lunedì 17 marzo 2014

Relatore dell’ONU: “In Spagna vi è stato un piano sistematico per eliminare alcune persone”

“Non sono un cinico e nemmeno un romantico”. “Mi sono impegnato a non commettere l’errore di generare aspettative che non posso soddisfare o promesse che non posso mantenere”, confessa il relatore speciale della Nazioni Unite per la promozione della verità, della giustizia e della riparazione, Pablo de Greiff. Ha trascorso 10 giorni in Spagna cercando di capire quanto delle tre parole incluse nel suo lungo titolo – verità, giustizia e riparazione – hanno ricevuto le vittime del franchismo a partire dall’avvento della democrazia. Molto poco, stando alle sue conclusioni preliminari, che saranno incluse in una relazione finale il prossimo settembre. È rimasto impressionato dalla “Valle de los Caídos” (dei caduti) e l’ “immensa distanza” tra vittime e Stato. Crede che le prime “meritino” che il Governo consideri di cambiare il significato del monumento che Franco, usando i detenuti, fece erigere in onore a se stesso.
Mai, durante i vent’anni in cui ha lavorato in quest’area, aveva visto un caso simile, assicura De Greiff, che vede nella “privatizzazione” delle esumazioni stambilite dalla legge sulla memoria storica – sovvenzionate, ma non pagate dal Governo – il peccato originale dell’ “indifferenza delle istituzioni dello Stato”.
Domanda. Cosa ha pensato quando è arrivato alla “Valle de los Caídos”? Aveva mai visto un luogo simile in altri paesi? De Greiff ha visitato Paracuellos e la “Valle de los Caídos”.
Respuesta. No, è assolutamente singolare. Unica. È impressionante che un paese che non aveva risorse economiche abbia potuto erigere un monumento con i lavori forzati. L’idea di ricavare una cattedrale da un monte di pietra non viene in mente a chiunque.



P. Perché crede che un posto così, impensabile in altri paesi come la Germania, in Spagna è ancora esattamente come l’ha lasciato Franco?
R. Perché lui è rimasto 40 anni al potere. E questo cambia tutto.
P. È partitario, come proponeva il comitato di esperti nominato dal governo Zapatero, convertire la “Valle de los Caídos” in un museo della memoria? 
R. Per certi luoghi l’idea di distruggere tutto è inadeguata. Ha una enorme carica simbolica e la distruzione implicherebbe quindi una perdita. Quello che però non si può fare, è lasciare tutto come se non fosse successo niente. Come se la glorificazione dell’ideologia per la quale il monumento fu eretto fosse accettabile. Per questo chiedo che si torni a inserire in agenda questo cambiamento, perché è abbastanza impressionante l’idea del luogo com’è ora, senza un cartello che spieghi il contesto e come fu costruito.
P. Perché ha voluto visitare anche Paracuellos?
R. È sempre stato nella mia lista, sin dall’inizio, per riaffermare che questo riguarda i diritti e non la politica. Questo non vuol dire che vi sia una simmetria.
P. Cosa reclamano le persone che l’hanno accompagnata a Paracuellos?
R. Mi ha accompagnato il presidente della fratellanza. Sostengono di essere stati completamente ignorati. Dicono di non aver mai ricevuto assistenza per il mantenimento del luogo, che il tutto viene fatto attraverso donazioni e che sono stati sistematicamente dimenticati. Non so se è vero.
P. La Spagna è il primo paese che ha chiesto di visitare come relatore ONU. Perché?
R. Perché si sta discutendo su questo tema da moltissimo tempo senza che nessuno abbia trovato una soluzione. Per l’universo immenso di vittime, perché si è detto che questa è stata la transizione modello e perché molti paesi oggi guardano alla Spagna e alla transizione, dal Medio Oriente al Nord Africa.
P. Ed è stata veramente modello?
R. Nessuno è modello. È un termine inappropriato. E non mi interessa esaminare se è stata o no modello, bensì capire meglio cosa ha funzionato e cosa invece no.
P. La Transizione ha avuto un qualche effetto sulla Spagna?
R. La legge sull’amnistia fu applicata come indulto e si differenzia da un autoamnistia con la quale i generali si auto-decolpevolizzavano solo perché fu adottata da un parlamento democratico, ma non è corretto usarla per archiviare tutti i casi. Mi unisco alle raccomandazioni del comitato contro le scomparse forzate perché lo Stato spagnolo abroghi tale legge.
P. La Spagna non è il primo paese a trovarsi ad affrontare questo problema. È un caso anomalo? A livello di quale altro paese ci situerebbe in termini di verità, giustizia e riparazione?
R. In Argentina ci sono talmente tanti accusati che la situazione sembra normale. I processi non fanno più notizia. Si fanno e non succede niente. È questo il messaggio che ho per la Spagna. Qui c’è gente che crede che non si debba discutere di questo argomento, in quanto porterebbe a manifestarsi vecchi odi nascosti. Ma niente fa credere che questo sia vero. Tutti sanno chi ha ammazzato chi.
P. In quali altri paesi vi è una situazione così difficile?
R. Il lavoro si è spostato dall’America Latina all’Europa dell’Est, al Sudafrica e ora all’africa. La Sierra Leone non sta così male. Ma pensi nella grande sfida di introdurre una giustizia transizionale nella repubblica del Congo.
P. Siamo come il Congo?
R. Non è un paragone molto utile questo.
P. Da quello che ha potuto sentire in questi giorni da ministri, giudici in carico e non, come Baltasar Garzón, forensi, associazioni e vittime, che cosa la ha preoccupato di più?
R. La cosa che più mi preoccupa è la distanza tra vittime e Stato. E quello che più mi ha colpito è stato il racconto della sofferenza delle madri, questi anziani mi hanno detto: “Mia madre è stato davvero molto coraggiosa”. Mi ha copito la drammatica storia di una familia in cui è scoparso il marito, la casa gli è stata espropriata per farvi trasferire un falangista che lascia vivere tutta la famiglia in una stanza....
P. Che spiegazione le ha dato il Governo in merito alla soppressione delle cerimonie per la legge sulla memoria?
R. Insistono sulla crisi economica e sul fatto che delle vittime ora se ne occupano altri.
P. Crede che è una scusa?
R. Lo vedremo quando usciremo dalla crisi, se ne parleranno di nuovo. In ogni caso, hanno un debito con una popolazione molto, molto anziana e questo dovrebbe essere prioritario.
P. I racconti che ha ascoltato dalle vittime possono corrispondere al concetto di crimini contro l’umanità?
R. Si. Qui vi è stato un piano sistematico per l’eliminazione di persone. Non vi è alcun dubbio. Credo che questo non lo questioni nessuno.
P. Se la Spagna non estrada in Argentina Billy “el niño”, accusato di torture, dovrebbe essere giudicato qui?
R. Questo è il principio: o estradizione o giudizio. È un obbligo.
P. E se non avviene nessuna delle due cose, la Spagna come ne esce?
R. Non sarebbe un gran momento. Sarebbe un peccato che un paese che è stato leader nell’implementazione della giurisdizione universale come strumento di giustizia si neghi a estradare qualcuno per bloccare un processo.
P. Secondo lei perché in Spagna le vittime dell’ETA hanno diritti e omenaggi e quelle del franchismo no?
R. Perché le vittime del franchismo non ricevano un trattamento migliore è proprio quello che sto cercando di capire, data la capacità incostituzionale del resto.
P. Che conseguenze ha il fatto che un paese ha vittime con diritti diversi?
R. È andare contro ai principi di uguaglianza e, per un regime democratico, è una discriminazione molto serie. Una parte dell’impegno dei regimi democratici è quello di evitare questo tipo di discriminazione. In fondo quello di cui si tratta è di aiutare a superare la situazione di supplicante. E quando c’è qualcuno che dipende dalla grazia positiva o negativa, si sta rompendo l’impegno della modernità.

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