe contribuire neppure con un euro a perpetuare questo immenso sproposito chiamato Spagna. 
Però, se invece di Svedese fossi Catalano, la mia contribuzione allo sproposito spagnolo si collocherebbe strutturalmente tra l'otto e il dieci percento del PIL. Per cui penserei che se Europa è incapace di capire e mettere ordine alle economie estrattive oligarchiche --la principale è quella spagnola--; se Europa non capisce perché la Catalogna, uno dei pochi territori con capacità di reazione davanti al disastro, deve emanciparsi, non merita che Catalogna mantenga il minimo interesse ad appartenere a questa Europa che rafforza i forti e tollera che delle minoranze vivano alle spalle dei deboli. Se guardassi tutto ciò con occhi di Catalano, prefererei non essere Svedese. Meglio Norvegese. 

Leggi questo articolo in spagnolo






Josep Huguet
Josep Huguet i Biosca es un politico catalano. E 'stato Consigliere innovazione, Università e Imprese del Governo della Catalogna 2006-2010, e il consigliere di Commercio, consumatori e turismo 2004-2006.

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