sabato 3 agosto 2013

Di sangue e oro, il popolo catalano vuole l’indipendenza

 

Qui, in Catalogna, il popolo catalano vuole l’indipendenza. Una maggioranza politica, che attraversa la sinistra, la destra, il centro, che raduna i giovani ed i vecchi, gli intellettuali e gli operai, le donne e gli uomini, si è creata con i colori del sangue e dell’oro. Il paese catalano è attraversato da segni che non ingannano più lo straniero ed il curioso.

Il Barça, emblema della Catalogna, a scelto per la stagione 2013-2014 le maglie con i colori della “senyera”, la bandiera catalana. Oro e sangue. Come se fosse ormai certo che il referendum di autodeterminazione avrà luogo immancabilmente nel 2014.


L’altro sabato, il Camp Nou del Barça era strapieno. 90’000 persone riunite per cantare il loro desiderio d’indipendenza. Un popolo unito in quello stadio mitico per vibrare non per le performance di Messi o di Xavi, ma per rivendicare alto e forte la propria volontà di libertà politica. Un concerto per la libertà (Concert per la Llibertat) – Freedom 2014 Catalonia potevamo leggere in inglese sugli spalti del Camp Nou.

Nel 1924, Gaudi, l’anima dell’architettura di Barcellona, fu arrestato in mezzo alla strada nel centro città, semplicemente perché camminando parlava in catalano. Oggi una psicoterapeuta di Platja d’Aro di fronte a una paziente osa dire : « la gente è pronta per l’indipendenza. Ne hanno le tasche piene. Non vogliono più seguire le direttive di Madrid che vuole ridurre l’insegnamento in lingua catalana. Non lo sopportano più. Soprattutto i giovani». In alcune classi, Madrid prevede, che basti che un solo alunno chieda l’insegnamento in castigliano per far cambiare ed imporre l’abbandono del catalano a tutto il resto della classe. Orbene, questa lingua catalana, come nessun’altra, è così intimamente amata dagli uomini e donne di qui che il fatto di toccarla viene vissuto come un atto quasi sacrilego.

Il governo conservatore di Mariano Rajoy, come ha scritto Le Figaro il primo luglio 2013, «frena con tutte le sue forze un’iniziativa che giudica contraria alla Costituzione». Ma i due grandi partiti nazionalisti della Catalogna si sono impegnati davanti ai loro elettori a organizzare questo scrutinio sull’autodeterminazione, e in definitiva sull’indipendenza.


I Catalani sono convinti anche di essere le vacche da mungere del paese. Loro anticipano il costo dell’utilizzo delle autostrade, per esempio tra Girona e Barcellona, e lo confrontano con i percorsi gratuiti del resto della Spagna. Si intuisce, nessuno vuole soffermarsi troppo sulle cifre reali, che la questione fiscale, finanziaria ed economica guida anche i passi della maggioranza della Catalogna.

Quando, nel 2010, la Spagna diventò campione del mondo di calcio in Sudafrica, nel paese di Mandela, Xavi Hernandez indossò una bandiera catalana e non spagnola per fare il giro d’onore al fianco di Andrés Iniesta. Attorno a una paella marinara o una grigliata, i tifosi catalani, mentre bevono la loro birra, non ne vanno fieri del fatto che sette giocatori del Barça su undici erano titolari di quella fantastica squadra di calcio che ha dominato negli ultimi anni.

Gli uomini di cultura, guidati da
Lluís Llach, sostengono questo fervore. Alcuni si sono impegnati nella formazione politica Esquerra Republicana de Catalunya.

 Il movimento è irreversibile.

« In, in-de, In-de-pen-dèn-cia ! », ecco il grido di battaglia di tutti i Catalani.

Il punto finale del concerto fu messo con la canzone
«Tossudament alçats » (ostinatamente alzati) e le grida in favore dell’indipendenza. Un enorme boato in forma di messaggio politico indirizzato a Madrid.
 


 

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