La posizione del
governo spagnolo, manifestata ieri nuovamente, che rifiuta addirittura di
parlare del referendum e che colloca il dibattito in ambito soltanto giuridico,
è un’assurdità molto significativa. Tutti sanno che quando si parla di
grandi cambiamenti, di cambiamenti storici, la struttura giuridica, qualsiasi
struttura giuridica, resta sottomessa alla decisione politica. Lo spiegherò con
due esempi molto chiari: il primo, la riunificazione tedesca ed il secondo,
molto grave, la nascita dell’autonomia andalusa.
Dopo la caduta del
muro di Berlino, la Francia e soprattutto la Gran Bretagna cercarono di impedire
o rallentare la riunificazione tedesca, timorosi del suo potere. Ma Kohl fu
audace e il 14 luglio del 1990 andò a Mosca intenzionato a convincere il primo
ministro societico, Gorbaciov, affinchè permettesse l’unificazione tedesca. Non
c’era da scherzare: la RDA era lo stato più prospero del blocco sovietico e uno
dei membri del Patto di Varsavia. Si trattava di passare sedici milioni di
europei da una parte all’altra. Un fatto per il quale, evidentemente, non
esisteva alcuna regola.
Kohl convinse Gorbaciov
assicurandogli che la Germania avrebbe pagato il ritiro delle truppe sovietiche
e offrendo tanti aiuti finanziari. La Germania non ha mai riconosciuto i costi
di quell’operazione, ma si sà che la cifra si aggira sui quaranta milioni di euro.
Con il SI sovietico
in tasca, il cancelliere si presentò davanti all’Unione Europea e annunciò
l’accordo. Lo fece sottolineando che avrebbe portato avanti questo processo
giuridico così enormemente difficile senza il voto di nessun parlamento e senza
fare alcun referendum: soltanto con un accordo del governo della RFA.
Mitterrand e Thatcher si opposero strenuamente ma alla fine cedettero. Obbligarono
Kohl a riconoscere la frontiera con la Polonia come frontiera definitiva, cosa che
il leader tedesco non avrebbe voluto fare, e dissero amen. I giuristi fecero il
resto del lavoro, convalidando un processo che violava tutte le norme esistenti.
Il secondo esempio
è più odioso e me lo ha ricordato questa mattina un lettore: Andalusia. Il 28 febbraio
del 1980 l’Andalusia votava uno statuto di autonomia per diventare comunità autonoma
mediante l’articolo 151, cioè, votava di essere una comunità storica. La
costituzione spagnola indicava --indica ancora oggi!!—che il referendum sullo
statuto doveva essere approvato in tutte le province. E non ci riuscirono.
Nella provincia di Almeria il sí a lo statuto arrivò soltanto al 42,07% dei
voti. E, malgrado ciò, l’Andalusia diventò una autonomia come dall’art. 151. Come?
Semplice. Con
l’accordo dei partiti si decise di riformare una legge organica, quella che
regola le modalità dei referendum, per lasciare senza alcun effetto le disposizioni
della costituzione spagnola. Un’autentica barbarie dal punto di vista
giuridico, visto che la costituzione si colloca sopra le leggi organiche. Ma
così fu fatto. Fu cambiato l’articolo ottavo della legge dei referendum per
dire che se la metà più uno degli elettori di tutta la comunità autonoma
ratificava lo statuto, ufficialmente veniva considerato ratificato in tutte le
province.
Siccome non si
poteva cambiare la costituzione, per la complessità delle procedure, e la
costituzione diceva che bisognava approvarlo in tutte le province, semplicemente
scelsero di barare politicamente e cambiare la definizione di “approvato” e di
“province”. Matematicamente, Almeria non approvava nulla ma politicamente si,
visto che la media totale dell’Andalusia superava il 50%. E non si sono dati la
pena neanche di ripetere la votazione.
Esistirebbero oggi
la Germania unificata o l’autonomia andalusa in seno alla Comunità
Europea se la Spagna o la Germania avessero rispettato la legge sopra
tutto e tutti? No, di certo. E tuttavia esistono.
La Spagna può
ripetere quanto vuole che bisogna rispettare la cornice legale attuale: se le
cose devono passare, passano.
PD: Non a caso, per il caso
andaluso abbiamo parlato di referendum.
Vicent Partal
Vilaweb
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