mercoledì 11 settembre 2013

Un referendum per la Catalogna



'L'Undici di Settembre del 2012, la giornata nazionale della Catalogna, un milione e mezzo di persone si sono manifestate a Barcellona con striscioni che dicevano 'Catalogna, nuovo stato di Europa'. La manifestazione fu espressione pacifica di speranza. Oggi, con lo stesso obiettivo, centinaia di migliaia di cittadini faranno una catena umana lungo la Catalogna.

La storia della Catalogna risale a molti secoli fa, quando le tribu iberiche commerciavano con i greci ed i cartaginesi nella costa mediterranea. Una cultura catalana identificabile si sviluppò durante il Medioevo e si è rafforzata attraverso i tempi, malgrado la perdita della sovranità catalana alla fine della Guerra di Successione spagnola del 1714, e la ripetuta soppressione posteriore del nostro governo, scuole, lingua e valori.

La Catalogna lottò per difendere la Seconda Repubblica durante la guerra civile spagnola del 1936-1939. Ma la democrazia e l'autonomia furono schiacciati e la lingua catalana fu dichiarata illegale, la Spagna subì 40 anni di dittatura brutale con Franco.

Ma nel 1975, alla sua morte, la Spagna si trasformò sorprendentemente verso una democrazia multipartitica, e nel 1978 una nuova costituzione spagnola riconobbe l’autonomia e la lingua della Catalogna ancora una volta. Le istituzioni dell’autonomia catalana si svilupparono con la restituzione della presidenza e del parlamento catalano, insieme al ritorno del catalano presso le nostre scuole.

Ma i progressi non hanno soddisfatto le aspettative catalane. Un’infinità di proposte della Catalogna a Madrid sono state rifiutate immediatamente o respinte da sentenze giudiziarie. Per esempio, nel 2005 il Parlamento catalano approvò un nuovo statuto di autonomia delimitando le competenze che dovevano essere trasferite alla regione. Il parlamento spagnolo lo approvò nel 2006 dopo aver eliminato alcuni elementi chiave. Ciò nonostante, il popolo catalano approvò nuovamente la versione indebolita della legge in in referendum indetto nel mese di giugno del 2006, valutando che era meglio quello di niente. Dopo, nel 2010, il Tribunale Costituzionale spagnolo revocò e riscrisse unilateralmente alcune parti cruciali della lege in un processo che il governo catalano crede sia stato processualmente dubbio.

Malgrado aver fatto delle concessioni finanziarie alla regione basca, le nostre reiterate petizioni di avere un nuovo patto fiscale con Madrid per mitigare l’ingiusto sistema attuale sono state rifiutate una e altra volta. Abbiamo pagato più di quanto ci spetterebbe al governo centrale, per dare sostegno alle regioni più povere della Spagna, ma ciò è andato oltre. La Catalogna riceve meno spesa pubblica pro capite di oltre la metà delle altre regioni spagnole pur contribuendovi molto di più. Inoltre, il governo spagnolo non rispetta i suoi obblighi d’investimento, anche nella loro limitata portata, come richiesto dallo statuto indebolito.

Ci sono molti esempi che hanno portato ai catalani a sentire che si sono esauriti tutti i mezzi possibili di ragionare e di trattare con Madrid e che l’unica opzione rimasta sia la sovranità. Le ultime elezioni parlamentari della Catalogna ci hanno dato il mandato di convocare un referendum sul futuro della Catalogna, come chiesto dalla maggioranza della società e dei partiti politici.

Ci sono cinque forme giuridiche diverse all’interno della legislazione spagnola che permetterebbero di autorizzare un referendum. Il Canada concesse al Quebec il diritto di fare due referendum separati. Recentemente, il Regno Unito ha dato alla Scozia il diritto a decidere il suo futuro mediante un referendum sull’indipendenza l’anno prossimo. Malgrado tutti i nostri sforzi per riuscire ad ottenere questo diritto civile basico, la Spagna ce lo rifiuta.

Ho fatto appello al primo ministro Mariano Rajoy affinchè risponda nel mese di marzo del 2013 al sostegno del 80 per cento del parlamento catalano per la convocazione di un referendum. La richiesta è stata rifiutata. Nel mese di luglio, ho fatto richiesta formale per iscritto per poter indire un referendum. E ancora stiamo aspettando una risposta.

Non vogliamo isolarci. I catalani sono profondamente europeisti e non si immaginano un futuro al di fuori dell’Unione Europea. Una nuova Catalogna sarebbe l’ottava economia più grande dell’Unione e un contribuente netto al bilancio dell’UE. Vogliamo essere un socio europeo solido per rafforzare l’unità politica, la sicurezza e la crescita economica.

Non desideriamo nessun male alla Spagna. Siamo uniti a lei dalla geografia, la storia e la gente perchè oltre il 40 per cento della popolazione della Catalogna ci è arrivata da altri luoghi della Spagna o ha dei legami familiari stretti con lei. Vogliamo essere il fratello della Spagna, in condizioni di eguaglianza. Ciò va oltre i soldi e le differenze culturali. Vogliamo il diritto di avere più controllo sulla nostra economia, la nostra politica, i nostri servizi sociali.

Il miglior modo di sistemare i problemi è quello di eliminarne l’origine. Cerchiamo la libertà di votare. Ogni individuo ha il diritto di sperare questo dal suo governo, oltre ad avere il diritto di condividere equamente i vantaggi. In Europa, i conflitti si risolvono democraticamente, e questo è quello che chiediamo.

Cerchiamo la giustizia e l’uguaglianza per la nostra società diversa. Più del 17 per cento dei 7,5 milioni di cittadini sono stranieri. Ma siamo uniti nel nostro appello perchè ci ascoltino nelle urne.

Artur Mas è il Presidente della Catalogna'
 
 
 























(Articolo completo del Presidente catalano Mas pubblicato nel New York Times il 10 settembre)

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