sabato 27 aprile 2013

Un errore del primo ministro spagnolo.

Il 21.02.2013 il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha presentato al parlamento spagnolo la relazione sullo stato della nazione. Nella discussione seguente, e interrogato sul conflitto con la Catalogna, ha detto tra le altre cose : “Non é buono negare ai catalani il diritto ad essere spagnoli ed europei.”

Questa frase ha condotto il professore Eduard Sagarra a farne un commento. Eduard Segarra é professore di Diritto Internazionale a ESADE, a Barcellona, una delle migliori scuole di relazioni, riconosciuta a livello internazionale.

Il professore Sagarra dice che anche se la Catalogna arrivasse ad avere uno stato proprio, non vi sarebbe nessuna ragione per la quale i cittadini catalani dovessero perdere la nazionalità spagnola nè l’appartenenza alla UE. Chiarisce che il suo ragionamento non è político, ma strettamente giuridico in base alla Costituzione spagnola del 1978, e i trattati europei, specialmente il trattato del 2009 sul funzionamento dell' Unione. Le sue principali argomentazioni, esposte in forma breve, sono le seguenti.

I catalani, ovunque essi vivano, oggi sono spagnoli. Se sono spagnoli di nascita sono considerati (art.112 della CE) come “spagnoli d’origine” quindi non gli si puó togliere il diritto alla nazionalità spagnola. Anche se hanno una ulteriore nazionalità catalana. Fare altrimenti sarebbe una violazione  della costituzione spagnola.



Contemporaneamente, tutti gli spagnoli e i catalani sono cittadini della UE con diritti individuali garantiti dai trattati europei. Se i catalani sono, come si è detto prima, “spagnoli di origine” hanno il diritto di cittadinanza spagnola, e continuerebbero a essere cittadini della UE con tutti i diritti e obbligazioni che ciò comporta.

Secondo il professore Sagarra, i catalani hanno il diritto alla doppia cittadinanza (art.13.3 della CE e art.24 del codice civile) allo stesso modo dei portoghesi, degli iberoamericani, dei filippini o dei discendenti degli ebrei sefarditi, anche se non si arriva ad avere un nuovo trattato tra la Spagna e la Catalogna.

Si puó avere una o altra opinione sul  fatto legale in quanto se è corretto o facilmente realizzabile politicamente. Peró per i catalani  è chiara la deficente comprensione spagnola di quello che è democrazia, che include ignorare le leggi in vigore attualmente se queste non formano parte di quello che i politici  vogliono.



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giovedì 25 aprile 2013

La Catalogna nel mirino della stampa internazionale

A quanto pare il quotidiano The Times ha iniziato una crociata mediatica contro ogni ipotesi di una Catalogna indipendente. Due giorni fa con un editoriale ha affermato che l'eventuale separazione farebbe tanto male economicamente alla Catalogna quanto al resto della Spagna. Alcuni giorni prima lo stesso giornale pubblicava un articolo a firma Matthew Parris con le stesse argomentazioni e con il titolo incendiario “La Catalogna è una bomba a orologeria peggiore di Cipro”. 

E' risaputo che il quotidiano britannico The Times ha uno spiccato accento conservatore e che l'ex-presidente del PP Aznar ne è un opinionista. 

Ciò che forse non è molto noto è che il signor Parris, oltre ad essere un giornalista, è stato anche un membro del partito conservatore britannico. Un uomo con un interessante curriculum arricchito da alcune curiosità, come aver ricevuto una medaglia dalla “Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals” direttamente dalle mani della recentemente scomparsa Margaret Thatcher, per essersi tuffato nel Tamigi per salvare un cane. Non stiamo parlando del solito corrispondente che lavora a Madrid e non ha la minima idea di ciò che accade in Catalogna. Il signor Parris ha vissuto e lavorato nel nostro Paese, e per questo si suppone conosca bene la nostra realtà anche se non sembra volerlo dimostrare. 

“Il danno che il separatismo catalano può fare al resto della Spagna è esso stesso un argomento contro il separatismo”. 

“Se i separatisti dovessero ottenere il referendum e vincerlo, questo potrebbe devastare tutta la regione”. 

Se abbiamo capito bene, lo Stato spagnolo ha il diritto a difendere i propri interessi. Stessa cosa vale per l'Europa. Ma se lo fanno i catalani allora sembra incombere l'apocalisse. 

Andiamo in ordine. E' interessante che una pubblicazione del prestigioso The Times dica che senza la Catalogna lo Stato spagnolo affonderebbe. Ciò che non è tollerabile in alcun modo è che i catalani siano ritentuti responsabili della sopravvivenza economica di un Paese che li ha asfissiati per tutti questi anni. E mi sembra allo stesso modo irresponsabile affermare che, senza la Spagna, le cose per la Catalogna volgerebbero al peggio. 

Questa sorta di ricatto psicologico no fa presa su di noi, tuttavia indigna profondamente un Paese che ha subito per anni un prelievo fiscale ingiusto con la scusa della solidarietà fra autonomie, che ha cercato invano di trovare un accordo con lo stato centrale e che in cambio ha ricevuto solo insulti e rappresaglie. 

Quale risposta possiamo dare ai nostri lavoratori pubblici che subiscono per il terzo anno consecutivo un decurtamento dello stipendio? E alle 100˙000 famiglie catalane che vivono al di sotto della soglia di povertà? E ai 860˙000 catalani disoccupati? E alle imprese catalane che esportano ma che non ricevono credito? 

D'altro canto, l'autore tralascia di parlare del deficit fiscale che anno dopo anno la Catalogna subisce (16 miliardi di euro, l'8% del PIL) o del deficit cronico di infrastrutture che riduce il potenziale economico del Paese. Senza questo peso, la Catalonga non dovrebbe solo limitarsi alla sopravvivenza, come suggerisce l'editoriale del The Times, bensì godrebbe di un'economia nella media europea, con un livello di benessere paragonabile a quello dei cittadini olandesi o danesi. 

Se noi fossimo indipendenti, la sopravvivenza economica della Spagna sarebbe un problema del solo Stato spagnolo e dell'Europa, non della Catalogna. Non sarebbe giusto appiopparci questa responsabilità perché siamo i primi a preoccuparci di assolvere i nostri doveri, di aggiustare i conti e di aumentare la nostra competitività. Ognuno sia resposabile di se stesso ma ovviamente tutti dobbiamo fare il possibile per il benessere comune. La Catalogna vorrebbe contribuire alle finanze europee direttamente perché siamo convinti che Bruxelles, con tutti i suoi problemi e imperfezioni, amministra meglio di Madrid. Perlomeno ai catalani ispira molta più fiducia il suo senso di giustizia e democrazia. 

La stampa internazionale dovrebbe porre più enfasi nel pressare lo Stato spagnolo affinché assolva ai propri doveri, patteggi la celebrazione di un referendum in Catalogna e così dia la possibilità di decidere ad un territorio e ad una popolazione che lo sta chiedendo a gran voce. 

Non sarebbe più facile insistere sulla negoziazione e sui possibili accordi piuttosto che minacciare il fallimento economico dell'intera penisola iberica?  

Leggi questo articolo in inglese, spagnolo e tedesco
Elisabet Nebreda, 
Cesc Iglésies,


Cesc Iglesies e Elisabet Nebreda 
Rispettivamente Vicesegretario Generale all'Azione Politica e Segretaria nazionale alle Politiche Internazionali 
Esquerra Republicana

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Graffiti unionisti a Igualada contro la Dichiarazione di Sovranità

Gli unionisti reagiscono con nervosismo alle mozioni di supporto alla Dichiarazione di Sovranità che vengono approvate da decine di Comuni del Paese. Ieri sera, l'assemblea del Comune d'Igualada ha approvato una mozione con 18 voti favorevoli e 3 contrari: i rappresentanti del CiU, ERC, PSC e ICV hanno votato a favore, mentre si sono opposti i membri del PP e PxC. All'indomani però, sulle mura del municipio e del dipartimento del Cultura, Educazione e Servizi Sociali, sono apparsi dei graffiti raffiguranti la bandiera spagnola, la croce celtica e gli slogan Viva España, Catalunya es Espanya e Siempre unionistas, nonché le bandiere spagnola e catalana unite, un simbolo molto utilizzato durante la scorsa manifestazione del 12 ottobre nella Plaça de Catalunya a Barcellona.

Alcuni graffiti, oltre che sugli uffici municipali, sono apparsi anche sulla facciata della Basilica di Santa Maria, che si trova a fianco. Gli operai comunali le hanno cancellate tutte durante le prime ore del mattino.

Alcuni di questi graffiti sono firmati dalla sigla DNJ, corrispondenti alla formazione di ultradestra “Democrazia Nazionale”.

Graffiti unionisti sulle mura del Municipio d'Igualada. Foto: @JoanRequesens.

Altri graffiti sulle mura del Consiglio Comunale Igualadino.


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mercoledì 24 aprile 2013

La lotta per l’indipendenza


Dicono che le argomentazioni dei favorevoli all’indipendenza catalana abbiano origine nella sentenza del Tribunale Costituzionale spagnolo (2010) contro lo Stato della Catalogna (2006) e nella crisi economica che stiamo vivendo e che rende ancora più evidente la spoliazione dei beni della Catalogna da parte del governo spagnolo.

Oggi la lotta dei catalani per la propria libertà fa parte della storia dell’umanità. Il testo che presentiamo, illustra brevemente due personaggi del passato della Catalogna. Entrambi si chiamavano Francesc Macià e entrambi hanno avuto il titolo militare di colonnello, ma le loro figure sono state separate da diversi secoli e da circostanze diverse.


Francesc Macià i Ambert (1658?-1713), più conosciuto come Bach de Roda, era un contadino e proprietario terriero che combattè contro l’occupazione francese della fine del XVII secolo. Durante la Guerra di Successione (conflitto bellico europeo su base politica, economica e dinastica) i catalani presero le parti di Carlo d’Austria.
Nel 1704 Bach de Rosa prese parte alla rivolta dei "vigatans" (termine usato per indicare i dirigenti e combattenti nella zona de La Plana de Vic filo-austriaci). Nel 1705 partecipò alla conquista di Barcellona e, durante lo stesso anno e quello successivo, la difese dai borbonici.
Negli anni successivi ottenne il grado di colonnello del Reggimento dei Fucilieri di Montagna. Nel 1713 continuò a combattere nonostante l’occupazione della città di Vic e l’abbondono degli alleati di Carlo, come conseguenza del trattato di Utrecht. Infine, quando si trovava in uno dei terreni di sua proprietà, venne tradito e impiccato a Vic senza alcun processo.
Per i catalani la Guerra si concluse con la conquista di Barcellona l’undici settembre del 1714. Significava esecuzioni, prigioni, bandi, esili. Il Decreto di Nueva Planta del 1716, imposto dalla Spagna, era un nuovo ordinamento politico-amministrativo. Per quanto riguarda l’economia, dal 1714 i borbonici imposero una tassa straordinaria per la guerra e, nel 1716, introdussero anche una nuova tassa catastale.


Francesc Macià i Llussà (1859-1933) entrò all’accedemia di ingegneria militare nel 1874. Nel 1895 divenne comandante e, nel 1904, tenente colonnello. A causa degli incidenti del Cu-Cut! (rivista satirica che pubblicò una caricatura considerata offensiva nei confronti dei militari spagnoli, che decisero di distruggerne gli uffici) del 1905 si pronunciò a sfavore dell’anticatalanismo e, nel 1907, si presentò come candidato di Solidaritat Catalana, rinunciando alla carriera militare di colonnello.
Deputato presso il comune catalano Les Borges Blanques, nel 1919 creò la Federació Democràtica Nacionalista e, nel 1922, il Estat Català (nonostante il suo obiettivo fosse fondare una Repubblica Catalana). Fu esiliato in seguito al colpo di stato di Primo de Riversa nel 1923, ma provò a invadere la Catalogna nel 1926, tentativo fallito e per il quale fu processato in Francia.
Al termine della dittatura (1931), decise di tornare in Catalogna e partecipò alla creazione della Esquerra Republicana de Catalunya (ERC). Dopo avere vinto le elezioni comunali, il 14 aprile del 1931, proclamò la Repubblica catalana. Successivamente però accettò uno statuto di autonomia della Catalogna e accettò il ruolo di presidente del governo catalano, ruolo che ricoprì fino alla morte, nel 1933.
Il governo della Catalogna, chiamato Generalitat, sarà poi eliminato dalla dittatura di Franco al termine della guerra civile spagnola, nel 1939. I campi di concentramento, le esecuzioni, le prigioni, gli esili furono una dura realtà per molti anni.
Attualmente ERC è il secondo partito al Parlamento catalano e uno dei partiti nazionalisti catalani che lotta per ottenere l’indipendenza della Catalogna.

Francesc Bonastre i Santolària.

Spagnolo

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giovedì 18 aprile 2013

Sant Jordi a L'Alghero



Torna in città di L'Alguero la seconda edizione di "Alghero come Barcellona, Sant Jordi a l'Alguer", con un grande appuntamento concentrato nel fine settimana del 20 e 21 aprile. La manifestazione nasce come omaggio della tradizionale festa catalana del Dia del llibre i de la rosa, che in Catalogna ricorre il 23 aprile – festa di Sant Jordi, patrono della catalogna – e che l'Unesco ha riconosciuto come la Giornata Mondiale del Libro e il diritto d'Autore. Secondo la tradizione, Sant Jordi – scomparso appunto il 23 aprile - sconfisse il drago e dal cespuglio germogliato dal sangue del mostro colse una rosa da donare alla principessa liberata e che a sua volta regalò un libro al cavaliere. Giornata ormai simbolo della letteratura universale, il 23 aprile o Diada de Sant Jordi è ricordato anche per la nascita o la scomparsa di importanti nomi della letteratura, primi fra tutti Cervantes e Shakespeare.

In Catalogna si festeggia questa data celebrando l’amore per la lettura allestendo le piazze con bancarelle di libri e rose. Nel 2012 la libreria Il Labirinto Mondadori in collaborazione con la Generalitat di Catalunya hanno promosso una grande iniziativa di due giorni e coinvolgendo le altre librerie della città. La prima edizione di "Alghero come Barcellona. Sant Jordi a l'Alguer" non è passata inosservata. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Il Centro per il Libro e la Lettura infatti hanno raccolto le tantissime iniziative sparse nel paese e hanno indetto un concorso per valorizzare l’impegno dei soggetti che hanno aderito alla campagna e la condivisione di buone pratiche per la promozione della lettura. Una giuria presieduta da Piero Dorfles ha premiato nell'ambito della fiera di Roma "PiùLibriPiùLiberi", Salone della Media e della Piccola Editoria, proprio la manifestazione di "Alghero come Barcellona" per la sua prima edizione.

La seconda edizione di "Alghero come Barcellona. Sant Jordi a l'Alguer" promossa sempre dalla Generalitat di Catalunya e dalla libreria Il Labirinto Mondadori – in collaborazione con l'Amministrazione Comunale, Assessorato alla Comunità e all'Identità, e con la Fondazione Meta - sarà molto più ricca di iniziative, appuntamenti e presenze e coinvolgerà diverse realtà culturali della città: dalle scuole alle biblioteche, dalle associazioni culturali a diversi editori locali e alle principali associazioni di promozione linguistica. Una speciale area verde curata dai florovivaisti del consorzio Corallo Verde sarà allestita all'ingresso della mostra mercato di libri e fiori lungo i bastioni Cristoforo Colombo e tante saranno le attività per i lettori di tutte le età. Con l'iniziativa delle Vetrine Letterarie, cioè l'inserimento nella vetrina del proprio negozio dei propri libri di casa e delle proprie passioni letterarie, quest'anno si è voluto estendere la manifestazione anche alle altre attività commerciali del centro perché tutti si sentano partecipi di una festa rivolta all'intera città e perché contribuiscano a creare un percorso letterario per tutto il centro storico, un invito per i visitatori a scoprire – tra le vetrine – cosa legge la città.

Inoltre tanti amanti dei libri festeggeranno la manifestazione diventando per due giorni Lettori Socialmente Utili riversandosi per le vie del centro storico alla ricerca di persone da intrattenere con la lettura di brevi brani dei propri libri preferiti. Per tutta la manifestazione inoltre i ragazzi del Liceo Artistico di Alghero racconteranno per immagini la leggenda di Sant Jordi allestendo una mostra molto particolare. Un fine settimana di presentazioni di libri in piazza, nelle torri e nelle scuole, letture per i bambini, attività per i ragazzi, mostre di illustrazioni, premiazione di concorsi per giovani lettori, reading, aperitivi letterari, mostre fotografiche, firmalibri, vendita di libri e di rose. Si inizia sabato mattina con una chiacchierata sul fenomeno del giornalismo web in Catalogna. La serata del sabato vedrà poi diversi appuntamenti dedicati alla letteratura catalana coordinati dalla Generalitat di Catalunya, si celebra l’any Espriu per commemorare il centenario della sua nascita (Gueral omaggia Sinera), alternati con alcuni momenti musicali curati da artisti algheresi catalani e la ricca partecipazione di alcune classi degli istituti comprensivi 1 e 2.

Previsti gli interventi del Dipartimento di Architettura di Alghero e del Parco di Porto Conte che – in orari e sedi diverse - coordineranno la presentazione dei loro ultimi lavori. L'associazione Sassari Cosplay aprirà invece gli appuntamenti della domenica pomeriggio con una coloratissima gara ai Bastioni Colombo, a seguire la rappresentazione teatrale itinerante e in algherese della leggenda di Sant Jordi a cura dell'Associazione culturale La Piccola Compagnia. E' la festa dell'intera città, la festa di chi legge, di chi (ancora) non legge, di chi è curioso, la festa dei libri e della lettura, del racconto e delle varie forme di narrazione. A partire da questa idea si è scelto di far uscire i libri dal loro contesto abituale (librerie, scuole, biblioteche, gruppi di lettura) e distribuirli nel territorio, renderli divertenti e aggreganti. Per questo si è scelto di portare il libro in strada, nei luoghi deputati alla passeggiata del fine settimana, portarlo tra la gente e connotarlo di un forte valore ludico, sociale e affettivo, con il fine non solo di creare un momento di festa per chi già legge, ma anche di avvicinare le persone invece meno abituate alla lettura per far capire come il libro – con il suo carattere socializzante – possa diventare occasione di incontro.

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La Spagna annega economicamente la Catalogna


I problemi di mancanza di liquidità e di risorse che deve affrontare il governo della Catalogna, sono occasionati in una grande parte per la pressione e l’annegamento che esercita il governo della Spagna sopra il governo catalano. 

In questo senso e in termini di contribuzione sociale, l’apportazione del governo centrale dello Stato Spagnolo alla Catalogna é stata ridotta in un 92 % negli ultimi tre anni. Concretando in numeri di 72,8 milioni versati nel 2011 il governo catalano ricevirá 5,8 milioni di euro nel 2013 in base al bilancio generale dello stato. 



Questa drástica riduzione del contributo statale per le politicahe sociali riguarda tutti i programmi sociali del Ministero della Previdenza sociale e della famiglia. 

-Il programma concertato dei servizi sociali di base, che comporta la manutenzione di una rete di servizi sociali, cure primarie, gestionate per le entitá locali é disceso un 68,31 % in quanto si muove da 12.293.386 nel 2011euro, fino a 3.896.106 nel 2013-04-07 

- Il progetto d’intervenzione per l’assistenza sociale integrata, la prevenzione della marginazione del popolo zíngaro, c’é stata una riduzione del 68,48% ed é andata a ricevere 99.629 nel 2011 a 38.374 nel 2013. 

- Il programma d’aiuto alle persone con dipendenza é stato ridotto al 100%, e non riceve nessun contributo fin dal 2011. 

- Il programma di accoglienza e integrazione per gli immigrati é diminuito in un 100% e non riceve nessun contributo fin dal 2011. 

- Il programma di servizi che garantiscono il diritto di assistenza sociale per le vittime della violenza doméstica é stato ridotto in un 19,88 % da 632.408 euro a 506.676 euro nel 2013. 

Tutto questo si puó tradurre in una riduzione del 92 % del contributo dello Stato centrale al governo della Catalogna per svolgere politiche sociali, portando al governo della Catalogna a impegnarsi in forma crescente per potere garantire l’attenzione alle persone vulnerabili che vivono nella Catalogna. 

Con tutto quanto, il governo spagnolo coinvolge i cittadini della Catalogna in una guerra sporca e silenziosa che stá portando a termine contra il processo democrático che il popolo della Catalogna ha iniziato per il recupero della sua sovranitá. É importante ricordare questi numeri, il governo centrale deve pagare 8.000,00 milioni di euro che non paga.
Leggi questo articolo in inglese, francese,tedesco e spagnolo

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lunedì 15 aprile 2013

Lettera ad un leader europeo


Lei che ha qualche tipo di responsabilità nella direzione di uno dei governi dell'Unione europea o della stessa Ue dovrebbe sapere che quando il giornalista Matthew Parris del Times ha affermato che la Catalogna era una bomba, aveva ragione solo sulla capacità distruttiva per l’Europa che potrebbe un evento incontrollato in Catalogna, superiore a quello di Cipro o del Portogallo. Nel resto si sbaglia nella diagnosi e nei tempi dell’esplosione.
Lei dovrebbe sapere che mancano poche settimane o mesi perchè la cosiddetta bomba esploda. E l'esplosione non avverrà in primo luogo come una conseguenza di un referendum secessionista che non avrà avuto il tempo materiale di realizzarsi. L'esplosione sarà di conseguenze sociali e ne avrà presto o tardi di nazionali. Ma anche di immediate, economiche e sociali per la Spagna e quindi, per l'Europa.
Mi spiego meglio.
1. Le leggi dello Stato spagnolo impongono un debito di 10 miliardi di euro al governo della Catalogna.
2. La riduzione del deficit pubblico della Spagna viene applicata in modo parziale e non equitativo alla percentuale del peso in cui le autonomie contribuiscono allo Stato. Dovreste sapere che le autonomie in Spagna gestiscono tutti i servizi del welfare: sanità, scuole, servizi sociali, ecc
 
3. Ciò significa che l'apparato del governo centrale, piuttosto che perdere peso sorge in modo relativo sul suo peso svincolandosi di misure restrittive. Lo Stato Spagnolo controlla quasi tutto il budget pubblico e gestisce grandi infrastrutture sostanzialmente inefficienti quanto rete di aeroporti, il Tav (Spagna, primo paese del mondo in termini relativi) ed un esercito di grandi dimensioni per un paese che si è svegliato povero. Inoltre, i soldi pubblici servono a nascondere i buchi aperti da un sistema finanziario che ha contribuito ad un’economia speculativa ed ha ucciso l’economia produttiva.
 
4. All'interno delle regioni la distribuzione delle risorse pubbliche è completamente inegualitario. La Catalogna ha un deficit di bilancio pari al 9% del Pil, mentre la maggior parte delle 17 regioni autonome hanno un surplus fiscale, in alcuni casi superiore al 10% del Pil. Paradossalmente, le autonomie recettrici di questo surplus non hanno dovuto praticamente fare dei tagli strutturali nel welfare. E in Catalogna la disoccupazione ha raggiunto il 27% mentre sanità e scuole sono sull'orlo del collasso.
 
5. Con tutti questi fattori lo Stato Spagnolo pretende di imporre nuovi tagli che raggiungono in Catalogna più di 4 miliardi di euro, con la soglia del deficit pubblico al 0,7% imposto dal governo centrale. In termini relativi, molto più dannosi dei tagli imposti su Cipro e Portogallo, con l'aggravante che la Catalogna non dispone di strumenti di stato ma anche il 9% del Pil annuo viene preso dallo Stato pur quando c’è un debito a Catalogna pari a 10 miliardi.
Personalità europee cui giungerà questo articolo, sappiate che la società catalana non è ancora esplosa perchè ha una speranza di cambiamento del sistema politico con la creazione di uno Stato proprio per superare la mancanza di democrazia, la giustizia sociale e l'inefficienza della Spagna. Il processo di separazione in accordo con l'Ue e la Spagna potrebbe avviare un processo di riforma del fondamento di uno Stato Spagnolo che è un cancro per la maggior parte dei suoi abitanti.
Se l'Ue permette che la Spagna sia la miccia della Catalogna, autonomia che rappresenta il 20% del Pil spagnolo, il 25% dei ricavi dello Stato, il sostenitore economico della Spagna sussidiata, il terzo dell’export ed il 40% dell’export di alta tecnologia e in alcune aree di ricerca, entro 24 ore dallo scoppio della Catalogna, la Spagna cadrà. E dietro verrà l’Ue e tutti voi che troppo spesso guardate dalla distanza ed indifferenza i sacrifici che fanno, e che hanno dovuto sostenere in altri momenti storici, i cittadini della Catalogna.
Se non mi ubicate, tutto questo ve lo dice chi è stato “conseller” 7 anni (ministro, in lingua internazionale) del governo della Catalogna nel settore dell'industria, commercio, turismo e università. Stiate all’erta!
 
Josep Huguet
@Josep_Huguet
Ex ministro del Governo della Catalogna (2004-2010),
Presidente della Fondazione Irla,
Ingegnere industriale.
 
 
 
 
 
 


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sabato 13 aprile 2013

Catalogna, progetto per il progresso


In maniera silenziosa, senza uscire dai confini spagnoli, il catalanismo politico nasce circa 150 anni fa, con una duplice ambizione: ottenere per la Catalunya un proprio spazio - culturale, economico, politico - e modernizzare la Spagna, che appariva uno Stato arretrato, sotto tutti gli aspetti, se rapportata alla rivoluzione industriale catalana. La classe dirigente catalana aveva compreso che in assenza di una rigenerazione della politica (minata dalla corruzione) e di una modernizzazione della Spagna non si sarebbe mai creato il terreno adeguato per lo sviluppo di un progetto catalano di progresso. La Catalunya, dunque, non mirava a una rottura formale con lo Stato spagnolo, né era portatrice di una rivendicazione nazionalista classica; sosteneva, piuttosto, la necessità di non creare ostacoli reciproci. Di fatto, quello che il catalanismo reclamava nel 1900 era: uno Statuto di autonomia (politica), un concerto fiscale (risorse), il porto (infrastrutture e reti) e università (spazio culturale). Oggi, nel 2013, nessuno di questi quattro aspetti è garantito e tutti e quattro sono costantemente minacciati dalla legislazione spagnola o, nel caso delle infrastrutture, dall'assenza di investimenti da parte di uno Stato che lascia la potente economia catalana, nella sua competitività globale, senza alcun sostegno. 

La convinzione che con la modernizzazione della Spagna l'incastro con la Catalunya si sarebbe rivelato positivo e stabile risulta smentita, in particolare, con la modernizzazione spagnola intrapresa nel 1982 (Felipe González). Questo progetto di modernità si mostrerà antagonista con il progetto catalano. La modernità spagnola si sostanzia nella creazione di un macro-centro, Madrid, che concentra tutta la potenza economica, finanziaria, culturale, politica, sportiva, simbolica; si desertificano e si "succursalizzano" tutte le "province", senza distinzione alcuna. Per tale ragione, nonostante la Spagna sia il paese del mondo (eccettuata la Cina) che ha costruito il maggior numero di km di alta velocità ferroviaria, nessuno dei tracciati creati ha toccato (fino al 2013) una frontiera, mentre tutti passano per Madrid. Naturalmente alcune di queste tratte sono state chiuse per carenza di passeggeri e nessuna risulta economicamente redditizia! Questa provincializzazione della Spagna si è rivelata una rovina economica e una zavorra politica, poiché ha creato élites locali senza progetti - fatta eccezione per Catalunya e Paesi Baschi - dedite a sfruttare a proprio vantaggio il rendimento delle opere pubbliche... ben prima della crisi. 


Il catalanismo politico, prima di simili evidenze, aveva ritenuto che occorresse contribuire a finanziare - con le eccedenze catalane - la futura modernità spagnola, per garantirsi il rispetto dello spazio catalano. Così si è accettato il drenaggio fiscale (10% del PIB catalano!) sperando che il patto fosse temporaneo, come poi non è stato: il medesimo drenaggio continua oggi, in una fase in cui la Catalunya ha bisogno delle proprie risorse per far fronte alle necessità sociali derivanti dalla crisi. 

In tale contesto, il catalanismo politico, che abbraccia l'80% o più della società catalana (destra e sinistra moderata), chiede - nel 2006 - di riscrivere lo Statuto di autonomia, al fine di blindare lo spazio catalano, la protezione della lingua e le risorse necessarie per portare avanti il proprio progetto. Si approva così un nuovo Statuto. La Spagna lo ritaglia in molte parti, considerandolo eccessivo, e - una volta approvato in via referendaria dal popolo catalano - viene impugnato davanti al Tribunal Constitucional e nuovamente amputato. Amputato in tutto ciò che di nazionale aveva, ossia di tutto quanto andava al di là di competenze meramente decentralizzate o regionali. Nella sostanza si dice alla Catalunya: sei una regione come qualsiasi altra, avrai quello che hanno tutti. Ma per la coscienza dei catalani non è così: la Catalunya è un progetto di progresso e convivenza, di modernità e vocazione europea, un progetto spiegato e creato in lingua catalana. Un processo che necessita, per esistere, di autonomia politica, di risorse proprie, di spazio culturale e di connessione con il mondo, elementi che la Spagna ostacola. 

In tale quadro il "sobiranisme", il desiderio di indipendenza, non sono soltanto il compimento di un mandato storico, ma anche la congiunzione della coscienza nazionale con un progetto di sviluppo in un quadro europeo. Una nazione è un progetto e la Catalunya non si incastra nella Spagna perché il progetto spagnolo è qualcosa di diverso. La libertà è la conseguenza di una eterna aggressione da parte di una Spagna che non tollera la differenza, che 300 anni fa ha deciso di sottomettere i catalani "alle leggi e alla lingua di Castiglia" e che oggi continua a dettare leggi per imporre il regime linguistico spagnolo a scuola o un orario commerciale omogeneo ai quartieri della Catalunya. La Catalunya non abbandona la Spagna per dispetto o risentimento, ma per la necessità di uno spazio che non esiste sotto la vigenza delle leggi spagnole. Uno spagnolismo che, quando degenera, produce mostri come la dittatura del generale Franco (40 anni) che, dal primo giorno, mette al bando le istituzioni catalane, la cultura e la lingua del paese, la libertà civile e democratica, cercando di realizzare ciò che tre secoli prima avevano imposto i borboni. Si dice: "per governare la Spagna occorre bombardare Barcellona ogni 50 anni". La Spagna è fondata sulla violenza esercitata contro tutto ciò che è diverso. 

Una Catalunya indipendente integrata nell'Unione europea - perlomeno nei legami commerciali - manterrebbe, sul piano umano, eccellenti relazioni con la Spagna, perché queste relazioni esistono già oggi. Occorre differenziare le persone e i popoli dell'aggressivo e opprimente Stato spagnolo (l'incarnazione di élites nefaste che concentrano il potere e la sua narrazione). I sentimenti che condividono catalani e spagnoli (e si dovrebbero aggiungere i portoghesi) si affermerebbero in maniera più piena di quanto non accada adesso che le accuse reciproche avvelenano le relazioni. E' adesso che alla Catalunya costa vendere il suo cava alla Spagna, a causa del boicottaggio commerciale: essendo liberi, saremo amici. Saremo noi nel mondo. Saremo un alleato del progresso, del benessere, dello sforzo di rendere il mondo migliore.
Leggi questo articolo in inglese, spagnolo e francese


Scrittore e giornalista

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venerdì 12 aprile 2013

Somescola.cat richiama alla disobbedienza civile nei confronti del TSJC


 
Dal sito Somescola.cat vogliamo esprimere la nostra profonda indignazione di fronte alla sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna (TSJC) la quale obbliga che un'intera classe scolastica debba seguire tutte le lezioni in castigliano se un solo alunno ne fa richiesta per via giudiziaria. La sentenza del TJSC è destabilizzante e crea una discriminazione all'interno delle scuole. Ribadiamo che non esiste alcun conflitto linguistico all'interno delle aule e che non c'è una fetta di popolazione privata dei propri diritti. Per esempio, quest'anno, nel totale delle iscrizioni scolastiche dell'intera Catalogna, solo 17 famiglie hanno richiesto lezioni in castigliano per i propri figli. Negli scorsi 30 anni, con il consenso sociale e politico, il catalano è sempre stato lingua veicolare e di apprendimento, metodo pedagogico e idioma comune all'interno dei nostri centri educativi.

La sentenza del TSJC introdurrà ora un nuovo motivo di scontro all'interno delle aule scolastiche: l'imposizione dell'interesse di singole famiglie a scapito di tutte le altre e l'idea che il castigliano ha una prevalenza sulle altre lingue e che sia di rango superiore rispetto al catalano, a dispetto di tutte le leggi e della volontà della società. Questa imposizione è il primo passo verso la spagnolizzazione che caratterizza la nuova legge sull'educazione (LOMCE) promossa dal ministro Wert.

Noi di Somescola.cat siamo convinti che i maestri non applicheranno la sentenza all'interno delle loro aule. Per questo motivo, chiediamo che il Dipartimento all'Educazione mostri fermezza e non metta in pratica la sentenza del tribunale né ora né mai. Concludendo, davanti ad una situazione che oltrepassa tutti i limiti di un Paese che vuole vivere in libertà, richiamiamo a una disobbedienza in nome della volontà di difendere il nostro modello scolastico, senza alcuna eccezione.

Per un Paese aperto a tutti, una scuola in catalano!
Somescola.cat

 

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mercoledì 10 aprile 2013

Difendere la lingua a baci



La lingua catalana è parlata in diversi Stati. In Italia, Andorra, Spagna e Francia. L'ultima iniziativa per promuovere il catalano nella Catalogna del Nord (dipartimento gestito dallo Stato francese) è stata un kiss-in, chiamato "Potonejada" in catalano. Si tratta di una manifestazione a Perpignano per baciarsi e mostrare così il sostegno alla lingua.

Il logo dell’incontro è un cuore con le quattro barre della bandiera catalana. L'obiettivo è quello di alzare "un grido d'amore per la lingua". La manifestazione prevede anche la presentazione di una nuova Sardana intitolata "Rosselló Alegre un clam d'amor a la llengua" di Olivier Marquès.

Perpignano si riempirà di artisti, poeti, musicisti, cantanti e scrittori. A marzo 2012 Perpignano è stato lo scenario di una lipdub a favore della lingua, da record Guinness per l’alta partecipazione.
La difesa di una lingua amandola è il modo migliore di far fronte a coloro che la vogliono annichilare, odiandola.



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domenica 7 aprile 2013

Fondi UE per 130 milioni di euro finiscono nelle corride



 
"I cittadini svedesi o tedeschi lo sanno che parte delle loro tasse, che teoricamente dovrebbero essere destinate a creare un'Europa migliore, in realtà finiscono in una corrida?"

Questa
è la domanda che hanno fatto i parlamentari catalani a Madrid, proprio il giorno che il Congresso spagnolo ha discusso la dichiarazione delle tauromachia come Bene d'Interesse Culturale, il che implicherà anche che le corride torneranno in Catalogna, malgrado che il Parlamento Catalano le abbia proibite democraticamente. Al riguardo i repubblicani catalani hanno redatto un documento sulle sovvenzioni destinate alle corride che hanno raggiunto la cifra di 700 milioni di euro, 130 dei quali provenienti dall'Unione Europea.

Il documento, che viene citato anche dal Finalcial Times
, spiega come la tauromachia è "fortemente sovvenzionata" che che senza questi aiuti "questa attività ricreativa probabilmente scomparirebbe". L'allevamento dei tori da corrida già da tempo non è più un affare e, come dichiarano sia i lavoratori che gli economisti, "se le corride fossero lasciate al libero mercato, andrebbero fallite, e sia i detrattori che i sostenitori convengono sul fatto che sono un'attività che non ha futuro senza sovvenzioni".
Questo
è il tallone d'Achille della cosiddetta "festa nazionale": i 130 milioni di euro che la tauromachia riceve dall'Europa grazie alle sovvenzioni destinati ai programmi comunitari sull'agricoltura. In sostanza la UE sovvenziona l'industria dell'allevamento in Spagna, di cui gli allevatori di tori da corrida fanno parte.

Oltre che gli aiuti europei, i catalani criticano anche le sovvenzioni che molte amministrazioni pubbliche spagnole (ministeri, autonomie, comuni, nonché
la TV pubblica RTVE) destinano alle corride, per un ammontare che supera i 570 milioni di euro annui.
 
Fonte: Nació Digital

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giovedì 4 aprile 2013

Boicottaggio dei cittadini spagnoli del vino Cava? Iniziativa di solidarietà lombarda

 
 
Giovedì 28 marzo 2013 presso la cantina Mirabella di Rodengo Saiano (BS) si è tenuta una serata all'insegna dell'incontro tra i prodotti della terra di Lombardia e di Catalogna; nello specifico, il vino catalano Cava e chiaramente il nostro Franciacorta.
"Abbiamo organizzato questa serata dopo la notizia, apparsa anche sui nostri quotidiani, del boicottaggio da parte dei cittadini spagnoli nei confronti del vino Cava, dopo che il Parlamento catalano ha mosso i primi passi che porteranno l'attuale regione spagnola a diventare uno Stato vero e proprio" ha dichiarato il portavoce del movimento proLombardia indipendenza, Giovanni Roversi "noi stiamo dalla parte del popolo catalano in questo frangente, in quanto vorremmo esportare il modello che loro stanno intraprendendo anche nella nostra Lombardia".

 "Non bere il Cava per questioni politiche è decisamente un atto puerile, a nostro avviso." Continua Roversi "Il vino è buo...
nissimo, con una bella storia alle spalle, come abbiamo potuto apprendere dalla sua descrizione fornitaci da un socio della cantina Mirabella, il quale ha davvero creato una serata all'insegna della qualità. Senza preferenze di sorta, abbiamo potuto davvero valorizzare entrambi i prodotti delle due terre d'Europa".

Un'iniziativa che ha riscosso un piccolo successo anche in Catalogna: "Sì, l'eco della nostra iniziativa di solidarietà si è sparsa velocemente anche a Barcellona tramite i social network. In questo modo abbiamo reso un servizio anche al vino franciacortino, un paio di attivisti catalani hanno promesso che per ringraziarci brinderanno alla loro dichiarazione d'indipendenza proprio con un Franciacorta!" ha concluso il portavoce del movimento indipendentista.

Giulio Mattu

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lunedì 1 aprile 2013

What is more, I am a Catalan (Italiano)


“Questo è l’onore più grande della mia vita.

La pace è sempre stata la mia preoccupazione più grande. Sin dall’infanzia ho imparato ad amarla. Da ragazzo mia madre – una donna eccezionale – mi parlava della pace, perché a quei tempi le guerre erano molte.

E poi sono catalano. La Catalogna oggi è una provincia della Spagna, ma cos’è stata la Catalogna? Catalogna è stata la nazione più grande al mondo. Vi spiegherò il perché. La Catalogna ha avuto il primo Parlamento, molto prima dell’Inghilterra. La Catalogna ha avuto le prime Nazioni Unite. Nel XI secolo tutte le autorità catalane si riunirono in una città francese – che allora era catalana – per discutere di pace, nel secolo XI. Pace nel mondo e contro, contro, contro la guerra, la disumanità delle guerre. È per questo che sono così felice di essere qui con voi. Perché le Nazioni Unite, che lavorano unicamente per l’ideale della pace, sono sempre nel mio cuore, perché tutto ciò che riguarda la pace mi tocca profondamente.

È da molto tempo che non suono il violoncello in pubblico, ma sento che è giunto il momento di ricominciare a suonare. Suonerò una melodia folkloristica catalana: “El cant dels ocells” (il canto degli uccelli). Gli uccelli, quando sono in cielo, cantano “pace, pace, pace”, ed è una melodica che Bach, Beethoven e tutti gli altri grandi compositori avrebbero ammirato e amato. E, inoltre, nasce dall’anima del mio popolo e del mio paese, la Catalogna.”

“Very moved, very moved, to receive such a (inaudible) the greatest honour that I have received.

And because you spoke of what I have thought all my life, inspired by my mother, who was a wonderful, genial woman. She talked to me, very early of my age, about peace. About peace. That, at that time, also we had, we were... I was born in the middle of a war. So, everything that the United Nations goes to my heart. Yes. And I have followed all the time what the UN was doing. Now, excuse me if I take your time, and our time, but let me say one thing....

I am a Catalan. Today, a province of Spain. But what has been Catalonia? Catalonia has been the greatest nation in the world. I tell you... I will tell you why. Catalonia has had the first parliament, much before England. Catalonia had the beginning of the United Nations. All the authorities of Catalonia in the Eleventh Century met in a city of France, at that time Catalonia, to speak about peace, at the Eleventh Century. Peace in the world and against, against, against wars, the inhumanity of wars. This was Catalonia. Now I am so so happy, so happy, so moved to be here with you today...”

“I haven't played in public for nearly forty years. I have to play today. And I will play a short piece of the Catalonian folklore. This piece is called The Song of the Birds. The birds in the space sing peace, peace, peace. And the music is a music that Bach and Beethoven and all the greats would have loved and admired. It is so beautiful, and it is also the soul of my country, Catalonia.”


Queste parole sono, ancora oggi, il discorso più importante mai fatto davanti a un organismo internazione sull’“anima del mio popolo e del mio paese, la Catalogna”. Le ha pronunciate, in inglese, davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il violoncellista, compositore e direttore d’orchestra Pau Casals (1876-1973).

Era il 24 ottobre del 1971, in occasione di un omaggio che Casals ricevette presso la sede di New York della Nazioni Unite, dove aveva già suonato nel 1959 e aveva interpretato “El Pessebre” nel 1963. Il Segretario Generale dell’ONU e il birmano U Thant gli donarono la Medaglia della Pace e il musicista catalano – quasi novantacinquenne – gli dedicò l’“Inno delle Nazioni Unite”, che aveva composto lui stesso con un testo del poeta W.H. Auden. Al termine dell’interpretazione, come un fuori programma, un Casals visibilmente emozionato pronunciò le parole che abbiamo appena riportato. Successivamente, le note del “Cant dels ocells” risuonarono provocando la pelle d’oca a tutta l’immensa sala. Come spiegò lui stesso, era molto tempo che non suonava il violoncello in pubblico – che aveva mantenuto il silenzio nel quale si trovava il suo paese – ma per l’occasione ne valeva proprio la pena.

L’inno di Casals, però, non verrà mai ufficializzato come inno dell’ONU, come voleva e avrebbe voluto U Thant. Il binomio Casals-Auden non era, per motivi politi e morali, il pià adeguato in quegli anni di guerra fretta, con molti stati sottomessi a dittature e le grandi potenze con poca voglia di cambiare veramente il panorama politico. L’inno, nonostante tutto, è diventato l’“Inno alla Pace”, nome con il quale è famoso e interpretato ancora oggi.
Pau Casals – spesso più conosciuto come Pablo nel mondo anglosassone e latinoamericano – fu un musicista di fama internazione (nel 1989 ricevette un premio Grammy postumo) non solo per avere introdotto, agli inizi della carriere, una grande innovazione nell’interpretazione con il violoncello, che fu successivamente adottata da tutti i violoncellisti. Casals fu anche un instancabile promotore sia della musica classica, sia della causa della pace e della libertà. Ottimi esempio sono il contributo, insieme ad altri musicisti, alla creazione – nel 1920 – dell’ l'École Normale de Musique (a Parigi) e – nel 1926 – dell’Associació Obrera de Concerts (a Barcellona), volta ad avvicinare la musica classica alle classi più popolari.
Casals che nel 1931 aveva organizzato un concerto, anche a Barcellona, per celebrare la proclamazione della Repubblica spagnola, due anni dopo, nel 1933, rifiutò l’invito di suonare con la Berliner Philharmonisches Orchester. Era il suo modo deciso di opporsi a una qualsiasi ideologia totalitaria: in questo caso l’arrivo al potere di Adolf Hitler e le prime persecuzioni naziste. Già nel 1917 aveva annunciato pubblicamente di non voler tornare in Russia per tutta la durata di un regime comunista non democratico. Negli anni Casals si è dimostrato coerente e non suonò in nessuno stato totalitario.
In seguito alla vittoria del fascismo franchista che pose fine alla Repubblica, rimase sin da subito vicino ai suoi compatrioti rinchiusi nei campi di concentramento in Francia. Tra il 1938 e il 1940 Casals organizzò concerti solidali, fece di tutto per ottenere donazioni e donò personalmente più di 140.000 franchi ai catalani esiliati, tramite due organizzazioni che sostenne in ogni momento: la Chaînes du Bonheur International e la Spanish Refugee Aids.

Vivendo lui stesso in esilio in Porto Rico – dove era nata sua madre, quella “donna eccezionale”, nipote di emigranti catalani – e dopo averlo rifiutato per circa vent’anni, nell’ottobre del 1958 Casals accettò finalmente l’invito di tenere un concerto all’ONU. Il suo grido ad agire contro la minaccia nucleare e il messaggio di pace annesso – registrato precedentemente a Ginevra e trasmesso in 40 paesi – lo convertiranno nel simbolo della lotta per la libertà, sulle note del “Cant dels ocells”, la canzone popolare catalana che lo accompagnava sempre.

Nella sua posizione di ambasciatore universale della pace Casals iniziò, due anni dopo, una relazione epistolare molto stretta con John F. Kennedy, il presidente americano appena eletto, sempre attento alla lotta per la libertà in tutto il mondo e anche nella sua patria che tanto gli mancava, la Catalogna. Nel 1961 Kennedy lo invitò a suonare alla Casa Bianca, riproponendo lo stesso spettacolo che aveva tenuto per la prima volta nella residenza dei presidenti, nel 1904, davanti a Theodore Roosevelt. Infatti, proprio a causa di quell’interpretazione, la stampa statunitense ha sottolineato il parallelismo tra Kennedy e Roosevelt come persone che scommettevano sulla cultura. Kennedy concederà a Casals, nel 1963, la Medaglia della Libertà. 
Una liberta che Pau Casals difese con tutta la forza della sua musica e con la tenacia della sua personalità fino alla morte, giunta in esilio a Porto Rico, nel 1973. Libertà e pace per la gente, per le lingue, le culture e i paesi. E per la sua gente, la sua lingua, la sua cultura, il suo paese: la Catalogna, “the greatest nation in the world”. 
Josep Bargalló i Valls
@josepbargallo

2013, lo stesso discorso:

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