giovedì 7 marzo 2013

Breve storia della repressione della lingua catalana

“La nostra lingua non è mai stata un’imposizione, bensì un incontro; nessuno è mai stato obbligato a parlare in castigliano: sono stati i diversi popoli a fare propria la lingua di Cervantes”.
Questo frammento del discorso dell’ormai anziano re Juan Carlos I in occasione della consegna del premio Cervantes (2001) esprime a pieno le falsità raccontate negli ultimi anni sulla storia della Spagna. I suoi consiglieri o ignorano completamente la storia o presentano un alto livello di manipolazione e cinismo. Sicuramente entrambe le cose.
Tuttavia la storia è ben documentata. Ne propongo un breve riassunto, assolutamente non esaustivo:
Secondo le raccomandazioni del Conte-Duca de Olivares (1625), nel 1712 Filippo V diede istruzioni segrete ai suoi rappresentanti in Catalogna sottolineando che “userà una particolare cura nell'introduzione della lingua castigliana, adottando i provvedimenti più adatti per ottenere l’effetto desiderato, senza che si noti la grande cura”. Lo riconfermò nel 1714, sostenendo che bisognava “provare a introdurre la lingua castigliana nei paesi in cui ancora non viene parlata” (“paesi” è da intendersi come nazionalità e non come comuni o città).
Quindi, a partire dall'annessione del principato, la Castiglia promosse l'analfabetismo in catalano, per ottenere qualcosa che non era mai avvenuto: un territorio sottomesso alla sovranità della Corona di Castiglia. Infatti, il bilinguismo era il primo passo di un processo di sostituzione di una lingua. Questa volontà che inizia ad essere esplicita solamente a partire dal XVIII secolo, attraversa anche il XIX e il XX, e arriva sino ai giorni nostri.
Per essere più chiari, lo spiegheremo in modo sintetico affrontando tutti gli ambiti nei quali è stata applicata una legislazione di ferro senza precedenti, volta a cancellare una lingua. Come dice Jesús Tusón, stimato linguista, “uno stato, una lingua è una delle affermazioni più evidenti della diversità umana, una aberrazione che attacca il pluralismo naturale e storico della nostra specie”.

Ambito educativo
XVIII secolo:
1715 – Consulta del Consiglio di Castiglia: nelle aule non potranno esserci libri in catalano, inoltre non si potrà parlare né scrivere in catalano e la dottrina cristiana verrà insegnata e studiata unicamente in castigliano.
1780 – Regia provvisione promulgata dal Conte di Floridablanca: obbliga tutte le scuole a insegnare la grammatica della Real Academia Española.

XIX secolo:
1821 – Il “Plan Quintana” obbliga a usare il castigliano nel sistema scolatico.
1837 – Un regio editto imponeva punizioni fisiche e psicologiche agli alunni che continuavano a parlare catalano a scuola.
1837 – L'istruzione del Governo Superiore politico delle Isole Baleari: ordina di castigare gli scolari che parlano catalano, chiedendo ad altri alunni di riferire questi episodi.
1857 – Legge Morano: ratificava il divieto di usare il catalano nel settore dell'istruzione pubblica. Si reputa che questa legge sia quella che ha contribuito maggiormente all'analfabetismo nella propria lingua dei bambini catalani, visto che dalla metà del XIX secolo venne generalizzata l'istruzione primaria in Spagna.

XX secolo:
1923 – Circolare che obbliga l'insegnamento del castigliano (durante la dittatura di Primo de Rivera), ma non è l'unica come vedremo di seguito.
1924 – Il generale Losada impone l'insegnamento del castigliano a nelle scuole della Mancomunitat catalana, un territorio che comprendeva Barcellona, Girona, Tarragona e Lérida. Regio ordine che sanziona i maestri che fanno lezione in catalano. Fu proprio nel 1924 che Antoni Gaudi fu arrestato e picchiato per aver parlato in catalano davanti ai membri delle forze di “sicurezza” dello Stato.
1938 – Legge del 9 aprile che abolisce l'Estatut della Catalogna e proibisce il catalano.
1939 – Divieto di parlare e scrivere in catalano in tutte le scuole pubbliche o private.

Antecedenti
La persecuzione del catalano ha dei precedenti che risalgono al XVI secolo, quando il popolo dell'Andalusia fu oggetto di una forte repressione politica, culturale e linguistica. Fu, infatti, introdotta una legislazione di persecuzione nei confronti di quella popolazione: furono privati dei propri vestiti tipici e gli fu vietato di parlare l'arabo. L'espressione usata successivamente nei confronti dei catalani, “parli in cristiano” (“hable usted en cristiano”), deriva da quest'epoca. Se veniva celebrato un matrimonio in una famiglia di moriscos (i musulmani di Al-Andalus costretti poi a convertirsi al cristianesimo), questa doveva tenere aperte tutte le porte e le finestre della casa, in modo tale che i passanti potessero sentire se all'interno si cantava o ballava su musiche tradizionali. Questa popolazione andalusa fu cacciata e divisa su tutto il territorio interno della Castiglia, furono allontanati i figli dai genitori e affidati a famiglie cattoliche, per poter dare ai bambini un'educazione cristiana. La denuncia del regime di semi-schiavitù in cui vivevano questi bambini fu oggetto dell'opera teatrale El Lazarillo de Tormes, di un autore sconosciuto.

Ambito giuridico
1716 – Decreto de Nueva Planta: “le cause nella Regia Udienza verranno recitate in lingua castigliana”.
1768 – Cedola regia di Aranjuez, sotto Carlo III di Borbone. Ratifica l'imposizione del castigliano in tutti gli ambiti del settore della giustizia, in tutte le scuole pubbliche e persino nell'ambito ecclesiastico catalano.
1838 – Gli epitaffi dei cimiteri scritti in catalano non possono più essere utilizzati.
1862 – Legge del Notariado: proibisce l'uso del catalano negli atti notarili.
1870 – Legge del Registro civile: proibisce l'uso del catalano nel registro civile.
1881 – Legge dei procedimenti giudiziari: proibisce l'uso del catalano nei tribunali.

Ambito religioso
1755 – Decreto di visita provinciale dell'ordine degli Scolopi: viene trasmesso a tutti gli ordini religiosi l'obbligo di parlare unicamente in castigliano e in latino, di parlare queste due lingue sia tra di loro sia alla popolazione. Impone inoltre ai trasgressori la pena di vivere a pane e acqua.
1902 – Regio decreto di Romanones: proibisce l'insegnamento del catechismo in catalano.

Ambito dell'intrattenimento
1799 – Cedola regia: proibisce di “rappresentare, cantare e ballare brani che non fossero in castigliano”.
1801 - “Istruzioni” di Manuel de Godoy in merito ai teatri: viene proibita qualsiasi lingua che non sia il castigliano.
Isabella II, mediante Regio Ordine del 1837, confermò il divieto dell'uso del catalano nelle sale pubbliche e nelle rappresentazioni teatrali. Inoltre, le opere scritte in questa lingua non potevano essere presentate al censore (e quindi non potevano essere pubblicate e rappresentate).

Ambito commerciale delle comunicazioni
1772 – Cedola regia: obbliga a scrivere i libri contabili in castigliano, con la seguente epigrafe: “Cedola regia di Sua Maestà mediante la quale i mercanti e i commercianti all'ingrosso o al dettaglio del mio regno e delle mie signorie, autoctoni o stranieri, sono obbligati a tenere i libri contabili in castigliano, ai sensi della presente legge”.
1886 – Direzione generale delle poste e telegrafi: proibisce di parlare in catalano al telefono.

Negazionismo
Nonostante tutto, è importante ricordare che fu presentata davanti alle Corti di Cadice la proposta di rendere ufficiale il catalano. Detta proposta fu respinta con 120 voti contro e 13 a favore. Il Conte di Romanones, intervenendo in merito a questa questione, affermò che rendere il catalano lingua co-ufficiale era “inaccettabile”. La domanda però è: la Costituzione di Cadice non si basava sul principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge?
Oltre all'imposizione del castigliano in tutti i modi possibili, il passo successivo fu quello di negare che il catalano fosse mai stato una lingua ufficiale, nemmeno in Catalogna. A questo proposito Menéndez Pidal pubblicò sul quotidiano El Imparcial di Madid un articolo titolato “Catalogna bilingue”, nel quale affermava che le Corti Catalane non avevano mai usato il catalano come lingua ufficiale. Addirittura, una volta che le persone che parlavano catalano raggiunsero il bilinguismo con il castigliano, si iniziò a negare il fatto che la società catalana fosse mai stata monolingue. La relazione di Jesus Patiño illustrava chiaramente la situazione reale. Questo documento confermava, infatti, la situazione “peculiare” del monolinguismo dei catalani dopo l'arrivo delle truppe di Filippo V nel 1714: “sono innamorati della loro patria a tal punto da perdere il lume della ragione e parlano solamente nella loro lingua madre”.

Franchismo
La repressione linguistica nei confronti del catalano e dei suoi parlanti diventò una “ragione di Stato” quando, nel 1939, iniziò uno dei periodi più neri per la lingua catalana: il franchismo. In quell'anno, infatti, il vincente generale Franco proclamava: “desideriamo un'unità nazionale assoluta, con un'unica lingua – il castigliano – e con un'unica personalità – quella spagnola”.
1939 – In breve, fu vietato di parlare o scrivere in catalano:
·        alla radio
·        nei libri
·        a teatro, persino nella piece teatrale catalana “Els Pastorets”
·        in tutti i documenti scritti, comprese le partecipazioni di matrimonio e nei documenti della prima comunione
·        nei cartelli e negli annunci
·        al cinema, fino al 1964
·        nelle fabbriche
·        in tutte le scuole pubbliche e private
·        nelle lapidi dei cimiteri e nei necrologi
·        nelle insegne degli hotel, ristoranti, bar, nomi commerciali, marche e imbarcazioni
·        conferenze e atti culturali
·        corrispondenza privata, fino al gennaio del 1940
·        nelle iscrizioni sul registro civile
·        per i funzionari, sia tra di loro, sia con il pubblico
·        nei nomi delle strade

A questo elenco si può aggiungere una grande quantità di bandi municipali, ordini militari e civili. A titolo informativo, proponiamo un frammento della lettera del ministro spagnolo Ramón Serrano Suñer a tutti i vescovi catalani: “nuova normativa degli usi linguistici nella comunicazione della chiesa con i fedeli, in modo che la lingua spagnola sia compresa da tutti (comprensione ottenibile solamente attraverso un'importante lavoro scolastico)”.  Un situazione simile si rileva nel regolamento delle carceri del 1956 che specifica che i prigionieri possono parlare unicamente in castigliano.

La transizione
Anche dopo la morte di Franco, nell'epoca della transizione, nonostante lo stato di benessere che hanno portato le Comunità Autonome, sia in Catalogna che in Spagna, e nonostante si volle far credere che la repressione nei confronti dei catalani e della loro lingua fosse terminata, continuarono ad essere pubblicate delle leggi volte a relegare il catalano a una posizione secondaria.
Dal 1976 al 2008 furono pubblicati almeno 149 regi decreti e altre normative per garantire l'obbligatorietà dell'etichettatura dei prodotti alimentari e di altri prodotti solamente in castigliano, rispetto all'unica legge esistente, ad esempio, in Catalogna.
1986 – Legge sui brevetti, che obbliga ad usare il castigliano nella documentazione presentata.
1989 – Regio decreto che approva il regolamento del registro mercantile: obbliga a fare uso unicamente del castigliano per le iscrizioni al registro.
1995 – Legge 30/1995 di ordinamento e supervisione delle assicurazioni private: obbliga a scrivere le polizze solo in castigliano.

XXI secolo:
Nonostante la persecuzione che il catalano ha subito nel corso della storia, come abbiamo raccontato brevemente sinora, ad oggi il catalano è una delle lingue con più utenti all’interno dell’Unione Europea, al livello dello svedese, del portoghese e del greco, tra le altre. Tuttavia lo Stato spagnolo blocca il riconoscimento dell’ufficialità del catalano in Europa, come afferma Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo. La negazione continua ad essere un questione di stato:
2010 – Sentenza del Tribunale Costituzionale rispetto all’Estatut della Catalogna: il catalano non è la prima lingua utilizzata nel settore amministrativo catalano e non è neanche la lingua veicolare del sistema educativo.
2011 – Inizio della persecuzione senza precedenti del catalano nelle isole Baleari da parte del Governo della Comunità Autonoma. Questa persecuzione ha portato, in segno di protesta, alcuni pensionati a fare uno sciopero della fame. Anche nella Comunità Valenciana il Governo regionale sta portando avanti una persecuzione dell’uso quotidiano della lingua all’interno del proprio territorio, trascurando le domande di scolarizzazione in catalano di più di 1.000.000 di famiglie.
2012 – Il Tribunale di Giustizia catalano impone la possibilità di scolarizzare, dietro richiesta di sei famiglie, il proprio figlio in catalano.
2012 – Il Tribunale di Giustizia catalano rifiuta la richiesta di usare il catalano come prima lingua nel Comune di Barcellona.
2012 – Il Governo della Comunità di Aragona ribattezza la lingua parlata nella Frangia di Aragona, confinante con la Catalogna, come “lingua aragonese dell’area orientale”. È come se il tedesco parlato in austria venisse chiamato “austriaco”…
2012 – Il Tribunale di Giustizia catalano rifiuta la richiesta di rendere il catalano lingua veicolare dell’istruzione in Catalogna.
2012 – Il Ministro dell’Istruzione spagnolo presenta un disegno di legge nel quale il catalano diventa una lingua a scelta e non è quindi necessario fare un esame in questa lingua per ottenere il titolo di scuola dell’obbligo. Sembra però che questa seconda parte sia stata rivista…
Conclusione: il quadro giuridico che proteggeva il catalano, dopo secoli di persecuzione implacabile, non è più garantito. Neanche un po’.
Molti sudamericani che vivono nel nostro territorio rimangono sorpresi della vitalità del catalano, perché lo paragonano a molte delle lingue scomparse nei loro paesi in seguito al dominio coloniale. Ma non sanno come sono andate qui le cose!
Se da un lato è vero che le lingue sono sempre innocenti e che sono gli uomini ad utilizzarle come strumenti di potere e sottomissione, dall’altro è vero anche, come sostiene J. Tusón, che “la morte di una lingua non è mai innocente, non è mai voluta dai parlanti”. Il caso del catalano non rappresenta un’eccezione nella storia: la scrittrice estone Sofi Oksanen, nel suo celebre romanzo “La Purga” – premio europeo al miglior romanzo del 2010 – racconta, con un realismo e una crudezza straordinari, l’occupazione sovietica nel suo paese. In un’intervista sulla pubblicazione del suo romanzo, la scrittrice ha spiegato che, durante l’occupazione, quando ci si recava a comprare qualcosa e si parlava in estone, la risposta era “parli una lingua umana, per favore”. E questa situazione allucinante è durata solamente cinquant’anni.
Tornando a J. Tusón, in Patrimonio natural, scrive: “e se chiediamo rispetto per ogni essere umano, sembra assolutamente giusto che preteniamo la sopravvivenza degna e forte di ognuna delle lingue abbiamo coltivato negli anni”.

Eugènia de Pagès
Professoressa universitaria di Storia

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