sabato 20 settembre 2014

C’è il via libera alla legge per il referendum Ora la Catalogna accelera per la secessione “Dalla Scozia un precedente democratico”

Approvata la legge per le consultazioni del 9 novembre che decideranno sulla secessione. Notte di attesa nelle strade della città: “Vogliamo poter votare come il popolo scozzese”

La Catalogna accelera per la secessione. Il Parlamento locale ha approvato la legge con la quale vuole dare copertura legale alla convocazione di un referendum indipendentista, il 9 novembre. La normativa ha ottenuto 106 voti a favore e 28 contrari. 

In attesa del voto scozzese, la notte è stata lunga a Barcellona, la città “maratona dei bar” a detta di un corrispondente esperto come lo scozzese Lindsay McGarvie. Il risultato arrivato d’Oltre Manica ha lasciato l’amaro in bocca tra i giovani indipendentisti che si preparavano a brindare nei pub del quartiere Gotico e del distretto universitario, ma i dati sull’affluenza oceanica (vicina al 90%) hanno comunque scaldato i cuori pronti alla sfida più dura, la loro. “Alla salute della volontà popolare” propone Anastasia Tomas. Ha 23 anni, studia medicina e si prepara ad aderire all’appello dell’Asamblea Nacional Catalana, l’organizzazione politica che dopo aver sborsato centinaia di migliaia di sterline per una pagina di pubblicità su un giornale scozzese con la scritta “Congratulazioni” ha annunciato una campagna di 170 mila volontari per consegnare porta a porta le informazioni sulla consultazione del 9 novembre, quando, secondo programma, i catalani dovrebbero esprimersi sul proprio futuro violando il veto di Madrid. 

Il risultato scozzese cambierà le carte in tavola? Jaume Rios, anima del blog politico www.deba-t.org, ne dubita: “La Scozia ha creato un precedente importante, una cornice legale. Ero quasi certo che vincessero gli unionisti ma il punto è un altro, la Scozia ci aiuta perché prova che la gente può essere consultata democraticamente e noi siamo molto eccitati all’idea di avere la nostra chanche, l’indipendenza non è mai stata così vicina. Significherebbe ricostruire da zero un paese, riscrivere una Costituzione, avere di fronte una pagina tutta bianca che non è stata scritta in qualche modo anche da ex franchisti. Cosa c’è di più emozionante per un giovane? E’ per questo che qui, diversamente dal resto d’Europa, i ragazzi sono sempre più interessati alla politica, l’80% di chi ha tra i 16 e i 25 anni è per l’indipendenza”. Dice che fino a 5 anni fa nel suo liceo non ne parlava nessuno. 

Per le strade squadrate senza essere mai noiose non c’erano caroselli, le automobili che mercoledì sera avevano portato un oceano di bandiere scozzesi e catalane intrecciate allo stadio Camp Nou, occupato dalla partita Barcellona-APOEL Nicosia, sono rimaste a casa. Non è stato necessario ubriacarsi per la Scozia ma, ammette l’avvocato 30enne Jorge Lluis Ruz di ritorno da una serata con gli amici, “in fondo è meglio restare sobri per le prossime ore”. 

Le prossime ore significano la clessidra catalana. “Abbiamo seguito con soddisfazione la prova democratica della Gran Bretagna, a vincere non sono solo gli unionisti ma gli scozzesi tutti e anche Londra, mentre a perdere sono i conservatori che impediscono al popolo di scegliere” ragiona Albert Royo, consulente del Diplocat, il ministero degli esteri catalano. Parla di Madrid e del duro braccio di ferro in corso dal 2011, da quando, archiviati i sogni di maggiore autonomia fiscale accesi da Zapatero, il governo conservatore ha assunto una linea molto dura con Barcellona. Tutti si aspettano che Rajoy impugnerà davanti alla Corte Costituzionale la legge approvata dal Parlamento catalano e la renderà nullo. E poi? Royo non ha dubbi: “Non vogliamo l’indipendenza perché l’hanno chiesta gli scozzesi, il nostro processo è autonomo e non si ferma, vogliamo votare. Più Madrid si ostina a negarcelo e più crescono i consensi all’indipendenza, dal 2011 a oggi la partecipazione alle manifestazioni nazionali Diada sono state un crescendo, l’11 settembre scorso eravamo due milioni”. C’era anche il difensore del Barcellona Gerard Pique, la settimana scorsa: qualcuno l’ha criticato, ma tant’è. 

In realtà, raccontano gli analisti più fini, il presidente catalano Mas punta più ad una autonomia tipo la Devo Max promessa fuori tempo massimo da Cameron agli scozzesi ormai decisi al referendum. Ma la Moncloa è rigida, non si piega. Ha fatto sapere che reagirà duramente ad una eventuale disobbedienza civile catalana, che potrebbe sospenderne l’autonomia, che non ha paura dell’Europa dove ha già una volta messo il veto al riconoscimento del Kosovo. Non ci si aspetta che davvero vengano arrestati i parlamentari catalani come 1934 ma le cose potrebbero mettersi male. Per questo, mormorano tra loro i ragazzi, si parla del referendum del 9 novembre ma sotto sotto si pensa ad elezioni anticipate a febbraio, elezioni nelle quali sfidare legalmente Madrid facendo campagna per il sì e per il no all’indipendenza. E poi dita incrociate per un eventuale cambio di governo nazionale al voto del 2015. 

Autunno caldo, annuncia il professore Sebastian Balfour, docente di studi spagnoli alla LSE: “Potremmo vedere un serio scontro politico-istituzionale”. Eulalia Santcliment, 26 anni, lo chiama “una battaglia tra la legalità di Madrid e la nostra legittimità” e si chiede perché si possa fare un sondaggio sulle aspirazioni indipendentiste (50% favorevoli, 30% contrari, 20% indecisi, 80% per il diritto di votare) ma non un referendum. L’Europa che fa, chiede Eulalia? Posizione difficile, soprattutto di fronte a una richiesta da sempre pacifica come quella della Catalogna (il 19% del Gdp spagnolo, il 26% delle esportazione, oltre il 50% delle vie d’accesso all’Europa e una fortissima vocazione europeista). Certo, la sconfitta di Salmond aiuta Bruxelles a restare “neutrale” sulla questione, ma i catalani non vogliono mollare. Un’ultima pinta e poi tutti a casa, Edimburgo non ha portato a Barcellona il calore promesso dal whisky delle Highlands del bar Escoces, fondato mezzo secolo fa da un immigrato scozzese, ma la temperatura è già sufficientemente surriscaldata.

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