domenica 3 novembre 2013

La consultazione: due o tre opzioni?

Ci sono due tipi di sostenitori della consultazione con una domanda a tre risposte (cioè, statu quo, indipendenza e una presunta "terza via"): quelli in mala fede e quelli in buona fede.
Quelli che sono in mala fede aspirano alla divisione del voto contrario allo statu quo, a far diventare minoranza gli indipendentisti e ad allungare il processo sine die fino a farlo marcire. D’altra parte, i sostenitori in buona fede difendono l’introduzione di un’opzione intermedia con tre argomentazioni:
1.    si potrebbe utilizzare come moneta di scambio per forzare il governo spagnolo ad accettare la celebrazione di un referendum
2.    permetterebbe ricostruire una Spagna plurale soddisfacendo le aspirazioni della Catalogna,
3.    incrementerebbe le opzioni dei votanti, riducendo la tensione creata da una domanda binaria, aumentando la legittimità del referendum.
Dei sostenitori in mala fede non c’è bisogno di parlare perchè, per definizione, non può esserci alcuna ragione strategica che possa far cambiare la loro opinione. Invece, e contro quelli che si sono affrettati a ridicolizzare i seguaci della terza via proposta con sincerità, abbiamo il dovere di valutare la ragionevolezza delle loro argomentazioni con serietà.
La prima argomentazione è debole. La posizione del governo spagnolo non cambierà in funzione della domanda perchè, per loro, è la possibilità stessa di un referendum (e, quindi, il riconoscimento della Catalogna come comunità con capacità di autodeterminazione) che Madrid ritiene inaccettabile.
La seconda argomentazione si riassume nella seguente domanda: esiste una terza via che possa soddisfare le aspirazioni di auto-governo della Catalogna? Per rispondere, vale la pena di risalire alla sentenza del Tribunale Costituzionale sullo Statuto, in cui quella istituzione ricorda che il "popolo spagnolo" è l’"unico  titolare della sovranità nazionale" (parte II, comma 9) ed insiste nel dire che "la Costituzione non conosce altra nazione oltre alla Nazione spagnola [...] nella quale la Costituzione si basa" (parte II, comma 12).
Essere sovrani significa avere autorità o capacità suprema per approvare Costituzione, leggi e qualsiasi norma, determinarne il significato ed eseguirle. In questo senso, la sentenza fu completamente coerente: ad esempio, il TC chiarì (nella parte II, comma 138) che le Cortes spagnole non erano vincolate dalle regole stabilite nella disposizione addizionale terza dello Statuto sugli investimenti pubblici –come si è visto in questi ultimi giorni.
Considerando che il popolo spagnolo (e, pertanto, gli organi che lo rappresentano) è l’unico sovrano, la delegazione di competenze esclusive per legge non sarebbe sufficiente a garantire l'autonomia catalana, perchè le Cortes potrebbero eliminarle ed il TC potrebbe annacquarle. Per le stesse ragioni, e con una sola eccezione che esaminerò più avanti, una riforma della Costituzione che concedesse competenze esclusive o presuntamente blindasse quelle catalane, non sarebbe nemmeno una garanzia di autonomia completa.
Non lo sarebbe perchè lo stato spagnolo non è, rispetto alla Catalogna, un arbitro imparziale, ma è un soggetto di parte e giudice in tutti i conflitti che accadono tra le due amministrazioni. Per ragioni culturali e politiche, la Catalogna è una minoranza in Spagna. Come tale, non può blindare nessuna delle proprie attribuzioni di fronte alla maggioranza. Certo, durante il periodo di egemonia socialista (dal 1982 fino alla metà degli anni novanta e, successivamente, temporaneamente, sotto Zapatero), la Catalogna partecipò (e nutrì) una maggioranza di governo. Quella situazione era, però, un miraggio: sotto il PSOE l'autonomia catalana fu sempre molto limitata. E il miraggio esplose precisamente quando il PSC (partito socialista catalano) di Maragall (leader catalano di allora) volle cambiare le cose.
Federalizzare lo stato spagnolo (se ciò può significare qualcosa) non risolverebbe la situazione minoritaria della  Catalogna: in un ipotetico Senato federale, ad esempio, la Catalogna seguiterebbe ad essere una minoranza, per via della sua identità ed interessi.
Una volta assunto che lo stato spagnolo è un sovrano che non arbitra nessun gioco con la Catalogna con imparzialità (un fatto empirico che abbiamo osservato e subito sistematicamente), l'unica riforma costituzionale che potrebbe proteggere l’autogoverno della Catalogna sarebbe quella di dotare la Generalitat di capacità di vetare l’intervento dello Stato. Tuttavia, questa capacità di porre un veto stabilisce che la Catalogna è in una situazione di parità con la Spagna. Implicherebbe negare allo Stato l'autorità suprema propria di un sovrano e, in definitiva, fare della Catalogna uno stato sovrano. In altre parole, l'unica via plausibile per raggiungere gli obiettivi che ci propongono i sostenitori della terza via passerebbe per l’assicurare un sistema di sovranità completa (preferibilmente in un’Europa dove le istituzioni comunitarie non mostrano di avere lo stesso pregiudizio che mostra lo stato spagnolo). Ovviamente, questo si chiama indipendenza.
Visto che la terza via passa per la sovranità completa, è evidente che l’offerta di tre opzioni per il votante non è ragionevole: introdurre una risposta che non garantisca l’obiettivo che i suoi sostenitori dicono di voler  ottenere implicherebbe frodare il cittadino e porterebbe ad aumentare il livello di frustrazione, già molto alto, del paese. Dunque, l'unica domanda politicamente accettabile può essere soltanto quella che prevede due opzioni: si o no ad uno stato sovrano.
Ara.cat - CARLES BOIX  - 08/10/2013  - Docente di Scienze Politiche presso l’università di Princeton. Dottorato ad Harvard. Consulente della Banca Mondiale.

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