venerdì 28 febbraio 2014

Lo scontro dialettico che ho avuto con Durao Barroso



Il giornalista di El Mundo distaccato ogni anno al Foro Economico Mondiale di Davos, Carlos Segovia, ha rivelato nell’edizione di oggi, 2 febbraio 2014 che, in una sessione svoltasi lo scorso 23 gennaio a Davos, c’è stato uno scontro dialettico tra il presidente della commissione europea, il portoghese José Manuel Durao Barroso ed io stesso. Io non volevo rendere pubblica questa conversazione ma, visto che El Mundo ha dato il primo passo, lasciatemi che vi dia il dettaglio di quello che realmente è successo perchè quello che spiega El Mundo non è completo e le parole che mi mette in bocca non sono del tutto esatte.
L’argomento di quella sessione era “La rinascita dell’Europa”. L’idea era dibattere se l’Europa stava rinascendo dalle ceneri economiche, politiche, culturali o artistiche e, in caso di non farlo, cosa dovremmo fare insieme per aiutarla. Tra i relatori c’erano politici (come lo stesso Durao Barroso), imprenditori, artisti, storici ed economisti (come me). Come presidente dell’UE, Durao Barroso fece un discorso molto ottimista nel quale sottolineava i valori della democrazia e della libertà in Europa. Segnalava anche l’enorme successo che rappresenta la costante espansione dell’UE: “un anno fa tutti pensavano che l’Europa sarebbe diventata più piccola perchè c’erano paesi come la Grecia che sembrava dovessero uscire e, invece, adesso è più grande perchè sono entrati paesi come la Croazia, e altri come la Serbia lo faranno presto”. Si è riferito anche al desiderio che il processo d’integrazione dell’Ucraina non venisse interrotto dai recenti avvenimenti di Kiev.
Dopo Durao Barroso toccava parlare a me. Principalmente ho parlato della crisi economica e della competitività in Europa. Non avevo previsto di farlo ma, ascoltando il discorso di Durao Barroso, ho deciso di aggiungere un commento finale. Io sapevo che Durao Barroso era uno dei pochi dirigenti europei ad aver affermato che se la Catalogna avesse votato a favore dell’indipendenza dalla Spagna,  automaticamente sarebbe rimasta fuori dall’Unione Europea e questo mi sembrava inconsistente con il suo discorso sul successo che rappresentava per l’Europa l’incorporazione della Serbia e della Croazia. E, siccome mi trovavo nella cosmopolita Davos dove tutte le idee si possono discutere educatamente, ho utilizzato l’ultima parte del mio discorso per fare una domanda al presidente della UE. Le mie letterali parole furono:
“Sig. Durao Barroso, applaudo e condivido il suo discorso sulla bontà della democrazia in Europa e capisco che sia fiero dal successo nel processo di inclusione di paesi come la Croazia e la Serbia. E’ molto importante che l’Europa sia sempre più grande, abbia sempre più cittadini e sia sempre più democratica. Ma c’è una cosa che non capisco. La Croazia e la Serbia hanno ottenuto l’indipendenza attraverso sanguinose guerre, con abbondanza di crimini contro l’umanità che sono in questi momenti giudicati dal tribunale dell’Aia. Come lei ben sa (perchè ci conosciamo), anche se mi trovo nella delegazione nordamericana, io sono di Barcellona. Menziono questo dettaglio perchè i miei concittadini catalani stanno chiedendo un referendum che permetta loro di decidere se vogliono continuare a far parte della Spagna o preferiscono prendere un’altra strada. In mezzo a questo processo, lei Sig. Barroso, ha detto che se i catalani votano a favore dell’indipendenza, automaticamente resteranno fuori dall’Europa. Io non ho niente contro i cittadini dei Balcani ma le chiedo: Davvero l’Europa democratica della quale lei si sente tanto orgoglioso è una Europa che celebra l’incorporazione di paesi che ottengono l’indipendenza mediante sanguinose guerre mentre minaccia con l’espulsione a chi cerca lo stesso risultato mediante il voto?” Il pubblico presente ha applaudito.
Anche se non era prevista la replica, Durao Barroso si alzò rapidamente e, molto gentilmente, rispose:
 “Caro Xavier, tu sai che io amo la Catalogna e i catalani. E credo che i Catalani questo lo sappiano. Io ho solamente detto che l’UE è una unione di stati e chi fa parte dei trattati è lo stato spagnolo per cui, se la Catalogna diventa uno stato distinto dalla Spagna, non potrebbe far parte dell’UE”. Inoltre, aggiunse, “la maggioranza delle istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, sono anch’esse accordi tra stati e, pertanto, hanno lo stesso problema.”
La moderatrice mi concesse il diritto di replica e mi restituì il microfono:
“Sig. Presidente, lei ha ragione: l’UE non è l’unica istituzione internazionale ad avere questo problema. E’ vero che tutti i paesi che si sono indipendizzati violentemente sono finiti a far parte delle Nazioni Unite con tutta normalità. Ma questo non dovrebbe essere motivo di orgoglio ma di vergogna, non solo per l’UE ma per tutta l’umanità. Non pensa sia arrivata l’ora in cui, come esseri umani liberi e democratici, cominciamo a rigettare le frontiere tracciate con il sangue e la violenza e ad accettare quelle che si disegnano con i voti dei cittadini? Io penso di si. Anzi, penso che, come in tante altre occasioni lungo la storia, questo processo debba essere liderato dall’Europa. Esso potrebbe essere una delle basi sulle quali fondare la nuova rinascita dell’Europa.”
E aggiunsi: “Detto questo, è vero che l’UE è una unione di stati ma i trattati non sono scritti sulla pietra. Anzi, dietro a questi stati ci sono delle persone e adesso ci sono 7 milioni di cittadini europei, che hanno un passaporto rosso scuro nella cui copertina ci sono le parole “Unione Europea” e che lei minaccia di espellere. Quando questi cittadini le chiederanno: perchè mi togliete la cittadinanza europea e la date ai serbi ed ai croati?´ lei sarà costretto a rispondere: ma voi avete osato votare e questo i trattati europei non lo tollerano!´
E dopo aver detto questo, come pensa che il resto del mondo valuterà i valori democratici della nuova Europa, della quale si sente tanto orgoglioso? E’ questa l’Europa che volete far rinascere? Perchè in questo caso, il primo a non voler essere europeo sono io”.
Ci fu un imbarazzato silenzio del pubblico fino a quando la moderatrice diede la parola al seguente relatore.

Xavier Sala I Martin - blog
 


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