mercoledì 10 luglio 2013

Recuperare la Spagna?


Durante gli anni 2011-2013, una serie d’illustri docenti aggregati all’Aula Politica dell’Università San Pablo CEU di Madrid si sono dedicati allo studio “dello Stato delle Autonomie e la disgregazione della nazione spagnola.” Le conclusioni di questi convegni sono state editate recentemente in un libro intitolato “Recuperare la Spagna. Una proposta dalla Costituzione” che fu presentato solennemente lo scorso 29 maggio presso l’Aula Magna di Madrid. L’evento fu presieduto dal socialista Francisco Vázquez, l’ex-ministro dell’UCD José Manuel Otero Novas ed il giornalista Fernando Ónega. Tra il pubblico dedito c’era l’ineffabile Hermann Tertsch, il pseudo-storico Pío Moa, il presidente del Consiglio di Stato, José Manuel Romay Beccaria; ex-ministri come Fernando Suárez e Gabriel Camuñas;  l’ex-presidente di Estremadura Guillermo Fernández Vara; o l’arcivescovo castrense, Juan del Río Martín, cosí come diversi militari di alto grado dell’esercito spagnolo, come il tenente generale Luis Feliú. Come da tradizione, l’evento si concluse con una degustazione di “vino español.
Incomprensibilmente pochissimi media catalani hanno riportato la pubblicazione di questa polemica opera, che si trova nella biblioteca dell’Accademia Generale Militare di Saragozza. Il volume è strutturato in tre parti. La prima è una introduzione alle problematiche storiche della Spagna infarcita di “perle” che, se non sapessimo che sono state approvate da decine di docenti universitari, potremmo pensare che sono state redatte dal preside Totò, dal docente Panariello e dal rettore Albanese”. Citando soltanto alcuni esempi di tali assurdità, questi “dottori della legge” riportano l’origine della nazione spagnola all’epoca preromana: “E questa Comunità ispanica sotto Roma, della durata di 600 anni fino all’invasioni dei barbari, comprendeva tutta la Spagna (ed il Portogallo). (...) Anche il Paese Vasco fa parte della nazione spagnola dapprima di Cristo.
Che i catalani approfittammo dell’ultima guerra civile per tentare di conquistare i Paesi Catalani: “E riguardo alla Catalogna, non c’è bisogno di citare testi di riferimento perchè la rivendicazione  sui  «paesi catalani», comprensivi della Valenzia, Baleari e Aragona, la misero in pratica militarmente durante la Guerra Civile e adesso ogni tanto appare nei mezzi di comunicazione; accompagnata di manifestazioni interne in queste regioni volendo unirsi all’indipendenza catalana.”
Non hanno problemi a dire che i grandi benefattori della Catalogna furono Filippo V ed il generale Franco. Grazie ai borboni “furono eliminati alcuni arcaismi feudali dai quali non erano riusciti a liberarsi ancora”. Forse le istituzioni e costituzioni proprie ci tenevano mezzo schiavizzati, e gli spagnoli solo ci sottomisero per liberarci di esse.
Ma nessuno come il dittatore Franco per soddisfare le nostre necessità in infrastrutture e benesssere: “Senza discutere la sua giustificazione,è certo che nel 1975, il centralismo franchista aveva lasciato più opere e progressi in Catalogna rispetto al resto della Spagna; ad esempio, autostrade molto al di sopra di Madrid.
E contrappongono la libertà linguistica del regime franchista con la presunta persecuzione attuale: “Ma dobbiamo anche sottolineare che ci sono molti segnali accreditati che non è esistita, o almeno non è esistita con stabilità o generalizzazione, una politica franchista di proibizione della lingua catalana. (...) E negli ultimi trent’anni, la lingua che si margina ufficialmente nella Catalogna, si sconsiglia di usare, si punisce o si impedisce di utilizzare è la castigliana.”
Inoltre, si meravigliano che nessuno abbia ammonito Artur Mas per aver fatto uso della libertà di pensiero e di espressione: “Il Sig. Mas, leader del primo partito della Catalogna, è venuto al Parlamento sspagnolo nel novembre 2005 ed ha proclamato molto seriamente che la Spagna non è la sua Patria, anche se la Costituzione dice il contrario. Senza che nessuno le abbia chiesto di ritrattare le sue parole.
Ma se, come abbiamo detto, questa prima parte fa ridere (o piangere, dipende da come la si vede), la terza riesce a far piangere dal ridere: propone una riforma costituzionale in chiave centralista liderata da re Juan Carlos. Ma come potrebbe un individuo che abbastanza problemi ha per tenersi in piedi –e nella sua carica- guidare una sciocchezza del genere? Ebbene, facendo uso del suo “Potere Moderatore” per far cadere il “regime morente” e nominare un nuovo capo del governo di fiducia, con le idee chiare e la mano dura. Come l’operazione che fece Alfonso XIII con il generale  Primo de Rivera nel 1923!
Tuttavia, la seconda parte, dove si analizzano la “gravità e la previsibile evoluzione del problema”, risulta molto più inquietante.
Per iniziare, si qualificano i catalani ed i baschi con dei curiosi eufemismi: “cittadini periferici”, “naturali dei territori delle regioni sovraniste”, “abitanti dei territori problematici”, ecc. Tutti aggettivi che minimizzano e, come si direbbe nel gergo di psicologia militare, destinati a disumanizzare il nemico.
Dopo avvertono che “ogni qualvolta che sono iniziati dei processi di disgregazione e di autodeterminazione come quelli attuali, anche se in principio poteva esistere una retorica amabile nel centro e nella periferia, sono stati chiusi con vasti spargimenti di sangue.

Si considera l’indipendenza della Catalogna come un problema che bisogna  risolvere “manu militari”, mentre avvertono che in nessuna circostanza la secessione potrà essere pacifica: “Non illudiamoci pensando che i conflitti bellici sono una cosa dei tempi andati.” Affermano anche che, chiamati dalla Madre Patria, molti giovani spagnoli “non solo accettano la guerra ma accorrono ad essa con entusiasmo.”
Al momento di applicare la forza non si sentono condizionati dal fatto di essere nell’Unione Europea: “chi può assicurare che l’UE sussisterà e, inoltre, lo farà con la capacità operativa sufficiente per imporre una soluzione pacifica in un argomento come questo? E dall’altra parte, adotterebbe l’UE una posizione decisa comune? Quale sarebbe questa posizione?
Da ultimo, la previsione per i prossimi cinque anni è che “il rischio di soluzioni belliche sarà più vicino” se non si affronta una riforma costituzionale centralizzatrice dello stato. In caso contrario, “la cosa naturale è che in tale frangente il Sistema politico, marcio dall’interno, imploderà. E’ ragionevole temere che entreremo allora in un periodo rivoluzionario.”
Recuperare la Spagna? Forse si, ma recuperiamola alla rottamazione, una volta demolita e reciclando quel poco che possa essere salvato da tutto questo mucchio di odio, fascismo e pazzia.

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