“Non c’è luce alla fine del tunnel per la Spagna”. Lo affermava il Nobel
per l’economia Joseph Stiglitz e lo ratifica uno esaustivo studio del Cerchio
Catalano di Negozi. Il Gruppo di Studi del CCN ha analizzato i dati
macroeconomici dello Stato spagnolo e ha riunito tutte le proiezioni fatte da
organismi internazionali che governano l’economia mondiale e il quadro che ne
risulta è desolante: questo 2013 la Spagna deve mettere ai mercati un debito
equivalente al 20% del proprio PIL, una cifra che potrebbe raggiungere un
percentuale del 114% del PIL entro il 2020 e del 129% entro il 2030, secondo le
previsioni della Commissione Europea. L’aumento sostenuto del debito succhia la
forza d’investimento dello Stato, che deve concentrarsi nel coprire i costi finanziari che genera.
Ancora di più: la società spagnola invecchia rapidamente. Nel 2021 ci
saranno 9,3 milioni di persone di età superiore ai 65 anni. Questo farà sì che
la spesa per le pensioni possa passare
dal 10% del PIL attuale ad essere tra un 20-30% del PIL nel 2050.
Uno stato in debito, soffocato dagli interessi e dalla spesa in pensioni,
praticamente non potrà avere il denaro che bisogna per rilanciare l’economia
produttiva, e quindi, la disoccupazione rimarrà ai livelli attuali o
addirittura aumenterà. È un cane che si morde la coda.
L’orizzonte del prossimo decennio? Una progressiva diminuzione del PIL pro capite che nel 2020 sarà cinque punti in
meno rispetto al 2005 e in venti anni 16 punti in meno. Un aumento
dell’emigrazione –il secondo in tre generazioni–, soprattuto di giovani; e un
incremento dello sforzo fiscale che dovrà fare la massa produttiva. Se nel 2010
c’erano quattro lavoratori per ogni pensionato, in 40 anni, secondo le
previsioni, ce ne saranno solo due. La conclusione è ovvia: lo Stato si sta
dirigendo verso un nuovo fallimento, il venticinquesimo della sua storia.
D’altra parte, una Catalogna Stato sarebbe più che preparata
economicamente. Lo hanno confermato numerosi dati e lo hanno certificato
esperti internazionali. Alcuni dati che lo garantiscono: la bilancia dei
pagamenti del PIL nel 2011 era di un + 3,9% alla Catalogna mentre alla Spagna
era del -4,2%. La Catalogna sarebbe il
quarto paese europeo in termini di PIL pro capite.
Il CCN va oltre e afferma che l’indipendenza della Catalogna funzionerebbe
da forza motrice per la Spagna. A detta del CCN, allo Stato convivono due
modelli economici che non sono compatibili: il catalano, che si basa sul
modello di PMIs flessibili con grande capacità d’esportazione; e lo spagnolo,
che si basa su due grandi imprese che operano in settori regolamentati e
centrano la proiezione internazionale sull’America Latina.
Senza la Catalogna, la Spagna potrebbe sviluppare pienamente, a detta del
CCN, la sua strategia economica. Allo stesso tempo, utilizzerebbe in proprio
beneficio le infrastrutture che il nuovo Stato catalano costruirebbe con le
proprie risorse per internazionalizzare la sua economia.
Per il CCN è fondamentale che, senza la Catalogna, la Spagna potrà cessare
di agire politicamente in questioni economiche (sempre in conflitto con la
Catalogna regionale) e concentrarsi sul
rilancio della sua economia.
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Traducció: Maria Barceló
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