martedì 19 agosto 2014

La polizia spagnola, oggi come durante il franchismo

Rafael Martí Faixó denunciò di essere stato aggredito da 8 agenti per aver portato una bandiera stellata sulle spalle. La risposta del direttore della polizia spagnola, Ignacio Cosidó, fu: 'Dalle informazioni pervenutemi, la polizia ha agito correttamente.' Il ministro Jorge Fernández Díaz ratificava dicendo che quando la polizia voleva identificarlo, Rafael Martí aveva opposto resistenza.


Tutti abbiamo visto le immagini di Rafael Martí, con evidenti ematomi e lesioni prodotti dalle botte che, come dichiarato, ricevette in faccia quando fu picchiato nei bagni dello stadio di Mestalla da un gruppo di otto poliziotti, solo per portare un simbolo che rappresenta una determinata posizione politica: l'indipendentismo.


Capitano spesso anche –e in questi giorni ne abbiamo avuto delle prove—incidenti con poliziotti spagnoli che riprendono i cittadini quando questi si rivolgono a loro in catalano, lingua ufficiale riconosciuta dalla costituzione e dagli statuti del paese valenziano, delle Isole Baleari e della Catalogna. In tutti i casi, il rapporto della polizia sui fatti dice che il cittadino o la cittadina li ha insultati o si è resistito alla loro autorità. Il ministro ed il capo della polizia non pensano sia strano che i cittadini si rivolgano ai corpi di sicurezza insultandoli? Non hanno mai pensato, le alte cariche della polizia, che hanno un problema? Ancor più quando i cittadini denunciano che i membri dei corpi di sicurezza li hanno rimproverato, obbligandoli a parlare in castigliano rivolgendosi a loro come 'catalani di merda' o 'io sono il rappresentante della Spagna e qui si parla spagnolo'. Varianti del classico 'Parlate in cristiano' o 'Il catalano, in cucina'.


Questi costanti e ripetuti incidenti dimostrano che esiste un atteggiamento di certi membri dei corpi di polizia che sono refrattari al riconoscimento della legalità vigente, la quale riconosce la nazionalità catalana e la nostra lingua come lingua ufficiale. Loro sono deputati a garantire l’esercizio dei diritti linguistici e della libertà di espressione.


La prima cosa che mi chiedo è perchè doveva essere identificato un ragazzo che va ad una partita di calcio con una bandiera stellata. Soltanto questo già mette in evidenza un abuso di autorità commesso dalla polizia, che ha il dovere e la funzione di non importunare la vita dei cittadini e di garantire la libera espressione delle proprie idee. Libertà che include anche quella di esibire i simboli di un determinato pensiero politico, come nel caso della stellata di Rafael Martín.


Le risposte del ministro e del signor Cosidó in questo caso –come nella moltetudine di casi che si succedono reiteratamente dal franchismo in qua—sono simili a quelle che dava il governatore franchista Tomás Pelayo Ros all’abate Cassià Just, che si era interessato per i maltrattamenti a Jordi Carbonell. Carbonell fu detenuto nel 1974 e torturato dalla polizia perchè si era rivolto a loro in catalano. Lo misero in osservazione psichiatrica in prigione, trattandolo da matto. Il governatore negò i maltrattamenti e non ammise nessuna responsabilità, dicendo che dal 12 dicembre si trovava a disposizione giudiziaria, anche se le torture furono inflitte prima, durante l’arresto nel sinistro palazzo della Via Laietana.


Sorprende che la polizia ed i loro responsabili politici, in una società che si ritiene democratica, agisca come quelli del franchismo, coprendo le azioni dei funzionari contro i diritti fondamentali dei cittadini, tollerando gli atteggiamenti contrari alla diversità e che considero xenofobi; o nel caso di Rafael Martín, viste le evidenti torture. Il loro atteggiamento dovrebbe essere, invece, di 'tolleranza zero'.


Le Nazioni Unite definiscono la tortura in questo modo: 'Atto con il quale si infligge intenzionatamente un intenso dolore o sofferenza, fisica o mentale, su istigazione di un funzionario pubblico, ad una persona ai fini di ottenere –da lui o da una terza persona-- una informazione o confessione, per punirlo per qualche fatto commesso o per intimidarla --a lei o ad altre persone.'


E’ chiaro che, nel caso di Jordi Carbonell come in quello di Rafael Martín ci sono state forti aggressioni di funzionari della polizia nei confronti di cittadini arrestati per infliggere loro dolore e per oltraggiarli. Jordi Carbonell fu torturato per aver parlato in catalano e Martín per aver portato i segni del proprio pensiero indipendentista. In ambedue casi furono torturati anche con lo scopo di intimidire in forma generica tutti i cittadini che parlano catalano e che hanno determinate idee politiche perfettamente legittime.


In tutti questi casi, sia il governatore civile franchista che i responsabili della polizia attuali, si sono limitati a dire che la polizia aveva agito correttamente. Ma le aggressioni sono state commesse in un momento in cui dovevano garantire l’incolumità fisica dei cittadini che erano detenuti in luoghi chiusi e sono rimaste evidenti tracce delle aggressioni subite, le quali sono state coperte con attestati negativi. Hanno il dovere di aprire un’inchiesta, e disporre i mezzi per non tollerare atteggiamenti come questi per far compiere la legalità vigente in materia linguistica e di libertà di espressione.


Ricordo che il governo spagnolo già fu condannato per il Tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo per non aver aperto un’inchiesta sulle torture denunciate dopo gli arresti voluti dal giudice Baltasar Garzón con l’occasione dei Giochi Olimpici del 1992 a Barcelona.


Oggi Jorge Fernández Diaz, come nel 1974 Pelayo Ros, continua a tollerare le torture ed il disprezzo alla lingua ed ai simboli catalani da parte di molti poliziotti spagnoli. Invece di questo, dovrebbe esserci tolleranza zero contro qualsiasi violazione dei diritti dei cittadini.





Josep Cruanyes i Tor, avvocato, storico e presidente della Commissione della Dignità.
 

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