lunedì 30 dicembre 2013

Siamo moderatamente radicali



Negli ultimi giorni, c’è stato un attacco di moderazione (la presunta parola colta è moderatismo) nella società catalana. Soprattutto a Barcellona, dove hanno la sede alcuni mezzi di comunicazione che, all’improvviso, hanno scoperto che la moderazione è la chiave per capire e risolvere il conflitto tra la Catalogna e la Spagna (scusate: nella terminologia moderantista, non si tratta di un conflitto ma di un dialogo). Dal punto di vista dei moderati, che adesso arrivano addirittura a presentarsi come una corrente sociale moderatamente esistente, risulta che c’è un modo moderato di delucidare un problema che, da anni,  non conosce la moderazione da nessuna parte. I moderati, però, hanno deciso giudiziosamente che loro hanno la ricetta per sistemare un problema di sovranità che, ora come ora, nessuno sa esattamente come affrontare.
I difensori della consultazione sovranista per il 2014 non lo vedono chiaro e ancora meno chiaro è per i capetti dell’unionismo. C’è chi bleffa, ci sono gambe che tremano da entrambe le parti, c’è paura ed incertezza. Ci sono alzate di voce e pugni sbattuti sul tavolo. Ci sono delle posizioni sempre più contrapposte non soltanto ideologicamente ma anche (come succede in questi casi) personalmente. La tensione è, ogni giorno di più, evidente e palpabile.
In questa cornice, i moderati o i moderatisti, o come si vogliano chiamare, credono che sia arrivato il momento di esercitare la loro eterea influenza. Quello che predicano è bello ma loro stessi sanno che ha l’inconveniente di essere inequivocabilmente falso. La moderazione è come il federalismo: non si può realizzare se non garba a una delle parti implicate. Tra la Spagna e la Catalogna non c’è stato federalismo perchè la Spagna non ha voluto: due non si federano se uno non vuole. E adesso di nuovo, non c’è moderazione perchè da molto tempo il nazionalismo spagnolo l’ha persa, questa moderazione. Anzi, lo spagnolismo ha preso gusto a praticare lo estremismo più reazionario, e adesso scopre che non fa paura a nessuno. E’ un fantasma vecchio, antico e rancido che non suscita più interesse nè consenso. Nè internamente nè esternamente.
Nella sua miglior versione, il nazionalismo spagnolo predica l’idea dell’unità. Ma il problema scatta quando l’unità, qualunque essa sia, diventa imposizione, disprezzo ed intransigenza. Questo discorso e questo modo di agire (soprattutto quando viene accompagnata da tutte le reti istituzionali dello stato) non ha nulla di dialogante. E ancora meno di moderato.
Due non dialogano se uno non vuole e, allo stesso modo, due non si moderano se uno non la smette di esaltarsi. Succede nei rapporti politici, di lavoro, imprenditoriali e, forse specialmente, in quelli personali.
Perchè l’altro smetta di gridare, uno deve abbassare la voce. O se l’ha alzata, dovrà chiedere scusa per averlo fatto. Altrimenti, pretendere che chi ha ricevuto l’insulto, la sgridata o la coazione chieda scusa per primo, non è dialogo nè moderazione: è pura e semplice resa. E tutto fa pensare che i tempi attuali non ci portano su questa strada.


SEBASTIÀ ALZAMORA  - ara.cat  - 30/10/2013 
 

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domenica 29 dicembre 2013

Discorso de Juanjo Puigcorbé


Amici, oggi è un giorno di festa. Festeggiamo la data e il quesito per il referendum. Festeggiamo in vista del 9 novembre, quando potremo decidere del futuro del nostro paese.

È VERO che il quesito non è esattamente quello che sarebbe piaciuto ai 2 milioni di persone che hanno riempito le strade della Catalogna lo scorso 11 settembre, durante una delle manifestazioni più grandi di tutti i tempi. Ma è VERO anche che è inclusa nella formulazione binaria.

È VERO che la data non è così vicina come ci sarebbe piaciuto, ma è VERO anche che risponde alla convenienza politica e che, ancora più importante, ha una grande importanza simbolica, dato che coincide con il 25esimo anniversario della caduta del muro di Berlino.

Votare è la Strada: il 9 novembre noi catalani potremo esercitare il nostro diritto di scelta per il futuro come popolo, nella maniera più pacifica e democratica che esiste. Votando.

Se lo Stato spagnolo ce lo impedisce, ne resteranno le tracce in Europa e nel mondo, perché non c’è Costituzione che sia più importante della democrazia. Non si può essere democratici e essere contro il diritto di decidere di un popolo. Dobbiamo tenere in conto, però, che chi vuole negare il diritto di scelta alla Catalogna è una minoranza che non raggiunge nemmeno il 35% dei deputati, mentre nella Camera dei Deputati spagnola questa proporzione cambia e supera l’80%. PSOE compreso, che ha già fatto sapere che – nella sua ipotetica riforma federale – non accetterà mai di includere il diritto di autodeterminazione del popolo catalano. Il Sig. Zapatero, che si dichiarava il più “progressista” e pro-Catalogna del PSOE e che – secondo lui – fu insultato a Granda “al grido catalano”, ha affetmato qualche giorno fa che il diritto di decidere è ANTINATURA. Antinatura, pensa te!

Voglio dire, può darsi che ci troviamo davanti alla prima e ultima opportunità di decidere della nostra indipendenza. Approfittiamone.

Lo Stato spagnolo ha già reso noto che farà tutto il possibile per fare in modo che i cittadini catalani non possano esercitare il diritto al voto nel futuro. Ma non dobbiamo confondere però lo Stato spagnolo con il popolo spagnolo. Il popolo spagnolo, con il quale abbiamo molti legami e a cui vogliamo bene, ha subito e subisce come noi la persecuzione di un’oligarchia centralizzante, retrograda e commissionista di opere faraoniche... che ci ha impoverito a tutti con una progressione geometrica.

Ma Noi abbiamo un vantaggio, ci unisce una lingua e una cultura propria permanentemente in pericolo. E abbiamo una società civile invidiabile, attiva, potente, dinamica, che farà sì che un cambio nel modello sociale e politico sia possibile. E questa potrebbe essere la spinta di cui hanno bisogno i nostri fratelli spagnoli per attivarsi.
Noi catalani vogliamo disegnare il nostro futuro, vogliamo amministrare le nostre risorse e vogliamo continuare a sentirci solidali nei confronti degli altri popoli spagnoli, ma in una maniera più efficace.

E abbiamo fretta, abbiamo fretta, perché i più bisognosi stanno soffrendo come non mai.

La gente della mia generazione ha vissuto la transizione dal regime alla democrazia. Eravamo giovani e abbiamo avuto il privilegio di partecipare alla ricostruzione democratica del paese, oggi abbiamo la possibilità di aiutare i giovani a costruire un nuovo stato: un paese più libero, più progressista, più solidale e, quindi, più giusto. Abbiamo a portata di mano una possibilità eccitante ed emozionante. Cosa vogliamo di più?

Come diceva il poeta Martí i Pol: c’è molto da fare e nulla è impossibili!

Catalani... avanti!
Forza Catalogna!


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sabato 28 dicembre 2013

L’Unione Europea risponde alla Spagna con i fatti


L’Unione Europea ha risposto ieri con i fatti alla tracotanza spagnola sul Kossovo e, molto probabilmente, anche sulla Catalogna. E’ stato un solenne schiaffo che per noi ha un’importanza enorme. Un semplice comunicato della Commissione è stato sufficiente per smontare la campagna della paura che lo stato spagnolo pratica da mesi. I fatti si sono imposti alle parole e l’Europa ha chiarito che la Spagna non potrà porre alcun veto per l’accesso del Kossovo nell’Unione Europea, la qual cosa insinua chiaramente che non potrà porre il veto nemmeno contro di noi.
Quante volte abbiamo sentito dire negli ultimi mesi, come un’aspra minaccia, che l’indipendenza della Catalogna è impossibile perchè la Spagna porrà il veto alla permanenza del nostro Principato nell’Unione Europea? Lo hanno detto Rajoy, Almunia, Rubalcaba, Duran, Lara e tutti quelli che si oppongono al cambiamento di regime. E dunque, toh! Guarda, adesso risulta che questo diritto di veto non esiste... o che c’è un modo per schivarlo. Quale disappunto per la Spagna e quale sconfitta colossale.
L’Europa sempre trova il modo per superare gli ostacoli. Sono mesi che lo stiamo spiegando. Era molto più difficile integrare la Repubblica Democratica Tedesca o la Croazia sorta da una brutale guerra. Era molto più complicato lasciare fuori la Groenlandia mentre seguitava ad appartenere alla Danimarca o lasciare entrare Cipro malgrado il mancato controllo di metà dell’isola, dovendo risolvere tutto quanto senza ferire le suscettibilità di nessuno. In tutti i casi l’Europa ha trovato il modo di integrare, di addizionare. E adesso l’ha trovato di nuovo.
Ieri la Commissione ha spiegato che sta trattando con il Kossovo in nome dell’UE come ente legale internazionale. Cioè, senza contare con gli stati che la integrano, nè averne bisogno. Ciò, d'accordo con il trattato di Lisbona era già possibile, ma finora non si era mai fatto. Perchè? Perchè non ce n’era bisogno. Ma vista la minaccia del veto di uno, due o cinque stati che pretendevano di imporsi con la forza alla maggioranza, è finita la storia. L’UE ha ricordato che costituzionalmente può trattare da sola e che la trattativa non deve essere ratificata da alcun stato, perchè ha valore di per sè.
La mossa è brillante. Enorme. E la Spagna è rimasta di stucco e l’arrabbiatura che ha preso è smisurata. Guardate, a prova di ciò, come stanno zitti i giornali ed i politici spagnoli, e non bisogna dire altro... 
Sono mesi che la Spagna ci minaccia e brandisce le istituzioni europee per far paura contro la volontà democratica dei catalani. E l’Europa ha taciuto più di quanto non fosse necessario ed ha accettato in silenzi le manipolazioni evidenti del governo spagnolo.
Ma devo riconoscere che finalmente ha parlato, attraverso i fatti che è come si deve parlare quando le cose sono veramente importanti; la sua risolutezza è stata ipnotica. La Spagna è rimasta perplessa e sola. 
E’ un grande giorno, davvero una grande giornata.

Vicent Partal 29.10.2013 - Vilaweb

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