sabato 23 agosto 2014

Lo Stato sconcertato

Molti analisti coincidono nell’evidenziare i costanti errori di valutazione –e di azione- commessi dal governo Statale nei confronti della situazione politica catalana. Si ha l’impressione che le cause principali della cattiva lettura del processo catalano siano state, in particolare, di due tipi. Da una parte, quelle derivate da una concezione rigida, monolitica e gerarchica del potere, incrementata dalla superbia e l’autocompiacimento propri di che sente quel potere come un patrimonio esclusivo e permanente. Dall’altra parte, quelle derivate dalla scarsa qualità dell’informazione disponibile, specialmente durante le tappe iniziali, e dall’incapacità d’interpretarla adeguatamente e senza pregiudizi inquinanti.


Questa incapacità analitica di fronte al cambiamento sociale e politico avvenuto in Catalogna si sposa bene con le spiegazioni di alcuni giornalisti che, dalle delegazioni barcellonesi dei media di Madrid, si lamentano della linea editoriale imposta su queste tematiche: non si tratta di non poter capire quello che sta succedendo -dicono-, è che non lo vogliono capire. Non sono disposti a un ripensamento; nè a mettere nulla in dubbio. E’ il rifiuto drastico ad ammettere una realtà che non rientra nelle loro convinzioni... Anche se questa realtà si è già imposta con tutta evidenza e incisività –perfino sulla stampa internazionale più distratta.


Il nazionalismo spagnolo politico e mediatico si è sforzato di strafare, distorcere, confondere e mascherare il processo catalano. Ha fatto tutto il possibile perchè i loro utenti e clientele non si accorgessero di nulla e non avessero la tentazione di cercare qualche chiarimento. España va bien.


Sarebbe la Catalogna –guarda caso- quella che, ingannata e consunta dall’egoismo e l’addottrinamento nazionalista, avanzerebbe impazzita verso l’abisso. Per rendere chiaro che lo Stato è il paradigma della solvenza e la buona salute politica, hanno diagnosticato che il tumore perverso è il sovranismo. E per questo hanno screditato le ragioni e le aspirazioni catalane; ne hanno messo in discussione la legittimità; le hanno vincolate con altre esotiche realtà; hanno danneggiato la reputazione di persone e di organizzazioni; hanno accusato di intransigenza e di generare tensione proprio a quelli che chiedono democrazia. Hanno minacciato, hanno disprezzato, hanno inventato teorie cospiratorie... Hanno fatto figuracce in forma persistente e, in più, hanno ottenuto dei risultati controproducenti.


L’unionismo più pasticcione ed impositivo ha provocato rifiuto ed ha fatto spostare il parere di molte persone inizialmente scettiche sui vantaggi della scelta dell’indipendenza.


Fa parte dell’igiene democratica formulare dubbi e interrogarsi su delle opzioni di futuro che comportano, inevitabilmente, molte incertezze. Ed è comprensibile che alcuni, malgrado l’evidente cattiva volontà dello Stato, ancora temano di più la prospettiva di una improvvisa libertà verso l’ignoto rispetto all’abitudinaria sottomissione a chi afferma di essere una parte imprescindibile di noi. Si può capire che l’insicurezza o la mancanza di fiducia ci provochino reazioni conservatrici e che sia difficile scrollarsi di dosso le inerzie vissute durante molti anni come risultato degli unici possibili comportamenti assennati. Ma non erano gli unici, e non erano per sempre. E se vogliamo e mobilitiamo le proprie forze e capacità, non dovranno esserlo mai più.


La fragilità delle classi dirigenti catalane è diventata più evidente per la mancanza di risposte e proposte contro la crisi economica ed il cambiamento di modello di vita legato alla rivoluzione tecnologica ed alla globalizzazione. Il vuoto relativo nella leadership sociale catalana ha reso specialmente percettibili, fluide e precoci le variazioni nella coscienza sociale e politica della cittadinanza.


Per questo si è accelerata così tanto l’ascesa del sovranismo progressita e la sua capacità di auto-organizzarsi. Sintomi principali di una trasformazione che corrisponde ad un cambiamento d’epoca. In Catalogna, poco prima e con più intensità rispetto all’Europa prossima, la maggior parte della gente ha usufruito dello spazio e dell’agilità mentale per guidare la propria coscienza spostandola. La società civile ha dissentito dallo Stato e dal sistema; ha superato i tabù e si è ribellata; ha perso piano piano la paura, ha preso l’iniziativa ed ha formulato delle proposte. E questo ha sconcertato lo Stato.


L’onda della nuova coscienza collettiva copre tutti gli aspetti: gli atteggiamenti, lo stile di vita, l’ideologia, la partecipazione in politica e nella cultura, il cambiamento nei gusti e dei valori. Ricorda l’accumulo di svolte e rotture che avevano accompagnato l’avvento della modernità borghese.


Ma questa volta, in Catalogna, la spinta rifondatrice e rinnovatrice appartiene ad altri settori sociali.



Joan M. Treserras, 'Ara'

0 comentaris:

Posta un commento