Amici, oggi è un
giorno di festa. Festeggiamo la data e il quesito per il referendum.
Festeggiamo in vista del 9 novembre, quando potremo decidere del futuro del
nostro paese.
È VERO che il quesito
non è esattamente quello che sarebbe piaciuto ai 2 milioni di persone che hanno
riempito le strade della Catalogna lo scorso 11 settembre, durante una delle
manifestazioni più grandi di tutti i tempi. Ma è VERO anche che è inclusa nella
formulazione binaria.
È VERO che la data non
è così vicina come ci sarebbe piaciuto, ma è VERO anche che risponde alla
convenienza politica e che, ancora più importante, ha una grande importanza
simbolica, dato che coincide con il 25esimo anniversario della caduta del muro
di Berlino.
Votare è la Strada: il
9 novembre noi catalani potremo esercitare il nostro diritto di scelta per il
futuro come popolo, nella maniera più pacifica e democratica che esiste.
Votando.
Se lo Stato spagnolo
ce lo impedisce, ne resteranno le tracce in Europa e nel mondo, perché non c’è
Costituzione che sia più importante della democrazia. Non si può essere
democratici e essere contro il diritto di decidere di un popolo. Dobbiamo
tenere in conto, però, che chi vuole negare il diritto di scelta alla Catalogna
è una minoranza che non raggiunge nemmeno il 35% dei deputati, mentre nella
Camera dei Deputati spagnola questa proporzione cambia e supera l’80%. PSOE
compreso, che ha già fatto sapere che – nella sua ipotetica riforma federale –
non accetterà mai di includere il diritto di autodeterminazione del popolo
catalano. Il Sig. Zapatero, che si dichiarava il più “progressista” e
pro-Catalogna del PSOE e che – secondo lui – fu insultato a Granda “al grido
catalano”, ha affetmato qualche giorno fa che il diritto di decidere è
ANTINATURA. Antinatura, pensa te!
Voglio dire, può darsi
che ci troviamo davanti alla prima e ultima opportunità di decidere della
nostra indipendenza. Approfittiamone.
Lo Stato spagnolo ha
già reso noto che farà tutto il possibile per fare in modo che i cittadini
catalani non possano esercitare il diritto al voto nel futuro. Ma non dobbiamo
confondere però lo Stato spagnolo con il popolo spagnolo. Il popolo spagnolo,
con il quale abbiamo molti legami e a cui vogliamo bene, ha subito e subisce
come noi la persecuzione di un’oligarchia centralizzante, retrograda e
commissionista di opere faraoniche... che ci ha impoverito a tutti con una
progressione geometrica.
Ma Noi abbiamo un
vantaggio, ci unisce una lingua e una cultura propria permanentemente in
pericolo. E abbiamo una società civile invidiabile, attiva, potente, dinamica,
che farà sì che un cambio nel modello sociale e politico sia possibile. E
questa potrebbe essere la spinta di cui hanno bisogno i nostri fratelli
spagnoli per attivarsi.
Noi catalani vogliamo
disegnare il nostro futuro, vogliamo amministrare le nostre risorse e vogliamo
continuare a sentirci solidali nei confronti degli altri popoli spagnoli, ma in
una maniera più efficace.
E abbiamo fretta,
abbiamo fretta, perché i più bisognosi stanno soffrendo come non mai.
La gente della mia
generazione ha vissuto la transizione dal regime alla democrazia. Eravamo
giovani e abbiamo avuto il privilegio di partecipare alla ricostruzione
democratica del paese, oggi abbiamo la possibilità di aiutare i giovani a
costruire un nuovo stato: un paese più libero, più progressista, più solidale e,
quindi, più giusto. Abbiamo a portata di mano una possibilità eccitante ed
emozionante. Cosa vogliamo di più?
Come diceva il poeta
Martí i Pol: c’è molto da fare e nulla è impossibili!
Catalani... avanti!
Forza Catalogna!
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