venerdì 29 novembre 2013

La metafora del treno

Il 13 settembre del 2009 ebbe luogo nella cittadina di Arenys de Munt la prima consultazione (non legale) popolare sull’indipendenza della Catalogna. I giorni 12 e 13 dicembre del 2009 si produsse la prima ondata di consultazioni in 167 municipi; il 28 febbraio del 2010, la seconda ondata in 80 municipi; i giorni 24 e 25 aprile 2010, la terza ondata in 211 municipi, e così via fino alla consultazione di Barcellona del 10 aprile 2011. Nell’intermezzo ebbe luogo la manifestazione “Siamo una nazione. Noi decidiamo” contro la sentenza del Tribunale Costituzionale. Dopo arrivarono la moltetudine dell’Undici di Settembre del 2012 e la catena umana di quest’anno. Questo non lo ferma più nessuno, è inarrestabile.

La imponente manifestazione dell’anno scorso con il motto “Catalogna, nuovo Stato di Europa” fu una sorpresa per alcune persone che non si erano accorte dell’enorme cambiamento prodotto in seno al movimento catalanista. La profusione di stellate nei balconi provocò un effetto mimetico intorno al 12 ottobre quando si videro alcune bandiere spagnole, e tutto prese forza con la convocazione di elezioni anticipate per il Parlamento catalano e la conseguente campagna elettorale del mese successivo. Adesso non si vedono più bandiere spagnole ma le stellate catalane continuano lì imperterrite.

Assecondando gli aneliti dei cittadini, il Parlamento ha approvato nel mese di gennaio la Dichiarazione di Sovranità con una larga maggioranza e a luglio si è costituita la Commissione di Studio per il Diritto a Decidere che doveva proporre la domanda e la data del referendum e queste saranno dibattute nella sessione plenaria del Parlamento catalano di dicembre. Dopo, sarà il momento del governo, perchè sono i governi a culminare i processi d’indipendenza. Finora, il Governo si è mosso solo sul terreno delle dichiarazioni e dei gesti simbolici: ha creato il Consiglio per la Transizione Nazionale, ha promosso il Patto Nazionale per il Diritto a Decidere, ha approvato una voce di bilancio per organizzare il referendum. Ma, una volta sapremo la data e la domanda del referendum, il governo dovrà guidare il processo, un pocesso che non farà più marcia indietro. La società catalana spinge con tanta forza, il movimento indipendentista ha raggiunto una tale massa critica ed è così trasversale che il governo non ha altra possibilità che andare avanti. Altrimenti, la maggioranza lo butterà fuori.

Tempo fa fece fortuna la metafora del treno per spiegare che le persone che non condividevano lo stesso orizzone nazionale potevano percorrere insieme una parte del tragitto e lavorare insieme per il paese. Ultimamente si sono proposte, dalla Catalogna, diverse formule per la cosiddetta terza via, cioè, quelli che non vogliono l’indipendenza ma non vogliono neanche che tutto resti come ora, ma Madrid non vuole sentirne parlare. I politici spagnoli, negli anni passati, hanno alimentato così tanto l’anticatalanismo per motivi elettorali di corto respiro che, adesso, anche volendo non potrebbero più capovolgere la frittata. Non vogliono nè possono.

Non ci sono terze vie. Nella metafora del treno, adesso si sente dagli altoparlanti una voce che dice che, per cause indipendenti dalla volontà della compagnia, cioè, per ordine di Madrid, il treno non si fermerà alla prossima stazione. Madrid –il Madrid politico, economico, mediatico- è convinto che il treno va verso il baratro e che qualcuno all’interno si agiterà e lo fermerà.
Ma quelli che siamo sul treno (tutti i catalani), sia i sostenitori che i contrari all’indipendenza ed anche gli indecisi, sappiamo che non c’è nessun baratro alla fine del tragitto. Perfino il presidente del gruppo Planeta, José Manuel Lara adesso dice che, nel caso di una Catalogna indipendente, andrebbero via soltanto le case editrici in lingua castigliana ma, la sede del gruppo e anche lui stesso resterebbero in Catalogna.

Siccome il treno non si ferma in tutte le stazioni, sta prendendo velocità. Madrid proporziona ali al processo. Forse qualcuno si butterà giù dalla finestra, ma nessuno azionerà l’allarme per fermare il treno. Il conducente, che è il governo, non ascolterebbe perchè in caso contrario, la società catalana cambierebbe conducente.
In Catalogna tutti sanno che il treno non va verso il baratro –e neanche verso il paradiso-, ma si dirige sicuramente verso un futuro migliore.

Roser Cavaller - 22/11/2013 Nacio Digital.cat

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