lunedì 14 aprile 2014

Vi darò la mano.....


E’ molto interessante, da un punto di vista psicologico –anche se prevedibile, trattandosi di un popolo sottomesso da tre secoli– la reazione che hanno avuto molti catalani davanti al rifiuto dell’imprenditore Àlex Fenoll a stringere la mano di Filippo di Borbone, principe ereditario della corona spagnola (durante la visita di quest’ultimo alla Fiera di Barcellona Mobile World Congress). 

E’ interessante perchè indica con quanta forza è radicata la convinzione che il sottomesso vive meglio dell’insubordinato. Il sottomesso si accomoda facilmente nella condizione da inferiore che il padrone le assegna e, per non contrariarlo, evita sempre di adottare degli atteggiamenti impropri della sua condizione. Il padrone lo può sfruttare, sgridare, dileggiare, angariare, insultare, umiliare... Non importa, il sottomesso ha ben chiaro qual’è il suo ruolo e subisce i colpi con la rassegnazione di un individuo modello. E’ il sottomesso modello; il sottomesso che ride a tutte le battute del padrone, che fa la riverenza quando questi si degna di farle visita e che sorride contento quando li stringe la mano mentre qualcuno scatta una fotografia. 

L’insubordinato, ovviamente, non fa niente di tutto questo. Non le piace essere sfruttato, sgridato, dileggiato, angariato, insultato ed umiliato, sorride soltanto alle persone che lo rispettano e non ammette che il padrone lo usi per farsi fare delle fotografie che mascherano la realtà; fotografie che dicano al mondo quanto sono contenti i sottomessi di averlo come padrone.

---¿Perchè non mi dai la mano? –chiede Filippo di Borbone ad Àlex Fenoll, quando lo vede stoico e silenzioso.

---Perchè non ci riconoscete il diritto di votare –risponde Fenoll.

---A allora non salutarmi –dice il Borbone, visibilmente turbato.

---Vi darò la mano quando ci lascerete fare la consultazione.

Superato lo stupore, il principe riflette, si avvicina nuovamente e dice:

---Per educazione dovresti darmi la mano. 

---Per educazione dovreste lasciarci votare –replica Fenoll-; per educazione dovreste difendere le nostre garanzie democratiche.

---Dovresti darmi la mano comunque –insiste il Borbone, in catalano. E subito, attendendo il ringraziamento per aver cambiato lingua, aggiunge-: Adesso me la darai, vero, amigo?

---Non siamo amici. Vi darò la mano quando ci lascerete votare.

---Non dipende da me.

---Certo che sì!.


Questo è stato il breve dialogo tra l’erede della corona spagnola e l’imprenditore Àlex Fenoll. Dopo, quest’ultimo ha stretto la mano di altre persone al seguito, tra le quali quella del presidente Mas, del consigliere catalano per l’Industria, Felip Puig, e del sindaco di Barcellona, Xavier Trias, capendo che alcune strette, accompagnate da occhiate d’intesa, sono state più forti del solito. Incluso l’abbraccio di una persona responsabile del protocollo. Lo stesso Fenoll ha spiegato che alcuni imprenditori si sono dileguati per non dover salutare il principe, ma lui considerava che mantenersi fermi in un momento come quello era un atto di autostima catalana e di coerenza con sè stesso. “Siamo in un momento in cui abbiamo bruciato le navi e dobbiamo farglielo capire, dobbiamo dirglielo in faccia. Devono saperlo: se non rispettano le nostre garanzie democratiche, non siamo amici loro.”



Sono parole dette dalla dignità, e anche dalla libertà propria di qualcuno che non è subordinato alle servitù della politica. Voglio dire con questo che una cosa è l’atteggiamento amabile e protocollare del presidente Mas o di un consigliere in qualità di ospitante, comportamente del tutto comprensibile, ed un’altra è quello di un cittadino qualsiasi che, inoltre, non partecipa al Mobile World Congress per vedere un principe. Cioè, è quest’ultimo che si presenta all’improvviso ed impone la sua presenza. E dico ‘impone’ perchè non si limita a fare una visita allo stand, ma ordina agli imprenditori che sfilino davanti a lui e facciano la riverenza con un gesto che possa servire da promozione per la casa reale spagnola. E, guarda caso, davanti ad un imprenditore insubordinato, il principe PRETENDE la stretta di mano: “Dovresti stringermi la mano lo stesso”. In realtà sta dicendo: “Io sono il tuo principe, il tuo superiore e, ti piaccia o no, devi stringermi la mano”. 

Di fronte a questa arroganza, è ovvio che il Sig. Fenoll ancora si sia sentito più legittimato a non stringere la mano. Sapeva che se l’incidente fosse capitato un bel pò di anni addietro, gli antenati di questo Borbone lo avrebbero frustato per abbassarle la cresta. Oggi, però, il principe non ha avuto altra scelta che mandare giù il rospo.

Qualcuno dirà che la cortesia non esclude il coraggio e che un cittadino può stringere la mano del Borbone senza rinnegare le proprie idee. Ma questa è una tesi truffaldina. E’ la giustificazione del cittadino che non ha il coraggio di dire al principe cosa pensa di lui. Si potrebbero fare delle liste infinite con le sottomissioni che si fanno in nome del buon senso, della prudenza, della cortesia e dell’educazione. Il problema è che il buon senso, la prudenza, la cortesia e l’educazione sono soltando dal basso verso l’alto, dal sottomesso al padrone e mai dall’alto verso il basso, dal padrone al sottomesso. Per questo, mentre si considera una mancanza di rispetto non stringere la mano del principe, non viene percepita la violenza istituzionale che suppone la negazione del diritto a decidere del popolo catalano. E ancora si trattasse solo di questo! La corona spagnola, fedele alla tradizione anichilitrice borbonica, arriva perfino al punto di benedire la negazione dell’identità nazionale della Catalogna. E dunque, no. Decisamente, non possiamo riverire qualcuno che dice che tu non sei tu, che sei soltanto una sua proprietà.

Questo incidente è molto simile a quello protagonizzato, cinque anni fa, dal giocatore irlandese di rugby Ronan O’Gara e la regina d’Inghilterra. In quell’occasione, O’Gara, una star della selezione irlandese, campione del Torneo delle Sei Nazioni, mantenne le mani in tasca davanti alla regina. L’evento ebbe luogo in Belfast, Irlanda del Nord, e O’Gara spiegò che era stato leale alla tradizione degli uomini di Cork, iniziata nel 1920, dopo l’ordine britannico di sparare a qualsiasi uomo che tenesse le mani in tasca nel passare davanti al Castello di Macroom. Era il modo britannico di dire a quel territorio che non sarebbero ammessi dei gesti che questionassero la loro autorità. Come sappiamo, l’Irlanda del Nord è ancora oggi sotto dominio britannico e O’Gara pensò che si trattava di una questione di principio non riverire la massima rappresentante di quell’autorità.

Trecento anni fa, la nazione catalana fu massacrata dalle truppe borboniche ed è molto comprensibile che ci siano dei catalani che non sono disposti a ridere le battute di nessun Borbone che non chieda perdono e che si rifiuti di derogare il Decreto di Nuova Planta che ne scaturì. Come dicevamo all’inizio, non sono mancati i catalani sottomessi che sono andati in soccorso del principe dicendo che il referendum catalano non dipende da lui. Formalmente, certo che no. Ma concettualmente, si. L’erede della corona spagnola rappresenta la Spagna, uno Stato che nega la personalità giuridica della Catalogna, e se lui personalmente non condivide questa oppressione la prima cosa che deve fare è dirlo. Si sa che chi tace acconsente. Ci mancherebbe che oltre a mantenere una casa reale restaurata da un dittatore e nemica dei nostri diritti nazionali, dovessimo riverirla.

Su questa questione, il notaio Juan José López Burniol ha detto che una cosa è considerare il principe un avversario ed un’altra un nemico. Stringerli la mano significa accettare le regole del gioco e trattarlo come avversario. Rifiutare la stretta, invece, significa trattarlo da nemico. Per Burniol, quindi, Àlex Fenoll “si è comportato come un nemico”. Devo dire che il gioco di parole del notaio per squalificare l’imprenditore mi sembra l’artificio di qualcuno che cerca di mascherare di buon senso la propria ideologia nazionale spagnola. Di quale gioco e di quali regole si sta parlando? Si direbbe, ascoltando il Sig. López Burniol, che il conflitto tra la Catalogna e la Spagna è un conflitto tra pari, tra due stati che giocano una partita e che accettano le regole vigenti tutelate da un arbitro imparziale. Ma non è così. La partita alla quale si riferisce il Sig. Notaio è manipolata fin dall’inizio e non è tra pari. E’ una partita tra un dominatore ed un dominato, con delle regole fatte dal primo e con un arbitro che non è altro che lui stesso.

Diciamo, infine, che uno dei tratti idiosincratici del sottomesso è che non ne ha abbastanza con il comportarsi secondo le proprie idee, ma ha bisogno che tutti agiscano come lui. Mentre Àlex Fenoll non ha criticato quelli che hanno preferito stringere la mano del principe spagnolo, intendendo il gesto come una decisione libera e personale, i catalani sottomessi, mediante articoli o dibattiti mediatici, si sono affrettati ad incolparlo o a disdegnarlo e non vogliono tollerare che abbia preso una decisione libera e personale.

Hanno reagito con la logica di quelli che hanno la coda di paglia. Tuttavia, diciamolo chiaro, l’irriguardoso non è stato Àlex Fenoll ma Filippo di Borbone, che non ha ammesso che la riverenza è un atto volontario e non obbligatorio ed ha osato rinfacciare al Sig. Fenoll che non lo abbia fatto.

Per fortuna siamo nel XXI secolo, e adesso sono i cittadini quelli che fanno abbassare la cresta ai principi. Senza parole, il cittadino insubordinato ha fatto capire al suo interlocutore che non è Filippo di Borbone chi porta il piatto in tavola ad Àlex Fenoll, ma è Àlex Fenoll che lo porta a Filippo di Borbone. Grazie, Àlex. Tra la sottomissione e la dignità, tu hai scelto la dignità.


@valex_cat

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