venerdì 25 ottobre 2013

Il CCN conclude in uno studio che la Spagna non ha la capacità per superare la crisi e che si dirige vero il collasso economico




“Non c’è luce alla fine del tunnel per la Spagna”. Lo affermava il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e lo ratifica uno esaustivo studio del Cerchio Catalano di Negozi. Il Gruppo di Studi del CCN ha analizzato i dati macroeconomici dello Stato spagnolo e ha riunito tutte le proiezioni fatte da organismi internazionali che governano l’economia mondiale e il quadro che ne risulta è desolante: questo 2013 la Spagna deve mettere ai mercati un debito equivalente al 20% del proprio PIL, una cifra che potrebbe raggiungere un percentuale del 114% del PIL entro il 2020 e del 129% entro il 2030, secondo le previsioni della Commissione Europea. L’aumento sostenuto del debito succhia la forza d’investimento dello Stato, che deve concentrarsi nel  coprire i costi finanziari che genera.
Ancora di più: la società spagnola invecchia rapidamente. Nel 2021 ci saranno 9,3 milioni di persone di età superiore ai 65 anni. Questo farà sì che la spesa per le pensioni  possa passare dal 10% del PIL attuale ad essere tra un 20-30% del PIL nel 2050.
Uno stato in debito, soffocato dagli interessi e dalla spesa in pensioni, praticamente non potrà avere il denaro che bisogna per rilanciare l’economia produttiva, e quindi, la disoccupazione rimarrà ai livelli attuali o addirittura aumenterà. È un cane che si morde la coda.
L’orizzonte del prossimo decennio? Una progressiva diminuzione del PIL  pro capite che nel 2020 sarà cinque punti in meno rispetto al 2005 e in venti anni 16 punti in meno. Un aumento dell’emigrazione –il secondo in tre generazioni–, soprattuto di giovani; e un incremento dello sforzo fiscale che dovrà fare la massa produttiva. Se nel 2010 c’erano quattro lavoratori per ogni pensionato, in 40 anni, secondo le previsioni, ce ne saranno solo due. La conclusione è ovvia: lo Stato si sta dirigendo verso un nuovo fallimento, il venticinquesimo della sua storia.
D’altra parte, una Catalogna Stato sarebbe più che preparata economicamente. Lo hanno confermato numerosi dati e lo hanno certificato esperti internazionali. Alcuni dati che lo garantiscono: la bilancia dei pagamenti del PIL nel 2011 era di un + 3,9% alla Catalogna mentre alla Spagna era  del -4,2%. La Catalogna sarebbe il quarto paese europeo in termini di PIL pro capite.
Il CCN va oltre e afferma che l’indipendenza della Catalogna funzionerebbe da forza motrice per la Spagna. A detta del CCN, allo Stato convivono due modelli economici che non sono compatibili: il catalano, che si basa sul modello di PMIs flessibili con grande capacità d’esportazione; e lo spagnolo, che si basa su due grandi imprese che operano in settori regolamentati e centrano la proiezione internazionale sull’America Latina.
Senza la Catalogna, la Spagna potrebbe sviluppare pienamente, a detta del CCN, la sua strategia economica. Allo stesso tempo, utilizzerebbe in proprio beneficio le infrastrutture che il nuovo Stato catalano costruirebbe con le proprie risorse per internazionalizzare la sua economia.
Per il CCN è fondamentale che, senza la Catalogna, la Spagna potrà cessare di agire politicamente in questioni economiche (sempre in conflitto con la Catalogna regionale) e concentrarsi sul rilancio della sua economia.
 
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Traducció: Maria Barceló

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